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Origine del cognome Silvani


L'origine da un nome

Il cognome Silvani non è frequentissimo ma nemmeno tanto raro. In Italia infatti troviamo 575 famiglie Silvani sugli elenchi del telefono (e 468 famiglie Silvano). E' presente in quasi tutte le regioni italiane ma dove troviamo più Silvani è in Lombardia e sull'Appennino Tosco-Emiliano, specialmente all'altezza della Romagna.

Spiegare la sua origine è abbastanza facile: si tratta di un cognome derivato dal nome proprio Silvano.
Benché questa ipotesi sia sicuramente quella più probabile, non si può chiudere qui il discorso, infatti Silvanus era anche un cognomen latino presente principalmente nella gens Plautia.
E' quasi impossibile che questo cognomen sia sopravvissuto al medioevo (anche se esiste qualche tenue traccia che potrebbe farlo pensare) ma è comunque interessante parlarne. Inoltre occorre anche esaminare quale sia l'origine del nome proprio Silvano che ha, anch'esso, una origine molto antica.

Il cognomen Silvanus

Nella antica Roma le persone avevano tre nomi: il primo era il nomen e corrispondeva al nostro nome, il secondo era la gens che potremmo tradurre con stirpe e cioè la discendenza più importante.
Dato che la stirpe comprendeva molte diverse famiglie, vi era ancora il cognomen che indicava appunto la famiglia e che corrisponde abbastanza al nostro cognome. Per altro, dato che i nomi propri si ripetevano spesso all'interno della stessa famiglia, varie persone avevano anche un quarto nome (detto agnomen) con la funzione di soprannome per poter distinguere, ad esempio, un figlio da un padre con lo stesso nomen.

La Gens Plautia era tra le prime quaranta gens di Roma. Caius Plautius Proculus è stato il primo di questa gens a raggiungere il consolato nel 358 a.C. e ci sono stati otto consoli di questa gens ma con un cognomen diverso da Silvanus prima di un console con questo cognomen nel 2 d.C.

Ben prima di questa data però ci sono stati dei Silvanus importanti. Ricordiamo Marcus Plautius Silvanus che fu tribuno della plebe nell'89 a.C. Ottenne una legge per cui i giudici venivano sorteggiati da una lista di cinquecentoventicinque nominativi redatta dal popolo mediante l'elezione di quindici cittadini per ciascuna delle trentacinque tribù.
Durante le guerre italiche fu comandante di una flotta, poi, al termine delle guerre, assieme al tribuno Caio Papirio Carbone propose che la cittadinanza romana fosse estesa a tutti quegli stranieri domiciliati in città italiane che ne facessero domanda entro sessanta giorni dall'approvazione della legge. Questa legge fu chiamata Plauzia - Papiria.

Un altro Marcus Plautius Silvanus è il primo con questo cognomen che raggiunse il consolato nel 2 d.C. Era amico di Cesare Augusto e per lui, nel 12 d.C. il Senato decretò gli ornamenti trionfali per le imprese condotte a buon termine nell'Illirico.
A lui è attribuita la costruzione della tomba dei Plauzi a Tivoli che esiste tuttora. Il sepolcro, che nella forma ricorda quello più famoso di Cecilia Metella sulla via Appia, si eleva sulla sinistra del fiume Aniene, situato su un territorio che apparteneva a questa gens.
La struttura è circolare, esteriormente ricoperta da blocchi di travertino; all'interno c'è un corridoio ad anello che gira intorno ad un ambiente a croce. Il nome di Marcus Plautius Silvanus è menzionato nella cornice mediana della parte cilindrica e fu il primo defunto a trovarvi posto.

Suo figlio, che si chiamava anche lui Marcus Plautius Silvanus diventò invece famoso per un grave fatto, raccontato anche da Tacito [1], accaduto nel 24 d.C. quando era pretore. Fu infatti trascinato davanti all'imperatore dal suocero Lucio Apronio essendo accusato di aver gettato la moglie Apronia dalla finestra e diede risposte poco lucide, facendo credere che era addormentato in un sonno profondo e che la moglie si era suicidata.
Senza perdere tempo Tiberio si recò a casa di Plauzio ed esaminò la camera da letto, in cui apparivano tracce di resistenza e di violenza. Urgulania allora, nonna di Silvano, mandò al nipote un pugnale, gesto che si pensò suggerito dall'imperatore, per l'amicizia dell'Augusta verso Urgulania.
L'imputato, dopo vani tentativi di colpirsi con l'arma, si fece tagliare le vene. In seguito venne accertata l'innocenza di Numantina, sua prima moglie, accusata di avere sconvolto la mente del marito con incantesimi e filtri magici.

Abbiamo poi Tiberius Plautius Silvanus Aelianus che fu un famoso generale, console nel 45 d.C., proconsole d'Asia nel 56 d.C. e console di nuovo nel 74. Era figlio di Marco ed anche lui fu sepolto nella tomba dei Plauzi dove si trova tuttora l'iscrizione che ricorda le sue imprese.
Quando era legato della Mesia riuscì a sottomettere oltre centomila abitanti delle regioni oltre il Danubio. Respinse una invasione dei Sarmati. Sconfisse i Daci ed i Bastarni. Pose sotto controllo le coste occidentali e settentrionali del Ponto Eusino, arrivando fino in Crimea. Nel 63 tutta la costa settentrionale del Mar Nero era presidiata da truppe romane e nel 64 il Ponto Polemoniaco venne annesso alla provincia della Galazia. Tutto il Mar Nero era controllato dai Romani e così il grano della odierna Ucraina poteva essere commercializzato all'interno dell'impero.

Di Publius Plautius Silvanus sappiamo poco perché anche lui era sepolto nella tomba dei Plauzi ma è andata perduta l'iscrizione che lo riguardava.

I Plauzi Silvani avevano i loro possedimenti nel territorio di Trebula Suffenas (cittadina vicino a Ciciliano e non lontana da Tivoli) dove avevano fatto costruire delle terme con un frigidarium absidato contenente un mosaico rappresentante Elle e Friso.
Secondo vari autori erano originari proprio di Trebula dato che il territorio tiburtino era tradizionalmente della gens Plautia [2].

Successivamente si può trovare il cognomen Silvanus anche al di fuori della gens Plautia. In Spagna e più precisamente in Catalogna è stata trovata una lapide funeraria che ricorda Antonia Saturnina di cui si dice essere stata una liberta di Lucius Antonius Silvanus [3]. Purtroppo non so a quando risalga questa lapide.

Un altro Silvanus al di fuori della gens Plautia è Lucio Statorio Silvano il cui nome è stato trovato su di una sottile tavoletta di bronzo probabilmente utilizzata come sigillo. La cosa più interessante è il luogo di ritrovamento e cioè Sarsina dove, molti secoli dopo, troveremo insediato un importante ramo dei Silvani [4].

Un'altra gens in cui troviamo il cognomen Silvanus è la gens Baebia. A Classe sono state trovate due iscrizioni che ricordano indirettamente Lucius Baebius Silvanus che è infatti citato in quella di sua moglie, Vatria Tyrannis ed in quella di un suo liberto (Lucius Baebius Phileros) [5].
La gens Baebia era molto antica: Quintus Baebius Erennius fu tribuno della plebe nel 217 a.C. e Gneus Baebius Tamphilus fu il primo di questa gens a diventare console nel 182 a.C.

C'è un Silvanus anche nella famosissima gens Iulia, si tratta di Caius Iulius Silvanus che è citato in una lapide ritrovata ad Augusta Vindelicorum (l'odierna Augsburg) [6].

Infine, benché probabilmente il suo fosse un nomen e non un cognomen, non si può non ricordare Claudius Silvanus che fu imperatore, anche se per meno di un mese.
Era un comandante di cavalleria e si trovò dalla parte dell'usurpatore Magnezio contro l'imperatore Costanzo ma, prima della battaglia di Mursa, passò dalla parte dell'imperatore.
Fu poi mandato in Gallia a combattere i Galli ma il suo successo suscitò l'invidia della corte e fu ingiustamente accusato tramite delle lettere falsificate. Credendosi perduto si proclamò imperatore e regnò per ventotto giorni prima di essere assassinato, nel 355 d.C., dai soldati di un altro generale che aveva finto di passare dalla sua parte [7].

Il nome proprio Silvano

Nell'antichità Silvano era anche un nome proprio che troviamo spesso anche fra i primi cristiani.

Silvano è uno dei compagni di San Paolo e lo troviamo citato più volte nelle sue lettere.
E' nominato nella seconda lettera ai Corinzi (1,19 Il Figlio di Dio, Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi, io, Silvano e Timoteo, ...), all'inizio della prima e della seconda lettera ai Tessalonicesi (Paolo, Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi ...). Lo troviamo anche nella prima lettera di Pietro (5,12 Vi ho scritto, come io ritengo, brevemente per mezzo di Silvano, fratello fedele, per esortarvi ...).
[8]

Ci fu poi un maestro di nome Silvano i cui insegnamenti entrarono a far parte dei cosiddetti Vangeli Gnostici, vangeli non ortodossi trovati, nel dicembre 1945 a Nag Hammadi in Egitto, in una giara contenente tredici antichissimi volumi di papiro rilegati in cuoio. Erano i testi sacri di un'ala gnostica del cristianesimo primitivo degli anni appena seguenti la crocifissione di Gesù. [9]
Nei suoi insegnamenti Silvano esortava l'uomo a ricercare la sapienza e a non seguire ogni passione come una nave che il vento sbatte di qua e di là ma di farsi guidare dalla ragione come un cavallo si fa guidare dal cavaliere.

Si chiamarono Silvano anche molti dei primi Vescovi. Ricordiamo quello di Emesa, martirizzato nel 311 e quelli di Gaza, Cirta, Tarsus e Calahorra.
Il nome era diffuso anche fra i non cristiani. Ricordiamo un Silvano pro pretore all'epoca di Augusto ed un prefetto del Pretorio del 260.

Origine del nome Silvano

In latino silva significa foresta o appunto selva. Il nome Silvano però non significa abitante dei boschi ma deriva da silva in maniera indiretta in quanto deriva dal nome del dio romano che si chiamava appunto Silvano.

Silvano era il nome del dio romano delle foreste, delle selve e delle zone incolte. Inoltre vegliava sui confini dei campi. Come dio della fertilità proteggeva le greggi e il bestiame ed era collegato ai fauni.
Era un dio molto antico. Secondo la leggenda, nel 510 a.C. durante la notte dopo la battaglia, durata per tutta la giornata con sorte incerta, tra i Romani ed i Tarquini ed i Veienti, dalla selva Arsia si fece udire la voce del dio Silvano, che affermava che la vittoria era dei Romani, ed i nemici, impauriti, lasciarono il campo e fecero ritorno in Etruria.

Mostra molte somiglianze con il dio greco Pan (anche Silvano, come Pan, aveva la caratteristica di spaventare i viaggiatori soli). A lui si offrivano le primizie dei campi oltre a carne e vino. I suoi simboli sono un falcetto ed un ramo di un pino.
Alle donne non era permesso di assistere alle cerimonie in onore del dio Silvano.
Silvano viene collegato anche al dio celtico Sucellos che era anch'esso un dio di fertilità che aveva come attributi una tazza e una borsa oltre ad un mazzuolo o martello che fa pensare che fosse anche un dio dei morti.

I Silvani longobardi

Prima di chiudere il discorso sull'origine del cognome Silvani non si può non ricordare che, secondo il Muratori [10], i Silvani, in epoca longobarda, erano coloro ai quali era affidata la cura e la custodia delle selve regali e si potrebbe quindi supporre che almeno qualcuna delle famiglie Silvani possa discendere da questi antichi lavoratori.

Una tale supposizione è però da scartare perché l'VIII secolo è un'epoca troppo remota perché vi si possa porre la nascita di un cognome (i Longobardi non avevano i cognomi) ed inoltre, se si legge con attenzione il Muratori, si vede che questa sua affermazione si basa sulla lettura di un'unica pergamena trovata nel monastero di Bobbio.

Sono andato a leggere la trascrizione di questa pergamena (che oggi è perduta) [11] dove si citano i Silvani e mi sembra che, con tutto il rispetto per il Muratori, il testo non sia affatto chiaro e non permetta di affermare con sicurezza quanto afferma il Muratori.

Si tratta di una pergamena risalente al 5 agosto 747 che viene definita lacera e guasta dove si dice che il Re Rachis dona al monastero di Bobbio delle terre lungo la valle del torrente Nure ed incarica i suoi messi Gumpert, Ghisilbert e Gaideris di porre delle croci in punti specifici per indicare i confini dei terreni donati al monastero.

Per alcuni di questi punti viene specificato che ciò deve essere fatto come fissato da i nostri Silvani, Ottone e Rachis oppure dopo averli sentiti ed in un caso si cita un ulteriore Silvani che si chiamava Pascasio. Si dice poi che i Silvani, in presenza dei messi del Re, confermarono sul Vangelo quanto fatto.

Se i Silvani fossero stati semplicemente coloro che curavano le selve del re mi sembra che sarebbe bastato dire ai messi del re di provvedere a far segnare i confini indicati e quindi mi sembra più probabile che i Silvani siano invece chiamati in causa in quanto titolari di diritti su parte delle terre concesse all'abbazia.

Capire oggi quali fossero questi confini è praticamente impossibile ma è abbastanza chiaro che si tratta della alta valle del Nure. Il torrente è chiaramente citato come anche una località di nome Gambaro che esiste tuttora.

Il monastero è ad ovest di questo territorio e se si prende una carta geografica e si guarda ad est del torrente Nure si trova una località, circa equidistante dal monastero, che si chiama Silvani che si trova nel Comune di Vernasca e che è l'unica con questo nome abbastanza grande da comparire sulla carta geografica al 200.000 dell'Italia [12] [13].

Non so a quando risalga questo toponimo ma, a poche centinaia di metri, troviamo un altro gruppo di case che si chiama Burgazei e che è ai piedi di un colle. Il nome e la collocazione fanno pensare ad una antica fortezza fondata da un popolo di lingua germanica.
Ritengo quindi che Ottone e Rachis fossero chiamati in causa non in quanto curatori dei boschi ma come titolari dei terreni confinanti con quelli donati al monastero; poi, sul fatto che venissero chiamati Silvani non so dire nulla.

Può darsi che fossero detti così perché il loro territorio era composto in gran parte da selve come sostiene il Muratori o la ragione può essere un'altra.
Certo è che, se Silvani era un appellativo della loro stirpe, non poteva essere di origine longobarda dato che costoro non avevano cognomi ma deve avere un'origine romana. Non erano pochi del resto i romani che si erano longobardizzati riuscendo ad ottenere anche posizioni importanti nella corte longobarda.
E' da tener presente che, a pochi chilometri da qui ed in direzione di Bobbio, sorgeva la antica città romana di Velleia che fu abitata fino al V secolo dopo Cristo.

Non è quindi affatto impossibile che Silvani fosse l'antico cognomen romano ancora utilizzato per la sua importanza. Del resto, circa centocinquant'anni prima di queste vicende, troviamo un Silvani in Lombardia. Si tratta di Anselmo [>>] che era Vescovo di Cremona all'epoca dell'invasione longobarda e che, secondo Giuseppe Bressiani [14], era del casato dei Silvani.

C'è da dire che, secondo Vittorio Lancetti [15], ciò non è ammissibile perché allora non esistevano i cognomi, cosa non del tutto esatta dato che i discendenti di nobili famiglie romane continuavano ad usare il loro prestigioso ed antico cognomen.
Considerato che il Bressiani scriveva quasi due secoli prima del Lancetti e che basava le sue affermazioni su documenti più antichi ora non più esistenti, sarei per dare più credito a lui che al Lancetti.

Ad ulteriore riprova che è molto difficile che Silvani, in epoca longobarda, potesse indicare coloro ai quali era affidata la cura e la custodia delle selve regali, sta il fatto che in latino esisteva già un termine che indicava i custodi dei boschi e tale termine non era silvanus (che al massimo poteva essere un sacerdote del dio Silvano) bensì saltuarius.

Per altro è anche certo che tale termine fosse ancora noto in età longobarda perché non solo lo troviamo ancora in uso nel latino del XIII secolo [16] ma addirittura lo troviamo anche ai giorni nostri, sia pure in forma dialettale.
In friulano infatti sàltar indica appunto il guardiano di boschi e deriva direttamente dal latino saltuarius [17].

Qualche secolo dopo e precisamente nel 1174, troviamo un altro Silvani dal nome germanico anche se molto lontano da queste zone. Si tratta di Willelmo Silvani citato in una pergamena datata 20 gennaio 1174 dove si riporta un accordo fra Giovanna, Badessa di la Trinité di Caen e Roberto, figlio di Riccardo di Scrotonia.
Si potrebbe pensare che Silvani fosse un genitivo e stesse ad indicare figlio di Silvano se non fosse che nella stessa pergamena svariati altri nomi sono seguiti dalla parola filio seguita dal nome del padre [18].

I Silvani, famiglia nobile

La mia nonna materna, Rosa Silvani, era l'unica, fra gli antenati che ho conosciuto, che ricordasse una origine nobile della sua famiglia ed ho avuto modo di constatare che aveva ragione.

I Silvani infatti sono citati come una famiglia nobile originaria di Sarsina e discendente da un Luca Silvani per il quale viene indicato l'anno 1763 [19]. Rami della famiglia sono segnalati, oltre che a Sarsina, anche a Milano, Arezzo e Faenza.
Nel 1823 vengono ricordati, a Sarsina, Benedetto, Quirino e Luigi Silvani. Di loro e dei loro discendenti parlo in una pagina a parte [>>].

Stemma dei Silvani di SarsinaLo stemma dei Silvani è D'azzurro alla fascia di rosso accompagnato in capo da tre stelle di sei raggi d'oro ed in punta da uno scaglione del secondo.
Goffredo di Crollalanza, nella sua Enciclopedia araldico-cavalleresca [20], ci informa che le tre stelle erano tipiche delle famiglie di parte guelfa in Lombardia ed in Toscana ma che indicavano invece una famiglia di parte ghibellina in Romagna.
I Silvani di Sarsina, che è in Romagna, vi erano giunti da Bagno di Romagna che allora era in Toscana ed era un possedimento di Firenze per cui, non sapendo quando nacque questo stemma, risulta molto difficile dire cosa rappresentino effettivamente le tre stelle presenti nel capo del loro stemma.

I Silvani di Bagno di Romagna (dai quali discendono quelli di Sarsina ed anche quelli di Pieve Santo Stefano, miei antenati) erano ricchi possidenti ed erano entrati a far parte della nobiltà bagnese già nella seconda metà del XVII secolo [21]. Non so se il loro stemma fosse quello poi utilizzato dai Silvani di Sarsina, loro discendenti, o se ne avessero uno diverso. Di loro e dei loro discendenti parlo in una pagina a parte [>>].

Nel XVI secolo questi Silvani erano chiamati da Vitine dal nome dei loro terreni posti sull'omonimo poggio. Nel 1615 troviamo citato Silvano Silvani di Fabbiano da Vitine ma non può essere questo il Silvano che, eventualmente, abbia dato inizio al cognome perché, nello stesso anno, l'Abate di Bagno cita il Reverendo Don Alessandro di Francesco Silvani da Vitine che era cugino di Silvano.

Per altro non troviamo alcun Silvano né fra i genitori ed i nonni di Fabbiano e di Francesco che erano figli di Giovanni e nipoti di Goro, nè fra i numerosi da Vitine più importanti che furono consiglieri della Comunità di Bagno fra il 1543 ed il 1615.
Non sapendo quando i da Vitine hanno acquistato i loro terreni non si possono fare ipotesi certe ma, considerato che queste zone sono state conquistate da Firenze nel 1404 e che i primi da Vitine noti erano già persone importanti e consiglieri della Comunità di Bagno, non è improbabile che venissero da Firenze e che portassero già il cognome Silvani rimasto poi inutilizzato per qualche tempo.

Stemma dei Silvani di CesenaNella raccolta di stemmi cesenati realizzata da Gioacchino Sassi, sacerdote di Cesena, per riparare alla perdita del Libro d'oro della nobiltà cesenate che venne dato alle fiamme nella pubblica piazza nel 1789 [22], troviamo lo stemma dei Silvani di Cesena che è diverso dal precedente col quale però ha in comune la stella di sei raggi d'oro su fondo azzurro.

Anche i Silvani di Milano sono elencati tra le famiglie nobili [23]. I loro titoli nobiliari, risalenti probabilmente al 1700 e collegati a quelli dei Silvani di Sarsina, sono stati poi riconosciuti anche dal Regno d'Italia arrivando fino al XX secolo [24].

La nobiltà dei Silvani è però testimoniata anche in tempi più antichi. Troviamo infatti questo cognome citato nella monumentale opera di Mario Cremosano che risale al 1673 [25].
L'opera di Cremosano riguarda principalmente le famiglie nobili milanesi e lombarde ma comprende anche moltissime famiglie di altre città quando esistevano dei componenti di queste che vivessero a Milano.

In tempi più remoti vi erano dei Silvani nobili anche a Foligno. Ricordiamo, in particolare, il Nobile Eleuterio Silvani che, nel 1484, sposò Sallustia Torelli. I Torelli erano Marchesi, Nobili di Foligno e Patrizi di Fano [26]. Il padre di Sallustia, Giovanni Torelli, era Castellano di Rosiglia.
I Silvani, però, risiedevano a Foligno da almeno un secolo. Infatti nel 1385, quasi un secolo prima di queste nozze, Pompilo Silvani fu il quarto Priore dell'Arte delli Funari [27].

Nella storia della vita del famoso architetto e scultore fiorentino, Gherardo Silvani viene detto che nacque a Firenze nel 1579 da famiglia nobile ma povera [28].
Stemma dei Silvani di FirenzeSecondo Enrico Ceramelli Papiani (1896-1976) che ha raccolto un fondo di quasi 8000 fascicoli sulle famiglie toscane di antica origine, i Silvani toscani sono originari di Firenze e precisamente da quella zona del quartiere di Santa Croce che ha il Carro come gonfalone di Compagnia.

Il loro stemma è troncato d'oro e d'azzurro, a tre stelle a otto punte, dell'uno nell'altro, e alla fascia doppiomerlata di rosso, passata sulla troncatura [29] e ricorda molto quello della famiglia Salvani della quale parlo più avanti.
Un bassorilievo di questo stemma si può tuttora osservare nel Palazzo Pretorio di Fiesole dove si trova in quanto un Franco Silvani fu Podestà di Fiesole.

Secondo Guido Carrocci [30], però, la famiglia Silvani non è originaria di Firenze bensì di Galluzzo che è ora una frazione del Comune di Firenze ma che era un tempo un borgo indipendente tant'è che, fino al 1929, è stato un Comune a sé stante.
Qui i Silvani possedevano, fin da tempo remoto, alcune case che erano poste vicino al Palazzo del Podestà.

La nobiltà dei Silvani fiorentini è sicuramente molto antica dato che troviamo due di loro (forse padre e figlio) fra i priori della città con l'incarico di Notari. Si tratta di Ser Silvano di Giovanni Silvani (1468) e Ser Giovanni di Ser Silvano Silvani (1516). Dato che nel primo nome solo il figlio ha il predicato Ser si potrebbe pensare che la nobiltà sia iniziata con costui ma può benissimo darsi che dipenda solo da diversi modi di presentare i nomi delle persone.

Entrambi erano del quartiere di Santo Spirito. Stranamente vicino al cognome del più antico vi è scritto alias Martini ma questa annotazione non compare più col successivo [31]. Può darsi che Martino fosse il nome di suo nonno e che, per qualche tempo, si fosse preferito un cognome diverso da Silvani per qualche ragione politica come accadde, nei secoli precedenti all'epoca dei guelfi e dei ghibellini prima e dei bianchi e dei neri poi, a chi aveva un cognome legato alla fazione perdente.

Una decina d'anni dopo troviamo varie citazioni di un Ser Giovanni di Ser Silvano Silvani come Vicario di Montecarlo. Non ho la certezza di si tratti della medesima persona ma ciò è molto probabile perché Montecarlo, che fece parte del territorio di Lucca fino al 1437, dopo tale data entrò a far parte dei territori fiorentini [32].

Nel 1522 un Girolamo Silvani sposa Lucrezia de' Pazzi, figlia di Galeazzo. Quella dei De' Pazzi era una nobile famiglia fiorentina famosa per l'omonima congiura contro i Medici a seguito della quale erano stati tutti cacciati da Firenze ma che, dopo la morte di Lorenzo de' Medici, avevano potuto rientrare in città e tornare in possesso delle loro proprietà.

Troviamo dei Silvani nobili anche a Bologna dove lo stemma dei Silvani è elencato tra quelli delle Arme Gentilizie delle Famiglie Bolognesi Cittadinesche [33]. Stemma dei Silvani di Bologna
Si tratta però di uno stemma diverso da quelli visti in precedenza e che riporta un curioso disegno rappresentante un ceppo d'albero dal quale nascono due nuovi rami e di cui ignoro l'origine. Si potrebbe supporre che rappresenti la discendenza da una famiglia più antica della quale si sia interrotta la linea diretta.

Il ceppo, di solito di vite, si trova in vari stemmi di località italiane e specialmente francesi per sottolineare la loro vocazione vinicola ma è estremamente raro negli stemmi di famiglia.
Vittorio Spreti, nella sua opera, già citata, sulle famiglie italiane riporta uno stemma che risale al 1838 e che può ricordare vagamente questo e che è D'oro al tronco d'albero sfrondato al naturale nodrito sulla campagna di verde ma si tratta dello stemma di Gherardo Stub che era nato a Bergen in Norvegia.

Il ramo dei Silvani bolognesi, molto probabilmente si è estinto nel 1945. In un giornale di questo anno [34] ho infatti trovato un annuncio funebre dove Maria Livia Silvani comunicava la scomparsa improvvisa di suo fratello, Avv. Paolo Silvani, specificando ultimo di sua famiglia.

Stemma dei Silvano di Casale Non mancavano i Silvani nobili in Piemonte dove troviamo i Silvani signori di Castellamonte (vicino ad Ivrea) dei quali parlo in una apposita pagina [>>] ed i Silvano, antica famiglia consolare di Casale il cui stemma era palato di quattro, di rosso e di verde, alla stella (8), d'argento [35].

Vi erano dei Silvani in Umbria, a Città della Pieve, che non so se fossero nobili ma che sicuramente erano benestanti. Con un testamento del 24 ottobre 1612 Girolamo Silvani lasciò i beni per l'erezione del Canonicato di San Giuseppe, poi, dato che nel 1616 ebbe la proprietà di numerosi altri stabili, con un successivo testamento del 16 ottobre 1621, formò con questi ulteriori beni un Beneficio sotto il titolo di Santa Caterina [36].

Infine sono ricordare i Silvani della Corsica, originari del paese di Ucciani, che ebbero stretti rapporti con Napoleone Bonaparte [37]. Due di loro ebbero la Legion d'Onore nella seconda metà dell'Ottocento.

I Salvani

Cercando maggiori informazioni sul già citato Gherardo Silvani nato a Firenze nel 1579 da famiglia nobile ma povera ho trovato una notizia molto interessante e cioè che suo nonno era Silvano Silvani già Salvani [38].
Quindi sembrerebbe che alcuni dei Silvani discendessero in realtà dalla famiglia Salvani e sia avvenuto un cambio di cognome per assonanza col nome di Silvano.

La famiglia Salvani è molto famosa perché si tratta di una importante famiglia nobile di Siena che era schierata coi Ghibellini.
Il suo componente più famoso è senza dubbio Provenzano Salvani che nel 1260, a capo delle schiere senesi infliggeva ai fiorentini una sanguinosa sconfitta a Montaperti. Nove anni più tardi era di nuovo in testa alle testa delle truppe ghibelline di Siena e di Pisa ma nella battaglia di Colle-Monteriggioni veniva sconfitto ed ucciso.

Provenzano Salvani è ricordato da Dante che lo pone nel primo girone del Purgatorio dove si puniscono i superbi vanagloriosi [39]. Di lui scrive:

«Quelli è», rispuose, «Provenzan Salvani;
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta a le sue mani».

Ito è così e va, sanza riposo,
poi che morì; cotal moneta rende
a sodisfar chi è di là troppo oso».

Provenzano però è in Purgatorio anziché all'Inferno perché si umiliò mendicando in piazza per salvare un amico prigioniero di Carlo d'Angiò.

«Quando vivea più glorioso» disse,
«liberamente nel campo di Siena,
ogni vergogna disposta, s'affisse;

e lì, per trar l'amico suo di pena
che sostenea nella prigion di Carlo
si condusse a tremar per ogni vena.

Dante cita anche la zia paterna di Provenzano, Sapia Salvani, che era moglie di Ghinibaldo Saracini, signore di Castiglioncello e che fu invidiosa dei suoi concittadini senesi per cui, alla vigilia della battaglia tra Siena ghibellina e Firenze guelfa, desiderò che la sua città fosse sconfitta.

Per questo Dante la pone nel XIII Canto del Purgatorio dove si puniscono gli invidiosi e facendo anche un gioco di parole fra il suo nome Sapia e savia di lei scrive:

«Io fui sanese», rispuose, «e con questi
altri rimondo qui la vita ria,
lagrimando a colui che sé ne presti.

Savia non fui, avvegna che Sapia
fossi chiamata, e fui de li altrui danni
più lieta assai che di ventura mia.

E perché tu non creda ch'io t'inganni,
odi s'i' fui, com'io ti dico, folle,
già discendendo l'arco di miei anni.

Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co' loro avversari,
e io pregava Iddio di quel ch'e' volle.

Rotti fuor quivi e volti nelli amari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari,

tanto ch'io volsi in su l'ardita faccia,
gridando a Dio: "Omai più non ti temo!",
come fe' il merlo per poca bonaccia.

Pace volli con Dio in su lo stremo
de la mia vita; e ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo,

se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe.

Ma tu chi se', che nostre condizioni
vai dimandando, e porti li occhi sciolti,
sí com'io credo, e spirando ragioni?»

La famiglia Salvani ha continuato a prosperare a Siena ed ha avuto ben sei suoi componenti che sono stati Capitani del popolo nel periodo compreso fra il 1578 ed il 1731 [40].

Stemma dei SalvaniLo stemma dei Salvani è troncato: nel primo d'oro alle due stelle a sei punte d'azzurro, nel secondo d'azzurro alla stella a sei punte d'oro (ce n'è anche una versione con tutte e tre le stelle d'oro) e, in effetti, è molto simile allo stemma dei Silvani di Firenze mentre ha qualche punto di contatto anche gli altri stemmi dei Silvani sia per l'azzurro, sia per la presenza di stelle a sei punte d'oro.

A questo punto si pone il problema di trovare l'origine del cognome Salvani ma non è difficile scoprire che questo cognome ha la medesima origine del cognome Silvani ed anzi è ancora più strettamente legato ai silvani della mitologia romana.

In dialetto friulano infatti il Salvan è una figura mitologica che corrisponde ai fauni ed ai silvani dell'antica Roma [41].
Il dialetto friulano fa parte delle lingue ladine un tempo diffuse su tutto l'arco delle Alpi e su parte del Nord-Italia e della Svizzera [42] ed infatti troviamo che in gran parte delle valli alpini esiste la leggenda di un uomo selvatico (che appare molto simili allo yeti himalaiano o al Bigfoot canadese) e che viene chiamato Salvadegh o Salvanel [43] o appunto il Salvan. Talvolta i Salvan sono visti anche come dei folletti [44].
In Carnia, a Vinaio, presso Tolmezzo, vi sono delle grotte note come Caverne dal Salvàns dove sarebbero vissuti i Salvàns descritti come gente primitiva e selvaggia [45].

In dialetto milanese invece salvan indica un particolare incubo che si ha quando, tra veglia e sonno, sembra di essere oppressi da un gran peso e ci si sente incapaci al moto [46].
Anche questa parola ci riporta al dio romano Silvano che aveva la caratteristica di spaventare i viandanti solitari. La stessa caratteristica aveva il dio greco Pan e da ciò deriva l'espressione timor panico.


[1] - Tacito - Annali - a cura di Azelia Arici - Edizioni Unione tipografico-editrice torinese - Torino 1969.   <<

[2] - Lily Ross Taylor - Trebula Suffenas and the Plautii Silvani in Memoirs of the American Academy - Volume 24 - American Academy - Rome, 1956.   <<

[3] - Don Juan Francisco De Masdeu - Historia Critica de España y de cultura española Tomo XIX - En la imprenta de Sancha - Madrid, 1800.   <<

[4] - Filippo Antonini - Delle antichità di Sarsina - presso Gioseffantonio Arghi - Faenza, 1769.   <<

[5] - Camillo Spreti - Desiderii Spreti historici ravennatis De amplitudine, eversione, et restauratione urbis Ravennae - Voluminis II. Pars secunda - Typis Antonii Roveri apud Frates Fava - Ravennae, 1796.   <<

[6] - Carlo Cesare Malvasia - Marmora Felsinea - Ex Typographia Pilariana - Bononia, 1690.   <<

[7] - Edward Gibbon - Storia della decadenza e caduta dell'Impero Romano - Edizioni Biblioteca di Storia Patria - Roma, 1982.   <<

[8] - Atti degli Apostoli - a cura di Cesare Angelini - Edizioni Einaudi - Torino 1967.   <<

[9] - I vangeli gnostici: vangeli di Tommaso, Maria, Verità, Filippo - a cura di Luigi Moraldi - Edizioni Adelphi - Milano 1984.   <<

[10] - Ludovico Antonio Muratori - Dissertazioni sopra le antichità italiane Tomo primo - Presso Leonardo Marchini - Firenze, 1833.   <<

[11] - Carlo Troya - Codice diplomatico longobardo Tomo quarto - Stamperia Reale - Napoli, 1854.   <<

[12] - Atlante stradale d'Italia - Centro Nord - Touring Club Italiano - 2003.   <<

[13] - Atlante stradale d'Italia - Centro Sud - Touring Club Italiano - 2004.   <<

[14] - Giuseppe Bressiani - Rose, e viole della città di Cremona - per Gio. Pietro Zanni - Cremona, 1652.   <<

[15] - Vittorio Lancetti - Biografia Cremonese - Presso Giuseppe Borsani Tipografo e Negoziante di Carta - Milano, 1819.   <<

[16] - Arturo Palmieri - La Diplomatica giudiziaria bolognese del secolo XIII in Atti e memorie della Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romangna - Terza serie - Vol. XVIII - Bologna, 1899-1900.   <<

[17] - Sergio Gentilini - Strade, nomi e santi, pindoi e gialut a Roveredo in Piano - Tipografia Sartor - Pordenone, 2001.   <<

[18] - Calendar of Documents Preserved in France, Illustrative of the History of Great Britain and Ireland - Volume I: A.D. 918-1206 - J. Horace Round, M.A. - London, 1899.   <<

[19] - Pietro Ercole Visconti - Città e famiglie nobili e celebri dello Stato Pontificio - Tipografia delle Scienze - Roma, 1847.   <<

[20] - Goffredo di Crollalanza - Enciclopedia araldico-cavalleresca - Prontuario Nobiliare - presso la direzione del Giornale araldico - Pisa, 1876-77 (ne esiste anche una ristampa anastatica di duecento esemplari numerati, realizzata da Arnaldo Forni Editore di Bologna nel 1964 ed altre successive).   <<

[21] - a cura di Claudio Bignami, Alessio Boattini ed Angelo Rossi - Al tempo del corojje: poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna. Immagini e storie d'altri tempi - Edizioni il Girovago - Cesena, 2010.   <<

[22] - Gioacchino Sassi - Blasone cesenate - manoscritto - è consultabile sul sito della Biblioteca Malatestiana.   <<

[23] - Vittorio Urbano Crivelli Visconti - Le casate nobili d'Italia - Edizioni Eliograf - Roma 1955.   <<

[24] - Vittorio Spreti - Enciclopedia storico-nobiliare italiana: famiglie nobili e titolate viventi. Riconosciute dal R. Governo d'Italia - Milano 1928-1935.   <<

[25] - Marco Cremosano - Gallerie d'imprese, arme ed insegne de varii Regni, Ducati, Provincie e Città, e terre dello Stato di Milano et anco di diverse famiglie d'Italia con l'ordine delle corone, cimieri, et altri ornamenti spettanti ad esse et il significato de' colori, et altre particolarità, ché a dette arme s'appartengono - 1673.   <<

[26] - I Torelli (Linea di Foligno, con la successione Frè Torelli) a cura di Davide Shamà e Andrea Dominici Battelli in Genealogie delle dinastie nobili italiane.   <<

[27] - a cura di Renzo Marconi - Carta dell'Arte delli Funari: Foligno 1385, il passato al presenteOrfini Numeister - Orfini Numeister - Foligno, 2005.   <<

[28] - Jacques Lacombe - Dictionnaire historique et géographique portatif de l'Italie Tome second - Chez Lacombe Libraire - Paris, 1775.   <<

[29] - Enrico Ceramelli Papiani - Raccolta Ceramelli Papiani - fondo archivistico - è consultabile sul sito dell'Archivio di Stato di Firenze.   <<

[30] - Guido Carocci - I dintorni di Firenze - pubblicato da Galletti e Cocci - Firenze, 1907.   <<

[31] - Ildefonso di San Luigi - Istorie di Giovanni Cambi cittadino fiorentino - Volume Primo - per Gaetano Cambiagi Stampatore Granducale - Firenze, 1785.   <<

[32] - Raffaella Maria Zaccaria - Carteggi delle magistrature dell'età republicana: Otto di Pratica - Volume 2 - in Documenti di storia italiana - Volume 5 - Editore L. S. Olschki - Firenze, 1987.   <<

[33] - Floriano Canetoli - Blasone bolognese ovvero Arme gentilizie di famiglie bolognesi, nobili, cittadinesche e aggregate - Bologna 1791-1795.   <<

[34] - Corriere dell'Emilia: quotidiano della Valle Padana - anno 1 n. 55 del 22 giugno 1945.   <<

[35] - Antonio Manno - Il Patriziato Subalpino: dizionario genealogico - Volume 29, pagg. 420-422 - Pacchie - Peretti - S.l., 19..?.   <<

[36] - Giuseppe Bolletti - Notizie istoriche di Città della Pieve - presso Bartelli e Costantini - Perugia, 1830.   <<

[37] - Herbert Fischer - Studies in History and Politics - At the Clarendon Press - Oxford, 1920.   <<

[38] - Filippo Baldinucci - Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua - Stamperia Tartini e Franchi - Firenze, 1778.   <<

[39] - Dante Alighieri - La Divina Commedia - La Nuova Italia Editrice - Firenze, 1968.   <<

[40] - Raffaele Argenziano - I libri dei leoni: la nobiltà di Siena in eta medicea, 1557-1737 - Edizioni Monte dei Paschi di Siena - Siena, 1996.   <<

[41] - Giorgio Faggin - Vocabolario della lingua friulana - Editore Del Bianco - Udine, 1985.   <<

[42] - Walter Belardi - Breve storia della lingua e della letteratura ladina - Edizioni Istitut ladin Micura de ru - San Martino in Badia, 2003.   <<

[43] - Carlo Alberto Pinelli e Folco Quilici - L'alba dell'uomo - Edizioni Euroclub - Bergamo, 1979.   <<

[44] - Lidia Flöss (a cura di) - I nomi locali dei comuni di Taio, Ton, Trés, Vervò - Servizio Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento - Trento, 2000.   <<

[45] - Giovanni Battista De Gasperi - Leggende alpine del Friuli in Rivista del Club Alpino Italiano - Volumi XXXIV-XXXV - pagg. 347-48 - Torino, 1915.   <<

[46] - Francesco Cherubini - Vocabolario milanese-italiano - Volume quarto - Imperial Regia Stamperia - Milano, 1843.   <<


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