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I Silvani di Sarsina


La famiglia Silvani di Sarsina

A Sarsina vivevano dei Silvani anche in tempi estremamente remoti. E' qui infatti che è stata trovata una sottile tavoletta di bronzo, di epoca romana, probabilmente utilizzata come sigillo, su cui vi era il nome di Lucio Statorio Silvano [1].
Però i Silvani di cui ora voglio parlare sono quelli appartenenti ad una famiglia che visse per almeno due secoli a Sarsina svolgendo un ruolo importante nella storia della città.

Di questa famiglia ce ne parla Vittorio Spreti nella sua Enciclopedia storico-nobiliare italiana [2] perché si tratta di una famiglia appartenente alla nobiltà di Sarsina.
Moltissime altre informazioni su di loro possono essere trovate nei due libri scritti da Vittorio Tonelli sulla storia di Sarsina nei periodi napoleonico [3] e risorgimentale [4].

Il più antico di questa famiglia è Giovan Battista Silvani che è padre di Benedetto nato nel 1704. Non so però se Giovan Battista e Benedetto nacquero a Sarsina o se uno di loro vi si trasferì successivamente.

I Silvani infatti erano giunti a Sarsina da una località della Toscana che non viene citata nei due libri di Vittorio Tonelli: di un Adriano Silvani, che lascerà Sarsina nel 1839, verrà detto parte per la terra degli avi, la Toscana, senza più ritornare.
Quando ho pubblicato per la prima volta questa pagina avevo commentato questa informazione dicendo che era comunque da tener presente che allora il confine con la Toscana correva vicinissimo a Sarsina e quindi questa località sconosciuta poteva trovarsi anche a pochi chilometri da Sarsina.

In effetti, successivamente, ho scoperto che i Silvani di Sarsina vi erano giunti dalla vicina Bagno di Romagna che allora si trovava in Toscana, era in provincia di Firenze e veniva chiamata semplicemente Bagno o anche Santa Maria in Bagno dal nome della basilica di Santa Maria Assunta.
I Silvani di Bagno erano ricchi possidenti ed erano entrati a far parte della nobiltà bagnese già nella seconda metà del XVII secolo [5]. Non so se il loro stemma fosse quello poi utilizzato dai Silvani di Sarsina o se ne avessero uno diverso. Di loro e dei loro discendenti parlo in una pagina a parte [>>].

Ignoro anche chi sia stato a trasferirsi a Sarsina e perché. E' probabile che sia stato Benedetto perché suo figlio Luca, nel 1774, erediterà il podere di Sambulino, situato nel territorio di Bagno, da suo zio Don Fabiano Silvani che era rimasto a vivere a Bagno. Del resto i Silvani di Sarsina mantennero molto a lungo le loro proprietà bagnesi in quanto il podere di Sambulino rimase dei Silvani fino al 1855 mentre quello di Albereto, anch'esso di Luca Silvani, rimase di proprietà della famiglia fino al 1872.

E' anche da tener presente che esiste un Carlo Silvani, che non è citato dallo Spreti e del quale si dice che era originario di Sarsina, che insegnò presso l'Università degli Studi di Bologna a partire dal 1721. Il suo titolo era professore di filosofia, termine all'epoca abbastanza vago e spesso sinonimo di scienziato. Lui comunque insegnava ai futuri medici.
Dato che anche un nipote di Benedetto verrà chiamato Carlo, è probabile che appartenesse alla stessa famiglia citata dallo Spreti, forse era un fratello di Benedetto stesso.

Lo Spreti riporta anche la descrizione dello stemma dei Silvani di Sarsina che è identica a quella che avevo trovato in precedenza nel libro di Pietro Ercole Visconti sulle città e le famiglie nobili dello Stato Pontificio [6] e che è D'azzurro alla fascia di rosso accompagnato in capo da tre stelle di sei raggi d'oro ed in punta da uno scaglione del secondo.

Viene mostrato anche il disegno dello stemma che però appare leggermente diverso da quello che può essere disegnato in base alla descrizione in quanto ha la stella centrale più bassa delle altre due.

Stemma dei Silvani di Sarsina disegnato secondo la descrizione     Stemma dei Silvani di Sarsina come appare nel libro dello Spreti

Inoltre lo stemma riportato nel libro dello Spreti ha la fascia molto più sottile di come si trova, di norma, negli stemmi italiani (un terzo dell'altezza) ed appare più vicina alla fascia che viene disegnata negli stemmi francesi (due settimi della larghezza).

Goffredo di Crollalanza, nella sua Enciclopedia araldico-cavalleresca [7], ci informa che le tre stelle erano tipiche delle famiglie di parte guelfa in Lombardia ed in Toscana ma che indicavano invece una famiglia di parte ghibellina in Romagna.
Dato che i Silvani vivevano a Sarsina che è in Romagna ma vi erano giunti dalla Toscana e che non si sa quando nacque questo stemma, risulta impossibile capire cosa rappresentino effettivamente le tre stelle presenti nel capo del loro stemma.

Il primo Silvani del quale so con certezza che sia nato a Sarsina è Luca, figlio di Benedetto, che nasce il 4 gennaio del 1739. Luca, di cui parlo diffusamente più avanti, viene aggregato con la sua discendenza alla cittadinanza nobile di Sarsina il 27 novembre 1763.

Luca Silvani sposa Rosa Calbetti e dalla coppia nacquero otto figli (uno dei quali ebbe il nome dal nonno Benedetto) fra i quali Carlo (nato il 22 gennaio 1768) e Quirino (nato il 25 marzo 1780) e con essi la famiglia si divise in due rami.

Da Carlo, che fu Podestà di Sarsina, e da sua moglie Maddalena Spinazzi nacque Adriano (1808-1889) a sua volta padre di Silvano e nonno di Adelaide Silvani (nata il 22 aprile 1876) che era ancora vivente quando lo Spreti pubblicò la sua opera.

Da Quirino e da Maddalena Zaccarelli nacque il cav. Luca Silvani (1825-1892) che fu una figura di spicco del Risorgimento. Nel 1826 Quirino morì improvvisamente quando la moglie era incinta di sei mesi. Il bambino che nacque tre mesi dopo fu chiamato Quirino come il padre defunto.
Luca Silvani, a sua volta, fu padre di un ulteriore Quirino (nato a Sarsina il 7 gennaio 1861) e di Luigi (nato a Sarsina 22 aprile 1874). Questo ultimo Quirino Silvani è l'erede del titolo di nobile di Sarsina. Sposa Adele Tosi e da loro, il 19 giugno del 1897, nasce Pacifico Silvani.
Suo fratello Luigi sposa Lucia Ortolani e dalla coppia nascono Luca Silvani (nato a Milano il 18 febbraio 1906) e Beatrice Silvani (nata a Ravenna il 5 novembre 1909).

I Silvani di Sarsina in epoca napoleonica

In Sarsina, da lungo tempo, veniva eletto un Consiglio guidato da due Consoli. I Silvani, essendo fra le famiglie notabili della cittadina, ottennero più volte queste cariche.
Nel 1784 Luca Silvani, figlio di Benedetto, era uno dei due Consoli mentre l'altro era Gregorio Pelli.

In quell'anno si liberarono due seggi da consigliere che si pensava sarebbero stati occupati da Pier Antonio e Francesco Antonio Pennacchi che invece non ottennero i seggi.
Fu probabilmente da questo fatto che nacque un'inimicizia fra i due clan rivali dei Pelli e dei Pennacchi. I Pelli erano imparentati con i Gervasi, con i Silvani e con i Fabbri. Il patriarca dei Pennacchi era allora Pier Antonio che era notaio, così come era notaio anche Luca Silvani.

Il notaio Luca Silvani è la figura più di spicco fra i Silvani di Sarsina durante l'epoca napoleonica ed in quella immediatamente precedente. Come già detto, era nato nel 1739 ed aveva quindi 58 anni quando, nel febbraio 1797, a Sarsina arrivarono i francesi.

Di lui però si sente parlare anche prima di tale data, non solo per la vicenda dell'inimicizia con i Pennacchi che ho appena descritto, ma anche per quella con addirittura il Vescovo di Sarsina, Nicola Casali. Nel 1789 era accaduto che fossero stati mandati a Roma cinque memoriali, anonimi o con firme false, contro il Vescovo di Sarsina che, il 12 agosto 1789, scrisse al Papa lamentandosi dei memoriali ed accusando alcune persone di esserne gli autori. Fra questi vi era anche Luca Silvani del quale il Vescovo dice più volte ammonito perché non si accostava ai sacramenti nemmeno a Pasqua.

Stranamente molti anni dopo la situazione si è completamente invertita e benché a quanto mi risulti il Vescovo fosse sempre lo stesso, Luca Silvani, nell'autunno del 1803, non solo viene nominato Delegato del ministro per Culto nel sarsinate ma viene anche accusato dal ministro per il culto, che era un tal Bovara, di essere stato nominato perché ligio al vescovo.

Nel 1804 Sarsina, che aveva perso la sua autonomia comunale, la riconquista. Luca Silvani è nominato agente municipale e Giuseppe Tosi segretario.
In questa veste si interessa affinché Luigi Landini di Sarsina, che è medico condotto, non debba pagare la vettura che ha trasportato, da Bologna a Sarsina, suo figlio che era stato arrestato (e che, per altro, verrà poi assolto). Da questa lettera apprendiamo che il Comune passava al medico condotto uno stipendio, definito tenue di settanta scudi Romani.

Nell'ottobre del 1804 il Vescovo Casali è di nuovo in lite ma questa volta, benché anche i Silvani siano fra i danneggiati, il contendere è fra il vescovo ed i fratelli Luigi e Paolo Baravelli (che era un canonico!). Il motivo della lite è il crollo di un muro sul confine delle proprietà.

Infatti gli edifici che si trovavano sul lato nord della piazza principale della cittadina (ora Piazza Plauto) avevano sul retro degli gli orti che erano a monte della proprietà del Vescovo dalla quale erano divisi da un muro di confine.

Era accaduto che il Vescovo avesse trascurato di far pulire il fosso per lo scolo delle acque lungo il muro che quindi era crollato ed i Baravelli chiedevano che fosse ricostruito a spese del Vescovo.
Anche i Silvani erano fra i danneggiati di questo fatto perché avevano casa e corte in via San Gregorio (si tratta della attuale via Cesio Sabino) all'altezza delle proprietà Campagna - Tonelli.

Nel 1805 accade che tre giovani sarsinati, Antonino Gervasi, Francesco Baravelli e Vicino Basini siano coinvolti in varie risse e che Francesco Baravelli venga denunciato addirittura da suo padre Luigi. Il rappresentante comunale, Massi scriveva però al Prefetto dicendo di non aver predisposto gli atti necessari in mancanza del Tribunale perché il suo collega Silvani ed il segretario garantivano la condotta del Gervasi.

Nella stessa lettera però insinuava il sospetto che ciò fosse stato detto per motivi personali in quanto Luca Silvani era parente stretto di Antonino Gervasi ed il segretario Tosi era stato, per più anni, al servizio di casa Gervasi e per di più, diceva che probabilmente avevano fatto ciò per propiziare la candidatura dell'amico notaio Nicola Pennacchi.

Il Prefetto però non solo non dava alcun ascolto a queste maldicenze ma, il 16 marzo 1805, addirittura nominava Giudice conciliatore e Delegato di Polizia di Sarsina Luca Silvani al quale mandava, per conoscenza, la lettera del Massi.

Luca Silvani accettava la nomina a giudice dimettendosi nel contempo, come voleva la legge, dall'incarico di agente municipale e dopo un processo durato un mese, dichiarava Antonino Gervasi e Francesco Baravelli disertori disponendone l'arresto (ma intanto Antonino era fuggito) mentre veniva assolto Vicino Biasini che era sì nelle liste dei coscritti, ma che non era mai stato chiamato alle armi. Sulle risse, che avevano dato inizio al contendere, dichiarava che non erano mai state serie e che erano avvenute per motivi di gelosia.

Nello stesso anno, 1805, vi è una contesa fra il Comune di Sarsina e quello di Mercato Saraceno, su chi dovesse pagare il portalettere di Sarsina, Angelo Gianessi, per il servizio effettuato quando Sarsina faceva parte del Comune di Mercato Saraceno. Luca Silvani decide che deve pagare la vecchia amministrazione di Mercato Saraceno.

Negli anni immediatamente successivi Luca Silvani era molto impegnato, in qualità di delegato per il culto, a difendere i beni che ancora rimanevano alle chiese locali dai tentativi, da parte delle autorità di Forlì e di Cesena, di impadronirsene, tentativi che aumentano dopo che, il 26 maggio 1806, Napoleone diventa re d'Italia.

Già nel giugno del 1805 aveva dovuto scrivere al viceprefetto per difendere lo Spedale di San Damiano dal tentativo di impadronirsi dei suoi scarsi fondi. Nel 1806 veniva addirittura sospettato dal Vescovo di aver fatto sparire (assieme al delegato demaniale) i Libri de Beni Enfiteutici da varie chiese allo scopo di non far conoscere quali fossero questi beni.

Sempre nel 1806 Luca Silvani scriveva al viceprefetto per difendere il Seminario dall'idea di trasformarlo in un ospedale ricordando che il Seminario era importantissimo per la pubblica istruzione e proponendo piuttosto di utilizzare, per la sede dell'ospedale, il palazzo vescovile qualora, come si pensava in quei giorni, si fosse proceduto alla soppressione della Diocesi (evidentemente l'inimicizia col Vescovo continuava!).

L'anno successivo, 1807, Luca Silvani appoggiava i numerosi reclami inviati alla viceprefettura di Cesena per la spoliazione delle varie parrocchie ed in particolare richiedeva la restituzione del piccolo fondo (di lire 500) sottratto alla chiesa sussidiaria di Calbano e di alcuni altri fondi della Sacrestia e della Compagnia del Rosario. Inoltre chiedeva la riconsegna di una Pisside d'argento sottratta al Santissimo della Cattedrale.

Luca Silvani continuò per mesi a riferire le lamentele dei parroci ma senza risultato anzi venne accusato di fomentare la grave renitenza al demanio da parte del clero e di impedire l'esecuzione dell'avocazione al demanio dei beni e delle proprietà del soppresso Capitolo di Sarsina e delle varie Compagnie abolite e fatte tutte confluire in quella del Santissimo.

Per questo motivo Luca Silvani veniva dichiarato decaduto dalla sua condizione di delegato per il culto ma non per questo smetteva di scrivere al viceprefetto. Il 28 agosto festa di san Vicinio, Patrono di Sarsina, Luca Silvani scriveva per informare nuovamente che le varie Compagnie, pur unite in quella del Santissimo malamente suppliscono alla mera necessità del culto e sono frequentemente nell'impossibilità di esporre il Sacramento per non aver l'olio.

Il 30 settembre 1807 è nominato il successore di Luca Silvani, come delegato per il culto, ed è Don Cesare Montalti (che aveva mete ambiziose e che darà ben presto le dimissioni per passare ad un incarico più importante) che per prima cosa parla male del suo predecessore scrivendo ... la niuna precisione di dettaglio e l'inesattezza hanno mai sempre jssata la norma d'ogni operazione del Silvani; ond'è che io mi ritrovo intralciatissimo nel regolar disimpegno alle mie incombenze ogni qual volta mi accade di dover giovarmi dei disordinati registri della di lui delegazione, somiglianti in tutto al favoloso caos de' Poeti ....

I Silvani non ricavavano di che vivere solo dalla professione di notaio di Luca Silvani, che non poteva certo guadagnare moltissimo in una cittadina piccola come Sarsina dove per di più i notai erano parecchi, ma soprattutto dalle rendite dei vari terreni che possedevano nei dintorni di Sarsina.

Nel 1807 i possidenti di Sarsina era 150 ma con questo termine si indicava chiunque possedesse della terra anche se questa fosse poca e desse un reddito insufficiente a vivere. Infatti di questi 150 possidenti erano solo undici quelli che dalle loro terre avevano ricavato più di 100 quintali di grano.
Luca Silvani era il secondo in questa lista con una produzione, in quell'anno, di 198 quintali di grano.

La famiglia Silvani possedeva un podere denominato la Villa di Tibbio sito nella parrocchia di Turrito, non distante da Sarsina. In pochi anni però succedevano vari incidenti.
Il primo accadde il 31 luglio 1811 quando il fulmine colpiva la casa di Domenico Antonio Rossi che era il colono della famiglia Silvani che sembrava morto ma poi si riprendeva mentre la sua piccola figlia perdeva l'udito dall'orecchio destro strisciato dal fulmine ed alcune capre morivano nella stalla.
Nel marzo 1812 il maltempo, che durava per ben quindici giorni, faceva gravi danni per 200 scudi ed il 14 ottobre 1814 andava a fuoco la casa colonica della proprietà dei Silvani per un danno di 600 lire.

Come già detto Luca Silvani ebbe otto figli fra i quali una ragazza, nata all'incirca nel 1775, della quale ignoro il nome e che sposò il notaio Michele Gervasi di circa trent'anni più vecchio di lei. Lo sposo, ultracinquantenne, manifestò ben presto una esorbitante gelosia per la sposa poco più che ventenne.

Nel tentativo di frenare questa gelosia il fratello della sposa, Benedetto Silvani, chiese ed ottenne dal Vescovo di Sarsina un attestato de vita et moribus che certificasse che la sorella conduceva una vita irreprensibile ma ciò, invece di calmare la gelosia del notaio Michele Gervasi fece nascere un'inimicizia tra costui ed il Vescovo che, nel luglio del 1797, veniva attaccato da uno scritto del Gervasi.

Un altro dei figli di Luca Silvani nominato più volte nel libro di Vittorio Tonelli su Sarsina in epoca napoleonica è Benedetto.

Lo troviamo citato nel 1799 quando alcuni notabili del paese, fra i quali anche Benedetto Silvani, scrivono un attestato di buona condotta a favore di Michele Pennacchi per quando era viceparroco di Sarsina perché erano tornati gli austriaci e costui era accusato d'essere filofrancese.

Nel 1808 andava rinnovato un terzo dei consiglieri di Sarsina e fra gli eletti troviamo anche Benedetto Silvani che giura fedeltà alla Costituzione della Repubblica ed è nominato Capitano della Prima Compagnia della Guardia Nazionale. E' anche cassiere delle Congregazioni di carità che dipendono dal governo.

Quando il giovane Antonino Gervasi, figlio di Michele, imperversava con le sue bravate e ne faceva di tutti i colori, Benedetto Silvani lo aveva rimproverato di aver aizzato il suo cane contro quello del rettore del seminario. Ne seguì un grosso alterco durante il quale Antonino definì Benedetto Capitano degli stracci e Benedetto lo chiamò invece avanzo di galera.
Nel 1810 Antonino Gervasi (senza sposarsi) diventò padre di Ifigenia che, nel 1821, fu accolta in casa del dott. Girolamo Versari e che diventò poi un'artista ed una patriota famosa.

Nel 1816 cambiava l'ordinamento del consiglio comunale di Sarsina ed ora andava eletto un governatore e 24 consiglieri (mentre prima erano solo dieci). Il 1 ottobre 1816 fra gli eletti c'è nuovamente Benedetto Silvani

Nel 1826 venivano trovati i ruderi di una fabbrica romana nel retro della casa di fronte a quella dei Silvani e cioè quella che era sull'angolo con il vicolo della fonte (si tratta della moderna via Aurigemma).

I Silvani di Sarsina durante il Risorgimento

Il 13 dicembre 1820, il Consiglio Comunale di Sarsina doveva formulare una terna di candidati alla nomina a gonfaloniere in sostituzione di Giuseppe Massi, morto solo sei giorni dopo la nomina. La scelta definitiva veniva poi fatta a Roma.

I tre candidati sono Quirino Silvani del capoluogo, Francesco Cersoli di Turrito e Francesco Manucci di Rivoschio. Il primo aveva nella votazione il massimo dei consensi e l'appoggio del governatore che scriveva in via riservata al legato: ... Quirino Silvani ... è di ottimi natali, ed è ascritto tra i buoni possidenti di questo luogo. Conosce l'Amministrazione Pubblica più di ogni altro, avendo per tanti anni servito in qualità di Ricettore di Finanza nel cessato Governo Italico e nell'attuale, dal qual impiego si è al presente allontanato, vivendo onoratamente in Patria con pensione vitalizia Egli sarebbe per conseguenza più che idoneo alla carica a cui viene proposto, concorrendovi in esso tutti i requisiti voluti dalla Legge.

C'era però il dubbio se il Silvani potesse diventare gonfaloniere perché zio dell'esattore in carica, Ignazio Gervasi, e non si sapeva se ciò era permesso dal Regolamento sulle ricevitore comunali. Da Forlì si chiedeva a Roma che rispondeva dicendo che tutto era in regola.

Successivamente però c'erano degli screzi fra il governatore e Quirino Silvani perché non erano stati portati a compimento dei lavori urgenti dell'edificio comunale nell'ala destinata al tribunale e perché il Silvani aveva chiesto l'autorizzazione alla spesa per sostituire tre invetriate rotte ma poi non lo aveva fatto.

Il 25 febbraio 1822 da Roma veniva emesso un editto per il reclutamento di volontari che però, in provincia di Forlì, ebbe poca fortuna. Sarsina e Mercato Saraceno vennero sollecitate ad inviare un contingente e Quirino Silvani, come gonfaloniere della città di Sarsina, dovette invitare la gioventù ad arruolarsi e scrisse:

... avete, o Giovani, inteso come l'amatissimo nostro Sovrano, l'immortale Regnante Sommo Pontefice Pio VII vi chiama a militare sotto alli gloriosi, e pacifici di Lui stendardi. Avete del pari inteso di quali onori andrete adorni, e di quali decorazioni, sarete fregiati allorché vestirete l'uniforme, e le presterete un lodevole, e fedele servigio.
Ora aggiungo per ordine della Legazione, che S.E.R.ma il Signor Cardinale Legato ha imposto alli Signori Comandanti de Depositi, incaricati di accettare i volontarj, che questi siano ricevuti, e trattati coi massimi riguardi, ben vestiti, e che sia loro permesso, per qualche giorno di portarsi alle loro Patrie, e ciò senza perdita di Soldo.
Io pertanto, cui sommamente mi preme il vostro bene, e che non sia defraudato il dovuto servigio al Trono, vi esorto, e vi prego di accorrere alli Depositi, e farvi annoverare fra i volontarj. Non vi ritenga panico timore di Guerra, mentre militar dovete sotto ai gloriosi vessilli di Principe quanto Santo, altrettanto pacifico.
Le vostre stazioni non saranno in Regni stranieri, bensì nelle più belle, e floride Città dello Stato, ed in mezzo alle Persone della stessa lingua, e Nazione, non lungi dalle vostre Patrie, e talvolta anche in seno alle stesse vostre Famiglie.
Ponderate a questa verità di fatto, ne lasciate sfuggire l'opportuna favorevole occasione, che vi apre la strada agli onori, ed alla Gloria.

Nonostante questo accorato appello il 7 giugno successivo non c'era ancora nemmeno un volontario!

Nel gennaio del 1823 Quirino Silvani cessava dalle funzioni di gonfaloniere e gli subentrava il giurista Filippo Tavanti.

Quirino Silvani aveva sposato Maddalena Zaccarelli e nel 1825 alla coppia nascerà un figlio che sarà chiamato Luca come il nonno, il notaio Luca Silvani, del quale si è ampiamente parlato in precedenza. Nel 1826, però, quando il figlioletto Luca aveva un solo anno, Quirino Silvani moriva. Tre mesi dopo nasceva un suo figlio che veniva chiamato come il padre defunto.

Dopo la morte di Quirino, il Silvani più anziano diventava suo cugino Adriano Silvani che era nato nel 1808 da Carlo, fratello di Quirino, e da sua moglie Maddalena Spinazzi.

Nel 1832 troviamo Adriano Silvani fra i cinque possidenti nobili nell'elenco dei consiglieri comunali di Sarsina approvati dal pro-legato. Degli altri consiglieri undici sono i possidenti non nobili, sette gli appartenenti ad altre classi eleggibili più un altro possidente non meglio classificato.

Nel 1836 Adriano Silvani, come consigliere comunale ed assieme a due canonici, su incarico del gonfaloniere dovette partire per Forlì per perorare la causa di Sarsina perché vi timore il che il tribunale potesse essere trasferito a Mercato Saraceno.

Nel 1838, dopo le dimissioni di Giacomo Biordi da gonfaloniere e la mancata accettazione da parte di Giovanni Marini che non aveva domicilio stabile in città, Adriano Silvani veniva nominato gonfaloniere ma non poteva raggiungere il legato a Forlì per la formale accettazione in quanto, in quel momento, le strade erano impraticabili per i danni dovuti al maltempo.

Nel giugno del 1839 troviamo scritto Adriano Silvani parte per la terra degli avi, la Toscana, senza più ritornare e viene sostituito come gonfaloniere dal dottor Filippo Tavanti. Probabilmente la frase senza più ritornare sta a significare che è stato via per un tempo tale che si è reso necessario sostituirlo nella carica di gonfaloniere e non che non sia più tornato a Sarsina.

Infatti, nel 1841, Adriano Silvani fa sempre parte del consiglio comunale dove i membri nobili sono calati di numero. Si voleva infatti iscrivere al patriziato cittadino la famiglia dei Roberti e si decide di coinvolgere nella decisione tutto il consiglio e non solo la sua parte composta di nobili in quanto questa si era ridotta a soli tre membri, uno dei quali era Adriano Silvani.

Nel 1846 il governatore Massoli si metteva in urto con l'intero Consiglio comunale e veniva accusato da moltissimi consiglieri di voler sempre fare come gli pareva. In tutta risposta costui, il 26 gennaio 1847 mandava un dossier in legazione dove accusava, oltre a Giacinto Squadrani, i Petrucci ed i Silvani di essere rappresentanti di altri mascalzoni mascherati.
Sembrerebbe che a Sarsina i politici fossero particolarmente vivaci e che non facessero molto caso alle parole che usavano senza mezzi termini contro gli avversari.

Adriano Silvani non amava i cosiddetti rivoluzionari e quando, nel 1831, era terminato il brevissimo interregno del Governo Provvisorio, aveva strappato una bandiera tricolore. Così quando, nel novembre 1848, cominciarono le sommosse che porteranno all'abbandono di Roma da parte del Papa, qualcuno spara contro la finestra di Audiface Trovanelli, governatore supplente di Sarsina, e c'è chi fa notare che, tra la folla, vi sono le guardie civiche armate radunate dal tenente Marini e dai sottotenenti Pennacchi e Adriano Silvani.

L'anno successivo nasce la Repubblica Romana ed il 12 marzo 1849, vengono rinnovati i consigli comunali e questa volta con votazioni dal basso. Votano 161 elettori su 271 aventi diritto ed Adriano Silvani, benché venga definito promotore di tumulti sin dal 1831 allorché al ritorno del governo pontificale aveva lacerato pubblicamente la bandiera nazionale riceve ben 91 voti.

Nel 1855 muore il computista comunale ed il posto viene temporaneamente occupato dal farmacista Giovanni Pennacchi ma corre voce che costui voglia per sé o per il figlio Michele il posto e vari lo attaccano fra cui Adriano Silvani che accusa il Pennacchi di condotta scandalosa, di cleptomania, di inettitudine amministrativa e di ignoranza linguistica.
Però la campagna contro il Pennacchi non ha effetto ed Adriano Silvani torna a sollecitare un concorso pubblico per il posto di computista ed un'inchiesta sulle accuse contro il Pennacchi.

Adriano Silvani è pubblico spacciatore del pane e la campagna contro il Pennacchi probabilmente gli costa una multa. Infatti, nel 1856, i gendarmi trovano che allo spaccio del pane la bilancia non è esatta, Adriano Silvani si difende e chiede inutilmente l'annullamento della multa dicendo di aver malamente controllato i pesi con la stadera a mano (e non con i più regolari bilancioni) e di subire certe ritorsioni da chi gli cuoce malamente e volutamente il pane.

Nella prima metà dell'Ottocento viveva a Sarsina anche un giovane canonico Silvani del quale non conosco la parentela con gli altri Silvani. Anche lui viene citato per un altro litigio (da queste letture sembrerebbe che, nell'ottocento, molti sarsinati fossero particolarmente litigiosi).
Infatti, nel 1832, accadeva che il medico e consigliere comunale Ignazio Dal Monte Casoni venisse accusato di non curare come si doveva chi non era del suo partito (lui era per i rivoluzionari), allora il medico scrisse una lettera al vicecommissario delle 4 legazioni per anticipare eventuali rimostranze del chierico canonico Silvani che lui definiva un giovinastro ... di mal talento e che diceva aspirare a un beneficio canonicale in combutta con il collega Don Lorenzo Dal Monte Casoni (che evidentemente era un suo parente) e ciò perché costui si era opposto alla sua riconferma a medico condotto.

Di ben diverse idee politico erano Luca e Quirino Silvani, figlio del defunto Quirino Silvani, che furono allevati dalla madre che li condusse prima per due anni a Forlì per studiare filosofia e poi, dal 1845, a Bologna dove Luca si dedicò alla matematica e Quirino alla giurisprudenza.

Già nel 1842 Luca Silvani era entrato nella Giovane Italia e nel 1843 nella massoneria. Nel 1845, appena ebbe notizia della formazione della Banda Beltrami e Pasi che voleva sollevare la Romagna si mise in cammino per raggiungerla ma arrivò in Toscana proprio quando si stavano consegnando le armi ad un ufficiale del Duca di Toscana.

La polizia conosceva le sue idee per cui a Bologna non gli fu mai concessa la carta di permanenza, per cui non poté mai iscriversi compiutamente all'Università ma risultò sempre un uditore.
Nel 1847 era a Bologna e sventolò il tricolore al funerale dell'Avvocato Antonio Silvani e nel 1848 si fece promotore fra gli studenti della formazione del battaglione Zambeccari per accorrere il aiuto ai modenesi in rivolta ancora prima delle Cinque Giornate di Milano.

Successivamente, sempre con il Battaglione Zambeccari, fu tra i primi a varcare il Po e fu nominato sergente della Prima Compagnia alla battaglia detta delle Castrette presso Treviso e fu elogiato dai superiori per aver protetto, con il suo plotone, la ritirata del battaglione ordinata dal generale Ferrari.

In maggio, combattendo in difesa di Vicenza, fu colpito al ginocchio da una palla morta e si trovò presente alla capitolazione di Treviso. Dato che gli impegni presi con gli accordi per la capitolazione di Vicenza e Treviso obbligavano i volontari pontifici del generale Durando a non riprendere per tre mesi le armi, Luca Silvani tornava a Bologna ed entrava a far parte del battaglione del colonnello Ferrari di Lugo.

Poi, Luca Silvani, che nel frattempo era diventato tenente, tornava a Sarsina ed ai primi d'agosto, assieme ad altri cinque patrioti, protestava con il governatore perché gli ufficiali degli arruolati di Sarsina erano poco attivi e non indossavano la divisa.
Nel febbraio del 1849 veniva proclamata la Repubblica Romana e quando la notizia arrivava a Sarsina c'erano dei festeggiamenti. In questa occasione veniva definito repubblicano fanatico anche Quirino Silvani, fratello di Luca.

Luca Silvani intanto si era arruolato nella Compagnia Granatieri del Reggimento Unione ed in marzo era presente alla sortita di Brondolo, con il generale Pepe, per la difesa di Venezia. Trasferito poi nel Secondo Battaglione partecipò alla difesa di Roma mettendosi in luce nel combattimento del 12 giugno fuori Porta San Pancrazio.
Fu poi impegnato nei combattimenti del 21 giugno fino alla caduta di Roma, dopo di che rientrò a Sarsina.

Non potendosi iscrivere all'Università Luca Silvani rimase a Sarsina dove, per alcune anni, svolse le funzioni di esattore comunale ma era anche il capo dei patrioti locali. Non frequentava la Chiesa e per questo venne ammonito più volte con lettere del vicario Masacci.
Il Silvani, però si interessava anche di Sarsina e nel 1850, assieme al medico Dal Monte e ad altri, mandò una petizione a Forlì per risolvere il problema igienico di un paese contaminato da fetide acque perché la costruzione della chiavica coperta era iniziata nel 1847 ma poi era rimasta in sospeso.

Ai primi di gennaio del 1859 ci fu quello che venne considerato uno scandalo: una ragazza, Rosa Fabbri, era sparita e si diceva che fosse incinta di Luca Silvani. Si scoprì che era vero e che ora viveva in casa dell'amante. Vennero mandati due gendarmi ma lei era già andata a Cesena per partorire.

Nasceva un bambino che verrà chiamato Quirino ma che morirà dopo soli sette giorni, allora Rosa Fabbri tornò a vivere in casa di Luca Silvani, ufficialmente come domestica. La cosa non piacque alla Curia Vescovile che la fece arrestare e poi le propose di liberarla purché si recasse, per tre anni, a vivere a Perticara ma lei rifiutò.

Successivamente la coppia (che si sposerà solo nel 1865) avrà altri sette figli dei quali però solo un secondo Quirino (nato nel 1861) e Luigi (nato nel 1874) arriveranno all'età adulta mentre Pisone Garibaldo morirà di rosolia nel 1868 quando era ancora bambino e gli altri moriranno ancora più giovani.

Il 29 aprile 1859 scoppiava la guerra tra l'Austria ed il Piemonte e la Francia Luca Silvani si recava a Firenze, dove il governo del Granduca era caduto, per organizzare gli arruolamenti. Il 21 giugno, a Sarsina veniva istituito un Governo provvisorio con Luca Silvani presidente e veniva istituita la Guardia Civica. La situazione però rimase tranquilla anche per merito del Silvani come riconobbe anche il pro-vicario Pirelli.

Ai primi di agosto decadeva il gonfaloniere in carica e venivano messi ai vertici del Comune Luca Silvani con altre due persone. Il 25 settembre ci furono le elezioni dirette del Consiglio comunale e votarono 119 cittadini su 224 aventi diritto. Il più votato fu Luca Silvani che il 2 ottobre diventava gonfaloniere con 13 voti su 15.
Venivano eletti anche due anziani ed uno di questi fu Adriano Silvani che era tuttora considerato papalino e filoaustriaco.

Nel marzo del 1860 Luca Silvani lasciava la carica di gonfaloniere (che nel frattempo aveva cambiato nome ed era diventata di sindaco) per poter occupare un posto nella magistratura comunale. Prima di terminare il suo incarico però fece in tempo ad organizzare il plebiscito per l'annessione al Regno di Vittorio Emanuele II.

Nel mentre, già dal gennaio del 1860, Luca Silvani, assieme a Pietro Pirazzoli, era in contatto con dei profughi marchigiani per un piano insurrezionale nel Montefeltro. Dopo l'inizio della Spedizione dei Mille il piano fu perfezionato e si cercarono le armi che arrivarono il 22 di agosto. L'azione doveva scattare l'8 di settembre ma il 5 un Delegato di Pubblica Sicurezza, scortato dai carabinieri, metteva sotto sequestro 100 fucili che erano in casa del Silvani che protestava come cittadino (non c'era un regolare mandato), come assessore e come capitano della Guardia.

Il giorno successivo il sequestro veniva revocato e a mezzanotte del 7 settembre 1860, partivano da Sarsina Luca Silvani e 27 Cacciatori. I volontari si radunarono a Perticara (erano in 210) ed occuparono Sant'Agata Feltria al grido di Viva Vittorio Emanuele. La Giunta provvisoria che si insediò diede a Luca Silvani il comando militare e chiamò i volontari con il nome di Cacciatori del Montefeltro.

L'8 settembre parte dei volontari andava ad occupare Talamello ed il 9 Luca Silvani arrivava a Pennabilli ed il 10, passata Carpegna, era a Macerata Feltria. L'11 settembre l'esercito piemontese, comandato dal generale Enrico Cialdini, passava il confine ed invadeva lo Stato Pontificio. I Cacciatori di Montefeltro continuavano ad avanzare ed il 12 dirigevano su Pian di Meleto per poi arrivare a Sant'Angelo in Vado.

I volontari proseguirono fino a Camerino ma intanto le operazioni militari erano interamente in mano ai piemontesi che il 18 settembre sconfiggevano i papalini a Castelfidardo. I Cacciatori del Montefeltro, con una lunga marcia, tornarono a Sant'Agata Feltria dove, il 6 ottobre, la compagnia fu sciolta.

Al ritorno a Sarsina Luca Silvani si impegnava, senza successo, nel tentativo di impedire il trasferimento del Tribunale da Sarsina alla più popolosa Mercato Saraceno. Il Silvani diventava nuovamente capitano della Guardia Nazionale e successivamente fu giudice conciliatore, consigliere comunale, assessore e più volte sindaco. Nel 1872 era nominato cavaliere.

Inoltre seguiva le sue terre dove produceva del vino rosso da pasto che venne premiato alle Esposizioni di Torino (1865) e di Vienna (1873). Nel 1882 moriva sua moglie e lui stesso soffriva di un'infermità alla gamba destra. Solo nel 1888 riusciva ad ottenere una pensione quando, a Forlì, consegnava personalmente una petizione ad Umberto I.

Il 10 maggio 1892 Luca Silvani moriva. Nel 1964 Sarsina gli dedicava una strada.


[1] - Filippo Antonini - Delle antichità di Sarsina - presso Gioseffantonio Arghi - Faenza, 1769.   <<

[2] - Vittorio Spreti - Enciclopedia storico-nobiliare italiana: famiglie nobili e titolate viventi. Riconosciute dal R. Governo d'Italia - Milano, 1928-1935.   <<

[3] - Vittorio Tonelli - Sarsina Napoleonica: storia e folklore in terra romagnola - Grafiche Galeati - Imola, 1980.   <<

[4] - Vittorio Tonelli - Sarsina nel Risorgimento - Editrice La Mandragora - Imola, 1995.   <<

[5] - a cura di Claudio Bignami, Alessio Boattini ed Angelo Rossi - Al tempo del corojje: poderi e case rurali nel territorio parrocchiale di Bagno di Romagna. Immagini e storie d'altri tempi - Edizioni il Girovago - Cesena, 2010.   <<

[6] - Pietro Ercole Visconti - Città e famiglie nobili e celebri dello Stato Pontificio - Tipografia delle Scienze - Roma, 1847.   <<

[7] - Goffredo di Crollalanza - Enciclopedia araldico-cavalleresca - Prontuario Nobiliare - presso la direzione del Giornale araldico - Pisa, 1876-77 (ne esiste anche una ristampa anastatica di duecento esemplari numerati, realizzata da Arnaldo Forni Editore di Bologna nel 1964 ed altre successive).   <<


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