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In ricordo di Marina Grappa

Considerazioni sul Comitato Etico dell'ASL di Bologna


Sul Comitato Etico

Da una lettera di Marina del 25 maggio 2008:

La cosa che mi fa sentire più orgogliosa fra tutte le esperienze di volontariato resta, in ogni caso, la mia appartenenza al Comitato Etico dell'ASL, è un onore speciale che mi è stato riservato forse per cercare di rimediare, in parte, a quanto mi è successo.

Cerco in ogni circostanza di svolgere con senso di responsabilità il mio ruolo e ho avuto la bella soddisfazione nel vedere accolte delle osservazioni personali che hanno modificato e integrato a tutela dei pazienti i moduli di consenso che essi devono firmare prima di entrare in uno studio sperimentale.

Di solito i membri laici vengono visti con una certa diffidenza dal personale medico dei Comitati Etici e i conflitti sono inevitabili, ma devo dire che il nostro Comitato è ben disposto verso tutte le rappresentanze facendo tesoro del contributo di tutti indistintamente.

Sono piccoli passi verso una maggiore consapevolezza del paziente del suo diritto a scegliere liberamente fra le terapie che vengono proposte o anche di rifiutarle potendo contare su di una informazione il più possibile veritiera, completa ed aggiornata su benefici e rischi di un farmaco.

Talvolta gli stessi sperimentatori ignorano quali e quanti siano i rischi di una terapia e il Comitato Etico ha il dovere di imporre, per legge, che questo venga dichiarato esplicitamente al paziente.

La Scienza medica ha molte incertezze che finora ha preferito nescondere agli occhi dei malati assumendosi gravi responabilità verso la loro vita ma l'introduzione di rappresentanze dei cittadini nei Comitati Etici o in altri organi Esecutivi della Sanità sta cambiando il panorama anche in Italia.

La sorveglianza sull'applicazione delle leggi (Convenzione di Helsinki-Tokio 1964, Dichiarazione di Alma Ata [URSS] 1978, la Convenzione di Oviedo 1977, ecc. da cui discendono tutti i piani per la Salute Nazionali e Regionali) oggi è compito anche delle Associazioni dei pazienti e dei singoli utenti.

E' una grande rivoluzione anche se lenta e silenziosa, che in Italia è arrivata molto tardi dopo le prime esperienze anglosassoni (americane, inglesi e canadesi), tedesche, danesi, spagnole, ecc.

In una parola sono forme di democrazia partecipata in cui i cittadini adeguatamente informati e rappresentanti per la popolazione forniscono un parere alle autorità locali entrando di diritto nei processi decisionali.

E' una carta importante che, però, in Italia rischia di non essere giocata con successo perché le rappresentanze dei cittadini impegnati in questo ruolo scarseggiano nel nostro Paese, l'impegno continuativo in un ruolo che richiede formazione ed aggiornamento delle competenze spaventa soprattutto se rimane inquadrato nell'ambito esclusivo del volontariato.

Questo è uno dei tanti seri problemi che affliggono la Sanità italiana e che la maggioranza della popolazione ignora.


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