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Storia e risultati di alcune delle riforme più importanti della scuola italiana


Premessa

Al giorno d'oggi si sente molto spesso parlare di riforme tanto che vari uomini politici con orgoglio definiscono se stessi "riformisti".
Non c'è dubbio che di cose che non funzionino, sia in Italia che nel mondo, ce ne siano molte e che quindi vadano fatte parecchie modifiche, è sbagliato però pensare che fare modifiche sia automaticamente un fatto positivo.

Bisogna infatti che la riforma sia valida altrimenti si rischia di peggiorare il problema invece che migliorarlo (in Veneto dicono Xe peso el tacòn del buso).
Un settore nel quale di "riforme" ne sono state fatte a iosa è quello della scuola ma, a quanto pare, gran parte di queste riforme non hanno raggiunto il risultato voluto perché si sentono continue lamentele su come funzioni male la scuola italiana e si leggono statistiche dalle quali si apprende che i nostri giovani sono mediamente meno preparati di una volta.

Sembrerebbe quasi che l'unica riforma della scuola che potrebbe dare qualche risultato sia tornare indietro e cioè decidere in quale anno la scuola funzionasse meglio e rimettere in vigore i regolamenti di allora.
Voglio quindi ripercorrerre la storia di alcune importanti riforme avvenute negli anni per vedere se e quando la scuola italiana funzionasse meglio.

Io non sono né un educatore, né un insegnante e mi si potrebbe quindi accusare di non conoscere l'argomento del quale voglio parlare però, considerato quante riforme ho visto in tanti anni, mi sento perfettamente in grado di valutare i risultati ottenuti da queste riforme.

Più di vent'anni orsono [questo testo è stato scritto nel 2008. N.d.A.] uscì un film di grande successo che si intitolava Ritorno al futuro dove il protagonista tornava indietro nel tempo fino all'epoca nella quale i suoi genitori andavano ancora a scuola.
Il protagonista tornava quindi al 5 novembre 1955 che sembra ora un'epoca lontana e remota, ebbene sabato 5 novembre 1955 io ero nel mio banchetto di legno della Scuola Elementare Alfonso Varano di Ferrara e frequentavo la prima elementare.

Ho poi avuto altri tredici anni di scuola ed ho visto molte riforme superando molti esami che venivano regolarmente aboliti l'anno successivo come l'esame in terza elementare, l'esame di ammissione alle medie, il latino fin dal primo giorno della prima media, l'esame di quinta ginnasio e l'esame di maturità con tutte le materie dell'ultimo anno ed i riferimenti agli anni precedenti.
Sono poi entrato all'Università proprio nel fatidico 1968 ed anche qui ho visto parecchi cambiamenti. Nel 1973 mi sono laureato ma non ho smesso di essere informato direttamente di quello che succedeva nella scuola italiana perché ho un fratello che è di dieci anni più giovane di me. E' nato poi mio figlio che ora è all'Università ed ho quindi ricominciato da capo a vedere come funzionasse la scuola italiana.

In questa pagina parlerò solo degli esami che sono stati modificati o aboliti nel tempo (ed io e quelli della mia età sono sempre stati gli ultimi a sostenerli!) rimandando a specifiche pagine il discorso sui programmi ed i metodi d'insegnamento [ancora da realizzare] e quello sulla riforma dell'Università [>>].

L'esame di terza elementare

Nel 1958 affrontavo l'esame di terza elementare. Quelli della nostra età furono gli ultimi a farlo perché l'anno successivo venne abolito e sostituito da un esame in seconda elementare.

Si trattava di un esame vero e non di un pro forma e non era impossibile essere bocciati e dover ripetere la terza elementare anche se tutto quello che si chiedeva all'alunno era di saper leggere, scrivere e far di conto.

Storicamente questo esame nasceva dalla necessità di dare comunque un riconoscimento a quei bambini che non avrebbero potuto terminare le elementari perché dovevano andare a lavorare.
Adesso sembra impossibile che un bambino di 8/9 anni smetta di studiare perché deve lavorare ma allora non era infrequente che in campagna ci fosse bisogno anche dell'aiuto di un bambino che di solito poteva essere utile per badare agli animali al pascolo
[1].

Sembrerebbe quindi che, essendo cambiato questo stato di cose, sia stato perfettamente logico abolire questo esame e sostituirlo con uno in seconda elementare che verificasse se l'alunno sapesse leggere, scrivere e fare di conto.
Però non si è tenuto conto del fatto che i bambini non sono tutti uguali e quindi, iniziando un percorso educativo ben diverso dall'asilo o dalla scuola materna, non progrediscono tutti alla stessa maniera.

Accadde quindi che, tra i bambini che si presentavano all'esame di seconda elementare, erano molti di più quelli che ancora non erano in grado di leggere e scrivere correttamente rispetto a quando l'esame si faceva un anno dopo. Nacque così un certo buonismo che portava a promuovere anche bambini che non erano preparati per non far perdere loro un anno.

Si tenga infatti presente che ripetere la seconda significava perdere effettivamente un anno mentre così non era ripetendo la terza in quanto in terza si iniziava già a studiare storia e geografia e quindi la differenza fra fare due volte la terza o fare regolarmente la quarta consisteva solo in una certa quantità di nozioni per cui non era infrequente che chi aveva ripetuto la terza potesse ricuperare l'anno perso sostenendo l'esame di quinta alla fine di quella che per lui era la quarta.

Far continuare gli studi come se niente fosse a chi non abbia ancora imparato a leggere e scrivere correttamente non solo danneggia i suoi compagni di scuola che si trovano rallentati nel loro processo di apprendimento ma soprattutto danneggia il bambino stesso che da lì in poi si troverà sempre in difficoltà nello studio e difficilmente potrà ricuperare.

Se invece, come accadeva un tempo, il bambino, ripete la terza, può approfondire meglio quegli aspetti nei quali è più carente imparando molto di più di quello che avrebbe potuto apprendere nel frequentare una quarta classe nella quale si sarebbe trovato in grandissima difficoltà e così non è impossibile che riesca poi a ricuperare il tenpo perduto.

Per quanto riguarda le elementari la mia proposta di "riforme" è di tornare indietro nel tempo e ripristinare la situazione che c'era nel 1958. Occorrerà comunque prevedere appositi corsi di sostegno per chi abbia ripetuto la terza traendone beneficio affinché possa tentare di ricuperare l'anno perduto sostenendo l'esame di quinta elementare alla fine di quella che per lui è la quarta.

L'esame di ammissione alle medie

Nel 1959/60 ho frequentato la quinta elementare e quindi, alla fine dell'anno scolastico, ho dovuto sostenere l'esame di quinta. Una volta superato l'esame, ho ottenuto il diploma di quinta elementare ma ciò non era sufficiente per iscriversi alle scuole medie.
Infatti per farlo era necessario sostenere anche un esame chiamato di ammissione alle medie per superare il quale era necessario approfondire quanto studiato in quinta ed in particolar modo l'analisi logica. Vi erano anche altre materie tra le quali una che non ho più incontrato nei miei studi e cioè la storia della Scienza.

Lo scopo di questo esame era di accettare alle medie solo chi fosse in grado di affrontare fin da subito lo studio del latino che allora era una delle materie più importanti. Chi non voleva affrontare questo esame poteva iscriversi a delle altre scuole dette di Avviamento professionale.

In pratica alla fine della quinta elementare e quindi ad 11 anni si doveva decidere se si voleva continuare a studiare per lo meno fino a 18/19 anni o se si voleva avere la possibilità di iniziare a lavorare a 14 anni.
Infatti dopo i tre anni di Avviamento professionale si poteva continuare a studiare scegliendo però un istituto professionale oppure si poteva iniziare a lavorare come apprendisti. Chi invece faceva le Medie doveva necessariamente continuare a studiare perché, se smetteva, si trovava senza arte né parte dato che le materie che si studiavano alle Medie era propedeutiche al prosieguo degli studi e non ad iniziare un lavoro.

Può sembrare assurdo che ad 11 anni si dovesse decidere il proprio futuro e può sembrare che la scelta di andare a lavorare a 14 anni fosse una scelta di serie B fatta solo da chi non ce la faceva ad affrontare degli studi più pesanti o non ne aveva voglia ma bisogna fare alcune considerazioni.

Per quanto riguarda l'età alla quale decidere il proprio futuro bisogna considerare che chi voglia seguire certe carriere deve ancor oggi deciderlo ad età ancora più verdi di 11 anni.
Chi voglia diventare un grande pianista, una ballerina di danza classica o anche un trapezista del circo deve iniziare il suo apprendistato estremamente presto.

Il fatto di iniziare a lavorare come apprendista a 14 anni non era automaticamente un scelta di serie B. Considerato che l'apprendistato durava tre anni, chi faceva questa scelta iniziava a guadagnare quando i suoi coetanei andavano ancora a scuola.
Se era bravo ed aveva voglia di lavorare poteva sperare di riuscire a mettersi in proprio o a diventare socio del suo datore di lavoro in una decina di anni e quindi prima ancora di compiere trent'anni.
Non era nemmeno impossibile che aprisse poi una piccola industria e diventasse così datore di lavoro di un suo coetaneo che aveva passato tanti anni a studiare per diventare ragioniere o geometra
[2].

Purtroppo, dato che l'idea che scegliere l'Avviamento professionale fosse una scelta di serie B era molto diffusa, accadeva che in effetti molti studenti fossero mandati a queste scuole solo perché svogliati o poco preparati. Anche fra i professori si mirava ad andare ad insegnare alle Medie e non all'Avviamento professionale.

Si decise così di abolire l'esame di ammissione alle Media e le scuole di Avviamento professionale e di mandare tutti a quella che fu chiamata la Scuola Media unificata.

Per permettere a tutti di frequentare le nuove Medie venne ridotto (ma non abolito) lo studio del Latino e per aiutare un eventuale impiego al termine delle scuole medie venne introdotto lo studio della lingua straniera fin dal prim'anno (prima si studiava dal secondo anno) ed una nuova materia che era Attività tecniche per i ragazzi ed Economia domestica per le ragazze.

Il risultato di tutto ciò fu che chi avrebbe fatto volentieri l'Avviamento professionale ora studiava delle materie che non gli servivano e faceva più fatica di prima a studiare, mentre chi proseguiva gli studi aveva poi grosse difficoltà alle superiori perché vi arrivava più impreparato di prima.

Col tempo la situazione peggiorò perché dilagò anche alle Medie il buonismo per cui sembrava una cattiveria far perdere un anno a qualcuno, tanto più se si vedeva già che non ce la faceva e non avrebbe poi continuato gli studi.
Il risultato è stato che, all'epoca di mio figlio, vari studenti che affrontavano con successo l'esame di terza media non sarebbero stati in grado di superare l'esame di quinta elementare che feci io.

Anche in questo caso la soluzione più semplice e veloce sarebbe tornare indietro fino al 1959/60 però non è possibile perché ora nessuno può andare a lavorare, sia pure come apprendista, a soli quattordici anni.
Inoltre bisogna tener conto del fatto che anche allora si tendeva a considerare una scuola di serie B l'Avviamento professionale e ciò non va affatto bene.

Si potrebbe quindi mantenere la Scuola Media unica ma suddividerne le materie in tre gruppi distinti: uno sarebbe comune a tutti gli studenti e comprenderebbe quelle materie indispensabili alla cultura di una persona mentre gli altri due sarebbero seguiti solo da una parte degli studenti a seconda dell'aver scelto il ramo professionale o quello propedeutico (a proseguire gli studi).

All'esame di Terza media si porterebbero solo le materie del gruppo comune e quelle del gruppo che si è scelto. Chi consegue il Diploma di Scuola media professionale può poi scegliere se proseguire gli studi in un istituto professionale o se seguire un apposito corso di ulteriori due anni per essere avviato subito al lavoro mentre chi consegue il Diploma di Scuola media propedeutico si iscriverà all'istituto superiore che più lo attira (compresi gli istituti professionali).

L'esame di quinta ginnasio

Nel 1965 ho sostenuto l'esame di quinta ginnasio che è stato abolito l'anno successivo. Si trattava di un esame che esisteva solo al liceo Classico e che non era previsto negli altri corsi di studio superiori.

Nasceva dal fatto che un tempo, iscivendosi al liceo Classico, non si veniva iscritti alla prima classe bensì alla quarta del Ginnasio. Il secondo anno corrispondeva alla quinta Ginnasio e solo al terzo anno, dove aver superato l'esame di quinta Ginnasio, ci si iscriveva al primo anno del liceo Classico.
Tutto ciò in quanto un tempo la differenza negli studi iniziava già alle scuole medie e quindi le classi dalla prima alla terza ginnasio corrispondevano alle scuole medie inferiori.

Sembrerebbe quindi che fosse solo un residuo del passato e che sia stato giusto eliminarlo ed in effetti, pensando a come veniva fatto, non ritengo fosse molto utile e che quindi non serva ripristinarlo, tanto più che esisteva solo al liceo Classico e non presso le altri istituti superiori.

Però era anche un momento di controllo sulla completa conoscenza delle nozioni di base che, da quel momento in poi, non venivano più insegnate e che per il Classico erano la grammatica e l'analisi latina e greca.
Guardandolo da quanto punto di vista si può pensare che non solo sia un esame utile da reintrodurre ma che sia giusto estenderlo a tutti gli istituti superiori.

Per fare ciò bisognerebbe intervenire sui programmi ed organizzare un esame relativamente leggero ma severo nel senso che riguarderebbe solo quegli argomenti che fanno parte di una preparazione di base ma che su questi si pretenderebbe che li si conosca a fondo.

L'esame di Maturità

Un tempo l'esame di Maturità era l'incubo di tutti gli studenti. Allora si portavano all'esame tutte le materie (compresa ginnastica orale!) più i riferimenti degli anni precedenti cioè, per ogni materia, si portava all'esame non solo tutto quanto studiato l'ultimo anno ma anche due argomenti importanti di quanto studiato nei due anni precedenti.

Nel 1968 ho affrontato questo esame che è stato veramente duro ma ancora una volta quelli della mia età furono gli ultimi a farlo, infatti dall'anno successivo l'esame cambiava, non si portavano più tutte le materie ma solo alcune ed anche le prove scritte diminuivano grandemente di numero.

Fin da subito si vide che la riforma era stata fatta male e le modifiche introdotte erano una fesseria infatti accadde che, appena si sapeva quali erano le materie che sarebbero state portate all'esame (e che cambiavano da un anno all'altro), gli studenti smettevano di studiare tutte le altre materie.

L'esame è stato cambiato più volte ma con scarsi risultati anche perché, nel frattempo, a causa di tutte le riforme sbagliate delle quali ho già parlato, la preparazione media degli studenti era calata e quindi ogni tentativo di rendere un po' più serio l'esame lo rendeva troppo impegnativo.

La cosa più giusta da fare sarebbe quindi ripristinare il vecchio esame così com'era nel 1968, però, considerato che era effettivamente molto pesante, si potrebbe pensare di dare la possibilità agli studenti di sostenere degli esami su singole materie durante il penultimo e l'ultimo anno col duplice scopo di alleggerire l'esame finale e di abituare gli studenti agli esami così come vengono fatti all'Università.

Proprio per abituare gli studenti al modo di studiare dell'Università questi esami non dovrebbero avere un'unica data, fissa ed immutabile, nella quale sostenerli ma sarebbe lo studente a decidere in quali appelli affrontarli e quindi chi vuole li potrebbe sostenere anche assieme all'esame finale che, in questo caso, sarebbe simile a quello di un un tempo.

Ovviamente, così come all'Università, sarebbe possibile sostenere in un successivo appello il singolo esame andato male, per cui, iniziando già nel penultimo anno ad affrontare questi esami, si può arrivare all'esame di Maturità avendoli superati tutti o quasi rendendo così meno impegnativo l'esame finale che, in questo modo, potrebbe riguardare di più la maturità generale del candidato piuttosto che la sua conoscenza di nozioni varie.

Postfazione

Ho scritto questa pagina nel 2008 e l'ho pubblicata sul mio sito il 21 aprile, molto prima quindi che si cominciasse a parlare della riforma Gelmini.
Quando ho cominciato a sentir parlare di questa riforma tra le prime critiche che ho sentito, una diceva Più che una riforma si tratta di un ritorno al passato ed ho subito pensato che ciò fosse positivo in quanto era proprio quanto proponevo io.

Mi sono reso conto però che nel mio articolo non avevo precisato alcune considerazioni che volevo esplicitare meglio successivamente in quanto di valore generale e non relative solo alla scuola e che ritengo sia utile dire ora succintamente prima di parlare della riforma Gelmini.

Quando scrivo l'unica riforma della scuola che potrebbe dare qualche risultato è tornare indietro e cioè decidere in quale anno la scuola funzionasse meglio e rimettere in vigore i regolamenti di allora non intendo dire che bisogna tornare al passato e poi rimanere immobili ma che si deve tornare a dove si è si imboccata una strada sbagliata e partire da lì a fare dei cambiamenti (sempre che siano necessari).

Se, scendendo da una montagna, quando sono ormai in vista della pianura e di un paese tutto illuminato, mi accorgo di aver sbagliato strada e che fra me ed il paese c'è un burrone invalicabile, è inutile che mi ostini ad andare avanti sostenendo di essere ormai vicino alla meta ed ancora più inutile è cercare improbabili scorciatoie laterali.
L'unica decisione giusta è tornare sui propri passi fino a giungere al bivio dove si è imboccata la strada sbagliata per poi cercare quella giusta.

In questi giorni sulla riforma Gelmini si è sentito di tutto ma ben pochi hanno esaminato nel dettaglio quanto sia previsto; per altro molte delle critiche sono legate a provvedimenti economici che non si trovano affatto nella legge Gelmini ma nella Finanziaria.
Mi limiterò quindi a parlare degli aspetti più prettamente scolastici della riforma Gelmini senza entrare nel merito di considerazioni economiche che non vi sono comprese.

Il grembiulino: Una delle prime critiche che ho sentito sulla riforma Gelmini (e quella che ho capito di meno) è la reintroduzione del grembiulino per le elementari. Mi stupisce in particolar modo che sia stata specialmente la sinistra a criticare questa decisione perché invece non vedo nulla più equalitario e a favore dei meno abbienti del grembiulino.
Il grembiulino costa pochissimo, salvaguarda i vestiti, è facile da lavare e specialmente è uguale per tutti e questo, ora che anche i piccoli guardano se un vestito è firmato o no, è molto importante per far sì che quelli più poveri si sentano un po' meno diversi dagli altri.

Il maestro unico: In passato in tutte le scuole elementari ogni classe aveva un unico maestro, lo stesso accade ora nella stragrande maggioranza dei paesi al mondo. Non si capisce perciò perché fare lo stesso in Italia sia considerato deleterio.
Io avevo un'unica maestra e mi sono trovato benissimo. Dire che questo non va bene perché fa vedere le cose da un solo punto di vista è una emerita sciocchezza. Alle elementari si va per imparare a leggere, scrivere e far di conto e non per fare politica o parlare di problemi filosofici. Del resto avere due maestre invece di una non garantisce affatto un pluralismo di idee.

Il tempo pieno: Quattr'ore al giorno per sei giorni alla settimana sono il massimo che un bambino piccolo può sopportare se queste ore sono effettivamente di studio. Voler allungare questo tempo non fa imparare di più ma anzi confonde il bambino che non capisce la differenza fra lo studiare e fare altre attività più giocose.
Diverso è il problema dei bambini i cui genitori lavorano entrambi. In questo caso esiste il dopo scuola che è cosa ben diversa dal tempo pieno. Nel dopo scuola si fanno i compiti per il giorno dopo che il bambino avrebbe dovuto fare a casa e si fanno attività ludiche di vario genere. Il bambino quindi capisce bene la differenza fra lo studiare (alla mattina) ed il fare altre cose (al pomeriggio).

Il voto di condotta: Quando accadono episodi di bullismo tutti sono d'accordo nel deprecarli e nel criticarli, non capisco quindi le critiche alla reintroduzione del voto di condotta. Si pensa forse che ad un bullo dispiaccia farsi quindici giorni di vacanza a casa invece di andare a scuola?
C'è anzi da fare una precisazione, il voto di condotta, così come era una volta, deve riguardare il comportamento dello studente nel suo insieme e non solo quando si trova a scuola. Non molto tempo fa un ragazzo è stato picchiato da alcuni suoi compagni davanti alla scuola e la preside ha dichiarato di non poter punire i colpevoli perché il fatto è accaduto fuori dall'edificio scolastico. Ciò è assurdo e non deve più accadere.

I voti in decimi: Ritengo che i voti in decimi siano molto meglio dei giudizi, non solo perché i voti sono chiari e confrontabili, ma soprattutto perché i voti sono asettici.
Avere un 4 non è una bella cosa ma 4 non dice nulla sul motivo per cui lo si ha avuto per cui non è una condanna definitiva; invece avere un giudizio del tipo si impegna molto ma proprio non ci arriva suonerà meglio ma equivale a dire è un cretino completo mentre invece potrebbe farcela comodamente ma non si impegna equivale a dire è un emerito fannullone e ciò marchia lo studente molto di più di un asettico 4.

Insegnamento dell'Educazione Civica: Ai miei tempi l'educazione civica veniva insegnata all'interno del programma di storia e se c'è una critica da fare è che non veniva insegnata abbastanza.
Tutti gli studenti sono futuri cittadini con diritto di voto e non si capisce quindi perché debbano sapere l'organizzazione della società nel Medioevo o all'epoca della Rivoluzione Francese e non debbano sapere come funziona la Repubblica Italiana della quale fanno parte e quali siano i loro diritti ed i loro doveri.

Libri di testo: Si dice che i libri di testo devono durare almeno cinque anni e questa è una cosa giustissima, ora accade spesso che i genitori che hanno un figlio che fa la stessa scuola fatta dal fratello tre anni prima, debbano ricomprare tutti i libri di testo che hanno già solo perché è stata modificata l'impaginazione e sostituita qualche immagine e qualche esercizio.
Questa iniziativa è nuova ma giusta, del resto c'è da dire che un tempo non sarebbe stata necessaria perché le nuove edizioni di libri di testo non si susseguivano vorticose come ora.

Nove anni dopo

Non avendo più nessuno in famiglia che frequentasse la scuola e non seguendo quindi nel dettaglio le continue riforme e proposte di riforma della scuola che si sono succedute nei nove anni passati da quando, nel 2008, avevo pubblicato questa pagina, pensavo che non l'avrei più aggiornata.

E' vero che avevo sentito parlare di proposte assurde di modifica ai programmi quali l'abolizione dell'insegnamento della geografia ad imitazione degli statunitensi che sono notoriamente i più ignoranti al mondo in materia ma poi, fortunatamente, la cosa non aveva avuto seguito.

Nel frattempo, però, sono passate in sordina delle modifiche più lievi ai programmi delle quali non si è parlato diffusamente per cui chi non ha i figli a scuola non ne è al corrente. Ad esempio un'insegnante di italiano mi ha detto che, mentre un tempo l'insegnamento della storia ripartiva dall'antichità ad ogni nuovo ciclo scolastico (elementari, medie, superiori), ora non è così e ad un certo punto l'insegnamento della storia antica viene abbandonato, il che mi sembra una bella sciocchezza.

Quello però mi ha fatto riprendere la penna in mano sono state due belle pensate partite tra il 2016 ed il 2017 e cioè l'idea di ridurre a quattro anni anziché cinque la durata degli studi delle scuole superiori e la cosiddetta alternanza scuola - lavoro.

In realtà non è ancora tutto chiaro perché l'applicazione pratica è ancora in divenire comunque, a quanto sembra, il tutto nasce dalla legge 107 del 2015 che i suoi stessi estensori hanno chiamato la Buona Scuola.

Già non mi piace questo autoincensarsi che mi ricorda cosa mi veniva detto da piccolo quando uno si vantava di qualcosa (chi si loda s'imbroda) e quanto diceva il padre Anchise al figlioletto Enea (parcere subjectis et debellare superbos) ma soprattutto mi ricorda la deleteria legge chiamata Salva Italia che tanto male ha fatto a tutti noi.

La sperimentazione della riduzione degli anni di studi superiori a quattro anni è partita già nel 2016. Lo scopo sarebbe di avvicinare prima i giovani al mondo del lavoro. Su questa pensata c'è poco da dire: come si evince da quanto detto finora gli studenti italiani sono sempre meno preparati e quindi, riducendo gli anni di studi, si otterrà solo di avere dei diplomati ancora più ignoranti e di avvicinarli prima alla disoccupazione.

Un tempo chi, a 19 anni, diventava ragioniere, geometra o perito aveva in mano una professione solida e poteva iniziare a lavorare subito senza nessun bisogno di fare l'Università mentre ora, invece, è costretto a scaldare i banchi universitari, spendendo un bel po' di soldi, per poi ritrovarsi disoccupato o sottoccupato.

Comunque ci si è resi conto che concentrare due anni in uno non è facile e c'è chi ha proposto di utilizzare il metodo CLIL che significa Content and Language Integrated Learning.

Se non vi è ancora chiaro cosa voglia dire ve lo spiego io: se io insegno una materia, ad esempio la chimica, parlando non in italiano ma in inglese, l'alunno imparerà in un colpo solo due materie: inglese e chimica.

Questa sublime pensata non è nata in Italia ma in paesi o regioni bilingui. Essendo contrario al turpiloquio non vi dirò cosa ne penso limitando a far notare agli estimatori del metodo CLIL che, se l'alunno è scarso nella comprensione della lingua inglese, NON imparerà in un colpo solo due materie: inglese e chimica.

Per altro si continua a parlare dell'insegnamento dell'inglese come se esistesse la lingua inglese, ne esistono invece tante, molto diverse fra loro, per cui chi capisce bene l'inglese di Cambridge può trovarsi in grandissima difficoltà a capire uno statunitense.

Il famoso scrittore e linguista George Bernard Shaw scrisse England and America are two countries separated by a common language e cioè Inghilterra ed America sono due nazioni divise da una lingua comune.
L'inglese britannico e quello americano hanno grossissime differenze di pronuncia, lessico, ortografia e grammatica. Praticamente sono due lingue che si assomigliano e basta.

In ogni paese di madrelingua inglese si parla un inglese diverso dagli altri ed ancora peggio succede nei paesi non di madrelingua inglese. Il franglais, cioè l'inglese parlato dai francesi, è famosissimo. Ho visto il film La Pantera Rosa in lingua originale e sentire Peter Sellers parlare in franglais è un vero spasso.

Sull'alternanza scuola - lavoro posso parlare con una certa cognizione di causa perché la possibilità per gli studenti di fare stage presso aziende o enti pubblici esiste da tempo e quando lavoravo all'Arpa dell'Emilia-Romagna mi è capitato più volte di avere degli stagisti assegnati all'ufficio che dirigevo.

Partecipare ad uno stage può essere per uno studente interessante e fargli toccare con mano il mondo del lavoro ma, spesso, non è una occasione formativa così importante come si pensa perché chi decide quanti e quali stagisti prendere non è quasi mai il tutor e cioè colui che poi dovrebbe seguirlo.

Quindi una volta che lo studente arriva viene assegnato a qualcuno. Se dove viene mandato lo studente c'è molto da fare, nessuno ha il tempo di seguirlo e di spiegargli cose complesse che richiedono mesi per essere imparate per cui lo studente o vegeta senza fare nulla o viene impiegato per mansioni semplici e ripetitive (fare fotocopie, inserire dati nel computer, etc.) e non impara alcunché. Se invece lo studente viene mandato dove c'è poco da fare (il che accade spesso negli enti pubblici) lo studente, oltre a non imparare alcunché, si fa anche una pessima impressione del mondo del lavoro.

L'alternanza scuola - lavoro non è però uno stage e ciò viene spiegato anche in un apposito sito creato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca dove si dice; Rispetto al tirocinio/allo stage, l'alternanza scuola lavoro è un percorso più strutturato e sistematico dotato di obbligatorietà, forte impegno organizzativo con un dispiego di esperienze all'interno di un triennio. L'alternanza è parte integrante della metodologia didattica e del Piano Triennale dell'Offerta Formativa, mentre il tirocinio è un semplice strumento formativo.

In questo discorso vi sono due punti importanti: il primo è l'obbligatorietà dell'alternanza ed il secondo che l'alternanza è parte integrante della metodologia didattica.

Quest'ultima affermazione fa sorgere subito una domanda: in che orari viene svolta l'alternanza? Nel sito del Ministero non c'è scritto però vi si trova questa affermazione: In questa chiave si spiega il monte ore obbligatorio: 400 ore negli istituti tecnici e professionali e 200 ore nei licei che rappresentano un innovativo format didattico rispetto alle tradizionali attività scolastiche e possono essere svolte anche durante la sospensione delle attività didattiche e/o all'estero.

La presenza di un anche rende lecito supporre che le ore di lavoro possano essere svolte anche al posto delle normali ore di formazione in aula. Quindi ad uno studente non solo viene tolto un anno di studio ma anche quattrocento ore di formazione in aula!

Quattrocento ore sono un'enormità! Ricordo che uno stage viene svolto al di fuori delle attività di studio e che raramente arriva a superare le cento ore. Ricordo anche che uno stage spesso viene pagato mentre qui, sembra, si sia obbligati a lavorare gratis cosa che, in Italia, anche gli ergastolani e gli altri carcerati non sono obbligati a fare.

Però il lavoro dell'alternanza non è un vero lavoro bensì, come ci è stato detto, è parte integrante della metodologia didattica quindi, in queste 400 ore, lo studente dovrebbe imparare qualcosa di utile ma i primi studenti che hanno provato questa novità non la pensano così e sono entrati in sciopero.

L'Unione degli Studenti ha scritto in una sua nota stampa: Siamo quelli a cui è stato raccontato che l'alternanza scuola lavoro serve per la propria formazione e poi sono stati mandati a fare fotocopie e trasportare oggetti pesanti per ore. Siamo i ragazzi e le ragazze delle 200 e 400 ore obbligatorie che, da un giorno all'altro, sono stati presi per svolgere lavoro gratuito.

Ho fatto qualche ricerca in Internet ed ho visto, che, tra le sedici organizzazioni che metteranno a disposizione circa 27.000 percorsi per gli studenti delle scuole secondarie superiori, il Ministero dell'Istruzione ha scelto anche una nota catena americana di fast-food che assicurerà diecimila percorsi nei suoi cinquecento locali sparsi su tutto il territorio nazionale.

Ovviamente la cosa ha suscitato molte polemiche ed in molti si sono chiesti cosa ci sia di didattico nel lavorare in un ristorante se non rendersi conto che la vita è dura, cosa che i severissimi insegnanti di un tempo erano bravissimi a far capire, anche in aula, agli studenti (s)comodamente seduti nei loro banchi di legno senza alcun bisogno di far perdere loro quattrocento ore di lezione.

La spiegazione è stata: l'obiettivo è quello di insegnare loro le competenze di carattere relazionale e di comunicazione interpersonale fondamentali per approcciare al meglio il mondo del lavoro.

Lascio al lettore la libera interpretazione di questa frase e mi limito a stigmatizzare l'uso dell'orrendo neologismo approcciare (preso pari pari dal verbo inglese to approach) al posto dell'italianissimo avvicinare.

In realtà in italiano il verbo approcciare, benché desueto, esiste e significa avvicinarsi ad una fortezza tramite la costruzione di trincee mentre, nel linguaggio marinaresco, indica l'avvicinarsi ad un porto dove si possa scendere a terra in sicurezza e nella scherma definisce l'azione per entrare sotto misura.

Comunque, volendo sentire le varie opinioni, ho anche cercato il parere di qualche studente che avesse fatto questa specifica esperienza e ne fosse rimasto contento. Ho trovato un'intervista fatta ad una liceale di Ravenna che, chiestole come mai avesse scelto un lavoro così lontano dalla formazione liceale, ha dichiarato potrà essermi utile un domani se avrò l'urgente bisogno di un impiego stabile e per quanto riguarda le mansioni svolte battiamo alla cassa, diamo il resto, puliamo i vassoi e vi disponiamo i pasti per i clienti, dopo aver preso l'ordinazione.

Per quanto riguarda lo sforzo richiesto ha detto: è stato molto stancante sì, ma comunque un'esperienza nuova ed eccitante. Per di più abbiamo il pasto aziendale! Questo dichiarazione però va classificata come non valutabile in quanto fatta pochi giorni dopo l'inizio dell'esperienza e non dopo duecento ore di lavoro.

Come tutto ciò sia parte integrante della metodologia didattica non arrivo proprio a capirlo ma del resto, si sa, io sono ormai vecchio (pardon diversamente giovane) ed ho studiato quando ancora si usavano i metodi antichi per cui mi limiterò a dire O tempora! O mores!

Quando, nel 1969, fu fatta la prima deleteria riforma dell'esame di maturità era ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi. I promossi aumentarono di colpo passando dal 70% degli esaminandi a prima della riforma a quasi il 90% dopo la riforma, ciò portò i giornalisti ed anche l'opinione pubblica a chiamare misasini i nuovi diplomati.

Ebbene se si mettessero a confronto costoro con chi si diplomerà dopo queste straordinarie riforme, sono convinto che i misasini di un tempo farebbero la figura di un Pico della Mirandola!


[1] - Si pensi ai personaggi di Guareschi: nel film Don Camillo e l'Onorevole Peppone del 1955, Peppone, per poter aspirare all'elezione a deputato, deve superare l'esame di quinta elementare che non aveva affrontato da bambino.   <<

[2] - Ad esempio Angelo Motta (1890 - 1957) ha iniziato a lavorare ad appena dieci anni come sguattero di un pasticcere. Nel 1919, quando era ventinovenne, apriva un suo forno di pasticceria.
Dopo due anni migliorava la ricetta del panettone ottenendo un buon successo. Successivamente apriva altri laboratori ed altri negozi e nel 1937, quando lui era quarantasettenne, la Motta diventava una società per azioni ed una grande industria.   
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