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Le spedizioni Pianciani e Nicotera


Alcuni avvenimenti importantissimi ma pressoché sconosciuti

Quando ho cominciato a raccogliere i dati per scrivere questa pagina, sono rimasto stupitissimo perché sono venuto a conoscenza di alcuni avvenimenti importantissimi ma pressoché sconosciuti e trascurati anche dagli storici contemporanei ai fatti.

Uno dei motivi per cui sono stati trascurati potrebbe essere il fatto che siano stati considerati di scarsa importanza nella storia della spedizione in Sicilia di Garibaldi. La loro importanza, invece, deriva dal mostrare come la spedizione non si sia svolta secondo un copione preordinato e perfetto come può sembrare a chi la veda a fatti avvenuti ma che Garibaldi abbia continuamente pensato, studiato e tentato delle strade diverse ed abbia adattato costantemente le sue scelte ai diversi avvenimenti modificandole, anche radicalmente, quando necessario.

Un altro motivo potrebbe essere che non si è voluto mettere in imbarazzo i Savoia mostrando come si siano mossi, durante la Spedizione di Garibaldi, per difendere il loro Regno temendo che il repubblicano Garibaldi potesse creare uno stato indipendente nel sud dell'Italia in contrapposizione al Regno di Sardegna.

Inoltre è anche da tener presente il fatto che molti protagonisti della spedizione, inizialmente repubblicani, poi cambiarono bandiera, diventando sostenitori della monarchia, come Giovanni Nicotera che diventò addirittura Ministro degli Interni nel primo governo De Pretis (1876) e poi lo fu di nuovo nel governo di coalizione di Rudinì (1891) ed anche lo stesso Luigi Pianciani che fu deputato nel 1865 e sindaco di Roma dopo il 1870.

Gli storici che citano la spedizione Pianciani sono pochissimi e la maggior parte di questi le dedica poche righe, spesso largamente incomplete o imprecise.
Giuseppe Cesare Abba, il più noto fra gli storici della spedizione in Sicilia, nella sua opera più famosa (Da Quarto al Volturno) non ne parla e la cita solo in suo scritto minore, Storie garibaldine
[1], dove, parlando di Garibaldi, scrive correva lontano il mare per andarsi a pigliare quei di Pianciani e Nicotera in Sardegna e ricomparve con essi a Giardini, per imbarcar Bixio e passare lo Stretto.

Invece in Da Quarto al Volturno [2], benché avesse la possibilità di spiegare gli avvenimenti con più informazioni di quelle che aveva mentre accadevano, scrive:

Spira un'aria di mistero che pare venga fuori da non so che antro. Non si è più visto il Dittatore da parecchi giorni, e chi dice che è via, chi vuole che se ne stia chiuso nella Torre del Faro. Come il Corrado di Byron, se ci fosse Gulnara!

e poi, nelle note del 18 agosto, aggiunge:

Il Dittatore non è più a Torre del Faro, né a Messina, né in Sicilia: si sente da tutti come qualcosa che sia venuto meno nell'aria, nella natura, in noi: ma nessuno osa dire né chiedere che sia stato di lui. Pare che ognuno temerebbe di sentirselo galoppare addosso gridando: «Tu che vuoi sapere?». Intanto s'odono dei discorsi cozzanti come sciabole. C'entra l'Imperatore di Francia, c'entra Vittorio Emanuele, e una lettera che si dice egli abbia scritta al Dittatore, per intimargli di astenersi d'ora in poi da qualunque passo contro il re di Napoli.

Perfino lo stesso Pianciani, che pure ha scritto vari libri, non ha ritenuto di scrivere in merito a quanto gli è accaduto. Nel suo libro Dell'andamento delle cose in Italia [3] racconta dei preparativi per la spedizione ed allega vari documenti ma non si dilunga nello spiegare cosa poi sia effettivamente successo e specialmente perché.

Vari dati sulla sua spedizione si possono trovare nel libro Garibaldi and the making of Italy di George Macaulay Trevelyan [4] ma chi ne parla più diffusamente è Giovanni Pittaluga nel suo libro La diversione [5] dove racconta la diversione nei territori pontifici eseguita da Zambianchi all'inizio della spedizione dei Mille.

Il motivo per cui il Pittaluga si dilunga nello spiegare quanto accaduto alle spedizioni Pianciani e Nicotera è che queste avrebbero dovuto essere una nuova diversione pensata e voluta da Garibaldi per attaccare il Regno delle Due Sicilie da nord attraversando Marche ed Umbria.

La nuova diversione

Dopo che la diversione di Zambianchi nello Stato Pontificio era fallita [>>] le spedizioni Medici e Malenchini, che avrebbero dovuto appoggiare Zambianchi per attraversare Umbria e Marche ed attaccare il Regno delle Due Sicilie da nord, furono mandate direttamente in Sicilia.

L'idea della diversione in Umbria però non era stata abbandonata. Il 29 maggio Mazzini scriveva a Giuseppe Dolfi, che era uno dei principali referenti dei mazziniani in Toscana, che per salvare la Sicilia occorreva colpire Napoli e lo Stato Pontificio.
Pochi giorni prima, Garibaldi, da Salemi, aveva scritto ad Agostino Bertani, che era l'organizzatore delle successive spedizioni garibaldine, dicendo che bisognava invadere gli stati pontifici.

L'importanza di aprire questo nuovo fronte era data dal fatto che appariva difficoltoso far varcare a tutti i garibaldini lo stretto di Messina che la flotta borbonica poteva controllare facilmente ed anche estremamente faticoso risalire poi tutta la Calabria prima di arrivare nel napoletano

Il 19 giugno Garibaldi, in un risposta diretta a Palermo a Nicotera, Mosto e Savi, scriveva Stiamo preparando una irruzione verso il Regno attraverso gli Stati pontifici e raccontava che si era pensato a Cosenz per comandarla ma Cosenz, che prima aveva accettato, aveva poi rifiutato perché il governo non voleva che si sollevasse la questione degli Stati Romani.

Quindi, per organizzare la nuova diversione, mancava il comandante. Garibaldi non poteva rinunciare a nessuno di quelli che aveva in Sicilia ed avrebbe voluto comandarla lui stesso ma per il momento non poteva. Fu proposto il generale piemontese Filippo Brignone ma il governo fece sapere che non poteva dare il consenso trattandosi di un ufficiale di carriera.

Fu allora chiamato il generale francese Jean-Baptiste-Adolphe Charràs, che aveva partecipato alla rivoluzione del 1848 e che, da deputato, nel 1849, aveva votato contro la spedizione, venendo poi esiliato nel 1851. In quel momento era esule a Zurigo ed accettò l'incarico ma, una volta arrivato a Genova, ci furono vari inconvenienti, compreso il fatto che non sapeva l'italiano e di comune accordo si rinunciò alla cosa.

Qualcuno propose allora il generale napoletano Girolamo Calà Ulloa che, nel 1848, aveva fatto parte del corpo di spedizione di Guglielmo Pepe e poi, dopo il richiamo dell'esercito delle Due Sicilie da parte di Ferdinando II, aveva combattuto a Venezia andando poi esule a Parigi.

Nel 1859 in Toscana, dove si organizzava il corpo dei Cacciatori degli Appennini, aveva avuto il comando di una divisione di volontari toscani che, assieme al 5° Corpo d'Armata francese, era sbarcata a Livorno sotto il comando di Girolamo Bonaparte. Però poi, essendo sospettato di voler aiutare Girolamo Bonaparte a farsi un trono nell'Italia centrale, si era dimesso dall'esercito.

Per queste ragioni non tutti si fidavano di lui e la cosa non andò in porto. Effettivamente, dopo di ciò, essendoci stata il 15 di luglio una amnistia per gli esuli napoletani, rientrò in patria ed appoggiò fattivamente Francesco II dandogli consigli contro Garibaldi.

La spedizione Pianciani

Così il comando della nuova diversione fu affidata al colonnello Pianciani che già funzionava da capo di stato maggiore dell'intera spedizione da quando se ne era decisa l'organizzazione. Ebbe per suo capo di stato maggiore il colonnello Rüstow, emigrato tedesco e scrittore militare di grido, e per aiutante generale il colonnello Picozzi, intendente il maggiore Sani, medico capo il maggiore Gemelli, commissario il maggiore Della Lucia. Inoltre vi erano ufficiali superiori distintissimi quali Spinazzi, De Criarzi, Cattabene e Pedotti.

La spedizione sarebbe stata divisa in sei brigate di linea, ciascuna formata su quattro battaglioni di quattro compagnie ciascuno. Le sei brigate erano:

    -    1a Brigata Genova, colonnello Eberhardt
    -    2a Brigata Parma, colonnello Tharrena
    -    3a Brigata Milano, colonnello Gandini
    -    4a Brigata Bologna, colonnello Puppi
    -    5a Brigata Toscana, colonnello Nicotera
    -    6a Brigata Romagna, colonnello Caucci

Inoltre c'era un Battaglione Carabinieri, due Squadroni Guide, due Compagnie del Genio, due Batterie rigate da Campagna ed il Servizio Amministrativo. Gli effettivi delle compagnie erano di soli 80 uomini ma si prevedeva di aumentarli successivamente. La forza totale al 31 luglio era di ben 8940 uomini.

Questi dati sulla composizione della spedizione Pianciani sono stati ricavati dal Pittaluga dal libro, già citato, di Pianciani stesso dove però si descrive più il progetto iniziale che quanto poi accaduto. Anche Wilhelm Rüstow, nel suo libro sulla spedizione in Sicilia [6], ha citato la spedizione Pianciani ma fornendo dei dati alquanto diversi specie sulla consistenza numerica dei partecipanti alla spedizione.

Vi si dice infatti che le prime quattro brigate contavano 4000 uomini fra tutte, quella di Nicotera ne aveva circa 2200 mentre i volontari raccolti in Romagna erano pochissimi. Ne risulta un totale alquanto inferiore agli 8940 citati dal Pittaluga.

La spiegazione di tutto ciò deriva molto probabilmente dal fatto che le compagnie erano state composte da meno uomini del previsto sperando di completarle poi con altri volontari per cui la cifra di 8940 uomini rappresenta la forza che avrebbe avuto la spedizione quando fosse stata a ranghi completi.
Del resto la stessa cosa era successa durante la guerra del 1859 quando le brigate dei Cacciatori delle Alpi furono composte, quasi per l'intera campagna, da due battaglioni anziché quattro.

Rüstow ci dà anche qualche informazione aggiuntiva. Non vi era un Battaglione Carabinieri bensì tre compagnie di Carabinieri genovesi e due di Bersaglieri milanesi; solo due delle compagnie di Carabinieri genovesi avevano moderne carabine svizzere od americane, mentre la terza ed i Bersaglieri milanesi avevano vecchi fucili austriaci ricuperati a Magenta.
Vi erano poi altri due battaglioni, i Cacciatori di Bologna di Cattabene ed un battaglione cacciatori nella brigata di Nicotera, che erano considerati unità di fanteria leggera ma anch'essi erano male armati ed utilizzavano vecchi fucili prussiani trasformati a percussione.

La cavalleria era praticamente inesistente in quanto vi era solo il corpo delle Guide con due squadroni di 60 uomini ciascuno oltre ad un reparto di 30 uomini con la brigata di Nicotera. Per altro solo gli uomini con Nicotera, che, secondo i piani originari, non avrebbero dovuto viaggiare per mare, erano effettivamente forniti di cavalli, mentre gli altri li avrebbero dovuti reperire poi, in quanto non si era voluto affrontare anche il problema di trasportare i cavalli via mare.

L'artiglieria era composta da 180 uomini, compresi gli addetti al trasporto delle munizioni, divisi in due batterie, ognuna delle quali con quattro pezzi (forniti dall'Ansaldo di Sampierdarena) da 4 libbre. Anche in questo caso non vi erano i necessari cavalli e muli che si pensava di requisire dopo lo sbarco. All'organizzazione dell'artiglieria aveva contribuito molto un certo tenente Torricelli.

Il corpo del genio era formato da due compagnie di circa 60 uomini, la prima comandata dall'architetto Richielmi e la seconda dal capitano Tessera.
A capo del commissariato vi era il maggiore Sani che era un giovane avvocato mentre il dott. Gemelli, già nei Cacciatori delle Alpi, comandava il servizio sanitario.

Rüstow descrive anche le divise dei partecipanti alla spedizione che non consistevano nelle famose camice rosse bensì in uniformi in varie tonalità di blu a seconda della tipologia dei reparti con risvolti verdi, grigi o neri.
E' curioso che quelle delle ufficiali non utilizzassero i distintivi di grado dell'esercito sardo. bensì di quello francese, come si vede dal fatto che il tenente colonnello avesse i galloni di argento ed oro.

Mentre il Pittaluga chiama la sesta brigata Romagna, Rüstow la chiama Abruzzi ma molto più interessante è l'affermazione che di fatto questa sesta brigata non fu mai organizzata; e che il suo comandante, colonnello Caucci, considerato un esperto in fatto di guerriglia, non si mosse mai da Genova.
In effetti ciò spiega come il Pittaluga, dopo aver parlato della brigata e del suo comandante, da un certo punto in poi non la citi più.

Era previsto di invadere l'Umbria e le Marche per via di terra e per mare contemporaneamente. Le prime quattro brigate partendo da Genova e La Spezia dovevano sbarcare a Montalto, portarsi a Toscanella e marciare su Orvieto per la via di Montefiascone e quella di Viterbo.

La 5a brigata, partendo dalla Toscana, doveva sorprendere Perugia e poi ricongiungersi alle prime quattro mentre la 6a brigata, partendo dalla Romagna qualche giorno prima delle altre, doveva invadere le Marche per l'Alto Appennino e manovrando fra Urbino e Gubbio richiamare il grosso del nemico da quella parte per facilitare l'attacco da parte delle altre brigate.

La 5a e la 6a brigata operavano quindi isolatamente. Successivamente, una volta sollevate le popolazioni dell'Umbria e delle Marche ci si doveva dirigere verso gli Abruzzi.

Alla fine di luglio era tutto pronto ma la situazione era alquanto complessa. Garibaldi occupava tutta la Sicilia meno la fortezza di Messina ma passare lo stretto appariva difficilissimo, intanto a Napoli era stata data la Costituzione e la Francia aveva proposto all'Inghilterra che le rispettive flotte intimassero a Garibaldi di non passare lo stretto.

Il 26 luglio, però, l'Inghilterra respingeva la proposta francese e protestava contro di essa, per cui la Francia consigliava ai piemontesi di allearsi con Napoli e di annettersi la Sicilia. Così Vittorio Emanuele scriveva a Garibaldi che forse sarebbe meglio ottenere la Sicilia e rinunciare ad ulteriori azioni.
Garibaldi ricevette la missiva il 27 luglio e rispose il giorno seguente ma non modificò i suoi piani rendendosi conto che si tramava perché Napoli si ribellasse prima del suo arrivo.

Il ministro Farini andava a parlare con Bertani e Saffi perché voleva che la Spedizione Pianciani non partisse e disse che il governo avrebbe permesso solo che la spedizione andasse in Sicilia. Ci si accordò allora affinché i volontari partissero da più porti su uno o due vapori alla volta con l'intervallo di uno o due giorni e si concentrassero a Terranova (è l'attuale Olbia) per cui questa fu chiamata anche la Spedizione di Terranova.
Pianciani non avrebbe voluto rinunciare all'idea originaria ma Farini disse che le Marche e l'Umbria sarebbero state liberate dal governo.

Di fronte ad una situazione così complessa Bertani decise di andare di persona in Sicilia per conferire con Garibaldi e mise al suo posto di Capo Comitato Mauro Macchi e G. Brambilla. Per Pianciani lasciò una lettera dove diceva che i volontari sarebbero stati tutti riuniti a Golfo Aranci e che Pianciani stesso sarebbe stato l'ultimo ad arrivare con lo Stato Maggiore e che si attendevano i vapori Calatafimi e Weasel.

Lui avrebbe dovuto attendere fino a lunedì il Bertani stesso o sue istruzioni. Nel caso fossero stati forzati a partire dovevano dirigersi su Milazzo. Sia questa lettera sia quella indirizzata ai volontari sono datate semplicemente agosto 1860 senza l'indicazione del giorno.
La lettera però dovrebbe essere stata scritta lunedì 6 agosto, quindi il lunedì indicato dovrebbe essere stato il 13 agosto.

Intanto, il 30 di luglio, Garibaldi scriveva a Bertani dicendogli che sperava di passare sul continente entro il 15 agosto, di mandargli dei fucili a Torre del Faro presso Messina e di spingere per le operazioni negli Stati pontifici e napoletani. Si noti che Garibaldi chiedeva fucili e non uomini perché di questi ne aveva.
La lettera arrivò al comitato di Genova solo il 13 agosto e Macchi, assieme a Vinciguerra che l'aveva portata, la lesse a Pianciani.

Intanto la Brigata Genova, comandata da Eberhardt, era partita l'8 agosto sul vapore Città di Torino, Poco dopo partì la Brigata Parma, comandata da Tharrena sui vapori Amazon e Isère. Il governo pose degli ostacoli e solo dopo tre giorni (l'11 agosto) partiva la Brigata Milano, comandata da Gandini ed il giorno successivo la Brigata Bologna, comandata da Puppi sui vapori Generale Garibaldi, Calatafimi, Weasel ed il clipper Sheperd.

Infine, nel pomeriggio del 13, partiva lo Stato maggiore sulla nave francese Bizantine e il 14 gli ultimi uomini e del materiale sul vapore Veloce che rimorchiava un clipper americano.

Finalmente, nella notte tra l'11 ed il 12 agosto, Bertani arrivava al faro di Messina in cerca di Garibaldi che lo ricevette all'alba e che decise di partire subito per Terranova sull'Washington. Fece quindi chiamare Sirtori al quale affidò temporaneamente il comando dell'esercito meridionale confermandogli l'ordine di varcare lo stretto.

Il 12 agosto, durante la traversata, Bertani scriveva ad un amico dicendogli che ha a bordo Garibaldi e che si sta per piombare sullo Stato pontificio e che nella notte dell'11 si era cercato di far sbarcare di là dallo stretto duecento volontari ma che il tentativo era fallito.
Garibaldi poi, nelle sue memorie, a proposito di questa improvvisa sua decisione, scriverà che meditava di fare un colpo su Napoli.

Intanto però Farini, d'accordo con Cavour, aveva mandato una nave da guerra la Gulnara a Golfo Aranci e ad ogni nave garibaldina che arrivava veniva detto di proseguire per Palermo perché il concentramento si sarebbe fatto laggiù. Ciò però non corrispondeva agli ordini tassativi dati ai comandanti.

La Brigata Genova, che era partita per prima l'8 agosto sul Città di Torino fu anche la prima ad arrivare ed il suo comandante fu convinto facilmente e proseguire.
Il Città di Torino era appena partito che arriva la Brigata Parma il comandante aveva dei dubbi a proseguire e si voleva fermare ma il fatto che la prima brigata fosse già ripartita ed il fatto che non vi fossero viveri, oltre alle insistenze di un suo ufficiale ex-regolare, decideva anche lui di ripartire.

Le altre due brigate giungevano alla sera del 13 e venivano anch'esse convinte a proseguire ma, prima che fossero ripartite, arriva l'Washington con a bordo Garibaldi in persona che, scoprendo quanto accaduto, ci rimaneva male ma adattava subito le sue decisioni alla situazione che aveva trovato.

Innanzi tutto, avendo del posto sull'Washington, imbarcava parte della gente delle due brigate che aveva trovato per farla stare più comoda e mandava le brigate Milano e Bologna a Cagliari dove le raggiungeva dopo aver fatto carbone alla Maddalena.

Poi conduceva le due brigate a Palermo dove ricuperava la Brigata Parma e portava tutti i volontari a Messina dove sbarcavano per recarsi a Punta Faro. Intanto Pianciani, che era partito il pomeriggio del 13 agosto da Genova sul Bizantine, arrivava a Terranova il pomeriggio del 14 ed aveva la sorpresa di non trovare nessuno.

C'erano solo due ufficiali ed alcuni soldati che erano scesi a terra ma che, quando avevano voluto tornare a bordo, non avevano più trovato i vascelli. Pianciani li caricò e si diresse su Cagliari dove arrivava in tempo per vedere le sue navi meno il Città di Torino, l'Amazon e Isère che, come sappiamo, avevano proseguito per Palermo.

Quando si avvicinò, gli arrivò incontro una lancia e Pianciani ebbe una nuova sorpresa perché a bordo della lancia vide Garibaldi in persona. Appena si incontrarono Garibaldi gli chiese quanti uomini avesse con sé e saputolo disse che con i suoi l'esercito arriva a 30000 uomini e gli comandò di seguirlo a Palermo.

Intanto a Napoli, nella notte fra il 13 e il 14 agosto, era accaduto anche un altro fatto importante: un gruppo di garibaldini, a bordo del Tüköry si era spinto fino a Castellamare di Stabia ed aveva tentato di impadronirsi del Monarca che vi si trovava alla fonda ma era stato dato l'allarme ed il colpo non era riuscito.

Questo avvenimento, legato al fatto che Garibaldi non si trovasse in Sicilia e non se ne sapesse il perché, né dove fosse, fece sì che si spargesse la voce che Garibaldi avesse partecipato anche lui al tentativo fallito, cosa che vari storici scrissero nelle loro note sbagliando.

E' molto strano che tra gli storici che hanno dato questa notizia sbagliata vi sia anche Wilhelm Rüstow che racconta correttamente come Garibaldi si imbarcò sull'Washington per recarsi in Sardegna ma dice anche che, nella notte fra il 13 ed il 14, Garibaldi si trovava nel golfo di Castellamare per tentare il colpo di mano sul Monarca, come se Garibaldi avesse fatto una deviazione prima di recarsi in Sardegna; tutto ciò senza tener conto del fatto che la nave che attaccò il Monarca era il Tüköry e non l'Washington.

Il primo vapore a giungere a Palermo fu l'Washington, con a bordo Garibaldi, che giunse nel pomeriggio del 16, il Bizantine con Pianciani a bordo arrivò anche lui il 16 ma alle dieci di sera. Pianciani che sperava ancora di poter fare la diversione, non riuscì a parlare subito con Garibaldi e lo vide la mattina dopo alle quattro.
Anche Bertani aveva sperato di poter ancora organizzare la diversione ma Garibaldi gli aveva detto che, dopo quanto accaduto, la diversione era ormai una minestra riscaldata.

Quando Garibaldi incontrò Pianciani gli disse che gli uomini da lui portati ora servivano in Sicilia e che la diversione la si poteva fare con i volontari di Nicotera e di Caucci che dovevano fare la diversione per via di terra e quindi si trovavano ancora a Firenze ed in Romagna ed erano circa 2000.

Pianciani chiese allora di raggiungere costoro per continuare l'impresa già iniziata. Pianciani cedette quindi a Rüstow il comando delle tre brigate Parma, Milano e Bologna che partirono il giorno stesso per Milazzo.
La Brigata Genova, che era arrivata a Palermo prima di Garibaldi col Città di Torino, non c'era già più in quanto aveva avuto l'ordine da Sirtori di girare la Sicilia ad ovest e recarsi a Giardini per mettersi agli ordini di Bixio.

I colonnelli Tharrena e Gandini chiesero anche loro di essere dispensati perché era cambiata la destinazione per la quale si erano impegnati e furono sostituiti dai colonnelli Spinazzi e De Giorgi.
Bertani, che arrivò a Palermo dopo che Garibaldi era già partito, rimase male per quanto deciso da Pianciani ed andò a Milazzo per parlare con Garibaldi ma il 19 agosto arriva a Milazzo il generale Türr con un ordine di Garibaldi che assegnava quelle truppe alla 15a divisione da lui comandata.

Intanto, la sera del 19 agosto, Garibaldi con Bixio sul Franklin e sul Città di Torino riusciva a passava in Calabria per cui Bertani telegrafava a Pianciani, che era ancora a Palermo, dicendogli che non si poteva fare più niente.

La spedizione Nicotera

Il 20 agosto Pianciani partiva da Palermo per recarsi a Livorno dove giungeva il 23 e contattava Nicotera e Caucci dicendo loro di concentrare i loro volontari a Genova da dove sperava di poter partire per tentare la nuova diversione.
Anche il prof. Luigi Zuppetta, amico di Garibaldi e sostenitore dell'azione, lasciava Napoli e si recava in Toscana
[7].

Pianciani, però, non sapeva che il 13 agosto il ministro Farini aveva proibito ogni arruolamento suscitando grande sdegno. Il motivo di ciò era che si pensava che una rivoluzione di palazzo a Napoli avrebbe fatto fuggire il re e dato il governo a Persano e Villamarina in nome di Vittorio Emanuele. il 14 agosto Cavour aveva scritto a La Farina E' d'uopo attendere da Napoli una soluzione che tutto indica assai prossima.

Pianciani arrivava a Firenze ed apprendeva ciò da Nicotera compreso l'ordine che aveva ricevuto di Ricasoli di sciogliere la brigata. Nicotera si era rifiutato come anche avevano fatto i suoi uomini che pure aveva lasciato liberi di scegliere.

Così il 24 si era giunti ad un compromesso per cui la brigata si sarebbe imbarcata a Livorno ma con l'intimazione di non poter sbarcare né in Toscana, né nello Stato pontificio. Dato che Garibaldi non era più in Sicilia, Nicotera disse che sarebbe sbarcato sulle coste napoletane

Ricasoli cercò però lo stesso di impedire la partenza creando impacci nella speranza che i volontari si sciogliessero da soli. Ciò non accadde ed allora il 28 agosto alle 11 fece arrestare Nicotera assieme al maggiore Sacchi.

Fu poi informata la brigata, che si trovava a Castel Pucci, che è a Scandicci, alla periferia di Firenze e che poi, per questo motivo, fu chiamata anche Brigata Castel Pucci, con il sollecito di ritirare il foglio di via per tornare a casa.

A Nicotera fu intimato di dare ordine alla brigata di sciogliersi ma Nicotera rifiutò. Nella brigata prese il comando il maggiore Morici che rifiutò di obbedire ad ordini che non fossero quelli dati liberamente da Nicotera e si apprestò alla difesa.

Allora si decise di lasciarli partire, si fornì il materiale (ed anche 40.000 lire) si liberò Nicotera e il 30 agosto a Livorno la brigata si imbarcava sui vapori Rhone e Provence ed il brigantino San Nicola.

I volontari, però, non ci potevano stare tutti e 400 rimasero a terra. Nicotera protestò ed il 31 agosto si presentò un commissario di polizia con molte forze e ordinò che i volontari passassero sopra i due vapori Febo e Generale Garibaldi (quanti ce ne stavano) per essere scortati a Palermo.

Nicotera protestò nuovamente e poi disse che si dimetteva da comandante e che avrebbe accompagnato i volontari a Palermo ma come privato cittadino. Il 1 e ed il 3 settembre la brigata partiva da Livorno su due diverse navi ed arrivava a Palermo il 3 ed il 5.

Dato che Nicotera persisteva nelle sue dimissioni e la brigata fu posta sotto il comando del colonnello Spangaro. Il 7 settembre i volontari partivano via mare diretti a Sapri, il 9 erano a Salerno ed il 10 settembre erano a Napoli.

Il giorno successivo le truppe piemontesi passavano il confine con lo Stato pontificio, il generale Cialdini partendo da Rimini si dirigeva verso Pesaro ed il generale Della Rocca, partendo da Arezzo, puntava in direzione di Città di Castello.
Così la nuova diversione, tanto voluta da Garibaldi, veniva, alla fine, realizzata da re Vittorio Emanuele II e dalle sue truppe.


[1] - Giuseppe Cesare Abba Scritti garibaldini in Edizione nazionale delle opere di Giuseppe Cesare - Volume terzo, pagina 605 - Morcelliana - Brescia, 1986.   <<

[2] - Giuseppe Cesare Abba - Da Quarto al Volturno - Noterelle di uno dei Mille - Edizioni Zanichelli - Bologna 1890.   <<

[3] - Luigi Pianciani - Dell'andamento delle cose in Italia: rivelazioni, memorie e riflessioni - Editori del Politecnico - Milano, 1860.   <<

[4] - George Macaulay Trevelyan - Garibaldi and the making of Italy - Fourth impression - Longsman, Green and Co. - London, 1912.   <<

[5] - Gen. Giovanni Pittaluga - La diversione: note garibaldine sulla Campagna del 1860 - Casa Editrice Italiana - Roma, 1904.   <<

[6] - Wilhelm Rüstow - Erinnerungen aus dem italienishen Feldzuge von 1860 - Erster Zheit - F. A. Brodhaus - Leipzig, 1861.   <<

[7] - L'Indipendente - giornale quotidiano politico letterario - diretto da Alessandro Dumas - Anno I, numero 50 - Napoli, lunedì 10 dicembre 1860.   <<


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