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Cronologia


aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre   1860


Aprile 1860

2 aprile - Vittorio Emanuele inaugura il Parlamento dell'Italia settentrionale e centrale. [2]

4 aprile - Scoppia a Palermo la rivoluzione detta della Gancia dal nome del convento dove iniziò. [2]
Il convento è preso d'assalto e conquistato. I prigionieri vengono fucilati. [5]

6 aprile - Fanti, Ministro della guerra non amico di Garibaldi, scrive al generale Ribotti, che aveva partecipato alla rivolta siciliana dal 1848 tentando anche lo sbarco in Calabria, per una possibile spedizione in appoggio alla rivoluzione in Sicilia. Il Ribotti declina la proposta. [9]
Giunge a Genova la notizia dell'insurrezione avvenuta il 4 a Palermo. Crispi e Rosolino Pilo arrivano a Torino ed informano Garibaldi [12].

7 aprile - Bixio e Crispi si recano a Torino da Garibaldi per pregarlo di mettersi a capo di una spedizione e di condurla in Sicilia. [2]
Il generale Cristophe de Lamoricière, già generale e ministro della Guerra francese, viene messo a capo dell'esercito papalino. [9]
Garibaldi ha dal ministro inglese Hudson la conferma della notizia dell'insurrezione e dei favorevoli sentimenti dell'Inghilterra ed incarica Crispi di andare a Milano per procurare le armi ed il denaro e Bixio di andare a Genova per procurare un battello a vapore. [12]

8 aprile - Il vapore Saetta porta a Napoli la notizia che le bande d'insorti sono disperse. [5]
Garibaldi dà i primi ordini per preparare l'eventuale spedizione.
Lamoricière, appena nominato capo dell'esercito papalino, emette un proclama nel quale si paragona il pericolo della rivoluzione a quello dell'islamismo [9]

9 aprile - Giunge a Napoli la fregata Tancredi, ufficialmente tutto è calmo ma i marinai raccontano in giro che a Palermo e dintorni c'è calma di giorno ma sparatorie di notte. [5]
Crispi torna da Milano dove ha avuto da Besana la disponibilità di armi e denaro ed alla sera incontra Garibaldi. [12]

10 aprile - Rosolino Pilo sbarca a Messina, era partito il 26 marzo. [2]
Crispi torna a Genova dove incontra Bixio che si è acccordato con Facucchè per sorprendere i vapori della Compagnia Rubattino. [12]

14 aprile - A Palermo vengono fucilati 13 insorti. [5]
Garibaldi, dopo aver chiesto al Parlamento di mettere in stato d'accusa il ministro Cavour per la cessione di Nizza alla Francia, si reca a Genova. [12]

15 aprile - Vittorio Emanuele scrive al Re di Napoli dicendo che l'Italia poteva essere divisa in due stati potenti e consigliandolo di abbandonare la via finora tenuta altrimenti poteva essere costretto ad essere strumento della rovina di lui. Nello stesso giorno Garibaldi si insedia a Villa Spinola, vicino a Genova, e ne fa il suo quartier generale. [2]
Garibaldi si reca a Villa Spinola dove vive il maggiore Vecchi che fece con lui la campagna di Roma e vi viene ospitato assime a cinque suoi seguaci: Fruscianti, Elia, Stagneti, Gusmaroli e Menotti. [12]

18 aprile - Gli insorti si trincerano davanti al paese di Carini ma vengono attaccati e si devono ritirare. Il paese viene saccheggiato. Un capitano borbonico che vuole opporsi al saccheggio viene ucciso dai suoi soldati. [5]
Il generale Cataldo sconfigge gli insorti a Carini. [9]

24 aprile - Cavour manda il colonnello Frapolli da Garibaldi per indurlo ad abbandonare ogni disegno. [2]

27 aprile - A Garibaldi giunge un telegramma da Fabrizi da Malta che gli annuncia il fallimento della rivolta siciliana e dice Completo insuccesso nelle provincie e in Palermo; molti profughi raccolti dalle navi inglesi giunti in Malta. [2]

30 aprile - Garibaldi, a Villa Spinola, annuncia a Bertani, Bixio, Crispi e altri la sua decisione di partire per la Sicilia al più presto possibile. [2]
Garibaldi fa stampare un proclama indirizzato agli italiani dello Stato romano in risposta a quello del Lamoricière dell'8 nel quale si paragonava il pericolo della rivoluzione a quello dell'islamismo. [9]
Giunge da Palermo un telegramma da parte del Marchese D'Aste, capitano del Governolo, che annuncia che tutto è finito in Sicilia ed i regi sono padroni dell'isola. [12]


Maggio 1860

1 maggio - Cavour pensando che Garibaldi avesse rinunciato alla spedizione, tanto più che nei giorni precedenti aveva fissato un posto in un vapore per la Sardegna in partenza il 2 maggio, lascia Torino per raggiungere il re a Bologna, Garibaldi invece sta preparando la spedizione in Sicilia. [2]
Il Governo borbonico, avvisato della prossima spedizione di Garibaldi, emanava gli ordini per combatterlo in mare ed in terra. [9]
Giunge un dispaccio dalla Sicilia che dice che la rivoluzione era stata soffocata in città ma continuava sulla montagna. [12]

2 maggio - Garibaldi ordina ad Andrea Sgarallino, che era con lui a Quarto, di andare a Livorno per imbarcare i livornesi già arruolati sulla tartana Adelina del capitano Francesco Lavarello e di recarsi ad aspettarlo nel Canale di Piombino.
Garibaldi scrive a Cattali di Faenza: i presti ed i Borboni devono essere combattuti, per ora, tanto nella Sicilia quanto nella Cattolica. [
9]

3 maggio - La voce della partenza di Garibaldi si sparge fra un certo numero di sostenitori ed ex-Cacciatori delle Alpi. [1]
Garibaldi scrive a Caldesi: Io vado verso mezzogiorno. Vi sarà movimento nella Marche, Umbria ecc. Io spero che spingerai il possibile la gioventù borghese a non lasciarci combattere soli contro i soldati del Papa e del Borbone.
Il Governo borbonico telegrafa in Inghilterra per chiedere di fare pressioni sul Piemonte affinché impedisca la spedizione di Garibaldi.
Alla sera la tartana Adelina, al comando del maggiore Andrea Sgarallino, prende il largo con 78 uomini a bordo e si reca nel Canale di Piombino. [9]

4 maggio - Da Parma partono in 17, fra i quali Cesare Abba. E' stata raccomandata la massima segretezza. [1]
Lord Russel annuncia al Parlamento la richiesta del Governo borbonico che intanto è arrivata anche a Torino. [9]
A Palermo il Luogotenente Castel Cicala minaccia il rigore delle leggi militari per chi detenga armi. [12]

5 maggio - I Mille partono da Quarto su due piroscafi, il Piemonte e il Lombardo della società Rubattino. Garibaldi si imbarca sul Piemonte. [1]
Alle nove e mezza di sera, con una quarantina di uomini, Bixio, ricuperate le armi che erano state nascoste nella vecchia carcassa di un battello chiamato nave Joseph, si impadronisce del Piemonte e del Lombardo, carica una parte dei volontari che si trovavano alla foce del Bisagno e si reca verso Quarto per caricare gli altri volontari.
Un gruppo di giovani, mandati a Sori per caricare su delle barche le armi e le munizioni che erano immagazzinate a Bogliasco, vengono abbandonati dalle loro guide e remano erroneamente verso Sestri Ponente non riuscendo ad incontrare i due vapori. [8]
Nel pubblico mandato conferito a Bertani Garibaldi scrive: l'insurrezione siciliana non solo in Sicilia bisogna aiutarla ma nell'Umbria, nella Marche, nella Sabina, nel Napoletano, ecc., dovunque vi sono dei nemici da combattere.
Il Marchese Canofari, ministro di Francesco II accreditato a Torino, telegrafa l'annuncio della partenza dei due vapori. [9]
A Palermo un proclama del generale Giovanni Salzano informa che, per volere sovrano, cessa, per la città, lo stato d'assedio. [12]

6 maggio - I piroscafi sono in navigazione. Dal Lombardo cade un uomo in mare che si riesce a ricuperare. [1]
All'alba Garibaldi e Bixio, parlandosi da un vapore all'altro, scoprono che le barche con le armi e le munizioni che erano immagazzinate a Bogliasco non erano giunte per cui avevano fucili ma non munizioni. [8]

7 maggio - All'alba il Piemonte ed il Lombardo avvistano la tartana Adelina che li attendeva da due giorni nel Canale di Piombino e che li segue a Talamone e che, su disposizione di Garibaldi, attracca ad oriente di Talamone verso Fonte Blanda.
Garibaldi propone a Zambianchi di prendere il comando della diversione verso lo Stato Pontificio. Zambianchi accetta. I volontari vengono suddivisi in sette compagnie formate da 130 a 150 uomini ciascuna. Gli uomini di Zambianchi formano l'ottava compagnia.
L'8a compagnia di Zambianchi viene divisa in due parti comandate rispettivamente dal Capitano Guerzoni e dal Capitano Leardi. Il Tenente Orsini ha le funzioni del colonnello Zambianchi. Di pomeriggio inoltrato la compagnia si dirige a Fonte Blanda da dove però i livornesi di Sgarallino sono già partiti verso Scansano. [
9]
Viene letto un ordine del giorno che ribattezza i volontari come Cacciatori delle Alpi.
I piroscafi sostano a Talamone per caricare munizioni. [1]
A Palermo la polizia fa aprire a forza le botteghe di via Toledo per far vedere che tutto era tornato normale ma, segretamente, gli oppositori spargono la voce di non recarsi in via Toledo per tre giorni. [12]

8 maggio - I volontari sono ancora a Talamone. Vengono formate otto compagnie.
Zambianchi, insieme ad altri, si stacca dalla spedizione e si dirige verso il confine romano. Fra i volontari si sparge la voce che ciò sia dovuto al fatto che Garibaldi al grido di guerra ha mescolato il nome di Vittorio Emanuele. [
1]
Il Colonnello Türr è messo a capo del quartier generale di Garibaldi, Bixio comanda la prima compagnia, Orsini la seconda detta dei livornesi, il barone Stocco la terza, La Masa la quarta, Anfossi la quinta, Carini la sesta, Cairoli la settima formata in gran parte da studenti dell'Università di Pavia e Nullo l'ottava formata in gran parte da bergamaschi. [2]
In mattinata la compagnia di Zambianchi si ricongiunge con i livornesi di Sgarallino. Ai 78 giunti con l'Adelina si erano già aggiunti vari altri giunti per via di terra o dalle borgate intorno oltre ad otto bersaglieri che avevano disertato dai battaglioni di Radicofani (5) ed Orbetello (3). I volontari raggiungono Scansano dove sostano tre giorni e dove viene arruolata una trentina di volontari.
Il giornale Patrie di Parigi scrive che il generale Garibaldi è partito per la Sicilia con una spedizione armata e che il Piemonte avrebbe ordinato alle sue navi al lago della Sicilia di opporsi a qualunque tentativo fatto da uomini armati a bordo di navi battenti bandiera sarda. La notizia della spedizione di Garibaldi causa allarme alla borsa di Vienna. [9]

9 maggio - Ci si ferma a Santo Stefano per fare carbone. Si volevano imbarcare anche vari bersaglieri ma Garibaldi aveva promesso di non prendere con sé soldati regolari e li fa respingere ma tre riescono ad imbarcarsi di nascosto sul Lombardo. [2]
Vengono distribuite le armi e le munizioni fra i volontari. Alla sera le navi sono all'altezza dell'isola del Giglio. [1]
A Palermo c'è una manifestazione generale di 15000 persone, la polizia non riesce a reprimerla e viene chiamato l'esercito. Ci sono tre morti ed otto feriti. [5]
A Palermo vi è una enorme manifestazione di popolo in strada Macqueda con i manifestanti in assoluto silenzio ma a mezzanotte, allo scoppio di mortaretto, fu levato un evviva all'Italia al che la polizia sparò sulla folla e ne seguì una terribile mischia. [12]
Il giornale Patrie di Parigi scrive che da Genova sarebbero partite quattro navi con 1400 Cacciatori delle Alpi ed altre quattro, partendo da vari luoghi, devono raggiungere Garibaldi. La spedizione è organizzata su larga scala ed il giornale si chiede chi abbia fornito i fondi dato che le sottoscrizioni fatte in Italia ed in Inghilterra non basterebbero a coprire i costi della spedizione. [9]

10 maggio - La spedizione riparte alle quattro di mattina da Santo Stefano. Garibaldi, a bordo del Piemonte, parlando col comandante Castiglia, Türr e altri ipotizza lo sbarco a Porto Palo.
I giornali parigini scrivono che Garibaldi ha con sé 24 cannoni e che notizie proveniente da Messina e risalenti al 6 maggio fanno sapere che l'insurrezione continua all'interno dell'isola. [
9]
Partendo da Santo Stefano Garibaldi fa cambiare la rotta da sud-est a sud puntando verso le coste africane per evitare le squadre nemiche che lo attendevano. Si incontra una sola nave e temendo possa essere borbonica si fanno nascondere i volontari ma si appura che si tratta di un mercantile di Genova. Il Piemonte, che era più veloce, sopravanza il Lombardo arrivando fino all'altezza di Capo Bon dove era il punto di riunione e poi torna indietro.
A Palermo vi è una nuova manifestazione con nuovi scontri. [12]
Dal Lombardo cade di nuovo un uomo in mare e viene ricuperato; sembra sia lo stesso della volta precedente e viene il dubbio che non sia caduto per disgrazia. Bixio lo fa chiudere in una cabina. [1]

11 maggio - Durante la notte il Piemonte, che è più veloce, stacca il Lombardo ma poi lo aspetta ed i piroscafi si ricongiungono. [1]
L'avvistamento di alcuni punti neri fumanti in direzione di Capo Bianco fa scartare Porto Palo e scegliere Marsala come luogo per lo sbarco.
Il vapore postale giunto a Genova dal sud e che è partito da Palermo il 6 e passato per Messina il 7 e per Napoli l'8 reca la notizia che da Messina era partito un reggimento di linea per la Calabria con anche della cavalleria, che gli insorti bloccano Palermo e che Napoli è tranquilla. [9]
Il Lombardo che aveva acceso i fanali vede un vapore a fari spenti puntare su di lui ed un secondo vapore con i fanali accesi che giungeva da est. Per prudenza Bixio fa spegnere i fanali e cerca di allontanarsi ma il vapore a fanali spenti si avvicina e si appura che si tratta del Piemonte.
Avvistate le navi nemiche Garibaldi punta a nord-ovest facendo credere di voler sbarcare a Trapani ma poi cambia direzione e lo sbarco avviene a Marsala. Mentre il Lombardo si avvicina a Marsala incrocia un veliero mercantile inglese e saputo che va a Genova gli si gettano alcuni pacchi di lettere.
Nelle stesse ore a Palermo vi è un'altra manifestazione.
Quando i volontari sono già tutti sbarcati e si sta terminando di scaricare le salmerie dal Lombardo che era ancorato più distante dalla riva, giungono i vascelli borbonici Tancredi e Capri ma arrivati ad un tiro di cannone si fermano e mandano una scialuppa verso l'Intrepid che era una nave inglese ancorata nella baia assieme all'Argus per chiedere se erano inglesi le truppe che avevano visto sbarcare. Fu loro risposto di no ma che i comandanti dei due legni inglesi con alcuni ufficiali si trovavano a terra al che i borbonici aspettano che costoro siano tornati a bordo prima di aprire il fuoco. Garibaldi pone i Carabinieri genovesi sul molo per impedire un eventuale sbarco dei borbonici. Intanto lo sbarco dei garibaldini viene completato e Garibaldi ordina di aprire le prese d'acqua per affondare le navi ed impedire che fossero rimorchiate via, sul Piemonte però l'operazione non riesce ma viene comunque distrutta la macchina a vapore. Giunge una fregata da guerra a vela e spara a mitraglia ma i volontari stanno già allontanandosi. I borbonici dopo aver appurato che sui due vapori non vi è più nessuno rimorchiano via il Piemonte mentre il Lombardo rimane nel porto semiaffondato. [12]
Nonostante l'inseguimento di due fregate borboniche i due piroscafi giungono a Marsala e lo sbarco dei Mille ha successo. [1]

12 maggio - Una sessantina di siciliani comandati dai fratelli Sant'Anna e dal barone Mocarta si uniscono ai garibaldini. [2]
Alle cinque e mezza del mattino i garibaldini lasciano Marsala. Giunti a Robengallo si modifica l'ordinamento dell'armata che era suddivisa in sette compagnie ridistribuendo alcuni volontari per creare un'ottava ed una nona compagnia il cui comando viene dato a Bassini e Graziotti. [12]
A Londra il sollicitor (procuratore generale) rispondendo ad alcuni membri della Camera dei Comuni esprime la sua simpatia per i Siciliani e spera che le sottoscrizioni aperte a Londra per aiutarli non saranno considerate illegali dato che si tratta solo di raccolte di denaro.
A Genova giungono notizie su Napoli risalenti al giorno 9. Si dice che vi sia grande agitazione e che partono vapori con truppa ma se ne ignora la destinazione. Il 1° reggimento di linea si è imbarcato sul Fulminante e sull'Aquila. La batteria Sauget sul Fieramosca. Il Times dice che la libertà della Sicilia tornerebbe gradita all'Inghilterra. La Gazzetta di Parma scrive che non si sa dove sia Garibaldi e che notizie del giorno prima dicevano che fosse sbarcato a Terracina. [9]

13 maggio - La marcia da Robengallo a Salemi è particolarmente faticosa. A Salemi vi sono molti insorti in armi vari dei quali si uniscono ai garibaldini. Avuta notizia della presenza dei borbonici vicino a Calatafimi Garibaldi fa riposare i suoi. [12]
A Salemi Garibaldi assume la Dittatura in nome d'Italia e Vittorio Emanuele. [1]
Nella lettera da Salemi Garibaldi scrive che Medici dovrebbe occuparsi del Pontificio. [9]
Alla mattina Zambianchi, con i garibaldini che partecipano alla diversione, parte per Manciano.
Il Giornale Officiale di Napoli ammette lo sbarco di Garibaldi definito di poche centinaia di filibustieri e racconta che i piroscafi Capri e Stromboli hanno ucciso molti filibustieri affondato il Lombardo e catturato il Piemonte. Le voci invece raccontano i fatti diversamente compreso l'aiuto dato dai vapori da guerra inglesi, l'Argo e l'Impetuoso allo sbarco. [5]

14 maggio - I garibaldini rimangono a Salemi. Gli esploratori riferiscono che il generale Landi con quattro o cinquemila uomini si era fortificato davanti a Calatafimi. Per evitare un possibile attacco notturno si spostano avanti gli avamposti ed un drappello di carabinieri genovesi fa una ricognizione fino al villaggio di Vita. [12]
Zambianchi, con i garibaldini che partecipano alla diversione, arriva a Pitigliano dove ci si ferma nuovamente e dove si arruolano alcuni volontari.
Il Costitutionel pubblica la risposta di Cavour a Touvenel che aveva criticato il tentativo di Garibaldi e detto che era contrario agli interessi del Piemonte. Cavour risponde che non si poteva fermare Garibaldi senza una pericolosa reazione dato che era appoggiato dal popolo.
Il giornale Perseveranza di Torino, riferendosi al giorno prima, scrive che le notizie su Garibaldi sono incerte e che piccoli sbarchi avrebbero avuto luogo sulle coste dello Stato Pontificio e a Montalto. Il Piccolo Corriere di Milano dice che gli è giunto un proclama di Garibaldi, il quale, il giorno 10, si trovava a Montalto nello Stato Romano.
Il giornale Il Movimento di Genova ha un dispaccio che annuncia lo sbarco di Garibaldi presso Marsala. I giornali di Parigi scrivono che notizie arrivate da Napoli e risalenti al 13 fanno sapere che due fregate napoletane hanno aperto il fuoco ed ucciso parecchi filibustieri e che dei vapori della spedizione il Lombardo è colato a fondo ed il Piemonte danneggiato. I giornali di Vienna scrivono che in occasione dello sbarco dei garibaldini i legni napoletani dovettero cessare il fuoco perché vi erano degli inglesi a terra. [9]

15 maggio - Alle cinque di mattina i garibaldini partono da Salemi e giungono a Vita da dove ripartono alle sette. In testa vi sono le guide di Missori ed i carabinieri genovesi, in coda i quattro pezzi d'artiglieria e le salmerie e sui fianchi i picciotti siciliani unitisi ai volontari giunti da Genova. Ai garibaldini si unisce fra Giovanni Pantaleo da Castelvetrone che disse che avrebbe combattuto non con lo schioppo ma con la parola e la croce. A mezzogiorno i garibaldini giungono a Calatafimi e si trovano di fronte 3500 soldati, uno squadrone di cavalleria, due compagnie di cacciatori e quattro pezzi d'artiglieria da montagna mentre altri mille uomini sono di riserva in città. Garibaldi lascia l'artiglieria e due compagnie sulla strada per impedire il movimento alla cavalleria ed occupa una collina antistante a quella dove si trovano i borbonici che attaccano ma vengono respinti. Lo scontro dura a lungo con esito incerto, la settima e d ottava compagnia vengono mandate in appoggio ai carabinieri genovesi e giunge anche la compagnia di Bixio che era stata lasciata a difendere le salmerie. Le due ali borboniche cedono, viene chiamata la riserva che però non esce dalla città. Viene attaccata anche la collina dove vi era il generale Landi che si ritira a Calatafimi. [12]
Battaglia di Calatafimi. Dopo un lungo combattimento i borbonici si ritirano. [1]
Il Morning Post annuncia lo sbarco di Garibaldi a Marsala. [9]

16 maggio - I borbonici abbandonano Calatafimi e si ritirano per la strada di Palermo. I garibaldini occupano Calatafimi e nella mattimata giungono quattrocento volontari da Castel Vetrano. [12]
L'Opinion National di Parigi apre una sottoscrizione a favore dei difensori dell'indipendenza italiana. [9]

17 maggio - Alle cinque di mattina i garibaldini partono da Calatafimi. Ad Alcamo i volontari apprendo che i borbonici in ritirata hanno saccheggiato il villaggio di Masa Quarnero.
Don Ferdinando Lanza, munito dei pieni poteri militari e politici, approda a Palermo ed assume il comando dell'esercito e l'amministrazione dell'isola. [
12]
Alle undici di mattina i volontari entrano in Alcamo. [1]
Alla sera Zambianchi, che è a capo della diversione, annuncia ai suoi volontari, che mormoravano per gli indugi, che l'indomani si sarebbe partiti.
Giornali di Parigi scrivono che corpi di Garibaldini diretti a Napoli sono passati negli Stati Romani. [9]

18 maggio - I garibaldini passano per Masa Quarnero dove un terzo delle case era un mucchio di macerie incendiate. A Partinico, saputo quanto accaduto a Masa Quarnero, la popolazione si barrica ed i borbonici in ritirata devono farsi strada a forza perdendo un'ottantina di uomini. Alla sera i volontari pernottano al Casino Francesco. [12]
I volontari sono tra Partinico e Burgeto. [1]
Il Giornale Officiale di Napoli racconta della battaglia di Calatafimi dicendo che è stata vinta dai borbonici e che i garibaldini sono fuggiti sui monti e che poi il generale Landi aveva attaccato Partinico che si era ribellata assieme ad Alcamo. [5]
Antonio Frigerio e Luigi Perelli, milanesi, s'imbarcano a Genova per Livorno da dove si recano a Malta; qui, insieme ad alcuni romagnoli, noleggiano un vecchio schooner a vela e riescono a sbarcare a Palma da dove raggiungono Palermo senza molestie. [8]
Alla sera il gruppo di Zambianchi, che sta effettuando la diversione nello Stato Pontificio, parte per Orvieto percorrendo una strada secondaria che passa per il caseggiato chiamato La Sconfitta. Una pattuglia va al posto di dogana di Latera per simulare di sorprendere i doganieri che erano già dalla parte dei Garibaldini. Inaspettatamente però vi trova anche dei gendarmi a cavallo, c'è uno scontro, un cavaliere viene ucciso e gli altri fuggono. Allora abbattuti gli stemmi pontifici e presi con sé i doganieri si ricongiungono al grosso del drappello con molto ritardo.
Il Pays di Parigi smentisce che corpi di Garibaldini diretti a Napoli siano passati negli Stati Romani. [9]

19 maggio - I volontari, in marcia in Sicilia, giungono al Passo di Renna. [1]
Alle 9 e 30 il gruppo di Zambianchi, che sta effettuando la diversione nello Stato Pontificio, giunge al paese di Grotte di Castro e lo occupa. Zambianchi scopre che in paese vi era per caso Monsignor Jona, vescovo di Montefiascone e vorrebbe catturarlo per tenerlo come ostaggio ma Siccoli ed altri lo convincono a desistere in base agli ordini di Garibaldi che dicevano di non far nulla che potesse inimicare la popolazione.
Dopo due ore uno squadrone di gendarmi pontifici a cavallo, comandati dal colonnello Pimodan, entra in paese come se volesse eseguire una ricognizione. Si ha così uno scontro a fuoco che dura due ore dopo di che i gendarmi si ritirano verso Bolsena. Rimangono uccisi tre gendarmi mentre il garibaldino Antonio Cambiaso e due gendarmi vengono feriti mortalmente. Zambianchi decide che, essendo stata individuata la spedizione, è ormai impossibile marciare su Orvieto e che è meglio rientrare in Toscana. Ciò suscita veementi proteste nei volontari. Qualche ora dopo lo scontro giunge un signore a cavallo che si qualifica come commissario di S.M. il Re con l'ordine di rientrare in Toscana per la via di Onano, San Quirico, Sorano e così viene fatto.
Durante la notte, a Valentano a 15 chilometri da Le Grotte, mentre il colonnello Pimodan con i suoi gendarmi sta conducendo il 2° Battaglione Cacciatori a Le Grotte per attaccare nuovamente i garibaldini, avviene una sparatoria per errore fra i gendarmi e la fanteria pontificia a causa di un colpo di fucile sparato da non si sa chi a seguito della quale furono colpiti due ufficiali e cinque soldati. [9]

20 maggio - In Sicilia i volontari giungono al villaggio di Pioppo. [1]
I garibaldini di Zambianchi, che si stanno ritirando dallo Stato Pontificio, giungono a notte inoltrata a San Quirico dove muore Cambiaso che era stato gravemente ferito. [9]

21 maggio - In uno scontro con i borbonici verso Monreale, sui colli di San Martino, muore Rosolino Pilo colpito al capo. [1]
La collina di fronte a Monreale era occupata da alcuni giorni dagli insorti comandati da Rosolino Pilo. Garibaldi finge un attacco all'ala destra dei borbonici comandati da Bosco ma intanto le truppe uscite da Monreale attaccano Rosolino Pilo. Bosco sposta le sue truppe da Parco per mettersi tra Garibaldi e Palermo. I carabinieri genovesi vanno in soccorso degli insorti di Rosolino Pilo che muore nello scontro colpito in fronte. Garibaldi non scende dalle alture dove si trova e Bosco non sale. [12]
I garibaldini di Zambianchi giungono a Sorano dove la sera prima era arrivato il 1° Reggimento Granatieri di Sardegna e depongono le armi. I volontari sono lasciati liberi di andare dove vogliono e dotati di foglio di via personale, viene trattenuto solo Zambianchi.
La Gazzetta di Roma pubblica il resoconto del colonnello Pimodan del 19 sullo scontro a Grotte di Castro nel quale vi sono molte inesattezze e menzogne: vi si dice che i garibaldini erano 350, si racconta di un saccheggio di Latera mai avvenuto e dove i garibaldini non sono passati e si afferma che i garibaldini hanno avuto nove morti e sono stati dispersi. [9]

22 maggio - I garibaldini si fermano nel villaggio di Parco. I borbonici perdono il contatto con il nemico. [1]
Durante la notte Garibaldi fa accendere molti fuochi e per ingannare il nemico fa ripiegare i picciotti verso Partinico e Calatafimi mentre i garibaldini attraversano i monti. [12]
La Gazzetta di Roma pubblica un nuovo resoconto del colonnello Pimodan sullo scontro a Grotte di Castro dove i garibaldini diventano 400/500. Vi si racconta anche della sparatoria avvenuta per errore fra i gendarmi e la fanteria pontificia nella notte fra il 19 ed i 20. Si sorvola sul fatto che questo nuovo resoconto smentisce quanto detto nel precedente e cioè che i garibaldini sarebbero stati dispersi il giorno 19. [9]

23 maggio - I borbonici si avvicinano ed i garibaldini salgono sul monte sopra Parco. Ci sono alcune scaramucce. [1]
Mentre Bosco porta le sue truppe sui monti i garibaldini occupano Parco fino a due giorni prima in mano ai borbonici. Pensando che si trattasse dei garibaldini in ritirata Bosco attacca i picciotti a Pioppo ma questi si ritirano verso Partinico inseguiti da Bosco il quale, pur essendo stato informato della presenza di truppe nemiche a Parco, pensando fossero pochi manda solo alcuni uomini verso Parco e continua l'inseguimento. [12]

24 maggio - Una colonna di borbonici, uscita da Monreale, attacca i garibaldini che si spostano a Piana dei Greci. [1]
Bosco torna a Parco, ha forze molto superiori a quelle dei Garibaldini ma divide le sue truppe per cercare di circondare i garibaldini impedendo la ritirata ma Garibaldi, lasciati i carabinieri genovesi a Parco per trattenere il più possibile i borbonici, si dirige su Piana dei Greci dove le avanguardie garibaldine giungono in tempo per bloccare le avanguardie napoletane. A sera i due eserciti si fronteggiano e Garibaldi manda la settima compagnia comandata da Orsini con le salmerie ed i picciotti sulla strada per Corleone intanto gli altri garibaldini si inerpicano per i monti. [12]

25 maggio - I garibaldini si ritirano ma spostandosi verso Palermo. [1]
I napoletani inseguono Orsini intanto Garibaldi arriva a Marineo ed alla sera a Misilmeri. [12]
Alle 23 salpa da Genova un rimorchiatore a pale (l'Utile) carico di armi e munizioni per Garibaldi. A bordo ci sono 69 uomini; capitano del battello è Francesco Lavarello e comandante della spedizione Carmelo Agnetta. [8]

26 maggio - Alla sera Garibaldi lascia Misilmeri e si dirige su Gibilrossa. Con Garibaldi ci sono circa duemila picciotti al cui comando viene posto il generale La Masa. A Gibilrossa Garibaldi chiama presso di sé Missori che lascia il comando delle guide che passano agli ordini dell'ungherese Tuckery. I garibaldini proseguono e scendono fino alla strada che giunge da Messina.
Intanto Orsini giunge a Corleone. [
12]
I garibaldini scendono dai monti vicini a Palermo ed attendono la notte per attaccare il giorno successivo. [1]
A Napoli si sparge la voce che a Calatafimi i borbonici non abbiano affatto vinto ma si siano ritirati in disordine. Si sa che il colonnello Bosco doveva muovere contro i garibaldini ma non si hanno altre notizie perché il telegrafo è interrotto. [5]

27 maggio - All'alba viene attaccata Palermo. I garibaldini entrano in città da Porta Termini. I borbonici hanno il controllo della parte alta della città e del Castello. [1]
I garibaldini entrano a Palermo per via Macqueda ed attaccano la caserma di Sant'Antonino. I carabinieri genovesi snidano i regi dal Quartiere Ferravecchia. Alle otto del mattino i borbonici iniziano a bombardare Palermo. I garibaldini occupano il Palazzo dell'Arcivescovado ed il Quadrivio. A mezzogiorno Garibaldi pone il suo quartier generale nel Palazzo Pretorio. Il bombardamento continua fino a notte avanzata.
Avvicinandosi Bosco a Corleone la popolazione abbandona la città. Orsini prende posizione su di un'altura, resiste per un po' e poi si ritira nuovamente verso Campo Fiorito e Chiusa. [12]
Il Giornale Officiale di Napoli riporta le notizie giunte col regio piroscafo Saetta e racconta che, a Parco, Garibaldi è stato sconfitto ed è fuggito fino a Piana dei Greci dove è stato nuovamente sconfitto ed ora è in fuga. [5]
L'Utile attracca a La Maddalena per fare rifornimento di carbone in quanto, essendo stracarico, non poteva trasportarne per più di due giorni di navigazione. [8]

28 maggio - I borbonici continuano il bombardamento della città, già iniziato il giorno precedente. [1]
I duemila picciotti di La Masa entrano a Palermo e si ricongiungono con i garibaldini. Nell'esercito napoletano si manifestano le prime defezioni. A Bosco, che il giorno prima ha mandato un dispaccio dicendo di aver vinto e disperso i garibaldini, arriva l'annuncio che Garibaldi è entrato in Palermo.
Orsini arriva a Giuliana, non potendo più portare i cannoni superstiti li fa inchiodare e ne brucia gli affusti. [12]
Giunge a Napoli la notizia che Garibaldi si è impadronito di Palermo. [5]

29 maggio - Continua il bombardamento di Palermo, ormai tutta insorta, con gravi danni. Si teme l'arrivo di truppe Bavaresi di rinforzo per i borbonici. [1]
I borbonici abbandonano il palazzo delle Finanze che avevano difeso per due giorni. Il bombardamento che ancora continua ha fatto danni immensi ed il contrammiraglio britannico Mundy assecondato dai capitani di navi americane, sarde e francesi protesta con l'ammiraglio napoletano e col regio commissario Lanza che accetta di incontrare il generale italiano. Lanza e Garibaldi s'incontrano a bordo della nave inglese Hannibal. Il colloquio fu lungo e rimase segreto.
Orsini, saputo che Garibaldi è a Palermo e che Bosco si sta ritirando, ritorna per la strada già fatta e ricupera le artiglierie. [12]
Alla mattina l'Utile entra nel porto di Cagliari per caricare altro carbone. Qui incontra una nave da guerra della marina sarda (l'Authion) comandata dal tenente di vascello Piola Caselli che non ostacola la spedizione ed anzi da notizie preziose e dovendo tornare a Palermo, accetta di portare una lettera a Garibaldi. [8]

30 maggio - A mezzogiorno entra in vigore un armistizio di 24 ore ed i combattimenti cessano. A sera entrano a Palermo le truppe borboniche comandate dal colonnello Bosco che inseguivano i garibaldini da Corleone. [1]
Inizia una tregua di dodici ore che al pomeriggio viene prolungata. [12]
Portate da un vapore austriaco si spargono a Napoli le notizie di quanto avvenuto a Palermo fino al 28 maggio. Risulta chiaro che mentre i borbonici mandavano truppe contro Garibaldi credendolo in fuga, i garibaldini attraversavano i monti per sentieri impervi e piombavano su Palermo malamente difesa. Si sparge anche la voce dell'assurdo ed inutile bombardamento di Palermo da parte dei borbonici. [5]
L'Utile lascia Cagliari diretto in Sicilia. [8]
La Segreteria di Stato del Vaticano premia tutti gendarmi del Colonnello Pimodan con medaglie e danaro e promuove vari ufficiali. Stranamente non è previsto alcun premio per i tre morti in combattimento che non sono nemmeno elencati fra i partecipanti alla battaglia. [9]

31 maggio - A Palermo l'armistizio viene prorogato fino all'alba del 3 giugno. [1]
Catania è saccheggiata dalle truppe borboniche. [5]
Catania viene devastata dal Generale Clary colla sua divisione e dalle truppe del generale Afan de Rivera. [9]
L'Utile non trova alcuna barca al largo di Ustica con l'indicazione su dove sbarcare. Da alcuni pescatori si viene a sapere che a Trapani c'è una forte guarnigione borbonica e si decide di tentare lo sbarco a Marsala. [8]


Giugno 1860

1 giugno - Le truppe di Bosco si scontrano con i garibaldini al convento dei Benedettini ma vengono respinte. Alcuni corpi napoletano si rifiutano di spingersi avanti invocando la tregua. [12]
Continua il saccheggio di Catania da parte delle truppe borboniche.
Giunge a Napoli il Monette che porta notizie da Palermo. I rinforzi colà inviati col Capri e l'Amalfi sono giunti il 29 con la città già occupata e l'armistizio in corso e sono sbarcati al forte di Castellammare. Le truppe che avevano inseguito i garibaldini sono rientrate a Palermo ed hanno preso alcune barricate violando l'armistizio.
Giunge a Napoli il generale Letizia come negoziatore e riparte la sera stessa con un plico sigillato. [5]
La spedizione Agnetta, sull'Utile, sbarca a Marsala alle tre e mezzo di mattino. Le casse con le armi e le munizioni vengono caricate su di una sessantina di tipici carrettini siciliani. [8]

2 giugno - A Palermo vari, fra i Bavaresi del colonnello Bosco, passano dalla parte dei garibaldini. Vengono chiamati Bavaresi ma sono Svizzeri, Tedeschi e perfino Italiani. [1]
Il Giornale Officiale di Napoli ammette l'occupazione di Palermo ma dice che le perdite dei garibaldini sono molto superiori a quelle, già ingenti, dei borbonici. Racconta anche che la colonna rientrata da Corleone ha riconquistato parte delle posizioni di Garibaldi. [5]
La spedizione Agnetta si dirige verso Palermo. Ai volontari arrivati da Genova si uniscono, oltre i conduttori dei carri, alcuni giovani di Marsala e dei disertori svizzeri e bavaresi dell'esercito napoletano. Enrico Faldella ed i volontari originari di Trapani non partono con loro ma rimangono sperando di poter fomentare la ribellione di Trapani. [8]
Il giornale Il Movimento pubblica le due lettere di Garibaldi scritte da Salemi il 13 maggio e da Calatafimi il 16.
Nicola Fabrizi, partito in barca a vela da Malta con alcuni volontari ed un carico di 1500 armi con le munizioni, sbarca a Pozzallo da dove si dirige verso Catania.
Il Generale Clary, colla sua divisione e con le truppe del generale Afan de Rivera che hanno devastato Catania, viene chiamato a Messina ed appena uscite le truppe da Catania la città insorge di nuovo e proclama Garibaldi dittatore. [9]

3 giugno - I borbonici capitolano in cambio del permesso di lasciare la città. Palermo è in mano ai garibaldini. [1]
Da Malta arriva a Catania un barca a vela, salpata assieme a quella di Nicola Fabrizi, con a bordo numerosi volontari partiti alla fine di maggio con un piroscafo delle messaggerie francesi ed arrivati a Malta dopo essere rimasti a bordo durante la sosta a Messina per non essere catturati dai borbonici. Fra di loro anche una ventina di quelli che avevano partecipato alla diversione di Zambianchi. I garibaldini, che erano in camicia rossa, vengono accolti con grandi feste. [9]

4 giugno - A Napoli viene ordinato di preparare grandi quantità di viveri ma, all'una di notte, viene dato un contrordine. [5]

5 giugno - Un vapore inglese porta a Napoli la notizia che la capitolazione di Palermo è decisa. Si sparge anche la voce del saccheggio di Catania operato dalle truppe regie (il 31 maggio ed il 1 giugno) che poi si sarebbero ritirate. [5]
Il convoglio con le armi e le munizioni della spedizione Agnetta giunge a Monreale. [8]

6 giugno - Gli inglesi, che hanno nel porto una squadra con anche la nave ammiraglia Hannibal, sono quelli che cercano i maggiori contatti con i garibaldini esprimendo la loro ammirazione tant'è che la cosa sembra sospetta a Cesare Abba. [1]
Muore il generale garibaldino Tüköry in seguito ad una ferita riportata durante il combattimento al ponte dell'Ammiraglio per la presa di Palermo. [N.d.R. Cesare Abba segna la notizia della morte di Tüköry nelle note del giorno 10] [1] [8]
Alle due del pomeriggio, i carri con le armi e le munizioni della spedizione Agnetta entrano in Palermo. [N.d.R. Cesare Abba segna l'arrivo della spedizione Agnetta nelle note del giorno 11] [8]
Nicola Fabrizi, con alcuni volontari ed un carico di 1500 armi con le munizioni, arriva a Catania da Pozzallo dove era sbarcato il giorno 2. Con gli uomini portati da Malta ed altri volontari siciliani forma il Battaglione del Faro. [9]
Il colonello Orsini, passando attraverso l'accampamento di Bosco, entra a Palermo. [12]

8 giugno - Viene creata una divisione, che seguendo la numerazione piemontese, viene chiamata la 15a dei Cacciatori delle Alpi, formata di due brigate. Türr ha il comando della divisione e provvisoriamente quello della seconda brigata, Bixio ha il comando della prima brigata. Con i superstiti dei Mille, i pochi continentali sopraggiunti e i migliori delle squadriglie siciliane si formano i quadri di tre battaglioni per brigata. [8]
A comando di Corte partono da Conegliano sull'Utile 900 volontari che dovevano riunirsi con quelli di Medici che partivano il 10, essendo più lento l'Utile doveva partire due giorni prima. Non potendo portare tanti uomini l'Utile rimorchia il clipper americano Charles Georgy con a bordo la maggior parte dei volontari tra i quali gran parte di quelli che erano stati sbarcati a Talamone per partecipare alle diversione nello Stato Pontificio. [9]
Sull'Utile si imbarcano 100 uomini al comando di Natale Poggi e sul Charles Georgy gli altri 800 al comando di Clemente Corte. [12]

9 giugno - I borbonici si imbarcano ed abbandonano Palermo. [1]
I volontari pavesi che vogliono imbarcarsi con la Spedizione Medici, a mezzogiorno, escono da Pavia da Porta Cremona e vanno a piedi fino a Stradella per prendere il treno. [10]
Alle otto di mattina due navi napoletane l'Ettore Fieramosca ed il Fulminante intercettano l'Utile ed il clipper mentre girano il promontorio di Capo Corso e li catturano. [12]

10 giugno - Partono da Sestri 2500 volontari sull'Helvezia e sull'Oregon al comando di Medici. Sono diretti a Cagliari dove hanno appuntamento con i 900 partiti due giorni prima al comando di Corte. Dapprima sembrava che la spedizione Medici dovesse invadere l'Umbria sbarcando a Montalto ma si decise che si sarebbe diretta in Sicilia non volendo scontrarsi col Ministero che non voleva l'invasione dei domini papali. [9]
Come i volontari della Spedizione Medici arrivano a Genova vengono condotti difilato al mare e trovano due piroscafi pronti ad accoglierli (l'Washington e l'Oregon). I vapori poi si spostano a Cornigliano da dove salpano poco prima dell'alba del 10 giugno.
Lo stesso giorno, il Franklin salpa da un porto tra Pisa e Livorno con a bordo i volontari toscani che sono 800 e sono comandati da Malenchini. Fanno anch'essi parte della Spedizione Medici. Fra questi vi erano parecchi volontari che avevano partecipato alla diversione nello Stato Pontifico fra i quali gran parte dei livornesi di Sgarallino.
Oltre ai tanti volontari imbarcati la Spedizione Medici portava a Garibaldi i primi fucili Enfield che erano eccellenti ed arrivavano a sparare a 900 iarde. [10]
L'Oregon al comando di Vincenzo Caldesi e l'Washington al comandi del colonello Giacomo Medici salpano da Genova. [12]

11 giugno - Le due navi della Spedizione Medici partite dalla Liguria costeggiano la Corsica ma, quando si è in vista dello stretto di San Bonifacio, si trova un mare molto agitato che fa star male molti dei volontari, tanti dei quali non avevano mai visto il mare prima di allora. [10]
L'Utile ed il Charles Georgy, rimorchiati dalle fregate napoletane che li avevano sorpresi, entrano nel porto di Gaeta. Enrico Wathson, capitano del clipper che batteva bandiera americana, tratta da pirati i borbonici e si rifiuta di consegnare le carte minacciando ritorsioni da parte degli Stati Uniti. [12]

12 giugno - Al mattino le due navi della Spedizione Medici partite dalla Liguria entrano nel porto di Cagliari. Cade un uomo in mare ma viene prontamente soccorso da un garibaldino che è un bravo nuotatore. I volontari vorrebbe scendere ma invece devono rimanere a bordo. In precedenza era stato distribuito a tutti il berretto con il distintivo ma ora vengono formati i reggimenti e distribuite le divise che consistono in una giubba grigia con una listerella rossa lungo il petto e con i bottoni argentati, dei calzoni di tela greggia con le uose, pure di tela ed un berretto di panno blu scuro, contornato di una striscia di panno rosso e con davanti uno stemma di ottone argentato rappresentante una trombetta. [10]

13 giugno - Un decreto di Garibaldi abolisce il titolo di eccellenza e vieta il baciamano fra uomo ed uomo. [5]
Le navi della Spedizione Medici restano ferme in porto a Cagliari e non viene permesso di sbarcare ai volontari che cercano di passare il tempo come possono. Un volontario, forse ungherese, dopo aver bevuto parecchio, si arrampica sull'albero di poppa da dove si diverte con lazzi vari ma poi non è più capace di scendere e così quattro marinai lo devono legare e calarlo giù con una carrucola. Un altro volontario, pentito di aver abbandonato la moglie senza nemmeno avvisarla, dà in smanie e viene condotto a terra. [10]

15 giugno - L'Utile ed Charles Georgy con a bordo 900 volontari sono catturati dai Borboni e portati a Gaeta. [9]
Ai componenti della Spedizione Medici vengono distribuite le carabine, le baionette e le giberne Sono equipaggiati con i nuovi e potenti Enfield. A mezzogiorno l'Washington leva le ancore e riparte da Cagliari navigando verso la Sicilia assieme gli altri vapori della spedizione Medici: l'Oregon con cui aveva fatto il viaggio fino a Cagliari e che portava circa 200 volontari al comando di Caldesi ed il Franklin che era salpato dalla Toscana e che portava circa 800 volontari al comando di Malenchini. [10]

16 giugno - L'Archimede della regia marina porta a Napoli da Gaeta i comandanti del vapore sardo L'Utile e del clipper americano Charles-Jane [sic] di Baltimora catturati dalla fregata regia Fulminante mentre trasportavano rispettivamente cento ed ottocento volontari garibaldini diretti a Palermo. La cosa provoca le proteste dei rappresentanti sardo ed americano ed il governo borbonico si offre di restituire le navi. [5]
La bandiera americana protegge il carico del Charles Georgy ed i volontari rimangono a bordo per venti giorni dopo di che i legni vengono rilasciati con l'ordine di non rientrare più nella acque del regno delle Due Sicilie. [9]
Verso sera le navi della spedizione Medici sono in vista delle coste della Sicilia. Poche ore dopo raggiungono Castellammare del Golfo ad una cinquantina di chilometri ad ovest di Palermo ed iniziano lo sbarco prima di mezzanotte aiutati da numerosissimi battelli che si sono staccati da riva. La 2a Compagnia rimane a bordo a guardia del bastimento per timore di una sorpresa da parte dei borbonici e sbarca solo alla mattina.
A Palermo le spie della polizia, i cosiddetti sorci venivano scovati dalla plebe e trucidati. Le autorità garibaldine però intervengono a far cessare gli eccidi, minacciando la morte ai colpevoli di assassini. [10]

17 giugno - Abba racconta che, nei giorni precedenti erano giunti a Palermo, provenendo dall'isola di Favignana, sei o sette dei volontari della spedizione di Pisacane, scampati all'eccidio di Sapri e colà detenuti. [1]
Garibaldi, informato dello sbarco dei rinforzi della spedizione Medici, accorre a Castellammare del Golfo ripartendo per Palermo nel tardo pomeriggio su di una piccola barca a vela accompagnato da Canzio e da altri. Verso sera anche i volontari si mettono in marcia arrivando, prima della mezzanotte, ad Alcamo dove sono accolti dalla musica e con le luminarie. Vengono alloggiati in un antico convento. [10]

18 giugno - Un gruppo di volontari si prepara a partire per l'interno dell'isola, guidato da Türr, Garibaldi resta a Palermo. [1]
Alle cinque del pomeriggio i volontari della Spedizione Medici riprendono la marcia giungendo, alle undici di sera, a Partinico dove vengono accolti dalla banda musicale e dalle luminarie. [10]

19 giugno - Arriva a Partinico la brigata Medici in pieno assetto di guerra. [8]
Garibaldi in una risposta diretta a Palermo a Nicotera, Mosto e Savi scrive Stiamo preparando una irruzione verso il Regno attraverso gli Stati pontifici e dice che si pensava a Cosenz per comandarla ma Cosenz, che prima aveva accettato, ha poi rifiutato perché il governo non vuole che si sollevi la questione degli Stati Romani. [9]
I volontari della Spedizione Medici, a Partinico, si riposano dopo la lunga marcia del giorno precedente. [10]

20 giugno - la brigata Türr, forte di poco più di cinquecento uomini, s'incammina per l'interno. [8]
I volontari della Spedizione Medici ripartono da Partinico marciando nella notte e bivaccando poi fra i monti. [10]

21 giugno - Giunge a Palermo Medici con i volontari della sua spedizione. Con lui ci sono quaranta ufficiali, coll'uniforme dell'esercito piemontese. [1]
Alle due del pomeriggio la colonna di Medici arriva a Monreale sostando presso il Duomo fino alle cinque. La strada fino alla vicina Palermo è gremita di popolo in festa e vi sono anche molti preti e frati dalle vesti di varie fogge e di colori diversi. Garibaldi è uscito dalla porta della città ed accoglie i volontari che entrano in Palermo quando ormai è quasi sera percorrendo la via principale della città in un subisso di applausi. [10]

22 giugno - I garibaldini, guidati da Türr, giungono a Missilmeri. Türr però sta male per i postumi di una ferita. [1]

23 giugno - I volontari a bordo dell'Utile e del Charles Georgy che sono nel porto di Gaeta, bloccati a bordo, ottengono il permesso di bagnarsi in mare. [12]

24 giugno - A Villafrati viene arrestato Santo Mele, accusato d'essere un brigante, che era già stato fatto prigioniero al Passo di Renna e che era riuscito a fuggire. [1]

25 giugno - Il Re di Napoli concede la Costituzione e cambia la bandiera scegliendo i tre colori nazionali con al centro lo stemma dei Borboni. [5]
I volontari di Medici che formano la nuova Brigata Medici dovrebbero ripartire ma poi un contrordine sposta la partenza al giorno successivo [10]

26 giugno - Il battaglione Bassini si distacca dagli uomini di Türr per andare a Prizzi dove ci sono stati dei disordini con saccheggi e violenze da parte di alcuni degli abitanti. [1]
La Brigata Medici riparte da Palermo e percorre la costa nord della Sicilia in direzione di Messina. [10]

27 giugno - Il colonnello Eber prende il comando degli uomini di Türr, troppo malato per continuare. [1]
Il battaglione Bassini arriva a Prizzi dove viene bene accolto e non trova segni di violenze. [8]
La Brigata Medici giunge a Bagheria dove i garibaldini sono acquartierati nella villa Palagonia i cui giardini sono adornati da centinaia di statue caricaturali in marmo. [10]

28 giugno - Gli uomini di Bassini si ricongiungono ai compagni. I volontari arrivano a Roccapalumba dove vengono accolti con grandi festeggiamenti. [1]
Il viceconsole sardo, residente a Gaeta, porta ai volontari bloccati a bordo dell'Utile e del Charles Georgy da venti giorni, la notizia che le due imbarcazioni potranno salpare il giorno successivo. [12]

29 giugno - La Brigata Medici riparte da Bagheria alle tre di notte per arrivare fino a Termini Imerese. [10]
Salpa per la Sicilia il Medeah al comando di Andrea Fazioli con a bordo 650 volontari.
L'Utile ed il Charles Georgy, finalmente lasciati liberi, salpano da Gaeta diretti a Genova. [12]

30 giugno - I garibaldini nell'interno dell'isola vengono raggiunti da altri che portano la notizia che, a Palermo, ogni giorno arrivano nuovi volontari provenienti dai porti della Liguria e della Toscana. [1]
A Genova si avvisano i volontari qui convenuti a tenersi pronti per il 2 luglio. [7]


Luglio 1860

1 luglio - Gli uomini del maggiore Bassini si devono di nuovo distaccare dalla colonna di Eber per andare a mettere ordine nel villaggio di Resuttano. [1]
Gli uomini di Bassini arrivano a mezzanotte a Resuttano, tre compagnie circondano l'abitato mentre la quarta, comandata da Bassini, entra in paese. Un uomo si cala dalle mura e viene arrestato dagli uomini della compagnia di Adamoli, risulta poi essere il più feroce dei sicari. Altri dieci sono arrestati in paese. [8]
Alla sera la Brigata Medici lascia Termini Imerese. [10]

2 luglio - La colonna di Eber giunge a Caltanissetta che, lungi dal resistere come si temeva, accoglie i garibaldini con un arco trionfale. [1]
Parte da Lodi una compagnia di volontari, divisi in quattro squadre. [3]
A Genova i volontari qui convenuti vengono radunati alla cava Bonino alla Chiappella e circa ottocento di loro, sono imbarcati sul battello a vapore Provence battente bandiera francese che fa parte della spedizione Cosenz e che salpa in serata. [7]
Sul Provence s'imbarcano 770 volontari al comando di Carlo Setti mentre sull'Washington s'imbarcano 1270 volontari al comando del colonnello Enrico Cosenz. [12]
Le persone arrestate a Resuttano, in catene e sotto scorta, vengono inviate a Palermo. [8]
La Brigata Medici giunge, alle due di notte, a Campofelice per poi proseguire fino a Cefalù dove arriva nel tardo mattino del 2, passando sotto archi trionfali e tra una folla di cittadini. [10]

3 luglio - Gli uomini di Bassini tornano da Resuttano dove, a differenza di Prizzi, hanno trovato la popolazione ostile. Hanno arrestato undici persone ree di violenze. [1]
Parte da Genova la spedizione Cosenz sul vapore Washington. Quando si era già imbarcato un migliaio di volontari, il comandante della nave dichiara che non poteva accoglierne altri. A terra rimangono moltissimi fra volontari fra i quali quelli provenienti da Lodi. [3]
Tre colonne garibaldine stanno percorrendo la Sicilia: quella di Medici si muove lungo la costa nord e punta su Messina, il generale Türr, sta percorrendo il centro dell'isola ed il generale Bixio marcia lungo il litorale sud.
Alla sera i volontari di Medici ripartono da Cefalù, avanzando per lunghi tratti sulla sabbia della spiaggia. [10]

4 luglio - Il Veloce che era di stanza a Messina scorta a Milazzo il Brasile che porta dei rinforzi ai borbonici. [5]
La Brigata Medici arriva, a mezzogiorno, a Santo Stefano di Camastra. [10]

5 luglio - Il Veloce prosegue per Palermo dove inaspettatamente passa dalla parte di Garibaldi. [5]
Gli ottocento volontari, facenti parte della spedizione Cosenz ed imbarcati sul Provence sbarcano a Palermo. [7]
Alla sera la Brigata Medici riparte da Santo Stefano di Camastra. [10]

6 luglio - Fra i volontari giunti da poco vengono scelti quelli che, per le loro conoscenze o la loro professione, erano in grado di far parte di reparti particolari quali Il Genio, l'Artiglieria, etc. [7]
La Brigata Medici arriva, alle dieci di mattina, a Sant'Agata Militello. [10]

7 luglio - Per ordine di Garibaldi viene espulso dalla Sicilia La Farina che cospirava per fare un plebiscito che annettesse la Sicilia al Regno d'Italia fermando la spedizione contro Napoli. La Farina torna in Piemonte. [12]
Giungono a Palermo altri volontari con una ulteriore spedizione organizzata da Medici. [7]
Alla sera la Brigata Medici riparte da Sant'Agata Militello. [10]

8 luglio - Tutti i reparti, compresi i battaglioni di Picciotti siciliani, sono passati in rivista in una ampio campo situato sotto il monte Pellegrino. Sono tutti con la camicia rossa tranne i Carabinieri genovesi che avevano il corpetto blu ed i volontari giunti da poco che erano ancora in borghese e senza armi. [7]
Alle otto di mattina i garibaldini di Medici arrivano a Gioiosa da dove ripartono nel pomeriggio. [10]

9 luglio - Parte da Genova, al comando del maggiore Vacchieri, una spedizione con i volontari, compresi quelli lodigiani, che non erano potuti salire sull'Washington. Per la fretta ci si imbarca su di una vecchia carboniera, il Saumont, senza nemmeno ripulirla. [3]
Il Provence al comando di Curci ed il Saumon al comando di Angelo Vacchieri salpano da Genova con a bordo 1300 volontari in tutto. L'Utile ed il Charles Georgy entrano in porto a Genova. [12]
[In alcuni scritti la vecchia carboniera è chiamata Saumont (è il cognome di una famiglia nobile), in altre opere troviamo invece Saumon (che in francese significa salmone). La pronuncia è la medesima per entrambe le parole ma il nome corretto è il secondo come si può leggere nel libro Le carte di Agostino Bertani che fu colui che noleggiò questa imbarcazione francese. N.d.R.]
Ai volontari arrivati da poco viene distribuita l'uniforme garibaldina, le coperte da campo, il tascapane, la borraccia e le armi. Viene anche dato il consiglio di vendersi i vestiti borghesi che si erano portati fino ad allora. Alla sera i volontari giunti con Cosenz partono per Bagheria. [7]
La Brigata Medici arriva a Patti dove i volontari sono accolti entusiasticamente ed entrano in città sotto archi ornati di fiori e riparte alla sera. [10]

10 luglio - Salpano l'Isère con a bordo 400 volontari al comando di Ciravegna e la City of Aberdeen con a bordo 900 volontari al comando di Pietro Strambio. [12]
Gli uomini della colonna di Eber giungono a Castrogiovanni senza incontrare resistenza. [1]
Alcuni dei Garibaldini sbarcati a Talamone, partiti con Corte e catturati dai borbonici, appena liberati da Gaeta, vanno a Genova con mezzi propri riuscendo ad imbarcarsi per la Sicilia il 10 luglio anziché il 15 come gli altri. [9]
La Brigata Medici arriva a Barcellona - Pozzo di Gotto. Il generale Medici assume il grado di Governatore della provincia di Messina, quantunque questa città sia ancora occupata dal governo borbonico. [10]

11 luglio - Il Veloce prende il largo per catturare L'Elettrico che doveva arrivare da Taranto, cattura invece il Duca di Calabria e l'Elba. [5]

12 luglio - Medici passa in rivista la sua Brigata manifestando la propria soddisfazione per l'ordine perfetto e per la buona disciplina delle milizie. Intanto da Milazzo e da Messina giungono numerosi cittadini e vari disertori borbonici che si aggregano all'esercito garibaldino ed arrivano anche parecchi profughi calabresi. [10]

13 luglio - I garibaldini di Medici si accampano alla fiumara di Merì mentre, per la prima volta da quando sono in Sicilia, cade una gran pioggia. Sono arrivati molti disertori da Milazzo portando la voce che la guarnigione di Milazzo sia stata rinforzata. In effetti il Colonnello Bosco con 3000 uomini è uscito da Messina ed ha occupato Archi ed alcuni luoghi fuori Milazzo ma senza andare oltre ed anche lui attende ordini. [10]

14 luglio - Sbarca a Palermo la spedizione al comando del maggiore Vacchieri comprendente anche i volontari lodigiani. Vengono inquadrati nella Brigata comandata dal generale Cosenz. [3]
Giunge a Napoli la notizia che la fregata regia Il Veloce è passata dalla parte di Garibaldi e si nasconde nelle Eolie per catturare i bastimenti napoletani che passano. [5]

15 luglio - La brigata Eber entra a Catania. I borbonici che hanno soldati a Siracusa e ad Agosta non si sono mossi. [1]
A Napoli i granatieri della Guardia tentano una ribellione reazionaria al grido di Viva il re ma non hanno seguito. [5]
Corte, che era stato catturato dai borbonici a bordo dell'Utile e poi liberato, riparte da Genova sull'Amazon con quasi tutti i suoi uomini, fra i quali molti di quelli di Talamone, arrivando in Sicilia in tempo per partecipare alla battaglia di Milazzo.
Francesco II promulga un'amnistia per i condannati politici. [9]
Bosco con i suoi uomini arriva subito al di là della fiumara tenuta da Medici. I garibaldini, sotto una pioggia torrenziale attendono l'attacco dei borbonici che però non avanzano e ripiegano invece su Milazzo. [10]

17 luglio - A Napoli i primi reparti della Guardia Nazionale appena formata sfilano per la città bene accolti. Sono in abiti civili con una nappa tricolore. [5]
A Merì i garibaldini vengono attaccati dai borbonici che cercano di aggirarli ma riescono a costringerli a tornare a Milazzo. Cattaneo di Varese che, con alcuni soldati, si era spinto troppo avanti, viene catturato. [8]
Visto che Bosco si è ritirato, Medici manda delle truppe al di là della fiumara per occupare Corriolo ma le istruzioni avute da Bosco però dicevano di occupare Archi per cui, alla mattina del 17, manda 4 compagnie, comandate dal Maggiore Maringh, con l'appoggio di cavalleria ed artiglieria per riprendere Archi che era difesa da 300 garibaldini di Simonetta e circa 70 siciliani. Maringh attacca colla cavalleria, fa sparare l'artiglieria, riesce a fare qualche prigioniero e poi si ritira. Bosco lo mette agli arresti e manda nel pomeriggio sei compagnie comandate dal Tenente Colonnello Marra che attaccano Corriolo. Medici manda in appoggio altri uomini da Merì compresi i toscani di Malenchini che avanzano alla baionetta. Marra cerca di aggirare Medici passando sui monti verso Santa Lucia del Mela ma si ferma a San Filippo del Mela. Corriolo rimane in mano a Medici mentre Archi è in mano ai borbonici ma a mezzanotte Bosco, credendo che Medici abbia con sé 7000 uomini, ordina la ritirata. Medici allora manda un telegramma a Garibaldi annunciando la sua vittoria ma chiedendo nel contempo dei rinforzi. Infatti a Messina c'erano 15000 borbonici che, se avessero scoperto che aveva 2000 uomini e non 7000, avrebbero potuto attaccare in forze. [10]

18 luglio - Garibaldi si imbarca, assieme a circa 1500 volontari fra i quali anche quelli di Lodi, sulla City of Aberdeen. Ad ora di colazione annunzia l'intenzione di tentare uno sbarco in Calabria ma a mezzanotte sbarca, con i volontari a Patti. [4]
Prima di partire da Palermo Garibaldi affida il governo dell'isola a Sirtori, suo capo di Stato maggiore. [12]
Arriva a Merì il Reggimento Dunne formato da siciliani con ufficiali inglesi ed il generale Cosenz con un primo gruppo delle truppe che aveva appena portato a Palermo da Genova. Intanto Garibaldi, dopo aver ricevuto il telegramma di Medici, carica su di un vecchio vapore scozzese, il City of Aberdeen, i volontari appena arrivati a Palermo da Genova ed anche i carabinieri genovesi che facevano parte dei Mille. Proprio mentre stanno levando le ancore, entra in porto il vapore Amazon che porta da Genova i volontari di Corte che erano stati catturati un mese prima, portati a Gaeta e rispediti a Genova dove erano subito saliti su di un altro vascello. Garibaldi ordina che non sbarchino ma salgano a bordo del City of Aberdeen. Alle 8 di mattina, con circa 1500 volontari a bordo, Garibaldi lascia il porto assieme alla nave da guerra piemontese Carlo Alberto che aveva l'ordine di controllare che partissero senza problemi. A notte fonda, sbarca con i volontari a Patti.
Bosco indirizza al generale Clary un messaggio che dice: ... è positivo che i Piemontesi sono 7300 [10]
Alla mattina i due reggimenti della 16a Divisione Cosenz giungono a Cefalù e per affrettare il viaggio li si imbarca su delle navi a vela ma il mare è piuttosto mosso e senza vento. Si cerca allora di rimorchiare le navi con dei canotti ma con scarsi risultati e si approda ad una paesello a qualche chilometro appena da Cefalù. [11]

19 luglio - Garibaldi porta i volontari che ha con sé a Barcellona Pozzo di Gotto e spiega che il giorno precedente i garibaldini che si erano diretti verso Milazzo erano stati attaccati dai borbonici a Merì e quindi voleva farla finita col Forte di Milazzo, senza prendere il quale lo sbarco era pericoloso. [4]
Alla sera partono da Genova sul piroscafo Torino duemila e più uomini guidati da Gaetano Sacchi che ha dato le dimissioni dal 46° Reggimento di fanteria. A Genova rimane il Capitano Pellegrini, anche lui dimissionario dal 46°, per attendere all'imbarco d'altra gente appartenente alla spedizione. [6]
Salpa il Provence con a bordo 405 volontari al comando di Giorgio Cesarò. [12]
I volontari giunti con Cosenz da due settimane sono a Noto ed in serata arrivano a Patti dove ricevono l'ordine di proseguire più in fretta possibile per Milazzo. [7]
La compagnia di Adamoli e quella dei volontari stranieri, facenti parte della brigata Eber, sono inviate a Taormina per verificare la voce, risultata poi infondata, dell'arrivo di una colonna di borbonici da Messina. [8]
Garibaldi si reca in calesse a trovare Medici. Intanto a A Barcellona la chiesa principale era stata trasformata in ospedale per i feriti e quando passa Garibaldi, quelli che sono in grado di farlo scendono dai letti per vederlo. Giunto alla casa dove alloggiava Medici, Garibaldi pronuncia un breve discorso dal balcone e passa in rivista le truppe, poi Medici e Cosenz mandano delle guide in esplorazione ed osservano col binocolo le posizioni occupate da Bosco. [10]

20 luglio - Battaglia di Milazzo. L'avanguardia è composta in gran parte dai volontari lodigiani arrivati da pochi giorni. I borbonici hanno due cannoni sulla strada che unisce le due marine. La batteria viene aggirata e messa in fuga, un cannone è catturato. Garibaldi viene circondato da cavalieri borbonici ma Missori corre in suo aiuto. I garibaldini entrano a Milazzo e viene proclamato il cessate il fuoco. [4]
Scotti dei volontari lodigiani è il primo che ascende le alture vicine al forte e pianta la bandiera su di una torre che domina il Castello. [3]
Malenchini comanda l'estrema sinistra, Medici e Cosenz il centro e la destra deve solo coprire il centro da sorprese, Garibaldi è al centro. Il Veloce, ribattezzato Tuckery [sic], su cui è salito Garibaldi quando i napoletani hanno ceduto, manda un colpo di mitraglia sulle truppe che uscivano dalla fortezza per andare a soccorrere gli altri e questi desistono. [5]
Il capitano Leardi che era partito con i Mille e sbarcato a Talamone per partecipare alla diversione di Zambianchi ripartendo poi con Corte sull'Utile che era stato catturato dai borbonici e che infine era ripartito da Genova sull'Amazon, muore caricando alla baionetta. [9]
I volontari giunti con Cosenz da due settimane alla mattina sono ancora a Barcellona ma le loro avanguardie arrivano a Milazzo in tempo per partecipare alla battaglia difendendo la strada per Barcellona, dato che la mira del colonnello Bosco era di sfondare l'ala sinistra. [7]
I volontari di Medici, al primo albeggiare, lasciano Merì ed avanzano fino ad una palazzina, in vista di Milazzo. Qui inizia una fitta sparatoria con i borbonici. Garibaldi non è lontano ed osserva le mosse dei borbonici. I garibaldini cercano di avanzare attraverso un vigneto fino ad arrivare ad un muretto che costeggia una strada. Al riparo dei muri i garibaldini avanzano lungo la strada. Il maggiore Migliavacca ordina di attaccare attraverso un campo. Si avanza attraverso un canneto fino ad arrivare vicino al muro dietro al quale sono appostati i borbonici ma vi sono almeno quaranta metri di terreno completamente scoperto. C'è un'altra fitta sparatoria finché viene dato l'ordine di ritirarsi. Viene occupato un casolare dove si trova un po' d'acqua, infatti i garibaldini hanno anche il problema della sete. Poi si avanza su di un altra stradicciola sulla sinistra e dove la strada fa un gomito, si vedono i borbonici che vengono caricati alla baionetta e messi in fuga. I nemici vanno lentamente perdendo terreno ma i caduti sono molti. Avanzando i volontari di Medici giungono ad un ponte e si riparano dietro i parapetti. I garibaldini piazzano due piccoli cannoni che iniziano a martellare i borbonici mentre viene dato l'ordine che le carabine cessino il fuoco. Gli artiglieri sono bersagliati di colpi dal nemico finché parecchi cadono morti o feriti. L'ultimo rimasto, mancandogli lo straccio per la carica, si strappa di capo il berretto e lo spinge in bocca al cannone. Quando i cannoncini sono resi inservibili, i garibaldini riprendono a far fuoco con le carabine. Il maggiore Migliavacca, che era a cavallo. è colpito al capo ed ucciso. I volontari avanzano di corsa alla baionetta e superano il ponte. Dopo la presa del ponte Garibaldi lascia il comando a Medici e sale sull'ex-nave borbonica Il Veloce che era passata dalla parte dei garibaldini e ribattezzata Tüköry. Subito dopo la battaglia Bosco manda al generale Clary un messaggio che dice: Sono nel forte. Gran perdita di truppe. Se non potete spedire alle spalle del nemico un gran numero di cacciatori, procurate di far stabilire una capitolazione con onore.[10]
Il grosso dei volontari della 16a Divisione Cosenz arriva a Milazzo solo verso sera dopo che era stata vinta la battaglia nella quale il generale Cosenz era stato leggermente ferito al collo. [11]

21 luglio - Salpano il Franklin con a bordo 564 volontari al comando di Gobbi e l'Amazon con altri 390 volontari al comando di Luigi Berti.[12]
Garibaldi detta i patti della resa del Forte di Milazzo: le truppe usciranno disarmate, agli ufficiali la sciabola, solo il generale Bosco, per aver mancato alla parola data a Palermo, uscirà a piedi e disarmato. [4]
I garibaldini marciano su Messina dove entrano senza trovare resistenza. Il Forte è in mano ai borbonici. Intanto da Lodi partono altri 55 volontari. [3]
Alla sera una nave dei garibaldini entra nel porto di Milazzo e nonostante venga bombardata dalla fortezza, riesce a sbarcare un buon numero di rinforzi. [10]

22 luglio - Arriva a Palermo il Torino con la spedizione Sacchi. I volontari sono organizzati un Brigata di quattro Battaglioni. Il primo battaglione è comandato da Winkler, il secondo da Isnardi, il terzo da Chiassi, il quarto da Pellegrini; per capo di Stato Maggiore il Capitano Amos Occari. Si attende l'altro bastimento che porta le armi. [6]

23 luglio - Salpa l'Isère con a bordo 423 volontari al comando di G. Pellegrini.[12]
Alla sera un ammiraglio napoletano viene a parlamentare con Garibaldi per proporre la resa del forte. [10]

24 luglio - Parte da Catania la Compagnia straniera di Volf, comandata dal capitano Giulio Adamoli. Vanno verso Taormina a vedere se da Messina si sono mossi i borbonici, prima che parta l'intera brigata. [1]
La resa del forte di Milazzo viene trattata ieri tra Garibaldi ed il ministro plenipotenziario del re di Napoli, colonnello Anzani. Il pieno sgombero delle truppe e del materiale di guerra deve effettuarsi entro il 25. I regi possono uscire dal forte con armi e bagagli, lasciando però all'esercito garibaldino i cannoni (una cinquantina), le munizioni e gli animali da tiro con le bardature oltre ai due cavalli del comandante Bosco. La Brigata Medici sfila davanti alla spedizione Cosenz, che presenta le armi, per la parte onorevole avuta nella battaglia e poi, dopo la resa della fortezza le truppe borboniche lasciano il forte passando davanti all'esercito garibaldino schierato. [10]
Bosco esce da una porta del forte dal lato opposto dove si stavano imbarcando i suoi uomini e sale su una scialuppa che lo porta su di una nave borbonica. Una volta imbarcatasi la prima parte dei borbonici la 1a compagnia del reggimento Simonetta viene incaricata di occupare il castello dove erano rimasti 140 cavalli e 96 muli. [12]

25 luglio - Viene sgomberata completamente la fortezza di Milazzo che entra in possesso dei garibaldini mentre i borbonici si ritirano a Messina ma molti di essi disertano e si uniscono ai garibaldini. Alla sera le truppe di Medici lasciano Milazzo avanzando in direzione di Messina e bivaccano a Spadafora. [10]

26 luglio - Arriva a Palermo Pellegrini con 400 uomini circa e prende il comando del suo battaglione. [6]
L'Inghilterra respinge la proposta della Francia che voleva che le rispettive flotte intimassero a Garibaldi di non passare lo stretto e protesta contro di essa. [9]
Le truppe di Medici arrivano a Gesso nel tardo mattino del 26 per poi proseguire fino alla accamparsi in vista di Messina. [10]

27 luglio - Salpa il Oregon con a bordo 400 volontari al comando di Sanctis. [12]
Giunge a Catania anche Nino Bixio con i suoi uomini. [1]
Garibaldi riceve una lettera di Vittorio Emanuele II che gli dice che forse sarebbe meglio ottenere la Sicilia e rinunciare ad ulteriori azioni. [9]
I garibaldini di Medici marciano su Messina però non incontrano le truppe borboniche bensì gli abitanti di Messina che sono usciti dalla città con le bandiere spiegate e a suon di musica per andare incontro ai garibaldini e così la città viene occupata senza colpo ferire. Garibaldi, il generale Medici sul cavallo di Bosco ed il generale Fabrizi entrano anch'essi a Messina dove la sola fortezza è ancora in mano ai borbonici. [10]

28 luglio - I garibaldini presenti a Catania partono in direzione di Messina. [1]
Medici firma un trattato con il generale Clary per cui la fortezza rimane in mano borbonica ma resterà neutrale fino alla fine della guerra. Considerato che nella fortezza vi sono ben 15000 uomini questo è un grande vantaggio per i garibaldini. Intanto, per le strade di Messina, i popolani atterrano le statue dei Borboni e ne fanno rotolare le teste lungo le vie. [10]

29 luglio - Nella notte del 30 cinque Compagnie della Brigata Sacchi partono per Messina. Pellegrini rimane a Palermo con gli altri componenti della spedizione. [6]
Accolti festosamente, arrivano a Messina i Mille. [10]

30 luglio - Parte da Genova la seconda spedizione di volontari lodigiani. [3]
Salpa il Provence con a bordo 583 volontari al comando di Gastaldi. [12]
Davanti al faro di Messina ci sono 168 barche pronte a prendere il mare in grado di trasportare 25 uomini ognuna. [5]
Garibaldi scrive a Bertani dicendogli che sperava di passare sul continente entro il 15, di mandargli dei fucili a Torre del Faro a Messina e di spingere per le operazioni negli Stati pontifici e napoletani. [9]

31 luglio - E' in fase di organizzazione una nuova diversione negli Stati Pontifici affidata al colonnello Pianciani. La spedizione era divisa in sei brigate di linea per un totale di 8940 uomini. Era previsto di invadere l'Umbria e le Marche per via di terra e per mare contemporaneamente. Le prime quattro brigate partendo da Genova e La Spezia dovevano sbarcare a Montalto e marciare su Orvieto. La 5a brigata, partendo dalla Toscana, doveva sorprendere Perugia mentre la 6a brigata, partendo dalla Romagna qualche giorno prima delle altre, doveva invadere le Marche e richiamare il grosso del nemico da quella parte per facilitare l'attacco da parte delle altre brigate. Successivamente ci si doveva dirigere verso gli Abruzzi. [9]
La 9a compagnia, capitano Grioli, e la 10a luogotenente Racchetti, del 3° battaglione, maggiore Chiassi, della brigata Sacchi lasciarono Palermo per il Faro di Messina la notte del 31 luglio. [13]


Agosto 1860

1 agosto - Per il compleanno della regina madre (che è sospettata d'essere il mandante dei fatti del 15 luglio), le navi, comprese le straniere, sparano varie salve. Si nota che le navi inglesi non vengono imbandierate. [5]

2 agosto - Il maggiore Chiassi del 3° battaglione della brigata Sacchi viene mandato a Monreale al comando della 11a e della 12acompagnia per assicurare la città dai briganti. A Monreale vi erano già altre due compagnie del battaglione siciliano, maggiore Firmaturi. [13]

5 agosto - Partono da Lodi altri 31 volontari. [3]

6 agosto - Bertani decide di andare in Sicilia per conferire con Garibaldi. Il suo posto di Capo Comitato viene preso da Mauro Macchi e G.Brambilla. Bertani lascia un messaggio per Pianciani dove dice che i volontari sarebbero stati tutti riuniti a Golfo Aranci e che Pianciani, che sarebbe stato l'ultimo ad arrivare con lo Stato Maggiore, avrebbe dovuto attendere fino a lunedì il Bertani stesso o sue istruzioni. [9]

7 agosto - Parte da Genova la terza spedizione di volontari lodigiani. [3]
A Messina arriva Pellegrini col rimanente della Brigata Sacchi meno il Maggiore Chiassi che dal Pro Dittatore De Pretis fu mandato con due Compagnie a Monreale per ristabilirvi l'ordine turbato da alcuni briganti e reazionari. [6]

8 agosto - Venti barche partono da Torre del Faro con a bordo anche Garibaldi e sbarcano circa trecento volontari vicino al Forte di Torre Cavallo in Calabria. Garibaldi, rimasto con due barche in mezzo allo stretto, accertatosi che lo sbarco era riuscito torna indietro. [1]
Garibaldi comunica a Sacchi la sua intenzione di far passare nella stessa notte una mano di soldati in Calabria onde sorprendere il Forte Cavallo. Una compagnia di cento e più uomini scelti fra i migliori di tutte le Compagnie fu destinata a quell'arrischiata impresa. Il Capitano Racchetti fu preposto al comando. [6]
Il tentativo di prendere di sorpresa il forte Cavallo non riesce. [8]
La Brigata Genova, comandata da Eberhardt, parte da Genova sul vapore Città di Torino. Poco dopo parte anche la Brigata Parma, comandata da Tharrena, sui vapori Amazon e Isère. [9]
Garibaldi ordina al brigadiere Sacchi di tenere pronta per la sera una compagnia scelta, la quale doveva trovarsi sull'imbrunire al Faro Inferiore per metterla a disposizione di chi doveva assumere il comando di una importante spedizione. Sacchi dice ai comandanti di compagnia di scegliere da ciascuna delle stesse dieci soldati dei più coraggiosi. Questi dovevano essere riuniti, per formare una compagnia, alle cinque della sera al Faro Superiore dove avrebbero conosciuto i loro nuovi capi.
Alle cinque, al Faro Superiore, si raccoglie questa compagnia al cui comando viene posto il capitano Francesco Racchetti e ciascun soldato riceve sessanta cartucce ed una coperta di lana. Si parte poi alla volta del Faro Inferiore dove si arriva dopo le otto e qui si apprende che si sarebbero imbarcati per tentare di approdare alla riva calabrese e che, appena sbarcati, avrebbero attaccato il nemico.
I soldati vengono messi a dieci a quindici per barchetta da sei od otto remi ciascuna, sdraiati sul fondo delle stesse. Prima a staccarsi dalla spiaggia è una barca che inalbera una vela e Garibald avverte di seguire quella. Essendo la notte inoltrata le ultime barche non vedevano la vela latina, così una di queste prende una direzione più verso Scilla di quello che avrebbe dovuto e mentre la maggior parte dei componenti la spedizione, appena sbarcati, stanno mettendo a terra le scale e le corde che avevano portato seco, viene avvistata dal Forte di Scilla che spara un colpo di cannone.
Le barche che avevano già sbarcato i garibaldini, si spostano rapidamente dalla costa della Calabria e le ultime, ancora cariche di soldati, le seguono quindi non tutti i componenti della spedizione approdano al luogo stabilito. Le fregate napoletane si avvicinano ed un grosso numero di nemici esce da Scilla. Vengono scambiate molte fucilate. Fallito il colpo di prendere il forte di Torre Cavallo, i garibaldini salgono sulla montagna. [14]

9 agosto - Salpa il Provence con a bordo 211 volontari al comando di Pietro Cortes. [12]
Un dispaccio telegrafico giunto dalla Calabria annuncia che il paese è percorso da bande armate che rompono i fili ed i sostegni del telegrafo. Vengono segnalati tentativi di sbarco a Cannitello, a Reggio, a Bianchi e a Bovalino. [5]
Le brigate Cosenz e Sacchi sono pronte ad attraversare lo stretto ma, a causa del mancato colpo sul forte Cavallo, non possono partire. [8]
I garibaldini sbarcati in Calabria passano tutto il giorno in continuo cammino tra i dirupi della montagna con una scarsissima razione di pane. La colonna è sempre inseguita dalle truppe borboniche. [14]

10 agosto - Salpa il Sidney Hall con a bordo 542 volontari al comando di G.B. Gastaldi. [12]
I garibaldini sbarcati in Calabria si fermano nel cosiddetto casino delle Forestali a Sant'Angelo, gli ufficiali decidono di eccitare la sollevazione nelle Calabrie, di ingrossare la colonna con gl'insorgenti e di non allontanarsi dalla spiaggia, sperando in un vicino sbarco di Garibaldi. Cominciano ad arrivare persone mandate dai Comitati segreti esistenti nei vari centri delle Calabrie e si uniscono ai garibaldini i primi insorti calabresi. Il capitano Racchetti si mette agli ordini del maggiore Missori. [14]

11 agosto - Parte da Genova la Brigata Milano, comandata dal colonnello Gandini. [9]
I garibaldini sbarcati in Calabria e gli insorti calabresi partono dal casino delle Forestali, tenendo vie diverse e si ricongiungono nelle vicinanze di Solano. [14]

12 agosto - Il Dittatore si assenta dal Faro improvvisamente; egli assisteva e dirigeva giornalmente i lavori di difesa di quella spiaggia ed i preparativi per il passaggio dello stretto. [6]
All'alba Garibaldi riceve Bertani, giunto durante la notte e decide di partire subito per Terranova (Olbia) sull'Washington. Fa chiamare Sirtori, gli affida temporaneamente il comando dell'esercito meridionale e gli conferma l'ordine di varcare lo stretto. Intanto parte da Genova la Brigata Bologna, comandata dal colonnello Puppi. [9]
I garibaldini sbarcati in Calabria si mettono in marcia alle undici di sera dopo aver mangiato, in tutto il giorno, una sola galletta con un pezzo di formaggio. [14]

13 agosto - Solo oggi arriva al comitato di Genova la lettera spedita da Garibaldi il 30 di luglio. Macchi, assieme a Vinciguerra che l'aveva portata, la legge a Pianciani che, nel pomeriggio del 13, parte, assieme al suo Stato maggiore sul Bizantine per raggiungere le brigate Genova, Parma, Milano e Bologna.
Alla sera le brigate Milano e Bologna giungono a Terranova e vengono convinte a proseguire subito per la Sicilia dagli incaricati da Farini, giunti sul Gulnara, come già era accaduto con le brigate Genova e Parma ma intanto arriva Garibaldi sull'Washington che imbarca parte dei volontari e manda le brigate a Cagliari dove le avrebbe raggiunte. Nella stesso giorno il ministro Farini proibisce ogni nuovo arruolamento suscitando grande sdegno. [
9]
Alle dieci di mattina, dopo una marcia continua, i garibaldini sbarcati in Calabria giungono sopra Bagnara. Parte delle guide, una squadra di bersaglieri di Bonnet ed un plotone della compagnia Sacchi con Missori alla testa attaccano e si precipitano discendendo dall'alto della montagna sopra il paese di Bagnara, il restante della colonna viene collocata parte allo sbocco delle strade che mettono al paese, parte distesi in catena sopra il monte che domina il paese stesso.
Alle prime fucilate nasce lo scompiglio nel paese e nelle truppe borboniche che guardavano vari punti del luogo ma la maggior parte delle forze nemiche era riunita nei quartieri ed un grosso rinforzo era venuto nella notte, per cui i garibaldini sono costretti a ritirarsi verso i monti. La compagnia Sacchi è l'ultima a ritirarsi. I garibaldini passano per Solano che dove si ricongiungono con parte dei calabresi ma non trovano cibo. Avendo ancora i napoletani alle spalle, si rimettono in cammino. [14]

14 agosto - Alla mattina le truppe vengono allertate per prepararsi a tentare il passaggio dello stretto ma verso sera viene dato un contr'ordine. [12]
Il Veloce, che nel 1848 era una nave da guerra della Rivoluzione siciliana e che ora era passato dalla parte dei garibaldini e ribattezzato col nome di Tüköry si spinge fino a Castellammare e tenta di impadronirsi del Monarca ma viene dato l'allarme ed il colpo non riesce. [1]
Si sparge la voce che Garibaldi è sbarcato a Castellammare vicino a Napoli. Si apprende poi che la notizia nasce dal fatto che Il Veloce ha attaccato il Monarca alla fonda a Castellammare ma ha desistito, dopo un breve combattimento, dato che l'equipaggio era stato messo in allarme da una sentinella del porto. A Napoli viene proclamato lo stato d'assedio. [5]
Cavour scrive a La Farina affermando: E' d'uopo attendere da Napoli una soluzione che tutto indica assai prossima
Da Genova partono gli ultimi uomini della spedizione Pianciani con vario materiale, a bordo del vapore Veloce [e che, ovviamente, non è lo stesso dell'attacco al Monarca] che rimorchiava un clipper americano. Nel pomeriggio Pianciani arriva a Terranova e non trova nessuno. Ci sono solo due ufficiali ed alcuni soldati che erano scesi a terra ma che quando volevano tornare a bordo non avevano più trovato i vascelli. Pianciani li carica sul Bizantine e si dirige verso Cagliari. [9]
Alle tre di pomeriggio viene ordinato di rientrare a Palermo al maggiore Chiassi del 3° battaglione della brigata Sacchi, che si trovava Monreale con due compagnie per assicurare la città dai briganti. Alle undici di sera vengono imbarcato sul vapore Franklin le due compagnie, il deposito e il magazzeno della brigata Sacchi, in tutto trecento uomini circa. [13]
I garibaldini sbarcati in Calabria marciano sopra i monti per più di ventiquattro ore. [14]

15 agosto - A Napoli viene espulso il Conte d'Aquila che voleva fosse licenziato il primo ministro ritenuto filogaribaldino e chiedeva un maggior impegno contro Garibaldi, il primo ministro invece lo accusa di aspirare alla reggenza del regno, ufficialmente viene inviato in Inghilterra per una missione diplomatica.
C'è un combattimento a Bagnara, il generale Melendez si proclama vincitore ma in realtà i garibaldini lo hanno aggirato e sono andati su Palmi tagliando le sue comunicazioni. [
5]
Per comando dittatoriale la divisione Bixio, che si trovava a Giardini, si sposta a Geri. [12]
Alle quattro di pomeriggio salpano da Palermo i vapori Franklin con a bordo trecento uomini circa comandati dal maggiore Chiassi e il Torino carico d'un migliaio di uomini comandati da Eberhardt. E' previsto che circumnavighino la Sicilia passando innanzi a Marsala, Girgenti, Siracusa, Catania. [13]
I garibaldini sbarcati in Calabria arrivano, verso le dieci di matttina, a Pedaroli e Paracosio. E' il giorno della Madonna delle Grazie e alla sera, prima di partire, assistono alla processione presentando le armi alla Sacra Immagine e poi passano la notte sopra un monte non fidandosi di dormire nel paese. [14]

16 agosto - Il Generale Cosenz all'alba riesce a gettarsi sul continente, proprio sotto il forte Scilla, con circa mille uomini.
Sacchi riceve ordine dal Generale Sirtori di portarsi con la sua Brigata a Spadafora e colà attendere i mezzi di trasporto. [
6]
Garibaldi giunge a a Palermo sull'Washington, nel pomeriggio arriva anche il Bizantine con a bordo Pianciani che spera di poter ancora fare la diversione ma che non riesce a parlare subito con Garibaldi. [9]
Dopo un espresso di Garibaldi la divisione Bixio torna a Giardini. [12]
I garibaldini sbarcati in Calabria, avvisati di avere i regi alle spalle, ripartono. Sono circa quattromila uomini che li inseguono. I garibaldini arrivano al casino delle Forestali. Poco prima dell'ora del tramonto si scorgono i nemici venire contro i garibaldini divisi in tre colonne. Si abbandona il casino delle Forestali, andando a distendersi in catena sulla vicina montagna sulla quale stavano già le guide, i bersaglieri e i Calabresi. I borbonici si avvicinano alla casa senza tentarsi di entrarvi. Tutti rimangono sulle loro posizioni poi, a sera inoltrata, approfittando dell'oscurità, i garibaldini si allontanano. [14]

17 agosto - A Napoli scoppia un allarme ed un reggimento corre a Santa Lucia. Si spargono un mucchio di voci e poi si sa che il tutto nasce dal fatto che alcuni bersaglieri imbarcati su di una nave sarda era andati a fare un giro in barca e qualcuno li aveva presi per truppe da sbarco.
C'è una insurrezione a Corleto vicino Potenza. [
5]
Sacchi riceve l'ordine di sospendere la marcia del rimanente della Brigata. [6]
Alle quattro di mattina Garibaldi incontra Pianciani e gli dice che gli uomini da lui portati ora servono in Sicilia e che la diversione la si può fare con i volontari di Nicotera e di Caucci che si trovano a Firenze ed in Romagna e che sono circa duemila. Pianciani chiede allora di raggiungere costoro per continuare l'impresa già iniziata. Pianciani cede a Rüstow il comando delle tre brigate Parma, Milano e Bologna che partono immediatamente per Milazzo. [9]
Alla sera i vapori Franklin e Torino, partiti da Palermo il giorno 15, si ancorano in faccia ai Giardini di 'l‘aormina dopo aver girato tutto intorno alla parte sud-ovest della Sicilia. [13]
I garibaldini sbarcati in Calabria marciano fino alle dieci del mattino. Si fermano alcune ore e sono raggiunti dai conduttori di muli che portano provviste. Alla sera entrano nel paese di San Lorenzo. [14]

18 agosto - Bixio marcia di nuovo su Geri dove devono arrivare il Torino ed il Franklin, i cui capitani pongono ostacoli al tentare lo sbarco in Calabria, Bixio allora li fa arrestare e prende il comando dei due piroscafi. Intanto arriva Garibaldi, la brigata Eberhardt della divisione Türr che stata riunita alla 18° divisione sale sui due vapori. Garibaldi prende il comando del Franklin e Bixio del Torino e salpano alle 9 di sera. [12]
A Napoli mancano notizie perché a sud di Salerno il telegrafo è interrotto. Le ultime le ha portate la Moutte arrivata mercoledì che ha detto che Garibaldi il 13 si è imbarcato sull'Elvezia ribattezzato Washington. Durante il viaggio ha incontrato il vapore sardo Mozambano che andava da Genova a Palermo. Non si sa se sia tornato indietro con questo.
Intanto le navi napoletane, tranne alcune fregate stanno ferme nei porti ed i borbonici per il trasporto di truppe, viveri e munizioni noleggiano nove navi francesi dato che le considerano inviolabili (si chiamano Lione, Brasile, Avvenire, Carlo Martello, Stella, Assiro, Protis, Pitia e Imperatrice Eugenia).
Potenza è in mano agli insorti. Bixio sbarca in Calabria con 4500 uomini. [5]
Il Franklin arriva dove deve caricare gli uomini di Bixio. La nave però fa acqua, perciò, onde rattopparla, alla mattina i soldati scendono sulla spiaggia. Alla sera gli uomini di Chiassi, meno il magazzeno che viene spedito per terra al Faro di Messina, si imbarcano di nuovo sul Franklin assieme a due battaglioni di Bixio. [13]

19 agosto - Manifestazione a Foggia, le truppe del XIII mandate a sedarla invece la assecondano.
Cosenz sbarca in Calabria. [
5]
Alle quattro e mezza del mattino Garibaldi sbarca a Melito dal Franklin. Il Torino si arena, i volontari sbarcano e poi il Franklin tenta inutilmente di liberare il Torino. Alle otto di mattina due navi napoletane attaccano il Torino su cui era rimasto il solo equipaggio che fugge. [12]
Garibaldi sbarca a Melito con circa 3000 uomini. [6]
Arriva a Milazzo il generale Türr con un ordine di Garibaldi che assegna le brigate Parma, Milano e Bologna, appena arrivate, alla 15° divisione da lui stesso comandata. [9]
Garibaldi sale su Franklin, Bixio sul Torino. Il Franklin continua a fare acqua e due pompe sono in azione senza intervallo. Il mare è agitato e si deve lasciare un rimorchio che non avrebbe resistito. Alle tre di mattina si getta l'ancora a pochi metri dalla spiaggia calabrese fra Capo d'Armi e Melito. Garibaldi ordina a Chiassi di scendere con otto uomini e di porre quegli uomini in catena ad un certo raggio di distanza da lasciar campo d'effettuare lo sbarco senza essere sorpresi. L'aiutante maggiore Tonolli si aggrega. Contemporaneamente anche Bixio sbarca e fa distruggere il telegrafo di Melito. Il Torino si è arrenato.
Chiassi occupa la villa del marchese Ramirez sulla via per Reggio, Bixio lo manda a Pentidatilo per depositare le armi e le munizioni portare per rifornire i rivoluzionari. Intanto arrivano le fregate napoletane che aprono un vivissimo fuoco sul Torino che arenato non si puó salvare come invece fa il Franklin. Varie palle da cannone colpiscono la villa Ramirez ed una di queste penetra nella stanza attigua a quella di Garibaldi fracassando tutto. I napoletani incendiano il Torino al grido di «Viva il Re!». Alla sera i garibaldini si caricano delle armi e munizioni sbarcate dal Torino appena in tempo e le depositano nel letto secco di un fiume. Lì vengono lasciati sessanta uomini con due ufficiali per poi far eseguire il trasporto di tutto a Pentidatilo. [13]
Uno scritto di Garibaldi al colonnello Musolino lo infoma del suo sbarco a Melito e gli dice di portarsi immediatamente a Melito. Alle due pomeridiane i garibaldini già sbarcati in Calabria partono da San Lorenzo per Melito,
Quando sono già vicini, persone del luogo li avvertono che sta sbarcando un forte numero di soldati borbonici (cosa risultata poi non vera) per cui deviano dalla strada, prendendo i monti che di fronte al mare dominano il paese di Melito.
Giunti sulla cima vedono le fregate napoletane poco lungi dal vapore il Torino che è in fiamme e si trovano dirimpetto a Garibaldi e i suoi soldati che occupano un'altra sommità di cotesta catena ma un profondo burrone divide la due alture e si deve marciare tutta la notte per raggiungere Garibaldi. [14]

20 agosto - Bixio è in Calabria. [1]
Il VI reggimento di linea mandato da Salerno a Potenza per sedare l'insurrezione, giunto ad Auletta si rifiuta di marciare contro i propri concittadini. [5]
A tarda notte la brigata Assanti, una compagnia di bersaglieri garibaldini e la compagnia dei carabinieri genovesi comandata dal capitano Antonio Mosto si imbarcano su circa centotrenta barche da pesca, ognuna delle quali conteneva sei rematori e dodici garibaldini che erano tenute nascoste nel canale che da Milazzo sbocca al Faro. [7]
Pianciani parte da Palermo diretto a Livorno per organizzare i volontari di Nicotera per una nuova diversione nello Stato pontificio. [9]
Per ordine di Garibaldi Chiassi occupa il paese di San Lazzaro dove rimane fino alle quattro del pomeriggio, poi raggiunge, come gli era stato comandato, il corpo principale col quale riparte all'imbrunire, formando con le sue due compagnie testa di colonna mentre all'avanguardia vi sono i bersaglieri di Menotti. A poche miglia da Reggio la colonna devia dalla strada maestra, percorre per un tratto il letto di un torrente, sale su di una collina e si ferma dalle undici di notte all'una. [13] Alla mattina i garibaldini sbarcati per primi in Sicilia entrano a Melito dove restano fino a sera stando attenti a non farsi scorgere dalle fregate napoletane che costeggiavano. Alla sera partono per Reggio. [14]

21 agosto - Scontro fra garibaldini appoggiati dai calabresi ed i borbonici a Villa San Giovanni. [3]
Le truppe di Bixio occupano Reggio cogliendo di sorpresa i borbonici che si ritirano nella cittadella. Arriva Garibaldi che attacca la cittadella da nord mentre Bixio la attacca da sud. Per soccorrere la cittadella sopraggiunge il generale Briganti ma Garibaldi lo mette in fuga. Alla sera la cittadella si arrende. [12]
Il Posilippo che porta da Messina a Genova una cinquantina di feriti a Milazzo fa scalo a Napoli. [5]
Garibaldi attacca e s'impadronisce di Reggio.
Su ordine di Sirtori la Brigata Sacchi si concentra a Torre del Faro per essere imbarcata su due legni a vapore. L'imbarco si esegue lentamente per mancanza d'imbarcazioni e viene sospesa la partenza. La fregata borbonica Fulminante ingaggia un breve combattimento con le batterie a terra. [6]
Alle due di mattina le circa centotrenta barche da pesca sulle quali erano imbarcati oltre 1500 garibaldini partono condotte da oltre 750 rematori siciliani e precedute da quattro barche cannoniere. All'alba sono fatte segno di colpi d'artiglieria da parte della fortezza di Scilla e dei forti di Alta Fiumara e Torre Cavallo siti sopra Villa San Giovanni senza essere colpite.
Sono poi inseguite dalla fregata la Borbona che però viene rallentata dai colpi di una batteria con pezzi di grosso calibro che Garibaldi fa mettere in posizione sulla spiaggia del Faro. Lo sbarco avviene con successo fra Bagnara e Scilla. [7]
Mentre tutti i battelli stanno fermi in attesa dell'alba si vedono i fanali di due navi borboniche dirette nello stretto che non si accorgono di nulla. Lo sbarco viene fatto in una spiaggia tra Scilla e Bagnara e le due navi cannoniere che sono in testa avanzano ed aprono il fuoco contro i borbonici che dalla via Consolare contigua alla spiaggia cercano di impedire lo sbarco. Appena sbarcati sulla spiaggia di grossa ghiaia quelli di Cosenz salgono sulla montagna che li sovrasta mentre quelli di Medici rimangono vicino alla spiaggia per chiudere la via di Napoli ai borbonici che sono accampati a sud di Scilla. Solo alle dodici i volontari di Cosenz arrivano a Solano dove, mentre già accendono i fuochi per il rancio, sono attaccati da alcuni soldati borbonici. Una palla va verso Cosenz che li osservava ma un ramo di un albero la devia. I Carabinieri Genovesi rispondono al fuoco ma gli spari cessano e si odono delle voci che dicono No, siamo italiani noi. Sono i borbonici che si arrendono agli uomini del capitano De Flotte che, con la sua compagnia, si è arrampicato dal fondo del burrone ed ha assalito i borbonici che, però, prima di arrendersi riescono a colpire ed uccidere il capitano. [11]
Alle due e tre quarti di notte il gruppo di Bixio, Chiassi e Menotti entra nelle prime vie di Reggio, dalla parte alta della città, ove degli imprudenti evviva degli abitanti e dei garibaldini danno l'allarme al presidio. Cinque minuti dopo Menotti si scontra, tra la via principale e la chiesa della Matrice, coi borbonici che si trovano nella piazza dello stesso nome e che avvertiti dalle grida lo attendevano e lo ricevono a colpi di mittaglia e scariche di fucileria. I bersaglieri rispondono al fuoco ma l'oscurità e la non conoscenza dei luoghi sono di ostacolo. Il generale Bixio viene ferito ad un braccio.
Garibaldi ordina a Chiassi di andare, con le sue due compagnie, ad assalire alle spalle quattro pezzi di artiglieria, che, il giorno prima, stavano attendendo i garibaldini al ponte appena fuori di Reggio, ma vi sono più. Il maggiore Plutino ordina a Chiassi di penetrare in città. In fondo alla piazzetta del Vescovado, ci sono molti uomini ma, a causa dell'oscurità, non si caisce siano dei garibaldini o dei nemici. Chiassi avanza e grida loro «viva Garibaldi». Nessuno risponde per cui si apre il fuoco, alla seconda scarica i borbonici si ritirano ma un, disguido per il quale, per un momento i garibaldini, rimasti nel largo San Filippo, sparano verso i garibaldini che inseguono i borbonici, fanno sì che costoro possano fuggire e chiudersi nel vicino Castello.
Viene avvertito Garibaldi che ordina a Chiassi di occupare l'altra estremità della città dalla quale poteva venire il soccorso al presidio, dalla parte di San Giovanni. Una squadra di Chiassi rimane però alla Matrice. Lungo il tragitto viene ferito il maggiore Plutino. Chiassi occupa casa Chiantella a Santa Lucia e si barrica. Dà il comando di questa linea al luogotenente Tagliabue della 12a compagnia forte di cento uomini circa e poi retrocede con gli altri ottanta per ordinare la difesa alle spalle dove si trova il Castello con i borbonici.
Alle sei, il generale Briganti venuto da San Giovanni, apre il fuoco sugli avamposti di Chiassi e occupa una filanda al di là della fiumana vicino al mare. Il fuoco dura per quattro ore con scarsi risultati. Dal Castello si tentano delle sortite che sono tutte respinte. I borbonici di Briganti si dispiegano dalla destra alla sinistra per unirsi a quelli del Castello e circondare Chiassi che allora attacca alla sua destra tra il Vallone Santa Lucia e la Madonna della Consolazione. Intanto Garibaldi avanza vittoriosamente, avendo aggirato il Castello dal lato opposto dal Belvedere al Cimitero e da questo al detto Vallone e manda il capitano Canzio ad ordinare a Chiassi di non avanzare più e di prendere posizione sul luogo.
Intanto il capitano Racchetti, distaccato dalla brigata Sacchi, che da quindici giorni batteva le montagne calabresi intorno all'Aspromonte, arriva coi suoi e con un manipolo di contadini armati, comandati da Musolino e partecipa alle fasi finali del combattimento. Il comandante del forte la marina e poi quello del Castello, generale Gallotti, si arrendono. I forti vengono immediatamente occupati dal 2° bersaglieri, maggiore Boldrini. [13]
I garibaldini sbarcati per primi in Sicilia entrano a Reggio mentre fervono i combattimenti già da parecchie ore. Sono ancora in tempo a prendervi parte, attraversano la città rasentando il forte del Castello ed occupano la marina dove restano fino alla capitolazione dei forti di Reggio, poi il capitano Francesco Racchetti con la sua la compagnia si ricongiunge al maggiore Giovanni Chiassi che, con due altre compagnie della brigata Sacchi aveva avuto parte importante nel combattimento. [14]

22 agosto - Garibaldi si dirige verso Alta Fiumara dove si era ritirato il generale Briganti con le sue truppe. Missori scende dai monti dove si era ritirato e si pone alla sinistra dei borbonici. [12]
Sul Franklin e sull'Washington si imbarca il 1° Reggimento e lo Stato Maggiore della Brigata Sacchi; sull'Aberdeen s'imbarca il 2° Reggimento della Brigata Sacchi, un Battaglione bersaglieri della Divisione Cosenz ed una Compagnia d'artiglieria. [6]
I volontari di Cosenz salgono sull'Aspromonte dove arrivano dopo le dodici e digiuni. Verso sera giunge una carovana con viveri e vino condotta da patrioti calabresi ma suona l'allarme e devono lasciare tutto, ripartire digiuni e discendere dal monte di notte e senza luna. [11]
Chiassi viene lasciato a Reggio per assumere il comando dei forti e del circondario militare di Reggio mentre Garibaldi e Bixio partono. [13]
Il comando del forte Castello viene affidato al capitano Francesco Racchetti che lo custodisce con due compagnie mentre la terza era di guardia in altri punti importanti della città, giacché i borbonici, che avevano capitolato con l'onore delle armi, si trovano alla spiaggia riuniti con le armi a fascio e con la giberna piena di cartucce in attesa di un legno che gli venisse ad imbarcare. Garibaldi e tutti i soldati avevano lasciato Reggio prima della partenza delle truppe borboniche e le sole tre compagnie della brigata Sacchi restavano con la Guardia nazionale a custodia della città. [14]

23 agosto - Garibaldi attacca circa 15000 borbonici che sono scaglionati tra i forti di Altafiumara, Torre di Cavallo, Scilla e Punta Pizzo. Le brigate Melendez e Briganti si arrendono, anche Forte Pizzo si arrende. [5]
Garibaldi ed il 1° Reggimento della Brigata Sacchi prendono la via dei monti per aggirare il forte Cavallo. Il 2° Reggimento marcia sulla strada postale. Il forte si arrende. [6]
Pianciani giunge a Livorno e subito contatta Nicotera e Caucci dicendo di concentrare i loro volontari a Genova. [9]
Nella notte la Brigata Medici attraversa lo stretto a bordo dell'Washington scortato dal Tüköry che però, per errore, spara contro una barca carica di volontari causando la morte di uno di loro. [10]

24 agosto - I volontari lodigiani attraversano lo stretto sul vapore Il Veloce e sbarcano a Villa San Giovanni. [3]
Anche i forti di Altafiumara, Torre di Cavallo e Scilla si arrendono. [5]
la Brigata Sacchi, all'avanguardia dell'esercito, giunge a Bagnara. [6]
Si giunge ad un compromesso con i volontari di Nicotera che sono ancora a Firenze per cui la brigata si sarebbe imbarcata a Livorno ma non sarebbe sbarcata né in Toscana, né nello Stato pontificio. Dato che Garibaldi non era più in Sicilia Nicotera afferma che sarebbe sbarcato sulle coste napoletane. [9]
Al mattino i volontari di Cosenz giungono su di un altopiano prospicente il mare. Vicino alla spiaggia ci sono 4/5000 borbonici comandati dal generale Briganti a cui Garibaldi aveva intimato di arrendersi perché accerchiati a nord dagli uomini di Medici, a sud da quelli di Bixio, arrivati dopo la presa di Reggio e a ovest dal mare. L'arrivo dei volontari di Cosenz completa l'accerchiamento ad est. [11]

25 agosto - Il generale borbonico Briganti viene ucciso da soldati del quindicesimo reggimento napoletano. [1]
La Brigata Sacchi, all'avanguardia dell'esercito, giunge a Palmi. [6]
La piccola artiglieria a disposizione di Medici, appostata sulla riva del mare, mette in fuga una fregata napoletana che tirava cannonate sui garibaldini. [10]
Re Francesco II scrive una lettera a Garibaldi dove chiede la pace offrendo l'indipendenza della Sicilia ed il suo aiuto nella lotta contro l'Austria. [12]

26 agosto - La Brigata Sacchi, assieme ad un battaglione della Divisione Cosenz e gli insorti Calabresi, supera Rosarno e giunge al bosco di Ponopoli. [6]
I volontari di Medici vengono imbarcati sul Tüköry che li trasporta fino alla spiaggia di Nicotera. [10]

27 agosto - Un drappello di giovani parte da Eboli per sollevare il Cilento. [5]
La Brigata Sacchi supera Mileto dove due giorni prima i Borbonici hanno ucciso il loro Generale Briganti e giunge a Monteleone. [6]
I garibaldini di Medici ripartono da Nicotera e marciano fino a Mileto dove pensavano di poter sorprendere una grossa falange di regi che invece se n'erano già andati la sera precedente. Con loro è anche Garibaldi. [10]

28 agosto - Napoli viene dichiarata città neutrale e la Guardia Reale la abbandona. [5]
Garibaldi coi calabresi precede la Brigata Sacchi fino ai piedi del monte sulla cui vetta sta Chirinea. [6]
Alle 11 di mattina viene arrestato Nicotera assieme al maggiore Sacchi. Ne viene informata la brigata, che si trovava a Castel Pucci vicino a Firenze, con il sollecito di ritirare il foglio di via per tornare a casa. A Nicotera viene intimato di dare ordine alla brigata di sciogliersi ma Nicotera rifiuta. Nella brigata prende il comando il maggiore Morici che rifiuta di obbedire ad ordini che non fossero quelli dati liberamente da Nicotera e si appresta alla difesa. [9]
All'alba i garibaldini di Medici ripartono da Mileto e marciano fino a Monteleone Calabro da dove ripartono alla sera. [10]
Alla sera Chiassi, che era rimasto a Reggio al comando dei forti, viene rilevato dal tenente colonnello Pira e parte immediatamente per San Giovanni, Scilla e Bagnara. La compagnia del capitano Racchetti, distaccata anch'essa dalla brigata Sacchi e giunta a Reggio, passa sotto i suoi ordini. [13]
Alla sera, le tre compagnie della brigata Sacchi, riunite sotto gli ordini del maggiore Chiassi, partono per andare ad unirsi alla brigata che, sbarcata dopo la presa di Reggio a Villa San Giovanni, aveva proseguito nella marcia. [14]

29 agosto - Marcia forzata della Brigata Sacchi fino a Tiriolo per raggiungere le forze del Generale borbonico Ghio che si ritira senza sfruttare la posizione favorevole. [6]
I garibaldini di Medici arrivano a Pizzo ed alla sera si accampano presso il torrente Angitola, ad alcuni chilometri da Pizzo. [10]
Gli uomini di Chiassi a cui si sono aggiunti quelli di Racchetti, tutti della brgata Sacchi, dopo avere bivaccato fuori San Giovanni, ripartono alle tre di mattina passando Scilla e arrivando a Bagnara. A San Giovanni, a Scilla e a Bagnara Chiassi riceve dispacci che ordinavano a tutti i corpi in movimento di portarsi a marcie forzate su Tiriolo. Alla sera sono a Palmi. [13]

30 agosto - Il Carmel, vapore postale francese carica a Messina un centinaio di garibaldini, quasi tutti feriti o malati, ed anche Cesare Abba. [1]
Insurrezione della Lucania occidentale.
Giunge a Napoli sul vapore francese La Ville de Lyon l'8° di linea che si era imbarcato a Paola per sbarcare a Pizzo per combattere i garibaldini e si è ammutinato. Però c'è chi dice che non si è ammutinato ma ha dovuto retrocedere di fronte all'ostilità della popolazione. [5]
Garibaldi rincuora i soldati estenuati dalla lunga marcia e chiede un ulteriore sforzo. Il nemico è raggiunto a Soveria. I Borbonici sono circa diecimila con due batterie e cavalleria; i garibaldini sono appena duemila e cinquecento e poco più aumentano dopo: gli altri Corpi dell'esercito sono ancora a due giorni di marcia. Garibaldi si stacca coi calabresi e gira la posizione dei Borbonici pei monti; il battaglione della Divisione Cosenz comandato dal Tenente Colonnello Albuzzi corona le alture di destra, Sacchi quelle di sinistra ed il centro in modo che i Borbonici si trovano da ogni banda chiusi e si arrendono. [6]
Viene liberato Nicotera e si decide di lasciar partire i suoi volontari fornendo anche del materiale e 40.000 lire. A Livorno la brigata si imbarca sui vapori Rhone e Provence ed il brigantino San Nicola. Non c'è posto per tutti e 400 rimangono a terra. [9]
I garibaldini di Medici, dopo una lunga e faticosa marcia, raggiungono Tiriolo. [10]
Alle sette di sera Chiassi con i suoi uomini parte da Palmi per raggiungere, con una lunga marcia, Mileto. [13]

31 agosto - Il Carmel è a Napoli. [1]
La Brigata Sacchi prosegue fino a Rogliano e Marzi. [6]
A Livorno un commissario di polizia con molte forze si presenta al porto ed ordina che i volontari, pronti a partire, passassero sopra i due vapori Febo e Generale Garibaldi (quanti ce ne stavano) per essere scortati a Palermo. Nicotera protesta e poi dice che si dimetteva da comandante ed avrebbe accompagnato i volontari a Palermo come privato cittadino. [9]
Garibaldi è assieme ai volontari di Medici e viene ospitato nel palazzo Alemanni a Tiriolo. [10]
A giorno fatto Chiassi con i suoi uomini giunge a Mileto. [13]


Settembre 1860

1 settembre - Un Caporale della Brigata Sacchi viene fucilato in quanto reo del furto di diciotto ducati e di maltrattamenti a carico di una vecchia del paese. Alla sera la Brigata raggiunge Cosenza. [6]
Parte dei volontari di Nicotera lasciano Livorno diretti a Palermo. [9]

2 settembre - Il re convoca una riunione militare per decidere se è possibile resistere a Garibaldi. Il generale Bosco dichiara che la colpa della situazione è di certi gran signori che avevano attaccato il fucile al muro e stavano tutto il giorno a tavola. Il principe Ischitella si arrabbia, c'è una gran scenata ed il giorno dopo il principe manda al re le sue dimissioni.
A Napoli nella notte vengono affissi dei manifesti tricolori che acclamano Garibaldi e Vittorio Emanuele. [
5]
La Brigata Sacchi sosta a Cosenza. [6]
Il consiglio dei ministri prende la decisione di invadere la Marche e l'Umbria con un esercito comandato dal generale Fanti, ministro della Guerra, formato da due Corpi d'Armata, al comando dai generali Cialdini e Della Rocca, forti di 33.000 uomini e 78 pezzi d'artiglieria. [9]
Chiassi telegrafa al quartier generale in Cosenza e il generale Sirtori gli dice che Sacchi con la sua brigata sarebbe partito il 3 per Tarsia. [13]

3 settembre - La Brigata Sacchi arriva a Tarsia. [6]
Il resto dei volontari di Nicotera lasciano Livorno diretti a Palermo. Nello stesso giorno quelli già partiti in precedenza giungono a Palermo. [9]
Alle sei del pomeriggio, i garibaldini di Medici ripartono da Tiriolo e con una marcia notturna raggiungono Soveria. [10]
Chiassi, essendo impossibile raggiungere in tempo la brigata Sacchi per via di terra, si imbarca nel pomeriggio per Sapri. [13]

4 settembre - Da Salerno si comunica che Garibaldi è ad Auletta, che la brigata Cladarelli si è unita a Garibaldi e che a Sapri sono sbarcati 4000 uomini comandati da Türr. Si chiedono rinforzi. [5]
La Brigata Sacchi arriva a Camerata. [6]
Chiassi, via mare, arriva prima di mezzodì a Sapri da dove riparte a mezzanotte per Lagonegro. [13]

5 settembre - Si apprende che Garibaldi è sbarcato di notte fra Vietri ed Amalfi ed ora è a Salerno seguito dalle divisioni Cosenz e Türr e da bande di insorti.
Il re di Napoli ritira tutte le truppe da Salerno e le porta a Capua, poi abbandona la città. [
5]
La Brigata Sacchi supera Castrovillari ed arriva a Morano. [6]
Il resto dei volontari di Nicotera giungono a Palermo. Dato che Nicotera persiste nelle sue dimissioni e la brigata viene posta sotto il comando del colonnello Spangaro. [9]
I volontari di Medici sono a Rogliano. [10]
Alla mattina Chiassi arriva a Lagonegro. [13]

6 settembre - Garibaldi entra a Napoli. [5]
La Brigata Sacchi supera Tenese e arriva alla Rotonda. Il Maggiore Chiassi con le sue Compagnie che era rimasto a Reggio, dopo essersi imbarcato al Pizzo, sbarca a Sapri. [6]
I volontari di Medici sono a Cosenza. [10]

7 settembre - la Brigata Sacchi supera il fiume Mercuro e arriva a Lauria. [6]
Cavour scrive al Cardinale Antonelli lamentandosi delle truppe mercenarie di Lamoricière e chiedendo di scioglierle in quanto minaccia per la tranquillità dell'Italia. La brigata dei volontari di Nicotera, ora comandata dal colonnello Spangaro, parte via mare diretta a Sapri. [9]
I volontari di Medici sono a San Filo. [10]

8 settembre - Il Reggimento che comprende i volontari lodigiani, dopo essere stato trasportato a Nicotera dal vapore Il Veloce insegue i borbonici fino a Paola. [3]
Si aspetta l'arrivo della divisone Türr. Garibaldi è arrivato da solo, i suoi uomini più vicini sono a due giorni di marcia. [5]
Sirtori ordina alla Brigata Sacchi di dirigersi su Lagonegro e di andare poi a Sapri per attendere una nave per Napoli. Si viene a sapere che Garibaldi è a Napoli. La Brigata Sacchi giunge a Lagonegro dopo una marcia sotto un furioso e lungo temporale. Qui si ricongiunge con le Compagnie del Maggiore Chiassi. [6]
La Brigata Assanti giunge a Morano. [7]
Alla sera i volontari di Medici ripartono da San Filo. [10]
Chiassi, quaranta giorni dopo la separazione, si ricongiunge con la brigata Sacchi a Lagonegro. [13]

9 settembre - Sacchi passa in rivista la sua brigata finalmente tutta riunita e ordina che un convoglio di muli, cavalli e carri prosegua per via di terra verso Napoli. [6]
Il generale Fanti scrive a Lamoricière minacciando di passare il confine se avesse fatto uso della forza per comprimere le manifestazioni popolari. La brigata dei volontari di Nicotera, ora comandata dal colonnello Spangaro, giunge a Salerno. [9]
I volontari di Medici sono a Paola. [10]

10 settembre - La Brigata Sacchi giunge a Sapri ed inizia l'imbarco su due piccoli vapori ed un brigantino. [6]
La Brigata Assanti giunge a Lagonegro dove riceve l'ordine di non proseguire ma di deviare per Sapri dove sarebbe stata imbarcata e portata a Napoli. [7]
La brigata dei volontari di Nicotera, ora comandata dal colonnello Spangaro, giunge a Napoli. [9]

11 settembre - Vengono pubblicati vari decreti di Garibaldi, tra le altre cose viene abolito il gioco del lotto. [5]
La Brigata Sacchi salpa per Napoli. Per insufficienza di mezzi resta in terra il Maggiore Grioli con cinque Compagnie. Alla sera si è nel porto di Napoli. [6]
La Brigata Assanti giunge a Sapri. [7]
La Brigata Eber giunge a Napoli. [8]
Vittorio Emanuele II emana un proclama ai soldati destinati ad operare nelle Marche ed in Umbria. Le truppe passano il confine, quelle di Cialdini vanno da Rimini verso Pesaro, quelle di Della Rocca da Arezzo a Città di Castello. [9]

12 settembre - I piemontesi nominano il marchese Pepoli e Lorenzo Valerio governatori civili delle Marche e dell'Umbria. [12]
Tutti i beni della casa reale borbonica vengono dichiarati beni nazionali. [5]
La Brigata Sacchi sbarca a Napoli ed è acquartierata al Castel Nuovo; verso sera arriva il Maggiore Grioli con le altre Compagnie della Brigata. [6]
Arrivano a Sapri due piroscafi, che un tempo erano della marina da guerra napoletana ed erano poi passati dalla parte dei garibaldini. I volontari della Brigata Assanti (e quelli del Maggiore Grioli) vengono imbarcati e si salpa nel pomeriggio, nonostante il mare assai mosso, giungendo di notte a Napoli. [7]

13 settembre - Sacchi col 1° Reggimento della sua Brigata viene chiamato a Caserta dove c'è Garibaldi con la Brigata Milbitz della Divisione Cosenz giunta via mare da Pizzo. Fino a Sapri arrivarono solo la Brigata Sacchi, il Battaglione Albuzzi della Divisione Cosenz e la Brigata Assanti. [6]

14 settembre - I borbonici escono da Capua ma, dopo alcuni scontri, rientrano nella cittadella. [1]
Garibaldi nomina il generale Sirtori prodittatore del continente napoletano. Proclama anche lo Statuto Sardo del 1848. [5]
Il Maggiore Isnardi va con il suo Battaglione a Casa Nuova. Dal Ministro della Guerra Cosenz riceve l'ordine di far muovere subito per Pietrarsa due compagnie per ragioni d'ordine pubblico. Queste rimangono per alcuni giorni a disposizione del Colonnello Corsi. [6]
Le truppe piemontesi occupano Perugia. [9]

15 settembre - Scontri fra i borbonici ed i bersaglieri della brigata Eber e i cacciatori del battaglione Carrano davanti alle mura di Capua. [5]
I borbonici valicano il Volturno ed occupano Sant'Angelo in Formis ma ne vengono ricacciati e viene occupata la strada che va da Napoli a Benevento. [12]
Il 2° Reggimento della Brigata Sacchi parte per appoggiare un ricognizione del Maggiore Isnardi verso S. Prisco. Ritorna a Caserta senza novità. Alle dieci di sera un falso allarme fa muovere la Brigata Sacchi verso S. Maria. [6]

16 settembre - Garibaldi parte per la Sicilia. [1]
Sul vapore Amalfi giunge a Napoli il Reggimento che comprende i volontari lodigiani. [3]
Scontri fra i borbonici ed il 2° battaglione e la 3a compagnia del Genio. Alcuni reparti garibaldini passano il Volturno. [5]
Winkler è attaccato a S. Leucio. Un battaglione della Brigata Sacchi accorre in aiuto. Dopo una breve scaramuccia il nemico si ritira. [6]
I volontari di Medici, che sono ancora a Paola, vengono imbarcati sull'Ercole. [10]

17 settembre - Garibaldi è partito per la Sicilia. Il Generale Türr ordina una ampia ricognizione sul Volturno verso Capua. Alla Brigata Sacchi è affidata la ricognizione dalla Scafa Formicola a quella di Caiazzo. [6]
Le truppe piemontesi occupano Spoleto. [9]
I volontari di Medici, a bordo dell'Ercole, arrivano a Napoli. [10]

18 settembre - Il 2° Reggimento della Brigata Sacchi parte per S. Leucio. Gli ordini, per il giorno successivo, sono di occupare il terreno davanti alla Scafa Formicola e quella di Caiazzo per dar agio al Maggiore Cattabene di attaccare Caiazzo. La Brigata Eber della Divisione Türr partendo da S. Maria doveva giungere alla Scafa di Formicola. [6]
Le truppe piemontesi sbaragliano quelle di Lamoricière a Castelfidardo, nel combattimento muore Pimodan quello dello scontro di Grotte di Castro contro i garibaldini di Zambianchi. [9]

19 settembre - Il paese di Caiazzo, al di là del Volturno, viene abbandonato dai borbonici e lo occupano duecento garibaldini del Battaglione Bolognesi, capitanati dal Maggiore Cattabene. [3]
Grosso scontro fra borbonici e garibaldini davanti a Capua, vengono occupate le alture di Caiazzo al di là del Volturno. [5]
Scontri fra i reparti del Ten. Col. Pellegrini della Brigata Sacchi e due Compagnie borboniche che, appoggiate dall'artiglieria, resistono sul lato del Volturno occupato dai garibaldini. [6]
La Brigata Eber combatte a Sant'Angelo. [8]
Türr con la brigata Sacchi, parte dei bersaglieri di Rüstow ed il battaglione degli studenti bolognesi del maggiore Cattabene si dirige verso Sant'Angelo ed attacca alcuni corpi borbonici obbligandoli a passare sulla destra del Volturno. Anche i garibaldini passano il fiume ed i maggiori Ferracini e Cattabene, dopo un lungo combattimento, occupano Caiazzo. [12]
I garibaldini della 16a divisione vengono portati a Caserta in treno e lì alla brigata viene aggiunto un terzo reggimento comandato dal colonnello Albuzzi che precede gli altri assieme ad Assanti partecipando ai combattimenti sulle rive del Volturno presso Caiazzo assieme alla Brigata Sacchi della 15a divisione Türr. [11]

20 settembre - I garibaldini, guidati da Garibaldi, attaccano Capua e si dice che il motivo sia dar modo ad altri garibaldini di occupare Caiazzo al di là del Volturno. [1]
Il Reggimento che comprende i volontari lodigiani viene svegliato di notte e portato in treno a Maddaloni, da qui arriva al Volturno che passa per andare ad occupare il paese di Caiazzo in aiuto ai duecento arrivati il giorno prima. [3]
Il tenente colonnello Vacchieri col secondo reggimento della brigata Simonetta ed un battaglione di bersaglieri viene mandato in appoggio ai garibaldini che hanno occupato Caiazzo. [12]
I volontari di Medici sono trasferiti in treno a Caserta dove sono alloggiati nel palazzo Reale. [10]

21 settembre - Settemila borbonici con la cavalleria e dodici pezzi d'artiglieria attaccano Caiazzo difesa da ottocento garibaldini senza artiglieria e cavalleria e con poche munizioni.
I garibaldini resistono due ore poi finiscono le munizioni ma riescono a ritirarsi al là del Volturno e a tornare a Maddaloni. [
3]
Gli ottocento garibaldini lasciati a Caiazzo sono stati attaccati da cinquemila borbonici e non avendo sufficienti munizioni sono dovute ripiegare con gravi perdite. [5]
Anche la Brigata Eber è coinvolta nei combattimenti. [8]
Alla sera i volontari di Medici marciano fino agli avamposti a Limattola sul fiume Volturno ma la base delle operazioni viene posta a Casagiove. [10]

26 settembre - Viene annunziata l'avanzata di ingenti forze borboniche. Vengono abbandonati gli avamposti ed avvisato il Generale Medici che si trovava a Caserta. Prima ancora che arrivino i rinforzi questo si rivela un falso allarme e tutte le posizioni abbandonate vengono rioccupate. [6]

28 settembre - Ancona è completamente circondata dalle truppe piemontesi. Dopo un tentativo fallito del conte Persano di tagliare la catena che chiudeva il porto, la squadra italiana ha un lungo duello di artiglierie con i forti papalini. Viene colpito un deposito di munizioni che salta uccidendo 126 artiglieri papalini. Il combattimento continua fino a sera quando i papalini chiedono una tregua ma non si raggiunge un accordo. [12]

29 settembre - La Brigata Sacchi, che ha incorporato la Brigata Puppi decimata dai combattimenti del 19 e del 21, passa a far parte della Divisione Türr. [6]
Sugli avamposti nei pressi di Sant'Angelo tenuti dai volontari di Medici arrivano frequentemente bombe e granate sparate dalle artiglierie di Capua. I feriti sono portati alla chiesa di Sant'Angelo. Oltre a Sant'Angelo Medici tiene il Monte Tifata. [10]
Due compagnie del 7° bersaglieri riescono ad entrare in Ancona e ad aprire ad aprire la Porta Pia, una compagnia del Genio espugna Porta Calamo ed una squadra della flotta riesce a sbarcare e ad occupare la Porta del Molo. Si tratta la resa e alle due e mezza la guerra nelle Marche e nell'Umbria ha fine. [12]

30 settembre - Alcuni borbonici cercano di passare il Volturno alla scafa di Triflisco ma vengono respinti. [1]
Francesco II raduna le truppe sulla piazza di Capua per dare le istruzioni per il prossimo assalto.
Il presidio di Ancona esce dalla fortezza e si arrende. [12]


Ottobre 1860

1 ottobre - Battaglia del Volturno. La divisione Türr, inizialmente tenuta di riserva, interviene a metà giornata su richiesta di Bixio. Verso sera la battaglia è vinta. [1]
Una prima colonna borbonica, comandata da Francesco II, esce da Capua e muove verso Santa Maria alla destra dell'esercito regio, una seconda colonna costeggia la riva orientale del Volturno per attaccare Sant'Angelo in Formis, una terza colonna passa il Volturno allo scafo di Formicola per incunearsi fra il centro e la destra dell'esercito garibaldino e la quarta colonna, partendo da Caiazzo, deve impadronirsi del guado, aggirare Bixio ed occupare la strada per Caserta. [12]
Alle quattro di mattina la Brigata Assanti, che si trovava a Caserta, viene inviata a Santa Maria dal generale Sirtori. Alle sei di mattina i garibaldini arrivano a Santa Maria e cercano di marciare verso Sant'Angelo ma, appena fuori Santa Maria, i garibaldini si trovano sotto il fuoco nemico e caricano alla baionetta.
La battaglia infuria fino alle tre del pomeriggio senza che le posizioni mutino. Alle tre pomeridiane giunge Garibaldi in persona con delle riserve giunte da Caserta per condurre l'assalto definitivo contro i bavaresi. L'attacco, condotto alla baionetta, ha successo e le truppe napoletane tornano verso la Scafa di Triflisco da dove erano venute. Anche i garibaldini della Divisione Medici prendono l'offensiva marciando verso il Volturno ed inseguendo i fuggiaschi. [7]
Una decina di artiglieri piemontesi, arrivati da Napoli, combattono nella batteria comandata da De Vecchi di Gavirate. La Brigata Eber combatte tra Santa Maria e Sant'Angelo. [8]
I garibaldini di Medici che sono agli avamposti sul Volturno sono svegliati all'alba dai trombettieri perché il nemico è uscito in forze da Capua ed avanza verso di loro. Dopo una sparatoria ed una carica alla baionetta i borbonici sono respinti ma una colonna nemica tenta l'aggiramento delle posizioni garibaldine. Giunge Garibaldi, portato da una carrozza a due cavalli ed accompagnato da un ufficiale. I nemici, avanzando, sono giunti a poca distanza e sparano numeri colpi di carabina uccidendo l'uomo che guidava il calesse di Garibaldi. Il combattimento infuria con vari tentativi dei borbonici di aggirare le truppe che hanno davanti finché una piccola colonna di borbonici, rimasta staccata dal corpo di cui faceva parte, cerca scampo o tenta un'ardita azione, guadagnando le alture che stanno alle spalle dei garibaldini. Garibaldi invita i volontari che gli sono più vicini a seguirlo e con una cinquantina di uomini guadagna la cima del colle da dove osserva, con il cannocchiale, i fianchi del colle ed il piano dove si combatte e dove si vedono qua e là, anche ad occhio nudo, levarsi frequenti globi di fumo. Intanto appare una schiera di borbonici che, alle prime fucilate, volgono in fuga. [10]
Al mattino la brigata Assanti, tranne il 2° battaglione del 2° reggimento comandato dal maggiore Pilade Bronzetti che viene distaccato a Castel Morrone, si reca da Caserta a Santa Maria di Capua, viene posta sotto il comando del generale Milbitz e divisa in quattro colonne. La prima, composta dal 3° reggimento, rimane a Santa Maria di Capua con l'incarico di difendere la barricata e i cannoni allo sbocco della città sulla via di Sant'Angelo. La seconda, composta dal 2° battaglione va a Porta Capuana in aiuto al brigadiere Malenchini assalito da numerosi corpi borbonici comandati dal generale Tabacci. Ci sono alcune ore di combattimenti, i borbonici vengono respinti e Milbitz è ferito. La terza, composta dal primo battaglione del 2° reggimento, va verso Sant'Angelo e devia verso Capua per respingere i Dragoni della cavalleria borbonica. La quarta, composta dal 1° reggimento con il brigadiere Assanti, prosegue per Sant'Angelo e a destra occupa il cimitero ed una casa mentre un battaglione avanza fino al ponte collocandovi un cannone e malgrado il fuoco dei borbonici comandati dal generale Alfan de Rivera, impedisce loro di avanzare verso Santa Maria. Intanto il battaglione Bronzetti è impegnato nell'eroica difesa di Castel Morrone dove viene ferito mortalmente lo stesso Bronzetti, come molti altri, finché, finite le munizioni, i pochi superstiti si arrendono ai borbonici del generale Perrone riuscendo però a ritardare la sua marcia verso Caserta tesa ad accerchiare gli altri. Dopo le dodici si calma la battaglia davanti alla fortezza e alle 15 Garibaldi che veniva dal monte Sant'Angelo giunge vicino a Santa Maria e dice ad Assanti Vi ringrazio, voi comandate una schiera di prodi, ora vado a prendere le ultime riserve e riprendiamo il fuoco su tutta la linea. Con corpi freschi della divisione Türr attacca i borbonici che alle 17 si ritirano. Verso sera il 1° e 3° reggimento vengono inviati verso Caserta dove si dirigevano i borbonici che avevano combattuto con Bronzetti. Il primo battaglione del 2° reggimento viene mandato a custodire la riva sinistra del Volturno sotto il monte Sant'Angelo. [11]

2 ottobre - Le truppe borboniche del generale Perrone tentano un colpo a Caserta e si scontrano con i garibaldini coadiuvati dai bersaglieri piemontesi. [8]
Alla mattina il primo battaglione del 2° reggimento della Brigata Assanti, che era stato mandato a custodire la riva sinistra del Volturno sotto il monte Sant'Angelo, riceve l'ordine di abbandonare la posizione perché troppo esposta al fuoco proveniente dalla fortezza e di andare agli avamposti di Porta Capuana a Santa Maria. I due reggimenti della Brigata Assanti, meno il 2° battaglione del 2° reggimento, vanno da Caserta verso San Leucio e Casapulla e guidati da Garibaldi ed assieme ad altri, compresi due battaglioni dell'Esercito Settentrionale, assaltano i borbonici che avanzavano, respingendoli e facendo alcune centinaia di prigionieri, anche con l'aiuto della divisione Bixio. Il battaglione del 3° reggimento rimasto a Caserta assalta e mette in fuga una colonna di borbonici sbandati dall'avanguardia di Perrone che erano entrati in città ed avevano devastato il magazzino della brigata con le casse degli ufficiali e saccheggiato alcuni negozi. Il comandante del battaglione rimane leggermente ferito. Tra l'1 e il 2 ottobre la 16a divisione, compreso il battaglione Bronzetti, ha avuto 147 morti, 355 feriti, 339 dispersi e è quella che ha avuto le maggiori perdite dopo quella di Medici. [11]
Vittorio Emanuele giunge ad Ancona. [12]

4 ottobre - I volontari di Medici partono da Sant'Angelo per partecipare all'assedio di Capua. [10]

9 ottobre - Il Generale Türr, al quale si sono riaperte le ferite, lascia il comando della sua Divisione a Gaetano Sacchi. [6]

13 ottobre - Un battaglione di garibaldini, comandati da Nullo, partono per il Sannio. [1]

15 ottobre - I borbonici escono da Capua ma si trovano di fronte, oltre ai garibaldini, anche i bersaglieri e la fanteria regolare di Vittorio Emanuele. [1]
I volontari di Medici che partecipano all'assedio di Capua vengono rilevati da altri volontari e rientrano a Casagiove mentre il generale Medici rimane con gli assedianti. [10]

16 ottobre - Garibaldi passa in rivista la Divisione Türr. [8]

20 ottobre - La colonna di Nullo torna indietro dopo aver subito gravi perdite. Sono stati attaccati da soldati e da popolani al grido di Viva Francesco secondo e Viva Maria. [1]
Garibaldi, mentre, assieme ai Generali Medici e Avezzana, percorreva la linea del fronte per scegliere i punti dove piazzare delle batterie, è fatto segno di un vivissimo fuoco da parte dei borbonici. [6]

21 ottobre - Sull'altipiano del Macerone, presso Isernia, avviene il primo scontro tra l'Esercito regolare piemontese ed i borbonici.
Un plebiscito annette le Provincie napoletane e siciliane al Regno di Vittorio Emanuele II. [
3]
Votazione sull'annessione al Regno d'Italia. [5]

25 ottobre - Varie Brigate e la Legione inglese guidate da Rüstow, che sostituiva Türr impegnato a Napoli, varcano il Volturno presso Formicola. Il cavallo di Bixio mentre trotta veloce in un viottolo scivola e Nino Bixio si rompe una gamba. [8]
Garibaldi, quando attraversa il Volturno per andare ad incontrare Vittorio Emanuele, lascia il generale Medici a tenere le linee a Sant'Angelo. [10]

26 ottobre - A Teano Garibaldi incontra Vittorio Emanuele e lo accoglie con le parole: Salute al re d'Italia! [1]

27 ottobre - Vittorio Emanuele raggiunge le truppe garibaldine a Sant'Angelo e non essendo presente Garibaldi, viene ricevuto da Medici. [10]

29 ottobre - La Brigata Guardie dell'esercito di Vittorio Emanuele rileva la Brigata Sacchi che parte per Sant'Angelo. [6]


Novembre 1860

1 novembre - Inizia il bombardamento di Capua fatto dall'artiglieria del Corpo Della Rocca (40 pezzi) e delle batterie garibaldine (30 pezzi). [3]

2 novembre - Gli artiglieri di Vittorio Emanuele bombardano Capua. [1]
La fortezza si arrende. Vi entrano per primi i garibaldini della Brigata Simonetta (Divisione Medici) alla quale appartengono le due Compagnie dei volontari lodigiani. [3]
Capua si arrende al generale piemontese Della Rocca. [5]

3 novembre - Garibaldi commemora i caduti della spedizione e distribuisce medaglie ai superstiti. [1]

4 novembre - I volontari di Medici rientrano a Casagiove. [10]

6 novembre - Garibaldi passa in rivista per l'ultima volta il suo esercito. [3]

7 novembre - Ingresso solenne di Vittorio Emanuele a Napoli. Garibaldi è in carrozza di fianco al re. [5]

9 novembre - Garibaldi parte per Caprera. [1]
Garibaldi si imbarca per Caprera sull'Washington con il figlio e tre amici. [5]

11 novembre - Un ordine del giorno autorizza i volontari garibaldini a tornare a casa. [3]

13 novembre - I volontari di Medici sono congedati. [10]

26 novembre - Il generale Medici dirama un ultimo ordine del giorno rivolto ai volontari della sua Divisione. [10]


[1] - Giuseppe Cesare Abba - Da Quarto al Volturno: Noterelle di uno dei Mille - Mursia - Milano, 1967. >> maggio 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 - giugno 2, 3, 6, 9, 17, 18, 21, 22, 24, 26, 27, 28, 30 - luglio 1, 2, 3, 10, 15, 24, 27, 28 - agosto 8, 14, 20, 25, 30, 31 - settembre 14, 16, 20, 30 - ottobre 1, 13, 15, 20, 26 - novembre 2, 3, 9

[2] - Giuseppe Cesare Abba - Storia dei Mille - Bemporad & figlio - 1926. >> aprile 2, 4, 7, 10, 15, 24, 27, 30 - maggio 1, 8, 9, 12

[3] - Bortolo Vanazzi - I Lodigiani nella guerra del 1860 - Editori Quirico e Camagni - Lodi 1910; pubblicato anche in Archivio storico per la Città e Comuni del circondario di Lodi - Anno XXIX (1910). >> luglio 2, 3, 9, 14, 20, 21, 30 - agosto 5, 7, 21, 24 - settembre 8, 16, 19, 20, 21 - ottobre 21 - novembre 1, 2, 6, 11

[4] - Bassano Sommariva - La battaglia di Milazzo ed i volontari lodigiani - pubblicato in Il Fanfulla - giornale liberale di Lodi e circondario - Anno III, numero 29 del 16 luglio 1910. >> luglio 18, 19, 20, 21

[5] - Anonimo napoletano - Garibaldi o La conquista della Due Sicilie a cura di Bettino Craxi - Sellerio - Palermo 1996. >> aprile 4, 8, 9, 14, 18 - maggio 9, 13, 18, 26, 27, 28, 30, 31 - giugno 1, 2, 4, 5, 13, 16, 25 - luglio 4, 5, 11, 14, 15, 17, 20, 30 - agosto 1, 9, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 27, 28, 30, 31 - settembre 2, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15, 16, 19, 21 - ottobre 21 - novembre 2, 7, 9

[6] - Gaetano Sacchi - Relazione sui fatti d'arme della Brigata Sacchi nella Campagna del 1860 dal 19 luglio 1860 al 12 febbraio 1861 - pubblicato in Bollettino della Società pavese di Storia Patria - Volume XIII - Mattei & C. Editori - Pavia, 1913. >> luglio 19, 22, 26, 29 - agosto 7, 8, 12, 16, 17, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 - settembre 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 26, 29 - ottobre 9, 20, 29

[7] - a cura di Manlio Bonati - Memorie inedite del garibaldino Francesco Parodi - pubblicate in Bollettino della Domus Mazziniana - Anno 1993, numero 1, pp. 49-69 >> giugno 30 - luglio 2, 5, 6, 7, 8, 9, 19, 20 - agosto 20, 21 - settembre 8, 10, 11, 12 - ottobre 1, 20, 29

[8] - Giulio Adamoli - Da San Martino a Mentana: ricordi di un volontario - Milano, 1892. Pubblicato anche in Internet sul sito www.adamoli.org >> maggio 5, 6, 18, 25, 27, 29, 30, 31 - giugno 1, 2, 5, 6, 8, 19, 20, 27 - luglio 1, 2, 17, 19 - agosto 8, 9 - settembre 11, 19, 21 - ottobre 1, 2, 16, 25

[9] - Gen. Giovanni Pittaluga - La diversione: note garibaldine sulla Campagna del 1860 - Casa Editrice Italiana - Roma, 1904. >> aprile 6, 7, 8, 18 30 - maggio 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 30, 31 - giugno 2, 3, 6, 8, 10, 15, 16 19 - luglio 10, 15, 20, 26, 27, 30 31, - agosto 6, 8, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 19, 20, 23, 24, 28, 30 31, - settembre 1, 2, 3, 5, 7, 9, 10, 11, 14, 17, 18

[10] - Piero Corbellini - Diario di un garibaldino della Spedizione Medici in Sicilia, 1860 - Editore Riccardo Gagliardi - Como, 1911. >> giugno 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 25, 26, 27 29 - luglio 01, 02, 03, 04, 05, 06, 07, 08, 09, 10, 12, 13, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28 29, - agosto 23, 25, 26, 27, 28, 29, 30 31, - settembre 3, 5, 6, 7, 8, 9, 16, 17, 20, 21 29, - ottobre 1, 4, 15, 25 27, - novembre 4, 13, 26

[11] - Alessandro Magni - La XVI Divisione Cosenz nella Guerra del 1860 - Tipografia Forzani e C. - Roma, 1903. >> luglio 18, 20, - agosto 21, 22, 24, - settembre 19, - ottobre 1, 2

[12] - Antonio Balbiani - Il Messia dei popoli oppressi - Volume Secondo - Tipografia Editrice Dante Alighieri - Milano, 1872. >> aprile 6, 7, 9, 10, 14, 15, 30, - maggio 1, 4, 5, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 - giugno 1, 6, 8, 9, 10, 11, 23, 28, 29 - luglio 2, 7, 9, 10, 18, 19, 21, 23, 24, 27, 30 - agosto 9, 10, 14, 15, 16, 18, 19, 21, 22, 25 - settembre 12, 15, 19, 20, 28, 29, 30 - ottobre 1, 2

[13] - Giovanni Chiassi - Relazione del tenente colonnello Chiassi, per quanto riguarda il distaccamento dallo stesso comandato di due compagnie dal 29 luglio al 7 settembre 1860 - pubblicata in Rivista d'Italia - Anno XV - Fasc. VII, 15 luglio 1912, pagg. 167-173 - Roma, 1912. >> luglio 31, - agosto 2, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 28, 29, 30, 31 - settembre 2, 3, 4, 5, 8

[14] - Francesco Racchetti - Relazione del capitano Francesco Racchetti sulla prima spedizione in Calabria; dal giorno 8 agosto sino alla presa di Reggio Calabria - pubblicata in Rivista d'Italia - Anno XV - Fasc. VII, 15 luglio 1912, pagg. 155-167 - Roma, 1912. >> agosto 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 28


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