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I Comaschi di Bologna e l'aeronauta Antonio Comaschi


Premessa

Da tempo mi incuriosiva la famiglia alla quale appartenne l'aeronauta bolognese Antonio Comaschi in quanto questo cognome non è tipicamente bolognese e non si trovavano molte altre citazioni di questi Comaschi che pur venivano definiti possidenti .
Nel 2010 una mail di Guido Gianinetto di Torino, un gentile lettore di questo sito amante della ricerca storica, che mi ha inviato alcune notizie sul volo effettuato da Antonio Comaschi nel 1841 a Torino, mi ha spinto a cercare ulteriori informazioni su questa famiglia.

Ho quindi fatto varie ricerche e benché sia lontano dall'aver esaurito tutti i punti, ho trovato una tale massa di materiale da poter scrivere una pagina molto corposa su di loro. La vita dell'aeronauta Antonio Comaschi è stata ricchissima di argomenti interessanti e che andrebbero ulteriormente indagati.

Ritengo che, per lo studio della storia dell'aeronautica, sarebbe interessante estendere questa mia ricerca fino a ricavarne un libro o almeno un opuscolo da dedicare ad Antonio Comaschi; non è, però, facile pubblicare e diffondere un libro, per cui se qualche casa editrice o associazione fosse interessata ad una iniziativa in tal senso, mi contatti a questo indirizzo e-mail: info@andreacavallari.it.

Per altro la vita di Antonio Comaschi (ma anche quella di suo padre Giacomo, di suo figlio Ciro e dei suoi discendenti) è talmente avventurosa che se ne potrebbe ricavare anche un romanzo storico con molte vicende vere ed altre romanzate. La fine misteriosa di Antonio Comaschi potrebbe suggerire anche ipotesi molto fantasiose alla Martin Mystere.
Anche in questo caso non è facile far pubblicare un tal romanzo ma ancora più difficile è farlo conoscere, per cui l'ideale sarebbe che un autore già conosciuto fosse interessato a sviluppare assieme una tale idea.

I Comaschi di Bologna

Nelle cronache della prima metà del XIX secolo si trova spesso citato un Antonio Comaschi di Bologna, aeronauta. Dato che il cognome Comaschi non è uno di quelli tipicamente bolognesi, ho voluto fare qualche ricerca sui Comaschi di Bologna trovando che in effetti a Bologna era presente, probabilmente, la sola famiglia di Antonio e che la loro discendenza si è forse estinta (per lo meno con il cognome Comaschi).

I Comaschi di Bologna erano dei possidenti ed ho trovato vari dati su di loro nel Catasto Gregoriano [1]. Purtroppo il libro che contiene i dati di dettaglio su di loro è gravemente danneggiato e non può essere consultato per cui mi sono dovuto accontentare di quanto ho trovato nell'Indice generale dei censiti [2] e nella tabella riassuntiva posta all'inizio del primo dei due libri dedicati alla lettera C [3].

Il più vecchio Comaschi che vi ho trovato è Giacomo Comaschi che era figlio di un Antonio Comaschi. Costui ha due figli Giovanni ed Antonio (che ha quindi preso il nome del nonno). Tra gli eredi di Giacomo vi era anche una Gaetana Comaschi di Gaetano della quale non era chiara la parentela con gli altri componenti della famiglia.

Prima di proseguire nel racconto c'è da dire che, in quegli anni, viveva a Bologna un altro Comaschi che si chiamava Giacomo anche lui e che mi sembrava improbabile che si potesse trattare della stessa persona sia perché questo Comaschi (che proveniva da Caminata in Val Tidone [4] e che, nel 1795, aveva circa trent'anni e forse una figlia) parrebbe più vecchio dell'altro, sia perché non era affatto ricco in quanto era Chiaviere del Torrone e cioè faceva il carceriere [5] e quindi sembrava difficile che una decina d'anni dopo potesse comprare una grande casa, anche se quelli erano anni di grandi sconvolgimenti nei quali tutto era possibile.

Invece leggendo gli antichi Stati delle Anime della Parrocchia di San Matteo degli Accarisi di Bologna, soppressa nel 1806 [6], ho avuto la certezza che si tratta della stessa persona e quindi, più avanti, racconto i due periodi fondamentali della sua vita [>>].

I Comaschi di Bologna risultano essere possidenti ma, a differenza di altre famiglie di Bologna, la loro ricchezza non consisteva in terreni bensì in un'unica, gigantesca casa che immagino affittassero in gran parte. Si trattava di una casa quattro piani ed i primi due erano di ben 21 vani ognuno mentre il terzo era di 14 vani e l'ultimo di soli sei vani (probabilmente vi erano più che altro delle soffitte).

Il valore di questa grande casa era elevato: nel Catasto viene riportata la cifra di 370 scudi come valore della pigione (derivante dalla somma di 167 scudi attesi e 203 reperiti) e ben 4625 scudi come estimo censuale (derivante dalla somma di 4250 per l'esigenza della Dativa Reale e 375 per l'esigenza della tassa per le strade). Il motivo per cui il valore della dativa reale era così alto (di rado superava i 1000 scudi) è che era legato al valore delle pigioni (370 è l'8% di 4625) [7].

Non sapevo se esistessero ancora dei discendenti di questa famiglia che portino il cognome Comaschi. Antonio Comaschi ha avuto un figlio di nome Ciro (del quale parlo poi [>>]) che viveva in Armenia e potevano quindi esistere ancora dei suoi discendenti o dei discendenti di Giacomo, figlio di Giovanni Comaschi, ma, ammesso che ne esistano, cosa affatto sicura, non ne avevo alcuna notizia.

Poi una gentile lettrice del mio sito, Diana Comaschi Palaj, discendente da Antonio Comaschi, mi ha scritto e da lei ho saputo che Ciro ha avuto un figlio, nato in Turchia, che si chiamava Enrico che andò a vivere a Scutari in Albania e che si sposò due volte.

Mi ha spiegato che lei discende da questo secondo matrimonio e che ora, benché vi siano vari discendenti, il ramo maschile diretto di questo secondo matrimonio si è estinto ma che potrebbero ancora esistere dei discendenti dal primo matrimonio dal quale nacque un bambino che fu chiamato Antonio Comaschi ma che si allontanò dalla famiglia e del quale non hanno più avuto notizie da quando scrisse una lettera da Londra nel 1939.

Sono state fatte delle ricerche per appurare se esistano ancora dei discendenti di questo ramo della famiglia ma, fino ad oggi, senza risultato. Se qualcuno avesse qualche notizia in merito mi scriva in modo che possa avvisare la signora, discendente da Antonio Comaschi, che mi ha fornito tante interessanti informazioni.

Giacomo Comaschi

Giacomo Comaschi era piemontese in quanto proveniva da Caminata in Val Tidone che allora faceva parte, assieme al Bobbiese, del Regno di Sardegna in base al Trattato di Worms del 1743 ed alla Pace di Aquisgrana del 1748.
Nel 1795 lavorava a Bologna come Chiaviere del Torrone e cioè faceva il carceriere. Sembra che, all'epoca delle prime vicende che lo coinvolgono, avesse circa trent'anni ed una figlia.

Nel 1795 si trovò coinvolto in una grave vicenda: il 14 novembre 1794 erano state arrestate molte persone perché, seguendo le idee rivoluzionarie francesi, volevano liberare la patria. I capi e gli organizzatori di questo gruppo rivoluzionario erano il bolognese Luigi Zamboni, lo studente piemontese Giovanni De Rolandis (condannato poi a morte), Antonio Forni e Cantillo Galli (condannati poi alla galera perpetua).

La figlia di Giacomo viene citata nelle cronache dell'epoca perché, impietosita dalle sue misere condizioni, regala dei vestiti allo studente piemontese Giovanni De Rolandis. Gli storici risorgimentali, però, nelle loro ricerche non sono riusciti a trovare né il nome, né alcuna notizia concreta su questa supposta figlia di Giacomo Comaschi.

Successivamente Luigi Zamboni, avendo scoperto una vecchia canna muraria, tentò di effettuare uno scavo per raggiungerla e fuggire ma fu scoperto prima di terminare il lavoro. Dato che il capo delle guardie era anziano si decise di sostituirlo e Giacomo Comaschi fu nominato al suo posto.

Il 18 agosto 1795 Luigi Zamboni morì in cella, ufficialmente suicida ma secondo alcuni assassinato da due compagni di cella e chi scoprì l'accaduto fu proprio Giacomo Comaschi [8] che fu subito arrestato ed accusato di negligenza perché aveva tolto la catena posta al piede di Luigi Zamboni e non aveva controllato a dovere il prigioniero che aveva già tentato due volte la fuga. Il Comaschi si difese spiegando di aver tolto la catena perché Zamboni aveva una piaga ad un piede ma fu condannato a tre anni da scontare ad Ancona.

Secondo molti storici, specie risorgimentali, il vero motivo della condanna sarebbe stato che il Comaschi affermò che Luigi Zamboni non si era suicidato ma era stato ucciso dai suoi compagni di cella su incarico delle autorità [9] e disse che proprio il giorno prima della morte del giovane il suo superiore gli aveva ordinato di mettere altri due detenuti nella sua cella quando prima era sempre stato tenuto in isolamento.

Nel 1796 i francesi scendono in Italia. Ancona viene occupata nel 1797 e così Giacomo Comaschi torna libero. E' negli Stati della Anime della Parrocchia di San Matteo degli Accarisi che troviamo sue notizie. Infatti, in quello del 1804, troviamo che Giacomo Comaschi abitava in una casa di sua proprietà sita in via Drapperie n. 1145 (secondo la numerazione antica).

Che si tratti del medesimo Giacomo Comaschi non c'è alcun dubbio in quanto viene specificato fu Custode di San Michele in Bosco e ciò ci fa anche sapere che, una volta tornato a Bologna, continuò per qualche tempo il suo vecchio mestiere dato che il convento di San Michele in Bosco fu trasformato in carcere solo dopo l'arrivo dei francesi.

La casa che Giacomo Comaschi ha acquistato era in precedenza di Cristoforo Trebbi che, con la moglie ed una servetta, ne occupava solo una parte affittando la rimanente. In alcuni degli Stati delle Anime la casa viene chiamata col nome di Locanda Trebbi e Cristoforo Trebbi viene definito locandiere ma dall'elenco degli abitanti della casa si vede che non si trattava di un albergo come lo intendiamo noi ma di un posto dove si poteva affittare una camera per periodi relativamente lunghi.

Fra i suoi abitanti troviamo infatti molte persone che non sono di Bologna fra le quali vari artisti i cui nomi cambiano da un anno all'altro. Nel 1802 ci sono due ballerine, una di Codogno ed una romana, un ballerino di Livorno, un cuoco di Parma, un cappellano di Venezia ed un'anziana persona di Roma definita benestante.

Nello Stato delle Anime del 1804 compare, per la prima volta, Giacomo Comaschi che allora è trentottenne. Con lui vive la moglie Giovanna Tiplana [Il cognome non è scritto chiaramente N.d.A.] che è anch'essa piemontese e che ha 27 anni ed i quattro figli (Isabella di 6, Rosa di 3, Maria di 1 e Giovanni appena nato). Ci sono poi anche l'ottantaquattrenne madre di Giacomo Comaschi che si chiama Francesca ed una servetta sedicenne che si chiama Rosa Giugni.

Non c'è invece traccia della figlia che, secondo le cronache risorgimentali, viveva con lui nel 1795 e che avrebbe donato degli abiti a Giovanni De Rolandis. Per ragioni di età costei non potrebbe essere figlia di Giovanna Tiplana che quindi potrebbe essere una seconda moglie di Giovanni Comaschi ma è invece probabile che siano sbagliate le cronache risorgimentali e quella che viene definita la figlia di Giovanni Comaschi fosse in realtà la sua giovane moglie che, nel 1795, aveva diciotto anni e poteva quindi sembrare molto più giovane del marito che ne aveva 29.

Dopo che la casa è stata acquistata da Giacomo Comaschi vi risultano ancora degli affittuari ma meno di prima. Probabilmente Giacomo Comaschi aveva bisogno di averla vuota per farvi dei lavori. Infatti, nel 1808, l'ingrandiva alzandone il fronte.

Poi, dato che la sua casa era attigua all'antica chiesa di San Matteo degli Accarisi, sita in via delle Pescherie n. 1147 angolo via Drapperie e che la Parrocchia era stata soppressa e la chiesa sconsacrata il 16 agosto 1806, il 13 agosto 1810, aveva acquistato la chiesa con la vicina canonica (rogito dott. Serafino Betti) [10] e nello stesso anno aveva chiesto il permesso di ristrutturarla per ricavarne delle abitazioni e di modificarne anche l'esterno.

I lavori poi eseguiti erano stati alquanto difformi dal progetto e così, nel 1811, dovette chiedere la concessione di una sanatoria che gli fu accordata [11]. Alla fine di tutti questi lavori Giacomo Comaschi era proprietario di un unico edificio ma enorme.

La Chiesa di San Matteo degli Accarisi (così chiamata dal nome della famiglia più importante della Parrocchia e nota anche come San Matteo delle Pescarie dal nome della via dove si trovava) era molto antica. Secondo alcune testimonianze, su di un muro vi era un dipinto del 1100 ed era stata restaurata nel 1301.

Probabilmente un tempo la facciata si apriva su di un vicolo che andava da via Pescherie a via Orefici ma poi la chiesa è stata capovolta. Davanti alla nuova facciata vi era un portico che fu poi incorporato nella chiesa nel 1796. La facciata antica è l'unica parte della chiesa che si è salvata essendo entrata a far parte di un muro ed ora può essere vista all'interno delle Librerie Coop (ingresso da via Orefici, 5).
La grande casa di Giacomo Comaschi è stata poi trasformata in un albergo (Albergo Apollo) ma non so con quante e quali modifiche (ora sembra essere di tre piani). Attualmente vi ha sede l'Albergo delle Drapperie.

Entrambi i figli maschi di Giacomo Comaschi (Giovanni ed Antonio) sono coinvolti nei moti del 1831 (il 4 febbraio 1831, immediatamente dopo la fallita rivolta di Ciro Menotti a Modena, Bologna si ribellò e venne proclamato un Governo Provvisorio che durò fino all'ingresso degli austriaci a Bologna, avvenuto il 21 marzo dello stesso anno; nel gennaio del 1832 vi fu un nuovo tentativo che terminò quando le truppe pontificie sconfissero le Guardie civiche a Madonna del Monte vicino a Cesena).
Giovanni era forse meno compromesso di Antonio perché non compare tra le persone elencate nel Libro dei compromessi politici nel 1831-32 ma compare negli atti risevati della Polizia Pontificia (cartone 1834 n. 401/600) dove c'è l'elenco dei ribelli che si sono trasferiti all'estero, comunque entrambi i fratelli emigrarono in Francia [12].

Di Antonio parlo diffusamente più avanti mentre di Giovanni Comaschi non ho più notizie se non che, probabilmente, muore prima del fratello (deceduto tragicamente nel 1845) in quanto fra i coeredi della grande casa dei Comaschi, assieme ad Antonio, si trova anche un Giacomo Comaschi fu Giovanni che evidentemente era suo figlio.

La situazione si chiarisce meglio leggendo la Gazzetta privilegiata di Bologna del 1837: il 27 febbraio 1837 Giacomo Comaschi fa testamento col notaio Gaetano Luigi Fiandrini ed il 23 maggio 1837 muore.
Suo figlio Antonio, in qualità di erede legittimo ed universale, fa pubblicare la notizia sulla gazzetta ed informa che, il 2 giugno alle otto di mattina, nella casa di ultima abitazione del defunto, in via Drapperie 1145, si inizierà l'inventario legale dei beni che costituiscono l'eredità [13].

Ci sono però dei problemi ed Antonio, patrocinato da Clemente Gualandi, si rivolge al Tribunale Civile e Criminale di Prima Istanza: era successo che, durante la stesura dell'inventario, Filippo Garagnani, che era stato mandatario di Giacomo Comaschi, aveva ammesso di avere presso di sé non pochi oggetti e recapiti del defunto ma di non volerli consegnare [14].

Il Tribunale fissa un'udienza per il 13 giugno all'una pomeridiana e convoca Filippo Garagnani e l'avvocato Serafino Barbieri nella sua qualità di esecutore testamentario del defunto, inoltre convoca chi aveva interesse di legittimità sull'eredità e ciò ci permette di chiarire il destino dei figli di Giacomo Comaschi.

Isabella Comaschi ha sposato Domenico Ferretti ed ha avuto tre figli: Giovanna, Teresa ed Alessandro. Nel 1837 è già deceduta ed il marito, tutore dei suoi tre figli, ha evidentemente perso i contatti con i parenti Comaschi che ignorano il suo attuale domicilio.

Giovanni Comaschi, come sappiamo, è morto anche lui, aveva sposato Rosa Vecchi ed avuto due figli: Giacomo e Giovanna. La sua vedova, tutrice dei due figli, vive a Bologna.
Abbiamo poi Gaetano Comaschi, nato evidentemente dopo Antonio, che ha sposato Maria Soavi ed avuto una figlia Gaetana. Come aveva già visto nel Catasto Gregoriano anche lui è deceduto per cui, dei figli di Giacomo Comaschi, è vivo solo Antonio.

Il Tribunale, visto che Giacomo Comaschi aveva revocato il mandato a Filippo Garagnani in data 17 dicembre 1836, dice che il mandatario avrebbe dovuto restituire tutto già allora ma, siccome nessuno degli eredi Comaschi si è presentato, convoca una nuova riunione per sabato 17 giugno 1837 [15].

Evidentemente la faccenda si risolve perché il 9 novembre 1837 compare un avviso col quale gli Eredi Comaschi annunciano la messa all'asta di tre stabili di loro proprietà. Il tutto era curato dal notaio Gaetano Luigi Fiandrini e l'asta si sarebbe tenuta il 18 novembre [16].
All'asta non ci sono offerte accettabili per cui l'annuncio viene ripubblicato il 23 novembre 1837 e l'asta ripetuta il 2 dicembre [17].

Il primo dei tre stabili è l'ex-chiesa di San Matteo degli Accarisi, al numero 1147 di via Drapperie che nel frattempo è diventata una casa ad uso osteria, sotto la denominazione de' I Tre Pesci, con sottoposte botteghe. E' di tre piani oltre ai granai ed alle cantine.
Sono indicanti i confinanti e qui c'è una stranezza: il confinante dal lato della casa al 1145, dove viveva già Comaschi e che era la ex-locanda Trebbi, non è un Comaschi bensì sono gli eredi del fu Pellegrino Maj.

Il secondo stabile si trova al 984 di via Pietralata ed è di due piani più granai e cantine mentre il terzo si trova nel Borgo di Santa Caterina al 713 ed è di tre piani più granai e cantine.

Antonio Comaschi, aeronauta

Antonio Comaschi nasce da Giacomo Comaschi fu Antonio probabilmente nel 1805. Dico probabilmente in quanto, in una relazione sui moti del 1831-32 è detto essere ventiseienne e non compare fra i nati a Bologna del 1806 nello Stato Civile del Dipartimento del Reno i cui dati cominciano ad essere raccolti solo nel 1806 per cui non ve ne sono di antecedenti [18].

Nello Stato della Anime della chiesa di San Matteo degli Accarisi del 1805, che è l'ultimo disponibile, Antonio non c'è mentre vi compare Giovanni che all'epoca aveva un anno e mezzo. Può darsi che Antonio sia nato verso la fine del 1805 oppure potrebbe essere nato nel 1807 se l'età di 26 anni riferita nel rapporto di polizia non si riferisce all'epoca dei moti bensì a quella in cui fu compilato il rapporto stesso (1833).

Anche nel 1807 non troviamo alcun Antonio Comaschi fra i nati però, il 3 dicembre 1807, viene denunciata la nascita, avvenuta il 16 novembre, di Antonio Comani ed il fatto che il padre di Antonio non firmi il documento dichiarando di essere illetterato fa venire il dubbio che l'ufficiale di Stato Civile abbia capito male il cognome e questo fosse Comaschi.

E' vero che esiste il cognome Comani che, se pur raro, è diffuso proprio in Emilia e che a Vergato vi è via Antonio Comani in memoria di chi ne fu sindaco dal 1971 al 1985, ma i punti in comune fra Antonio Comaschi ed Antonio Comani sono talmente tanti da rendere lecito il dubbio.

Entrambi i bimbi hanno il padre che si chiama Giacomo, che ha quarant'anni e che abita nella parrocchia di San Bartolomeo, il nonno che si chiama Antonio e la mamma che si chiama Giovanna. Anche in questo caso il cognome della mamma è scarsamente leggibile e sembrerebbe essere Perota.
La professione di Giacomo Comani è quella di oste. Non so cosa facesse Giacomo Comaschi nel 1807 ma quando, pochi anni dopo, comprerà l'ex-chiesa di San Matteo degli Accarisi la trasformerà in una casa ad uso osteria, sotto la denominazione de' I Tre Pesci, con sottoposte botteghe.

Antonio Comaschi, nel 1831 e 1832, partecipa ai moti contro il governo pontificio ed ha una parte attiva sia nella prima che nella seconda rivolta ed è costretto a fuggire in Francia. Nel libro dei compromessi politici, che la polizia prepara nel 1833 e pubblica nel 1834 [19], viene così descritto:

COMASCHI ANTONIO d'anni 26 di Bologna. Possidente. Era fra i ribelli armati la notte del 4/2/1831. Marciò tanto per la prima che la seconda rivolta ed emigrò in Francia.

Non so se sia stato in Francia che Antonio Comaschi si sia appassionato all'aeronautica ma è possibile che durante il suo esilio abbia conosciuto qualche aeronauta francese dato che quando, anni dopo, farà alcune ascensioni a Lione e a Nîmes, sarà assistito da Francesco Arban, un aeronauta francese che, nel 1833, aveva effettuata un temeraria ascensione con una mongolfiera di carta e che successivamente, nel 1849, fu il primo a passare le Alpi con un pallone aerostatico [20].

C'è inoltre da precisare che fra coloro che si trasferiscono all'estero c'è anche Muzio Muzzi con il quale Antonio Comaschi inizierà poi la sua attività di aeronauta e che uno dei compromessi nei moti del 1831 è Livio Zambeccari figlio del Conte Francesco Zambeccari, appassionato aeronauta bolognese, che morì, nel 1812, nell'incendio del suo pallone.

Nel processo che seguì i moti contro il governo furono incriminate più di mille persone con duecento condanne a pene varie (due a morte) ma tutti furono amnistiati tranne 33 cittadini e quindi Antonio Comaschi poté tornare a Bologna.

Nel 1838 si unisce a Muzio Muzzi che stava costruendo un'aeronave di sua invenzione e che fu chiamata Nave Rettirèmiga perché avrebbe dovuto essere manovrabile tramite un complesso sistema di ruote e di vele. L'aeronave consisteva in un globo di tessuto gommato, molto schiacciato orizzontalmente a guisa di lenticchia, cinto esteriormente da un anello di legno a pezzetti, connessi con legatura di ferro, che lo cingeva nel centro orizzontalmente, sul quale s'impegnava la rete, che avvolgeva il globo e teneva sospesa la navicella [21]

In un opuscolo dell'epoca [22] il meccanismo di guida viene così: descritto:

Vi hanno due grandi ruote verticali volubili intorno ad assi orizzontali, che sono l'estremità sporgenti dell'indicato anello di un asse di legno, che ha la forma di fuso, e il quale traversa il pallone nel senso del minor diametro. Sono formate da cinque raggi guarniti superiormente di ali o pale girevoli.
Queste per una metà circa di ciascuna rivoluzione delle ruote si espongono di piatto all'aria, mentre per l'altra metà vi si oppongono di taglio. II solo peso delle medesime le volge e le rivolge a tempo debito nell'una e nell'altra situazione. Ne viene che il pallone è sospinto nel senso orizzontale, ove le ruote suddette sien messe in rotazione, e questa è communicata a ciascuna di esse mediante due piccole ruote obblique, una sopra la galleria e l'altra sopra l'asse della stessa ruota grande, le quali piccole ruote sono congiunte fra di loro da catene, per cui il volatore non ha che da girare la manovella in cui si termina l'asse della ruotella inferiore. Le due manovelle possono essere unite in una sola per far girare contemporaneamente le grandi ruote.
Ad una delle corrispondenti estremità dell'asse orizzontale maggiore del globo (ch'è l'asse parallelo alle ruote) è applicata all'anello di cinta una vela che può aprirsi e chiudersi, che aperta può essere presentata sotto diverse inclinazioni all'aria, e alla direzione del moto progressivo del pallone, la quale vela ha qui un ufficio analogo a quello del timone delle navi
.

All'iniziativa viene data grande pubblicità anche sulle riviste teatrali bolognesi [23] dove viene pubblicato questo avviso:

AERONAVE RETTIRÈMIGA

Bologna 24 ottobre 1838. Muzio Muzzi, inventore dell'AEREONAVE RETTIREMIGA eseguirà la sperienza d'un viaggio aereo, col compagno Antonio Comaschi il giorno 5 novembre, nella grande Arena del Prato così detto della CESURA fuori di porta San Vitale.
L'esperimento avrà luogo a un'ora pomeridiana di detto giorno, sempreché lo stato lo stato dell'atmosfera lo permetta; in caso contrario verrà eseguito nel primo giorno congruo pel medesimo, purché non festivo.

Il 23 ottobre viene pubblicato il manifesto che pubblicizza l'iniziativa. I posti nell'arena sono a pagamento e vanno dai 32 centesimi dei terzi posti ai 91 dei primi, i biglietti vengono venduti presso il Teatro del Corso. Muzio Muzzi ed Antonio Comaschi sono definiti aeronocchieri [24].

All'avvenimento era stata abbinata anche una tombola del valore di 540 scudi che avrebbe pagato cento zecchini d'oro al primo terno ed erano già state preparate delle grandi stampe (su di un originale di G. Meloni) che rappresentavano l'aeronave in volo sopra una gran folla e l'anfiteatro con le due alte torri di legno, costruite da Giacomo Mingarelli, che servivano a sostenere il pallone durante il gonfiaggio.

L'ascensione a Bologna però non ebbe luogo, perché, proprio quando fu staccato dalle due alte torri di legno alle quali era stato appeso per il gonfiaggio e mentre suonava una banda che doveva dare solennità a quel momento, il pallone si squarciò completamente. L'aeronave non venne riparata ed il tentativo non fu ripetuto [25].

Sulle ragioni di tale disastro ci furono molti dubbi ma il vero motivo si cela già nella descrizione dell'aeronave che era di tessuto gommato e la spiegazione esatta la si trova in un dizionario scientifico pubblicato qualche anno dopo [26].

A quell'epoca i palloni aerostatici erano fatti di seta che veniva poi resa impermeabile con vernici che si ottenevano sciogliendo la gomma naturale in oli derivati dalla distillazione del carbon fossile e piuttosto costosi. Muzio Muzzi aveva invece usato una vernice di sua invenzione che si poteva usare su del normale tessuto anziché sulla seta (con un ulteriore risparmio).

Questa vernice aveva però il difetto di irrigidirsi troppo per cui le pieghe non si distendevano ma rimanevano a linee acutissime, inoltre, in alcuni punti, la tela del pallone si era sovrapposta ed unita per l'umidità per cui, quando si gonfiò il pallone, questo si ruppe in più punti in maniera irrimediabile.

Antonio Comaschi rimase male per l'accaduto che a Bologna era commentato dicendo che il pallone arstò a sbindlón e cioè rimase penzoloni e decise di riprovare da solo.

Esiste un libretto [27], pubblicato in occasione della sua ottava ascensione, avvenuta a Napoli nel 1843, che descrive le sue prime sette ascensioni e che dice che il primo esperimento fu a Livorno ma che questo non si può chiamare volo (immagino che il pallone si alzasse ma rimanesse frenato) e che poi il primo volo fu a Torino nel 1841.

In Internet però sono citate anche due ascensioni avvenute nel 1839 a Pisa, in piazza dei Miracoli e a Firenze ed in effetti, nell'Archivio preunitario del Comune di Firenze, nel maggio 1839, ho trovato la richiesta di Antonio Comaschi (che qui viene definito meccanico d'industria) di sollevarsi da una piazza di Pisa con una mongolfiera di sua fabbricazione in occasione della festa di San Giovanni Battista (24 giugno) [28] e l'autorizzazione a farlo [29].

Le due ascensioni previste, prima a Pisa e poi a Firenze sono annunziate anche sulle riviste teatrali bolognesi [30] dove si dice che gli avvisi sono già stati pubblicati a Firenze, però non so se poi queste ascensioni abbiano avuto effettivamente luogo, può darsi che siano state fatte ma che si sia trattato di semplici voli frenati.

Il primo volo vero e proprio fu il 18 luglio 1841 a Torino partendo dal circo Sales che era un teatro scoperto, fondato nel 1829 da Giovanni Battista Sales per gli esercizi di compagnie equestri e adattato anche a spettacoli teatrali nel 1835 [31]. Era capace di oltre 2500 posti ed era situato nell'attuale corso Regina.

Per l'occasione Antonio Comaschi aveva fatto stampare un opuscoletto che spiegava le sue idee sul volo degli aerostati e dava i dati tecnici della sua macchina [32]. Il libretto inizia con una introduzione che ripercorre la storia del volo umano e benché consideri i Mongolfier i primi che abbiano volato, cita il padre Lana, gesuita di Brescia, Leibnitz e il frate Galeno come i primi che abbiano scritto che il fuoco spinge i corpi fuori dalla loro sfera di gravità.

Per quanto riguarda la possibilità di dirigere il moto dell'aerostato, Comaschi non si illude di potere controllare il moto orizzontale ma dichiara di essere padrone almeno del moto verticale della sua macchina e di poter quindi sfruttare le correnti, diverse alle varie altezze, per il moto orizzontale.

Antonio Comaschi non esagera, infatti la sua macchina, più che un aerostato, ricorda un sottomarino essendo dotata di due tubi, collegati ad un serbatoio, che permettono di comprimere o decomprimere parte dell'idrogeno per diminuire o aumentare la forza ascensionale senza perdere né gas, né zavorra.

Si passa poi ad una dettagliata descrizione dell'aerostato che ha anche un'altra caratteristica interessante: è progettato in maniera tale che, in caso di disastrosa perdita di gas, la parte inferiore del globo venga sollevata dalla resistenza dell'aria trasformando il globo stesso in un paracadute.

Il peso dell'aerostato in assetto di volo è di 2200 libbre di cui 1200 sono date dai sei passeggeri che può trasportare. Vi sono anche ben 145 libbre di cibarie e 150 di strumenti tra i quali un dizionario geografico in due volumi e una scatola di latta con sapone per soffiare delle bolle d'aria (che, ovviamente, non servivano per scopi ludici ma per confrontare il loro moto con quello dell'aerostato).

Il gonfiaggio del pallone iniziò dopo lo spuntar del sole (l'idrogeno era ricavato chimicamente). C'era vento e si era in forse ma alle 12 cadde molta pioggia ed il vento cessò. Alla partenza, per una manovra mal fatta dagli inservienti, ci fu nel globo una rottura molto grande ma il Comaschi strappò un pezzo della camicia e salita una scala, riunì i lembi evitando l'uscita dell'idrogeno e fra gli applausi della folla si innalzò a 5044 m slm.
Il pallone era spinto verso le Alpi ma negli strati superiori il vento era opposto. Il Comaschi aumentò le forze ascensionali e tornò indietro, traversò Torino ed il Po e scese nella pianura di Sassi, ai piedi di Superga, nella vigna del conte Nomis di Pollone che faceva parte dell'antica villa del cardinale Roero.

Dopo il primo esperimento, il Re Carlo Alberto concesse di partire dal Real Valentino e l'ascensione fu fissata per l'8 agosto 1841. All'alba era sereno, poi venne qualche nube ma il vento era tranquillo. Comaschi era assistito dal Cav. Comm. Giovanni Antonio Amedeo Plana, fondatore dell'Osservatorio Astronomico di Torino e dagli artiglieri del Real Valentino.

Poco prima della partenza un temporale era imminente. Il Comaschi isolò tutti i corpi metallici e dopo che era giunta la Real Famiglia, s'innalzò lentamente. Superate le torri del Real Valentino aumentò la forza ascensionale e disparve nelle nubi coi lampi e molti lo credettero perduto ma lui era sopra le nubi in un cielo serenissimo e le nuvole che aveva sotto davano l'idea di un lago di fuoco dato che il sole stava tramontando.

Sul fare della sera, diradate le nubi, il globo ricomparve. Comaschi aveva con sé otto colombi a 2500 m ne gettò uno che cadde come corpo morto per circa 600 metri ma poi si riprese ed aprì le ali. Il solo peso del colombo (9 once, cioè meno di tre etti) fece aumentare la forza ascensionale e la macchina salì di altri 1200 metri con gran velocità.

Le due ascensioni suscitano un grande interesse e discussioni di carattere tecnico anche fra i non specialisti, tant'è che la Gazzetta di Zara pubblica in prima pagina un articolo molto specialistico con numerosi dati, non solo sulle altezze raggiunte ma anche sulle misurazioni barometriche e sulle temperature riscontrate alle diverse altezze [33].

In settembre Comaschi andò a Lione dove c'era il Congresso degli Scienziati di Francia. Dopo 14 anni che in Francia non si facevano esperimenti [34] fu concesso al Comaschi di partire dal Jardin-des-Plantes il 17 ottobre all'una.

La notte prima ci fu vento e pioggia e Comaschi temeva di non partire ma ad un'ora pomeridiana, come previsto, partiva mentre pioveva e salito a circa mille metri, si dirigeva verso La Guillottèrie. Qui utilizzava una nuova macchina per misurare il cammino orizzontale e le mutazioni delle correnti.

Percorrendo una gran curva traversò la Saona da est ad ovest, riattraversandola poi un po' più in basso del ponte Tilsitt. Dopo tre ore scese nei pressi di Vénissieux dove accorsero i contadini che non lo fecero scendere dalla galleria ma lo portarono così, come in trionfo, a La Guillottèrie città di 1400 abitanti sulla riva sinistra del Rodano [ora inglobata con Lione N.d.A.].

Anche la Revue du Lyonnais [35] descrive questa ascensione ma non racconta dell'accoglienza dei contadini ed inizia l'articolo in maniera non molto cortese: un aeronauta italiano che pretende di aver trovato il gran segreto di dirigere i palloni ... .

Il 1 novembre 1841 ci fu un nuovo volo sempre a Lione. L'ascesa fu felice ma non la discesa. Il Comaschi la tentò tre volte ma si trovava o sopra il Rodano o sopra la Saona o sopra i laghi formati dallo straripamento dei due fiumi per le piogge.
Salì così fino a 6000 metri e pensò di superare l'elevazione di Gay Lussac ma non vi riuscì per una nube di vapori che produsse peso e lo costrinse a scendere intorno a 4000 metri dove trovò una corrente d'aria che lo trasportò fuori dal Rodano e dopo aver percorso in un'ora e mezza 90 miglia, discese sulla strada di Grenoble.

Nel 1841 Antonio Comaschi fece ancora un'ascensione, il 23 di dicembre, questa volta a Nîmes. Andò tutto bene ma, come succede per le vicende delle persone per bene che nessuno ricorda mentre si tramandano le malefatte dei farabutti, questa è l'ascensione della quale si sa meno, infatti tutto quello che ne scrive Antonio Nepoti nel suo opuscolo è Felice l'ascesa e la discesa ma nulla d'interessante.

Il 25 aprile 1842 Antonio Comaschi era di nuovo a Torino in occasione dei festeggiamenti per le nozze di S.A.R. Vittorio Emanuele, Duca di Savoia con la Principessa Maria Adelaide, Arciduchessa d'Asburgo-Lorena (avvenute il 10 aprile) e partiva dalla Piazza di San Carlo dove poco prima aveva eseguito il Torneo S.A.R. Ferdinando di Savoia, Duca di Genova. Alla presenza della corte ed una moltitudine di popolo si elevò in pochi minuti a 4000 metri sopra Piazza Castello e poi rimase immobile.

Allora volle vedere gli effetti dell'altezza sul fisico rialzando la forza ascensionale ma, dopo 35 minuti, i suoi sensi non erano più liberi, prese del cibo senza effetto, prese del vino senza effetto, gli occhi perdevano la luce, lo stomaco e le mani gli si gonfiavano.
Vide che il globo era alla massima tensione, fece uscire dell'idrogeno e tornò in aria più respirabile con una discesa così rapida che l'astronomo, Cav. Comm. Plana, che lo osservava dalla Specola, lo credette perduto.

Invece scese a Moncalieri nella villa della Contessa Amatis ma, mentre stava annodando una fune per spostare la macchina in un vicino terreno sgombro di piante, un gruppo di soldati savoiardi ubriachi giunsero e staccarono il Comaschi dalla macchina dicendo che apparteneva a loro e sguainate le spade spaccarono il globo dal quale sfuggì l'idrogeno e menarono un fendente sul capo del Comaschi che venne ferito anche da un colpo di punta nella gamba destra.

Alcuni contadini lo strapparono via dal tafferuglio salvandolo nella loro casa. Si rifugiò poi dai Padri Barnabiti dell'Istituto di Moncalieri tra i quali vi era anche Padre Barbieri di Bologna. Il Re risarcì poi il Comaschi e punì severamente i responsabili. Il Comaschi, con i soldi del Re, in quattro mesi, costruì una nuova aeronave più bella e ricca della precedente.

Questo grave fatto non passò comunque inosservato ed il giornale Revue de Paris [36], che dedicò un ampio spazio ai festeggiamenti per le nozze di Vittorio Emanuele, descrive accuratamente l'accaduto con duri commenti. Ancora vari anni dopo, l'aggressione subita senza motivo da Antonio Comaschi veniva presa ad esempio per dimostrare che la vera civiltà è ancora poca nei bassi ordini sociali e che vi è facile la insolenza militare [37].

La nuova aeronave conteneva 900 metri cubi di gas, aveva una forma allungata, composta da una parte centrale cilindrica che riuniva due coni e, come la precedente, era dotata di un grande paracadute collocato all'equatore del globo. L'involucro era decorato a strisce verticali ed orizzontali.
Fu esposta a Roma (dove era prevista la successiva ascensione), nell'ottobre del 1842, al Teatro Apollo che si affacciava sul Tevere e che sorgeva sulla Torre di Nona, una torre quadrata, a tre piani e merlata che apparteneva agli Orsini. Fu distrutto in seguito alla costruzione dei muraglioni di protezione dal Tevere.

Anche in questo caso venne pubblicato un opuscolo sulla nuova aeronave [38] alquanto più corposo rispetto al precedente pubblicato a Torino sull'aerostato andato distrutto.

Il precedente, infatti, era di sole sedici pagine mentre questo è di 44 ed è dedicato al principe di Torlonia che ha concesso gratuitamente il Teatro di Apollo dove venne esposto il nuovo aerostato.

Anche in questo opucolo, come nel precedente, vi è una introduzione che ripercorre la storia del volo umano ma qui è di ben diciotto pagine per cui non ci si limita a citare i pionieri del volo umano ma di ognuno si raccontano le gesta.

Oltre a padre Francesco Lana, gesuita di Brescia, citato già nel precedente opuscolo, si parla dell'italiano Cavallo che, nel 1781, a Londra fece innalzare un pallone di quattro piedi di diametro riempito d'idrogeno.
Inoltre vengono citati Ruggero Bacone, il vescovo inglese Wilkins, il frate portoghese Busman e Giuseppe Galliono di Avignone.

Si descrivono poi accuratamente gli esperimenti di Mongolfier per poi parlare del Conte Zambeccari di Bologna, di Paolo Andreani di Milano, del Duca d'Orlens e dell'italiano Lunardi. Ci si dedica poi a chi inventato e perfezionato il paracadute citando Lenormand e Garnerin.

Dopo l'introduzione vi sono alcuni brevi principj di aerostazione dove si spiega come il gas idrogeno carbonato, benché più pesante di quello puro, sia più economico e veloce da ottenere in grosse quantità.

Infine si passa alla descrizione tecnica nel nuovo aerostato che è più piccolo del precedente in quanto è più leggero del precedente e può portare tre passeggeri anziché sei.
Anche in questo aerostato vi è un sistema per comprimere l'idrogeno in un serbatoio per poter medificare la spinta ascensionale senza perdere né gas, né zavorra.

Antonio Comaschi spiega anche come la pensa dei tentativi di dirigere gli aerostati per mezzo di vele e dice giustamente che è sbagliato paragonare un aerostato ad una barca con vele e timone ma va considerato come un barchetta portata dalla corrente di un fiume giungendo alla conclusione che l'unico metodo per ottenere un qualche risultato è mettere di sbieco l'intero aerostato per cui le vele che lui utilizzano sono pensate solo a questo scopo.

La settima ascensione fu a Roma, il 5 dicembre 1842 alle ore 15, partendo dal Giardino del Pincio. Era prevista per il 29 novembre ma il vento aveva reso malconcia l'aeronave e la partenza fu differita al 5 dicembre; per di più un imbroglione d'impresario diede dei dispiaceri al Comaschi.
I problemi però non erano finiti perché il Governo pontificio fece far gonfiare il pallone da due professori di chimica che però fecero degli errori per cui i tubi trattenevano il vapore concentrato impedendo il passaggio dell'idrogeno.

Il Comaschi chiese i cambiare le acque ormai sature ma non gli diedero retta anzi aggiunsero acido puro così la macchina, invece di idrogeno, era piena per un terzo di vapore. Antonio Comaschi salì lo stesso ma dovette scendere ben presto perché la macchina aveva poca forza.
Così lasciò a terra tutti gli strumenti e risalì ma a 1000 metri non saliva più, per cui buttò perfino il mantello e rimase al freddo ma neanche questo servì e traversato il Tevere scese nella villa del Sig. Farina. Fu però onorato lo stesso da molti illustri personaggi.

L'aerostato di Antonio Comaschi

L'anno successivo Antonio Comaschi si trasferiva nel Regno delle Due Sicilie e come sua abitudine, per prima cosa per suscitare interesse voleva porre in mostra il suo aerostato ma i tre colli nei quali era suddiviso l'aerostato e che risultavano importati da Giovanni Brandeis, negoziante, era fermi in dogana e quindi il Comaschi chiese al ministro delle Finanze che l'attrezzatura per l'ascensione aerostatica, necessaria alla sua imminente esibizione in città, fosse liberata dalla dogana dove giaceva "ammassata", con il rischio di usurarsi [39].

Una volta risolto il problema la sua macchina aerostatica veniva esposta nel maggio 1843 nel locale di equitazione alle Fosse del grano [40] e si organizzava una ascensione a Napoli per il 24 di giugno con partenza dal Campo di Marte.
Il 14 giugno la Soprintendenza dei teatri degli spettacoli emanava il regolamento al quale si tenuti ad attenersi per la vendita dei biglietti per lo spettacolo [41].

Per dare ulteriore risalto alla manifestazione veniva affisso. a nome di alcuni compatrioti del Comaschi, anche un manifesto riportante un sonetto di Antonio Nepoti [42] che diceva:

AD
ANTONIO COMASCHI
DI BOLOGNA
INTREPIDO AERONAUTA
Nella sua Ottava Ascensione

Senza temer, senza pregar fortuna
Che gli fosse di suo favor cortese
Librossi a vol per ben sei volte ed una
L'ardimentoso giovan bolognese.

Né di vento fischiar, né d'aria bruna
Comparso orror mai timido lo rese;
Anzi in allor che il ciel tempeste aduna
A sfidarle vie più l'anima accese;

E mostrò che col Grande, a cui la sorte
Dava, d'un serto invece, ahi rimembranza!
Barbara troppo, ed immatura morte,

Non soltanto comuni ha culla e stanza,
Ma il medesimo pensar, l'animo forte
E l'ingegno e il coraggio e la speranza.

Il Grande a cui si accenna nel sonetto è il Conte Francesco Zambeccari, anch'esso bolognese ma della generazione precedente a quella di Antonio Comaschi, che morì, nel 1812, per le ustioni riportate nell'incendio del suo pallone causato da un brusco atterraggio a Bologna fuori porta San Mamolo.

Questa volta per il gonfiaggio del pallone Antonio Comaschi si rivolse al chimico napoletano Domenico Mamone Capria, che lo aiutò nella estrazione e preparazione del gas infiammabile con uno speciale apparecchio costruito sotto la sua direzione, che evitò gli inconvenienti verificatisi nella precedente ascensione a Roma [43].

All'ora prevista c'era una gran folla e Comaschi s'innalzò fra i loro applausi. Secondo i giornali dell'epoca [44] impiegò un'ora e 17 minuti per giungere a Quaglietta in provincia di Salerno [ora in provincia di Avellino N.d.A.] che, in linea retta, dista 63 miglia da Napoli.

Comaschi però non era mosso in linea retta ma con una serie di linee spezzate delle quale fornì lui stesso lo schizzo al giornale ed avrebbe quindi percorso in questo tempo oltre duecento miglia. Penso quindi che la durata indicata per il volo non sia esatta.
Durante il volo Comaschi ha avuto problemi per il freddo e questo fa pensare che si sia innalzato parecchio.

La giornata ha avuto anche un aspetto scherzoso, infatti qualcuno aveva preparato un grosso pallone di carta ad aria calda che venne lanciato subito dopo la partenza del Comaschi per cui, per un po', in cielo ci furono due palloni ma quello minore non restò in aria a lungo e cadde dalle parti di Ottaviano.

Che la durata del volo sia stata ben superiore ed un'ora e 17 minuti lo apprendiamo con sicurezza da una nota di Francesco Auricchio inviata al soprintendente dei Teatri e degli Spettacoli dove si racconta di come l'atterraggio del pallone del Comaschi, nel cuore della notte, in un paesino abbia spaventato i contadini terrorizzati.
L'Auricchio scrive [45]:

Comaschi è disceso sopra di una quercia, la sera di Sabato, a due ore circa di notte, nel paese di Quaglietta, distretto di Capossele, Provincia di Salerno, alla distanza di 65 miglia da Napoli, dicendo a quei contadini, che l'avevano preso per il diavolo "non temete io sono un cristiano come voi".

Il volo di Antonio Comaschi ebbe un grande successo e nei giorni successivi la stampa locale ne parlò a lungo [46] [47] e gli vennero dedicate anche delle poesie [48] [49].

La notizia del successo di questa ottava ascensione giungeva anche a Bologna dove i giornali ne parlarono. Il Felsineo [50], che riprendeva quanto pubblicato dall'Omnibus Pittoresco, conferma la durata del volo in un'ora e 17 minuti, stima in duecentomila le persone accorse al Campo di Marte (e mi sembrano un po' troppe) e precisa che, durante il volo, Antonio Comaschi si è trovato esposto ad una temperatura di 12,5 °C sotto zero.

Il 4 luglio 1843 Antonio Comaschi intervenne all'adunanza dell'Accademia delle Scienze [51] e poi si dedicò a preparare la sua successiva ascensione che era prevista per il 3 settembre alle cinque e mezzo di sera, sempre dal Campo di Marte.
Il 17 luglio Giovanni Brandeis chiese al ministro delle Finanze di poter ritirare la cauzione depositata alla dogana, per l'arrivo dell'attrezzatura aerostatica [52].

Il 31 agosto [53] Antonio Comaschi ottenne il permesso per effettuare la sua nuova ascensione ma purtroppo, per il momento, non ho notizie dettagliate su questa ascensione e non so se sia stata effettuata o no.

Il Comaschi rimase poi nel Regno delle Due Sicilie ma si spostò a Palermo per una ulteriore ascensione. Su quanto fece a Palermo non ho dati precisi perché sembra che l'opuscolo di Antonio Nepoti che ne parla (Relazione delle ascensioni aeree eseguite da Antonio Comaschi in Napoli e in Palermo) sia consultabile solo presso la Biblioteca della Società' napoletana di storia patria di Napoli.

Sul fatto che si sia trattato di un grosso successo non ci sono però dubbi perché, ancora 16 anni dopo il suo volo, Leonardo Vigo parlando dei canti popolari siciliani ne citava uno intitolato il Pallone di Antonio Comaschi [54].
Anche in questa occasione ad Antonio Comaschi era stata dedicata una poesia ma questa volta era addirittura in esametri latini con anche qualche parola in greco antico. Dal titolo di questa ode apprendiamo che il volo era stato effettuato il 16 luglio 1843 [55].

Ulteriori notizie le troviamo in una raccolta di leggende popolari siciliane [56] dove si dice che il Comaschi partì dal largo detto la Vigna del Gallo che da allora, in grazia della salita che vi fece il Comaschi, fu chiamata Balluni dal popolo palermitano.

Viene poi riportata anche parte della canzone sull'avventura del Comaschi e l'autore si rammarica di averne trovati solo alcuni versi:

Comasca prima all'ària
un pallonettu manna,
facia acchianari e scinniri
la màchina, ma smanna.

Lu suli nni ciucia
di testa fin'a pedi,
l'acqua era quasi dèbita,
du grana ogni biccheri.

E cu viloci furin
vola con lu balluni,
mannannu poi di l'ària
sunetti, rosi e ciuri.

L'aggenti festa ficiru,
li manu cci batteru...

E' interessante anche quanto viene detto dell'inizio dell'esibizione e cioè che, per prima cosa, Antonio Comaschi fa salire un piccolo pallone; sicuramente è per vedere come si comportavano i venti in quota.
Ciò pensare che l'episodio dei due palloni in volo raccontato in precedenza per l'ascensione avvenuta a Napoli non fosse dovuto allo scherzo di un bontempone ma fosse stato il Comaschi stesso a lanciare, per lo stesso motivo, l'altro pallone.

La firma di Antonio Comaschi (1844)L'anno successivo, 1844, Antonio Comaschi si trasferiva a Costantinopoli, la capitale dell'Impero Ottomano. Non so per quale motivo o per suggerimento di chi abbia preso questa decisione ma è certo che in Turchia poteva suscitare un forte interesse per le sue imprese, dato che in quel paese non erano mai state effettuate delle ascensioni aeronautiche.

La sua prima ascensione avvenne l'8 luglio 1844 [57] davanti al Sultano Abdul Mejid, i ministri, gli ambasciatori e metà degli abitanti di Costantinopoli.
Il giornale The Anglo-American di New York specifica che era partito dalla piana di Haïdar Pacha e che percorse circa 40 miglia attraversando il Mar di Marmara ed atterrando dal lato asiatico [58].

Questo fatto ebbe grande scalpore e la notizia giunse in Europa, però leggendo i giornali italiani dell'epoca [59] [60] si trova (detto con parole quasi identiche) questo racconto:

L'ascensione del Comaschi, che ebbe luogo a Costantinopoli, vi ha fatto una grandissima sensazione: cosicché il Giornale di quella città ha pubblicato, oltre il racconto del celebre Aeronauta, anche la carta della navigazione aerea dell'intrepido italiano.
Il Comaschi, innalzatosi fino all'altezza di 15mila piedi, ha potuto resistere ad un freddo abbastanza intenso per far morire un piccione che egli aveva recato seco.
Si è quindi abbassato fra l'isola dei Principi e Halsci. Ivi avendo trovato un vento di Sud, ha corso 8 o 10 miglia, mantenendosi a fior d'acqua. Egli sperava così di giungere sulla costa d'Asia; ma, inquietato da un grosso vitello marino, si è innalzato a 9000 piedi, ed ha seguito varie direzioni sicché 4 ore dopo la sua partenza è calato presso Pazar Kenè.
Al suo ritorno a Costantinopoli, il Comaschi è stato chiamato alla Porta, ove da parte del Gran Signore gli è stato fatto dono di 20000 piastre turche, circa 1080 scudi romani.

La notizia dell'ascensione (sempre con parole molto simili) compare anche sulla stampa tedesca [61] e francese [62].
Da questo racconto però non si capisce se Comaschi abbia raggiunto o no la costa asiatica come scrive il solo The Anglo-American di New York mentre tutti gli altri citano come luogo dell'atterraggio Pazar Kenè ma senza dire dove si trovi.

Non ho trovato dove si trovasse questo fantomatico mercato (pazar significa appunto mercato) ma su dei siti turchi ho trovato l'affermazione che, nel suo primo volo, Comaschi atterrò a Yalova che è un villaggio della zona asiatica della Turchia a 24 miglia marine da Istanbul per cui è corretto dire che Antonio Comaschi fu il primo uomo a passare dall'Europa all'Asia in volo.

L'annuncio della seconda ascensione a Instambul di Antonio ComaschiSecondo il sito turco Osmanli İtalia dedicato all'Italia ottomana [63], che per altro indica il 10 giugno come giorno dell'ascensione, il pallone di Comaschi si mosse verso le isole e sotto l'influenza del vento, scomparve sopra il Mar di Marmara ed atterrò a molti chilometri di distanza nei pressi di Karamürsel che si trova effettivamente in Asia.

Nel 1844 Antonio fece una seconda ascensione sulla quale ho ben poche notizie. Il solo giornale italiano che la citi e che ho finora trovato è la Gazzetta piemontese [64] che scrive solo: Comaschi ha fatto una seconda ascensione aerostatica a Costantinopoli. Gli spettatori erano forse centocinquantamila.

Da fonti turche si apprende che il decollo avvenne da piazza Taksim a Beyoğlu e l'atteraggio fu a Yeşilköy. Entrambe queste località si trovano sul lato europeo di Istanbul. Il sito turco sopracitato dice che il secondo volo di Comaschi ebbe luogo nel settembre del 1844. Il pallone decollò vicino alla Moschea Aga a Taksim, si spostò verso ovest ed atterrò vicino a Yeşilköy.

Per annunciare al pubblico questo suo secondo volo in mongolfiera Antonio Comaschi fece stampare un manifesto in quattro lingue: ottomano, italiano, armeno e greco.

Il 12 giugno del 1845 Antonio Comaschi effettuava un'altra ascensione in occasione del matrimonio di Adile Sultan, sorella del Sultano, partendo sempre dalla piana di Haïdar Pacha, ma il pallone, spinto dal forte vento, scompariva alla vista e non si aveva più alcuna notizia di Antonio Comaschi e della sua macchina aerostatica.

Il Governo turco mandava allora dei corrieri, per oltre cinquanta leghe, nella direzione verso cui spirava il vento al momento del volo per cercare le sue tracce ma senza risultato. Il giornale The Atheneaum, pubblicato a Londra, nel suo numero del 2 agosto 1845, [65] scriveva che gli ultimi messaggi da Costantinopoli dicevano che il pallone, con a bordo il Comaschi morto, era stato trovato mentre galleggiava sul Danubio ma, due settimane dopo, nel numero del 16 agosto [66] smentiva questa notizia.

Il giornale anzi, in una rubrica intitolata il nostro gossip settimanale, raccontava come il misterioso destino del Comaschi avesse fatto nascere una leggenda simile a quella dell'Olandese Volante ed i suo pallone fosse stato avvistato in molto luoghi allo stesso tempo ma poi terminava il racconto insinuando il dubbio che il Comaschi fosse scomparso volontariamente perché aveva più creditori sulla terraferma che in cielo.

A Istanbul si diceva che il suo pallone fosse stato visto in India, un capitano russo lo aveva visto sul Mar Nero, un commerciante inglese che vive nel Levante lo aveva visto sul Mediterraneo mentre volava il direzione di Gibilterra, un giornale di Amburgo aveva scritto che il pallone aveva fatto naufragio nel Baltico mentre l'Augsburg Gazette aveva affermato che un globo opaco, simile al pallone scomparso, era stato visto il 22 di luglio a Rzskow in Galizia [ora Rzeszów in Polonia N.d.A.].

La tragica fine di Antonio Comaschi ed il mistero attorno a cosa gli sia effettivamente successo fece grande scalpore e la notizia fece il giro del mondo arrivando anche a Giuseppe Garibaldi che allora si trovava a Montevideo in Uruguay che però la ricordò in maniera inesatta tant'è che, nelle sue memorie, [67], quando racconta del suo primo incontro in Sud-America con Livio Zambeccari allora segretario di Bento Gonzales, presidente della Repubblica di Rio Grande, in guerra col Brasile e prigioniero di guerra in Santa Cruz, di lui dice era figlio del famoso aeronauta perduto in un viaggio in Siria e di dove non si è avuto più notizia di lui.

In realtà Livio Zambeccari era sì figlio di un famoso aeronauta bolognese perito tragicamente nel 1812 ma si trattava del Conte Francesco Zambeccari il cui incidente avvenne a Bologna fuori porta San Mamolo mentre l'aeronauta disperso in Siria era Antonio Comaschi.

Il nome di Comaschi rimase noto per svariati anni ed in una raccolta di poesie di Norberto Rosa del 1849 [68] troviamo anche quella intitolata Chi più sale, meno sale che gli era stata dedicata in occasione della sua sesta ascensione, il 25 aprile 1842 a Torino.

Ciro Comaschi

Antonio Comaschi aveva un figlio che si chiamava Ciro ma non so né il nome della madre, né quando era nato, so però che nel 1860 era già medico e che quindi dovrebbe essere nato quando il Comaschi stava ancora a Bologna anche se il nome Ciro non è affatto bolognese e fa invece pensare a Napoli e più precisamente a Portici ma, sicuramente, Antonio Comaschi diede a suo figlio il nome Ciro in memoria di Ciro Menotti, fucilato dopo la fallita rivolta di Modena.

Nel 1860 Ciro Comaschi viveva e lavorava come medico a Tokat che è una città dell'Anatolia e qui si innamorò di Elisabetta, una donna armena, che però era sposata e madre di tre figli, il cui marito era andato a vivere a Costantinopoli.

In giro si seppe di questo amore e la cosa suscitò scandalo, derisione e soprattutto motteggi per cui il popolo cantava ariette di canzonatura e se ne appiccavano per le vie satire e frizzi. Il Comaschi cercò di conoscere gli autori di quelle canzoni e di quelle satire ma inutilmente.

Il problema era che anche Elisabetta era di religione cattolica per cui non poteva chiedere il divorzio dal marito assente, per sposare il Comaschi per cui decisero di fare una mossa azzardata. A Tokat, da vari anni, vi era un ministro protestante americano che aveva fino allora raccolto una comunità di sole 22 persone e quindi decisero di farsi protestanti per potersi sposare.

Il 3 ottobre 1860 Elisabetta lasciò la casa di sua mamma, dove viveva, per trasferirsi in quella del ministro protestante presso il quale la sera stessa si sarebbe celebrato il matrimonio. La notizia di questo fatto fece subito molto scalpore e l'Arcivescovo cattolico di Tokat, Monsignor Arsenio, dopo aver inutilmente cercato di convincere i due a recedere dal loro proposito, li scomunicava.

La gran massa della popolazione di Tokat considerava scorretto il comportamento di Ciro ed Elisabetta per cui la notizia della scomunica fu ben accolta e lodata non solo dai cattolici ma anche dagli ortodossi, dai musulmani e dagli ebrei. La cosa però diede molto fastidio al ministro protestante che scrisse una lettera di rammarico all'Arcivescovo lamentandosi dei suoi diritti usurpati.

Scrisse poi alla comunità protestante di Costantinopoli e dopo qualche giorno comunicò che Elisabetta era stata dichiarata sciolta da qualunque vincolo matrimoniale per causa d'adulterio del suo marito (che evidentemente a Costantinopoli non faceva vita da monaco) ed il giorno successivo celebrava il matrimonio fra lei e Ciro Comaschi.

Lo scalpore suscitato da tale fatto fu tanto grande che anche l'autorità civile turca volle vederci chiaro e si radunò il Consiglio Governativo formato dal Governatore, da due Kadì, da vari signori turchi e dai capi di tutte le comunità religiose della città.

Il ministro protestante difese il suo agire a voce e per iscritto ma, avendo contro tutti i capi religiosi difficilmente se la sarebbe cavata se non fosse stato appoggiato da varie persone importanti di Costantinopoli. Ebbe così ragione ma, dato che gran parte della popolazione era ostile alla sentenza, Ciro Comaschi preferì trasferirsi in un'altra città con la sua Elisabetta e dopo qualche tempo anche il ministro protestante tornò in America [69].

Le informazioni che ero riuscito a raccogliere tramite gli archivi e le vecchie riviste terminavano qui con Ciro ed Elisabetta che partivano per una località ignota ma dalle mail della gentile lettrice del mio sito, Diana Comaschi Palaj, ho saputo il resto della storia ed ho avuto il permesso di raccontarla.

Ciro ed Elisabetta, lasciata Tokat, si recano a Costantinopoli dove possono vivere tranquilli ma, visto il clamore suscitato dalla vicenda, Ciro preferisce registrarsi con il nome di Antonio Comaschi, maritato con Elisabetta. A Costantinopoli, nel 1868, nasce il loro figlio Enrico Comaschi.

Enrico ottiene una borsa di studio, per i meriti di aeronauta di Antonio Comaschi e va a studiare all'Università di Parigi dove si laurea in giurisprudenza. Conoscendo bene la lingua turca e molte altre lingue viene poi mandato in Albania, a Scutari, dove è nominato giudice e dove si sposa due volte.

Dal primo matrimonio nascono due figli: una femmina, Vitoria, ed un maschio, Antonio. Dal secondo matrimonio, avvenuto con una nobildonna albanese, nascono cinque figli: un solo maschio, Luigi, e quattro femmine Carolina, Lucia, Vitoria e Giuseppina che è la madre della signora che mi ha scritto.

Enrico, nel 1920, è nominato giudice presso il tribunale di appello ma l'allora ministro di Grazia e Giustizia turco, Hoxha Kadri, respinge la nomina dicendo che Enrico Comaschi risulta essere ancora cittadino italiano. Enrico rimane in Albania dove muore, a Scutari, nel 1941.

Anche suo figlio Luigi rimane in Albania dove si sposa ma dal matrimonio nascono due femmine per cui gli attuali discendenti di Luigi non portano più il cognome Comaschi.

L'altro figlio maschio di Enrico, nato dal primo matrimonio e che si chiamava Antonio, rimane a vivere col padre anche dopo il suo secondo matrimonio ma, quando compie 16 anni (nel 1919), va via dall'Albania senza dare notizie di sé per lungo tempo. Solo nel 1939 invia una lettera da Londra perché gli serve il suo certificato di nascita.

I nipoti di Enrico Comaschi hanno fatto poi delle ricerche per avere notizie sulla sorte di questo Antonio Comaschi ed appurare se esistano ancora dei suoi discendenti ma, benché abbiano interpellato diverse famiglie in Gran Bretagna che portano il cognome Comaschi, non hanno finora ottenuto alcun risultato concreto.

Come ho detto anche prima, se qualcuno avesse qualche notizia in merito mi scriva in modo che possa avvisare la signora, discendente da Antonio Comaschi, che mi ha fornito tante interessanti informazioni.

La figlia di Enrico, Carolina Comaschi, rimase a vivere in Albania anche dopo la Seconda Guerra Mondiale e fu intervistata dal giornalista Riccardo Orizio durante le sue ricerche per scrivere un libro [70] sulla fine di vari ex-dittatori fra i quali anche Enver Hoxha che governò l'Albania fino alla sua morte avvenuta nel 1985.

Anche Lucia Comaschi, sorella di Carolina, rimase a vivere in Albania in quanto aveva sposato Ludovik Saraçi che era un albanese che militava al servizio del Regno d’Italia e d’Albania e che, dopo l’avvento comunista in Albania, ebbe non pochi problemi tant'è che oggi lo troviamo elencato tra le vittime del comunismo in Albania e la città di Scutari gli ha intitolato una via (Rruga Ludovik Saraçi).


[1] - Archivio di Stato di Bologna - Fondo Archivistico Catasto Gregoriano 1811 - sec. XX.   <<

[2] - Archivio di Stato di Bologna - Fondo Archivistico Catasto Gregoriano - Serie Indice generale dei censiti Vol. III.   <<

[3] - Archivio di Stato di Bologna - Fondo Archivistico Catasto Gregoriano - Serie Catasto fabbricati - Bologna Città III n. 4.   <<

[4] - Quando nacque Giacomo Comaschi, Caminata era in Piemonte in quanto faceva parte, assieme al Bobbiese, del Regno di Sardegna in base al Trattato di Worms del 1743 ed alla Pace di Aquisgrana del 1748. Poi si trovò in Lombardia perché, dal 1859, fece parte nel Circondario di Bobbio della provincia di Pavia e fu chiamata Caminata Pavese ed infine, dal 1923, è in Emilia-Romagna perché unita alla provincia di Piacenza.   <<

[5] - Catalogo illustrativo dei libri, documenti ed oggetti esposti dalle provincie dell'Emilia e delle Romagne nel Tempio del risorgimento italiano - compilato da Raffaele Belluzzi e Vittorio Fiorini - Stabilimento tipografico Zamorani e Albertazzi - Bologna, 1890.   <<

[6] - Archivio Arcivescovile di Bologna - Stati delle Anime della soppressa Parrocchia di San Matteo degli Accarisi - del 1797 al 1805.   <<

[7] - Sabrina Gremoli e Claudio Procaccia - Il Catasto Urbano Pio-Gregoriano: note per una banca dati - in I territori di Roma: storie, popolazioni, geografie - a cura di Roberta Morelli, Eugenio Sonnino, Carlo M. Travaglini - Croma - Roma, 2002.   <<

[8] - Cesare Monari - Storia di Bologna - Tipi di Antonio Chierici Proprietario - Bologna, 1862.   <<

[9] - Felice Venosta - Luigi Zamboni, il primo martire della libertà italiana - presso Francesco Scorza Editore - Milano, 1864.   <<

[10] - Giuseppe Guidicini - Cose notabili della Città di Bologna ossia Storia cronologica de' suoi stabili pubblici e privati - Volume II - Stabilimento Tipografico Monti - Bologna, 1869.   <<

[11] - Carlo De Angelis, Giancarlo Roversi, Filippo Alfonso Fontana - Bologna ornata: le trasformazioni urbane della città tra il Cinquecento e l'Ottocento in un regesto di Filippo Alfonso Fontana - Editore Istituto per la storia di Bologna - Bologna, 1994.   <<

[12] - Carlo Manelli - La Massoneria a Bologna dal XVIII al XX secolo - Edizioni Analisi - Bologna, 1986.   <<

[13] - Gazzetta privilegiata di Bologna - Anno 1837, n. 65 - sabato 27 maggio 1837.   <<

[14] - Gazzetta privilegiata di Bologna - Anno 1837, n. 69 - sabato 10 giugno 1837.   <<

[15] - Gazzetta privilegiata di Bologna - Anno 1837, n. 71 - giovedì 15 giugno 1837.   <<

[16] - Gazzetta privilegiata di Bologna - Anno 1837, n. 134 - giovedì 9 novembre 1837.   <<

[17] - Gazzetta privilegiata di Bologna - Anno 1837, n. 140 - giovedì 23 novembre 1837.   <<

[18] - Archivio di Stato di Bologna - Fondo Archivistico Atti dello Stato Civile del Dipartimento del Reno 1806 - 1815 - Serie Distretto di Bologna n. 1.   <<

[19] - Albano Sorbelli - Libro dei compromessi politici nella rivoluzione del 1831-32 - Vittoriano - Roma, 1935.   <<

[20] - Dictonnaire de la conversation e de la lecture - Tome Premier - Libraire de Firmin Didot, Frères, fils et C., Paris, 1864.   <<

[21] - Giornale di Scienze, Lettere ed Arti per la Sicilia - Vol. 73, Anno 19, num. 271, gennaio 1841 - Presso la stamperia Oretea - Palermo, 1841.   <<

[22] - Descrizione della Nave rettiremiga inventata da Muzio Muzzi - Pe' Tipi del Nobili e Comp. - Bologna, 1838.   <<

[23] - Teatri, Arte e Letteratura - Anno 16.mo - N.° 765 - Tip. Gov. della Volpe al Sassi - Bologna, 25 ottobre 1838.   <<

[24] - Muzio Muzzi - Aereonave rettirèmiga (manifestino stampato al solo recto) - Tip. Nobili e C. - Bologna, 23 ottobre 1838.   <<

[25] - Amedeo Benati - Storia di Bologna - Edizioni Alfa - Bologna, 1978.   <<

[26] - AA.VV. - Nuovo Dizionario Universale Tecnologico o di Arti e Mestieri e della Economia industriale e commerciale - Tomo XLVII - nell'I.R. privilegiato stabilimento nazionale di Giuseppe Antonelli - Venezia, 1852.   <<

[27] - Antonio Nepoti - Cenni storici sulle sette ascensioni aeree eseguite da Antonio Comaschi di Bologna, parte in Italia e parte in Francia - Pei tipi di C. Batelli e comp. - Napoli, 1843.   <<

[28] - Archivio preunitario del Comune di Firenze - Tipologia: lettera - Numero di Identificazione: n. reg. 1839, 270 - Numero di corda: 8 - Numero Contenitore: 178 - Scheda Pratica: 50708.   <<

[29] - Archivio preunitario del Comune di Firenze - Tipologia: deliberazione del Magistrato - Numero di Identificazione: p. 330 or. - Numero di corda: 6412 - Numero Contenitore: 168 - Scheda Pratica: 50034.   <<

[30] - Teatri, Arte e Letteratura - Anno 17.mo - N.° 798 - Tipi Governativi della Volpe al Sassi - Bologna, 13 giugno 1839.   <<

[31] - Giuseppe Torricella - Torino e le sue vie - Tipografia di Giovanni Borgarelli - Torino, 1868.   <<

[32] - Antonio Comaschi - Cenno sull'aerostato di Antonio Comaschi bolognese esposto nel R. Teatro - Tipografia de' Fratelli Favale - Torino, 1841.   <<

[33] - Gazzetta di Zara, n. 73 - Venerdì 10 settembre 1841.   <<

[34] - Chi dice che da 14 anni che non si facevano esperimenti è Antonio Nepoti ma sappiamo che Francesco Arban aveva effettuato un'ascensione nel 1833. Può darsi che il Nepoti faccia riferimento a voli ufficialmente autorizzati.   <<

[35] - Revue du Lyonnais - Tomo XIV - VII ANNÉE - Imprimerie de L. Boitel - Lyon, 1841.   <<

[36] - Revue de Paris - Tomo septieme, nouvelle serie - ANNÉE 1842, pag. 273 - Imprimerie de H. Fournier et C.ie - Paris, 1842.   <<

[37] - Filippo Villani - I popoli e i governi d'Italia nel principio del 1847 - Losanna, 1847.   <<

[38] - Antonio Comaschi - Cenno sull'aerostato di Antonio Comaschi bolognese esposto nell'ottobre 1842 nel Nobil Teatro di Apollo - Tipografia della Minerva - Roma, 1842.   <<

[39] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Ministero delle finanze - Titolo: "Macchina aerostatica" di Antonio Comaschi - Data: Aprile 1843.   <<

[40] - Cenno sull'aerostato dell'aeronauta Antonio Comaschi bolognese esposto nel maggio 1843 nel locale di equitazione alle Fosse del grano - Dallo stabilimento tipografico Seguin - Napoli, 1843.   <<

[41] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Soprintendenza dei teatri e degli spettacoli (1827-1860) - Titolo: Regolamento per l'esibizione dell'aeronauta Antonio Comaschi - Data: 16 giugno 1843.   <<

[42] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Soprintendenza dei teatri e degli spettacoli (1827-1860) - Titolo: Sonetto dedicato ad Antonio Comaschi "intrepido aeronauta". Manifesto - Data: Agosto 1843.   <<

[43] - Guido Maistro - Ad Astra - Pionieri napoletani del volo - Editrice La Via Azzurra - Napoli, 1948.   <<

[44] - Domenico Anzelmi - Viaggio dell'aeronauta Comaschi - in Poliorama Pittoresco - n° 48 - Napoli, 8 luglio 1843.   <<

[45] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Soprintendenza dei teatri e degli spettacoli (1827-1860) - Titolo: Avventura notturna dell'aeronauta Antonio Comaschi - Data: 26 giugno 1843.   <<

[46] - V. Torelli - Preparazione per l'ascensione del pallone di Comaschi - in Omnibus Pittoresco - anno VI, n. 9 - Napoli, 6 luglio 1843.   <<

[47] - L. Palmieri - Ascensione di Comaschi - in Lucifero - anno VI, n. 23 - Napoli, 12 luglio 1843.   <<

[48] - N. Castagna - Poesia dedicata ad Antonio Comaschi da Bologna, (per la sua ottava ascensione in Napoli il 24 giugno 1843) - in Omnibus Pittoresco - anno VI, n. 10 - Napoli, 13 luglio 1843.   <<

[49] - C. Jazoella - Poesia dedicata all'intrepido aeronauta Antonio Comaschi - in Poliorama Pittoresco - n° 49 - Napoli, 15 luglio 1843.   <<

[50] - Il Felsineo: giornaletto settimanale di agricoltura, morale, industria e commercio, teatri e mode - anno 4.°, n. 8 - Bologna, martedì 25 luglio 1843.   <<

[51] - Annali Civili del Regno delle Due Sicilie - Maggio, Giugno, Luglio e Agosto 1843 - Volume XXXII - Della Tipografia del Real Ministero degli affari interni - Napoli, 1843.   <<

[52] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Ministero delle finanze - Titolo: "Obbligo" doganale per la macchina aerostatica di Antonio Comaschi - Data: 17 luglio 1843.   <<

[53] - Archivio di Stato di Napoli - Fondo: Soprintendenza dei teatri e degli spettacoli (1827-1860) - Titolo: Ascensione aerostatica di Antonio Comaschi - Data: Luglio 1843.   <<

[54] - Leonardo Vigo - Canti popolari siciliani - Tipografia dell'Accademia Gioenia di C. Galatola - Catania, 1857.   <<

[55] - Niccolò Di Carlo - Nonum Antonii Comaschi ἀεροβἃτον [volatum] Panormi confectum postridie idus julii MDCCCXLIII, poetice enarrabat sac. Nicolaus Di Carlo - excudebat F. Lao - Palermo, 1843.   <<

[56] - Salvatore Salomone-Marino - Leggende popolari siciliane in poesia - Luigi Pedone Lauriel, Editore - Palermo, 1880.   <<

[57] - Archivum ottomanicum - Tomus 8-9 - Mouton - The Hague, 1983.   <<

[58] - The Anglo-American - Vol. 3, N° 21 - A. D. Paterson Editor - New York, sabato 14 settembre 1844.   <<

[59] - Osservatore del Trasimeno - Gazzetta politica di Perugia - Anno XIX - n. 67, martedì 20 agosto 1844.   <<

[60] - Diario di Roma - N. 66, sabato 17 agosto 1844.   <<

[61] - Frankfurter Konversationsblatt - N. 223, martedì 13 agosto 1844.   <<

[62] - Le Compilateur - Revue des Journaux français et étrangers - Troisième Année - N. 10, 20 agosto 1844.   <<

[63] - İstanbul'da Bir İtalyan Baloncu: Antonio Comaschi sul sito Osmanli İtalia.   <<

[64] - Gazzetta Piemontese - N. 253, mercoledì 6 novembre 1844.   <<

[65] - The Atheneaum - Journal of English and Foreign Literature, Science, and the Fine Arts - N.° 927 - Londra, sabato 2 agosto 1845.   <<
[66] - ibidem - N.° 929 - Londra, sabato 16 agosto 1845.   <<

[67] - Giuseppe Garibaldi - Memorie - date alla luce da Alessandro Dumas - Tipografia Fioretti - Firenze 1862.   <<

[68] - Norberto Rosa - Prima raccolta di poesie e prose edite ed inedite - Volume primo - Stabilimento tip. di Aless. Fontana - Torino, 1849.   <<

[69] - La Civiltà Cattolica - Anno duodecimo - Volume XI della serie quarta - All'Uffizio della Civiltà Cattolica - Roma, 1861.   <<

[70] - Riccardo Orizio - Parola del diavolo: sulle tracce degli ex dittatori - Laterza - Roma, 2002.   <<


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