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I Cavallari di Lucca


Una famiglia di mercanti

Quella dei Cavallari di Lucca è stata una importante famiglia di mercanti che fu presente a Lucca per vari secoli.

Secondo alcuni siti genealogici che forniscono, a pagamento, belle pergamene istoriate con tante notizie su vari cognomi, questa famiglia prenderebbe origine già dal XIV secolo e ciò si troverebbe nel sesto volume dell'Istoria genealogica delle famiglie nobili Toscane et Umbre di Eugenio Gamurrini.
Peccato che tale opera sia composta da cinque volumi! E' vero che esiste la Continuazione dell'Istoria genealogica che può essere considerata come sesto volume del Gamurrini ma, in tale opera, non ho trovato citato alcun Cavallari.

Inoltre ci dicono che alcuni studiosi fiorentini, tra i quali Marietta de' Ricci nella sua opera Firenze al tempo dell'assedio, assicurano che questa famiglia proveniva da Lucca. Ho letto l'opera di Marietta de' Ricci ma non vi ho trovato citata nessuna famiglia Cavallari. Gli unici cavallari di cui si parla sono dei messaggeri a cavallo.

Infine, il loro stemma sarebbe stato d'argento allo scaglione di nero ma anche di questa notizia non ho trovato conferma. Tale stemma risulta invece essere quello dei Savorgnan, una delle più importanti famiglie dei Friuli ed è anche lo stemma civico della città di Udine,

Passando quindi a trattare i soli dati certi, si può affermare che il momento di massimo fulgore dei Cavallari di Lucca fu all'inizio del secolo XVI, quando questa famiglia di mercanti commerciava con le Fiandre e con l'Inghilterra. Arrivò a fare dei contratti con Enrico VIII, re d'Inghilterra ma si trovò coinvolta nel fallimento dei Frescobaldi di Firenze che erano i più importanti fra i mercanti che si erano associati per trattare i grossi contratti con il re.

Si trovano citati in numerose opere ma quasi tutte straniere e quasi sempre a margine della vicenda dato che, come già detto, fu Leonardo Frescobaldi a dirigere il gruppo di mercanti italiani in affari col re. Dalla lettura di questi libri sembrerebbe che siano falliti per propria colpa e cioè per aver voluto fare il passo più lungo della gamba.

Considerato, però che l'opera che tratta più a fondo questa vicenda è una storia dei Fugger e che proprio i Fugger furono coloro che ebbero il massimo vantaggio dalla rovina del Frescobaldi e dei suoi associati e che già in tale libro ci sono degli aspetti poco chiari e spiegati in maniera impropria, non mi sentirei di escludere che il fallimento dei mercanti italiani non fosse invece dovuto a manovre politiche ed alla avidità di denaro di Enrico VIII, re di Inghilterra e di Massimiliano d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero.

Quindi, prima di vedere come viene raccontata questa vicenda, cercherò di esaminare i documenti ufficiali che rimangono per cercare di capirne di più. Per altro, che gli storici inglesi abbiano fatto un po' di confusione sui Cavallari, si vedrà anche più avanti dove racconterò di Antonio Cavallari e della costruzione della tomba del Cardinale Wolsey.

Gli affari dei Cavallari in Inghilterra nel XVI secolo

In Inghilterra tutte le lettere ed i documenti del re Enrico VIII sono state raccolte e pubblicate in ordine cronologico. Ciò mi ha permesso di cercare tutte quelle che nominassero i Cavallari, mercanti di Lucca ed i Frescobaldi di Firenze loro soci.

Ho trovato citati due Cavallari: Antonio e Giovanni e per entrambi si precisa che si tratta di mercanti di Lucca. La prima citazione è del 30 dicembre 1510 [1] e riguarda la concessione per l'esportazione di 800 sacchi di lana da Londra, Southampton o Sandwich attraverso ed al di là degli stretti di Marrock (e cioè di Gibilterra). Come dogana, dazi e tasse vanno pagati 5 mks. (marchi) per sacco al termine di quattro anni dalla data della spedizione.

Il far pagare le tasse ed i dazi ben quattro anni dopo la spedizione delle merci era un sistema per attirare i mercanti che così non dovevano anticipare queste somme ma le ricavavano dalla vendita delle merci stesse. La Corona inglese in realtà non ci rimetteva granché dato che senza questa iniziativa il commercio con l'estero sarebbe stato molto minore e quindi sarebbero state minori anche le tasse incassate.

Nel maggio del 1513 ad Antonio Cavallari, mercante di Lucca, è concessa la licenza di esportare tessuti grezzi di lana, pellami, piombo ed altre mercanzie che non appartenessero ai mercanti di Calais (che godevano di particolari diritti sull'esportazione della lana) fino ad un ammontare di 150 l. (lire) in diritti doganali.

Il 13 luglio del 1513 troviamo citato Giovanni Cavallari, mercante di Lucca, al quale viene concessa la cittadinanza diventa cioè uno straniero naturalizzato. Questa concessione è estesa anche ai suoi eredi diretti.

I Cavallari di Lucca sono associati ai Frescobaldi di Firenze in un documento dell'11 aprile 1514 il cui contenuto però non mi è chiaro. Si elencano infatti Girolamo e Leonardo Frescobaldi di Firenze, Nicola Bonvisi fu Paolo, Antonio Bonvisi ed Antonio Cavallari di Lucca e si cita un non meglio precisato pardon cioè una esenzione da parte del re dal rispetto di certe regole ma non viene specificato a cosa sia relativa.

Il 30 giugno del 1515 a Giovanni Cavallari viene concesso di trattenere le tasse ed i diritti sulle merci fino ad un ammontare di 3.000 l. e per un periodo di otto anni. Oltre che lo stesso Giovanni, sono garanti di questo credito anche Nicola ed Antonio Bonvisi ed altri mercanti.
Il 21 luglio dell'anno successivo lo stesso privilegio viene concesso anche ad Antonio Cavallari.

Il fallimento dei Frescobaldi di Firenze e dei Cavallari di Lucca

Nel 1516 inizia la vicenda che porterà al fallimento dei Frescobaldi e che coinvolgerà anche i Cavallari e gli altri mercanti di Lucca. Vediamo come la vicenda è narrata nel libro sulla storia della famiglia Fugger [2].

Dapprima si racconta la storia pregressa dicendo che, nel 1489, Girolamo Frescobaldi ed il Gualterotti avevano prestato grandi somme di denaro alla corte di Borgogna e queste erano rimaste non pagate per molti anni. Nel 1494 Girolamo aveva una rivendicazione sulla città di Bruges di 5.800 fl. e nel 1498 affittò le dogane di Gravelinghen. Da allora in poi fu in costante relazione con l'amministrazione delle finanze dei Paesi Bassi ma l'ammontare delle transazioni fu di solito piccolo.

Si continua dicendo che gli affari del Frescobaldi con il governo inglese cominciarono poco dopo l'ascesa al trono di Enrico VIII (avvenuta nel 1509) che prestò grosse somme del tesoro accumulato da suo padre ai mercanti fiorentini per sviluppare i loro commerci con l'Inghilterra. Il Frescobaldi così come Guido Portinari e Giovanni Cavalcanti erano tra questi. Essi fornirono al re munizioni e merci e portarono i suoi pagamenti all'estero.

Già questo è alquanto inesatto, infatti dai documenti dell'epoca abbiamo visto che il re finanziava il commercio dei mercanti italiani non dando loro grosse somme di denaro prelevate da un fantomatico tesoro che non è mai esistito bensì dilazionando il pagamento delle tasse di esportazione.

E' molto impreciso anche dire che essi portarono i suoi pagamenti all'estero in quanto quelli che rimasero all'estero furono i guadagni dei mercanti sulle vendite e non dei pagamenti del re mai effettuati.

Si continua dicendo che, all'inizio del 1516, il Frescobaldi ed i suoi associati godevano della fiducia della Corona inglese a tal punto che il re li impiegò per agire in qualità di suoi agenti nel pagare grandi sovvenzioni per l'imperatore Massimiliano che era in guerra con la Francia, sebbene Bernhard Stecher, l'agente di Anversa dei Fugger, avesse in precedenza fatto notare che il Frescobaldi si era dovuto impegnare duramente per adempiere alla transazione.
I fiorentini infatti non furono in grado di convogliare il denaro in tempo utile per il Nord Italia, dove erano l'imperatore e il suo esercito e Massimiliano fu quindi costretto ad una ingloriosa ritirata.

Qui la faccenda diventa più chiara: i Fugger sono ostili ai mercanti italiani che, in effetti, non riescono a fare avere le somme a Massimiliano, imperatore del Sacro Romano Impero, promesse da Enrico VIII.

Si noti che qui ci si guarda bene dal far sapere che Massimiliano era legato a filo doppio ai Fugger e che, nel 1508, Jacob Fugger, benché l'imperatore fosse già gravemente indebitato con lui, gli aveva prestato altri 170.000 fiorini, ottenendo in cambio, oltre al titolo di Cavaliere del Sacro Romano, la gestione delle saline e delle miniere di rame del Tirolo e dell'Ungheria e perfino i gioielli della corona in pegno.

Il Frescobaldi fu accusato di essere stato corrotto dalla Francia (che era in guerra con Massimiliano) ed il re ed il Cardinale Wolsey si mostrarono molto arrabbiati mentre tutte le voci dicevano invece che il loro ritardo era stato dovuto a delle istruzioni segrete del re inglese.

Tutto ciò è molto sospetto ma il libro sui Fugger lo spiega dicendo che in realtà essi non avevano né i mezzi, né i collegamenti commerciali nel sud della Germania sufficienti per una tale operazione, tant'è che, alla fine, hanno dovuto prendere in prestito dai Fugger, sotto la garanzia dell'ambasciatore inglese, la somma di 60.000 fl. per soddisfare le più pressanti esigenze dell'imperatore.

A questo punto è del tutto legittimo sospettare che in tutta la vicenda ci sia stato in realtà lo zampino dei Fugger che in Germania erano una vera potenza e che, nel 1513, avevano assunto l'incarico della vendita delle indulgenze in Germania, cosa questa che scatenerà l'ira di Martin Lutero e porterà alla scissione dalla chiesa di Roma.

I Frescobaldi ed i Cavallari, che erano strettamente collegati fra loro, erano debitori nei confronti di re Enrico VIII, della somma, enorme per quei tempi, di 60.000 fl. Durante il 1517 veniva stipulato un accordo fra il re ed suoi debitori in base al quale il debito doveva essere rimborsato in rate annuali ma, l'anno successivo, tuttavia, essi non erano in grado di pagare la rata per cui l'impresa falliva tra maggio e giugno del 1518. Le loro proprietà di Anversa erano messe all'asta e si raggiungeva un accordo con i loro creditori.

Quello che il libro sui Fugger non spiega è dove siano finiti questi soldi. Sono stati dati a Massimiliano o no? Li aveva tirati fuori Enrico o no? O forse sono stati dati a Massimiliano ma il re li ha voluti indietro lo stesso? L'unica cosa evidente è che non li avevano i Frescobaldi che altrimenti non sarebbero falliti.

Anche cercando nella raccolta dei documenti antichi relativi ad Enrico VIII per il periodo 1515 - 1518 [3] non si chiarisce il destino di questi soldi ma si capisce bene come il tutto non fosse una normale operazione finanziaria ma si trattasse di una difficile mossa da servizio segreto.

Il 27 febbraio 1516, da Bruxelles, Tommaso Spinelli (un fiorentino che era ambasciatore nei Paesi Bassi già dall'epoca di Enrico VII) scrive al Cardinale Wolsey dicendo di aver già scritto, quattro giorni prima, della cattura di un servitore dei Frescobaldi in Francia e che il Cancelliere non ne sa niente.

Sebastiano Giustinian (ambasciatore della Repubblica Veneta presso il re inglese) scrive al Consiglio dei Dieci di Venezia l'8 maggio 1516 riferendo che sembrerebbe che 120.000 corone fossero state trasmesse, in contanti e fatture, da Leonardo Frescobaldi all'imperatore Massimiliano ma che non è noto se i fondi siano stati erogati.

Il 6 giugno 1516 Galeazzo Visconti, che era il comandante delle truppe svizzere che combattevano contro i francesi solo se lautamente pagate, scrive ad Anchise Visconti (suo genero) che era ambasciatore degli Sforza di Milano presso il re inglese e per prima cosa dice che le sue lettere vanno bruciate, cosa questa che dimostra come si stessero facendo delle manovre dietro le quinte (questa lettera evidentemente non ha seguito il destino delle altre).

Continua poi dicendo che l'imperatore sta cercando soldi dappertutto (anche minacciando di saccheggiare varie città del Nord Italia) e che non si cura né della gloria, né dell'onore. Enumera poi le varie somme che occorrerebbero per mantenere l'esercito e dice che se il re inglese ed il Cardinale vogliono dare dei soldi all'imperatore è meglio non farglielo sapere e di mandarli a Riccardo Pace (che rappresentava il re inglese presso Massimiliano e che avrebbe controllato che i soldi fossero spesi per pagare le truppe e non per altri motivi). Conclude dicendo che raccomanda i Frescobaldi come agenti fedeli.

Tutte queste lettere dimostrano che l'impegno assunto dai Frescobaldi era una vera operazione da agenti segreti ma che però era nota a tutte le parti in causa.

Vi sono poi varie lettere che parlano di pagamenti fatti dai Frescobaldi all'imperatore ma non concordano nelle somme e sono tutte alquanto imprecise in quanto sono sempre al condizionale: si dice che il Frescobaldi avrebbe pagato .... Comunque che i Fugger fossero ostili ai Frescobaldi lo si vede bene da una lettera del 29 luglio 1517 dove Bernhard Stecher (l'agente di Anversa dei Fugger) scrive a Sir Robert Wingfield (anche lui rappresentante del re inglese presso Massimiliano ma troppo obbediente ai voleri di costui tanto da ricevere i rimproveri del re e di Wolsey) per avere la restituzione di 6.000 fl. e per chiedergli di impegnarsi presso il re ed il Cardinale in tal senso e dove conclude precisando che non vuole che il Frescobaldi, o altri dei suoi associati, siano impegnati nella negoziazione.

Molto probabilmente è vero che le somme promesse non arrivarono a Massimiliano, non per incapacità dei Frescobaldi e degli altri mercanti ad essi associati, ma per precisa volontà del re inglese che, giustamente, non si fidava dell'imperatore.

Lo si può dedurre da una lettera, scritta da Trento il 19 giugno 1516, dove Matteo Schiner, Cardinale di Sion e rappresentante della Confederazione Svizzera, scrive ad Enrico VIII dicendogli che i suoi rappresentanti presso l'imperatore avevano preso in prestito dai Frescobaldi 60.000 fl. per aiutare l'esercito in Italia nella speranza che il re avrebbe dato il suo permesso ma che, proprio quel giorno, gli agenti dei Frescobaldi avevano scritto dicendo che il re non aveva acconsentito.
Nel resto della lettera cerca di convincere il re a cambiare idea dicendo che per scacciare i francesi occorrono i soldi per pagare le truppe altrimenti tutta la spedizione fallirà.

Dire dove siano finiti i soldi non è facile in questo tourbillon di mosse e contromosse che avrebbero dovuto essere segrete ma che, a quanto pare, tutti conoscevano ma sicuramente chi è rimasto col cerino in mano sono stati i Frescobaldi di Firenze ed i Cavallari e gli altri mercanti di Lucca.

Nel 1518 quindi i Frescobaldi, i Cavallari ed i loro associati falliscono ed il totale delle passività (secondo il libro sui Fugger) viene stimato di 300.000 ducati. Però il crollo non è totale (forse perché non avevano fatto altro che obbedire gli ordine del re) ed il Cardinal Campeggio supplica il Cardinale Wolsey di proteggere il Frescobaldi ed infatti viene raggiunto un accordo.

Sempre secondo il libro sui Fugger, solo quando, circa nel 1529, Leonardo Frescobaldi muore, il Cardinal Wolsey trasferisce i riconoscimenti di debito del Frescobaldi a terzi che cercarono poi di ottenere il pagamento da parte del giovane Francesco Frescobaldi, fratello di Leonardo.

In realtà il trasferimento è avvenuto prima della morte di Leonardo visto che c'è una lettera del settembre 1529 spedita da Francesco Frescobaldi al Cardinale Wolsey dove si dice che, quando Antonio Cavallari e Leonardo Frescobaldi dovevano 60.000 l. al Re, era stato fatto un accordo conveniente per loro ma che, dopo che Wolsey ha trasferito gli obblighi ad altre persone, costoro intendono fare causa e loro non possono pagare e dove si precisa anche che Leonardo Frescobaldi, fratello di Francesco, è troppo malato per viaggiare. [4].

Questi nuovi creditori probabilmente non ottennero molto perché, anni dopo, Francesco Frescobaldi si recò in Inghilterra per riscuotere un credito di 15.000 ducati e quindi non doveva avere più debiti colà. E' curioso il fatto che, in tale occasione, Cromwell, segretario del Cardinale Wolsey, gli offrì una grande somma per aprire una banca ma Francesco, probabilmente memore di quanto accaduto a Leonardo, preferì tornare a Firenze [5].

In precedenza però c'è un documento molto curioso del quale non so né il motivo, né le conseguenze: si tratta infatti di una quietanza di 60.000 l., emessa a Compiègne (non lontano da Parigi) il 17 settembre 1527, nella quale Francesco, re di Francia, su istanza di Tommaso, Cardinale Arcivescovo di York, libera Antonio e Giovanni Cavallari ed altri da ogni responsabilità nel quadro di una obbligazione di 60.000 l., che li legava al re.

Sembrerebbe quindi che Antonio e Giovanni Cavallari fossero oramai tranquilli ma il libro sui Fugger dice che nel 1532 si sperava ancora di potere incassare gli arretrati dovuti alla Corona inglese e rivendicati sui Frescobaldi e su Antonio Cavallari anche se i Fugger, già nel 1527, avevano definito questa rivendicazione come un cattivo affare.

Nonostante la lettura di molti documenti antichi non sono quindi in grado di dirimere tutti i dubbi che caratterizzano questa curiosa storia. Sembra però che tutte le voci che girarono allora intorno a questa vicenda potessero avere un fondamento di verità, sia per quanto riguarda una possibile corruzione da parte della Francia (che era in guerra con Massimiliano), sia in merito a delle istruzioni segrete da parte del re d'Inghilterra che si era reso conto che Massimiliano sperperava grosse somme senza costrutto.

Antonio Cavallari e la tomba del Cardinale Wolsey

In alcuni libri di storia dell'arte, specialmente inglesi e tedeschi, troviamo citato un Antonio Cavallari tra gli artisti che parteciparono alla erezione della splendida tomba che il Cardinal Wolsey fece iniziare nel 1524 per se stesso nella chiesa di San Giorgio ad Windsor.

E' in un manoscritto di George Vertue, pubblicato poi da Horace Walpole nel 1786 [6], che troviamo una descrizione completa della vicenda ed è forse da questo manoscritto che è iniziato l'errore che ha trasformato Antonio Cavallari, mercante di Lucca, in Antonio Cavallari, scultore e pittore.

Vi si racconta infatti che, nel 1524, il Cardinale Wolsey iniziò un monumento per se stesso ad Windsor erigendo, nella chiesa di San Giorgio, una piccola cappella che conteneva la sua tomba e che era più sontuosa di quella del re Enrico VII. Vi lavorò, fino al 1529, Benedetto da Rovezzano, uno scultore di Firenze, che fu pagato 4250 ducati. Il Cardinale quando la sua tomba fu finita si propose di farne una per Enrico ma il re decise di prendere quella pronta.

Si continua poi dicendo che, alla fine dei lavori, Antonio Cavallari che vi aveva partecipato come doratore, implorò il Cardinale di permettergli di ritornare a casa sua ad Anversa e che anche lo scultore Benedetto potesse ritornare in Italia.
Successe invece che la tomba era risultata così bella che il re Enrico VIII decise di prenderla per sé e prese al suo servizio Benedetto, il quale fece una grossa fortuna con la quale, dopo molti anni, tornò al suo paese nativo ma i suoi occhi avevano sofferto per il lavoro nelle fonderie e così diventò cieco nel 1550 e morì poco dopo.

In nota a questo scritto si legge anche: Io suppongo che furono Antonio Cavallari o Benedetto da Rovezzano che fecero una grande statua in metallo di Enrico VIII in un chiostro a Gorhambury, essa non è di buon gusto; il che conferma che Antonio Cavallari sia ritenuto essere uno scultore.

In realtà questo Antonio Cavallari è sempre l'Antonio Cavallari mercante di Lucca che fu coinvolto nella costruzione della tomba come finanziatore e non come artista. L'equivoco potrebbe essere nato dal fatto che in inglese doratore si dice gilder mentre invece il fiorino olandese si dice guilder ma, più probabilmente, l'errore nasce da una frettolosa lettura della lettera in questione, risalente al 30 giugno 1529, dove Antonio Cavallari informa il Cardinale di quanto è costata la doratura del monumento fino a quel momento, comunica che l'opera di doratura è completata solo per metà e consiglia di terminare il lavoro nonostante i costi, nel contempo chiede di poter mandare alle loro case il doratore e lo scultore Benedetto, qualora il Cardinale decidesse di non perfezionare ulteriormente la sua tomba.

Ovviamente, quando si sono rese disponibili tutte le lettere ed i documenti dell'epoca di Enrico VIII ed in particolare la lettera di Benedetto di Rovezzano al Cardinale Wolsey, scritta sempre il 30 giugno 1529, l'errore è stato corretto e già in una rivista inglese di archeologia del 1894 [7] si trova scritto che Antonio Cavallari era un ricco mercante di Lucca.

Del resto basta leggere la lettera che Benedetto da Rovezzano ha scritto al Cardinale Wolsey il 30 giugno 1529 per rendersi conto che è vero che Antonio Cavallari ha partecipato attivamente alla costruzione della tomba ma lo ha fatto come cofinanziatore dell'opera (l'altro che ha contribuito ad anticipare i 4250 ducati era Antonio Bonvisi) e non come scultore.

L'antico errore però è rimasto e nel 1906, in una enciclopedia tedesca dedicata alla Storia dell'Arte [8], troviamo scritto che Antonio Cavallari fu uno scultore fiammingo attivo nel XVI secolo sotto Enrico VIII e con Benedetto da Rovezzano.

I Cavallari e Shakespeare

Nella pagina che ho scritto sui Cavallara di Mantova racconto dei rapporti intercorsi fra Giovanni Battista Cavallara ed il grande poeta Torquato Tasso. Anche fra i Cavallari di Lucca ed un grande poeta inglese e precisamente William Shakespeare c'è un curioso legame anche se molto tenue ed indiretto anche perché William Shakespeare è nato nel 1564 e quindi una cinquantina d'anni dopo le disavventure dei Cavallari.

Nella letteratura inglese esiste un dramma anonimo del XVI secolo che non fu mai rappresentato per motivi di censura e la cui prima stampa ha dovuto attendere il 1844. Si intitolava infatti Sir Thomas More e raccontava la storia di Tommaso Moro (1478 - 1535), umanista e politico inglese, che fu Lord Cancelliere d'Inghilterra tra il 1529 e il 1532 e che fu condannato a morte per il suo rifiuto di accettare l'Atto di Supremazia del re sulla Chiesa.

Si pensa che quest'opera sia stata scritta da più autori fra i quali anche William Shakespeare. Di quest'opera ci è giunto il manoscritto e secondo alcuni in una scena, forse scritta da Shakespeare, alcune righe sarebbero proprio di sua mano, cosa che, se confermata, sarebbe importantissima, in quanto di lui ci sono giunte solo alcune firme, ma proprio la mancanza di altri campioni della sua scrittura impedisce di dirimere i dubbi.

Uno dei personaggi minori di questa opera è un mercante italiano che si chiama Caveler e per scegliere questo cognome ci si è ispirati ai Cavallari, mercanti di Lucca, solo, che, non essendo Lucca conosciuta dall'inglese medio del XVI secolo, si è preferito farne un lombardo [9].

Secondo alcuni critici fra i possibili cognomi di mercanti sarebbe stato scelto proprio questo perché Caveler suona in maniera abbastanza simile al verbo inglese caviller che significa cavillare e si è quindi voluto dare un'indicazione sul carattere del personaggio fin dal suo nome.

I Cavallari di Lucca nei secoli successivi

Anche dopo il XVI secolo i Cavallari di Lucca hanno continuato la loro attività mercantile e li troviamo citati come componenti di diverse case di mercanti per tutto il XVII secolo: dapprima nella Mendes-Henriquez-Cavallari-Spigliati che diventa Cavallari-Spigliati dal 1662 al 1665 e poi nella Cavallari-Spigliati-Terresi dal 1664 al 1667 che diventa Cavallari-Terresi dal 1668 al 1671 [10].

Queste associazioni erano registrate presso la Corte dei Mercanti come compagnia di traffichi et negotii leciti ed mercantili e questa generica descrizione comprendeva una vasta gamma di traffici tra quali molto importanti erano il commercio dei cereali (che potevano essere il grano dalla Sicilia o la segale dai paesi nordici) ed il commercio della seta grezza.

Nel XVII secolo vari mercanti lucchesi si erano rivolti ai mercati dei paesi nordici e tra questi vi sono alcuni componenti della famiglia Barsotti dei quali ricordiamo un Gregorio Barsotti che dopo essere stato a Dublino si recò in Prussia e Giorgio Barsotti che, nel 1662, ottenne la naturalizzazione polacca.
Con questa famiglia si imparenta, nel 1620, un Giovanni Cavallari di Lucca la cui figlia Zabetta (Elisabetta) sposa Jacopo Barsotti, figlio di Gregorio [11].

I Cavallari, che fin dal XV secolo possedevano l'oratorio di Vallebuja, sui colli presso la città [12], furono anche a lungo proprietari di una villa che da loro prese il nome di Villa Cavallari.
Non so fino a quando questa villa rimase di proprietà dei Cavallari ma in epoca napoleonica, quando vi risiedeva stabilmente il Marchese Cesare Lucchesini che era Gran Cerimoniere alla corte della sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte, la villa, benché ormai non fosse più della famiglia Cavallari, manteneva ancora il vecchio nome [13].

Villa Cavallari era vicina a Villa Lucchesini e si trovava a Marlia, nei pressi di Lucca [14], dove erano tutte le ville più belle compresa quella detta Villa Reale dove risiedeva Elisa Bonaparte e che era stata in precedenza della famiglia Bonvisi.

La villa diventò una depandance di Villa Lucchesini e vi fu conservato l'archivio dei manoscritti di Girolamo Lucchesini (1751 - 1825) che fu uno studioso (era stato allievo dello Spallanzani) ed un importante diplomatico per conto della corte prussiana presso cui visse molti anni, avendo anche sposato una nobile prussiana.

Nel 1856 Francesco Lucchesini, unico figlio dello statista, ospitò in questa villa il Principe Carlo di Prussia, fratello del Re, di cui era Maresciallo di Corte. La proprietà di Villa Cavallari e Villa Lucchesini passò poi al cav. Guglielmo Hüffer. Nel 1874, i manoscritti di Girolamo Lucchesini furono visti da Hermann Hüffer, fratello del proprietario e professore di diritto presso l'Università di Bonn, che li portò, in gran parte, a Berlino dove poi li depositò nell'Archivio di Stato.


[1] - Institute of Historical Research - Letters and Papers, Foreign and Domestic, Henry VIII - Volume 1 - 1509-1514 - J. S. Brewer - London, 1920.   <<

[2] - Richard Ehrenberg - Das Zeitalter der Fugger: Geldkapital und Creditverkehr im 16. Jahrhundert - G. Fischer - Jena, 1896.   <<

[3] - Institute of Historical Research - Letters and Papers, Foreign and Domestic, Henry VIII - Volume 2 - 1515-1518 - J. S. Brewer - London, 1864.   <<

[4] - Institute of Historical Research - Letters and Papers, Foreign and Domestic, Henry VIII - Volume 4 - 1524-1530 - J. S. Brewer - London, 1875.   <<

[5] - Matteo Bandello - Novelle - Parte seconda - Volume quinto - Per Giovanni Silvestri - Milano, 1814.   <<

[6] - George Vertue (a cura di Horace Walpole) - Anecdotes of Painting in England - Fourth Edition, Vol. I - Printed for J. Dodsley - London, 1786.   <<

[7] - British Archaeological Association, Royal Archaeological Institute of Great Britain and Ireland - The Archaeological Journal - Royal Archaeological Institute - London, 1894.   <<

[8] - Alfred von Wurzbach - Niederländisches Künstler-Lexikon: auf Grund archivalischer Forschungen bearbeitet - Halm und Goldmann - Leipzig, 1906.   <<

[9] - Antony Munday and others - Sir Thomas More - edited by Vittorio Gabrielli and Giorgio Melchiorri - Manchester, 1990.   <<

[10] - Rita Mazzei - La società lucchese del seicento - M. Pacini Fazzi - Lucca, 1977.   <<

[11] - F. F. De Daugnon - Gli italiani in Polonia dal IX secolo al XVIII - Tomo I - Tipografia editrice Plausi e Cattaneo - Crema, 1905.   <<

[12] - Tommaso Trenta - Memorie e documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca - Tomo VIII - Presso Francesco Bertini - Lucca, 1822.   <<

[13] - Augusto Franchetti - Storia d'Italia dal 1789 al 1799 - F. Vallardi - Milano, 1878.   <<

[14] - A. Reumont - Girolamo Lucchesini in Archivio storico italiano - Anno XII, n. 35 - Firenze, 1883.   <<


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