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Andrea Cavallari - Vacanze da bambino


Rimini

Per molti anni abbiamo passato le vacanze estive al mare a Rimini. Molto tempo prima dell'estate i miei andavano in treno a Rimini per trovare una casa da affittare per l'estate. Mi sarebbe piaciuto molto andare con loro ma ero troppo piccolo ed il viaggio troppo stancante e così rimanevo a casa con mia zia.

Quando stavano per cominciare le vacanze veniva riempito un grosso baule con tutto quello che serviva e lo si spediva presso la casa presa in affitto in modo di trovarlo là all'arrivo.
Si trattava di un tipico baule verde con gli angoli rinforzati da placche color ottone ed io non vedevo l'ora che fosse quasi pieno perché solo allora potevo mettere i miei giochi (secchielli e palette) sopra a tutto in un apposito contenitore simile ad un cassetto col fondo di rete che serviva a dividere alcune cose più delicate dal resto del contenuto.

A Rimini si andava in treno ed il viaggio mi entusiasmava sia perché mi piacevano i treni, sia perché la linea di Rimini non era ancora elettrificata ed il treno era quindi trainato da delle grosse locomotive a vapore.
Mi piaceva molto stare affacciato al finestrino ma non potevo guardare nella direzione in cui si muoveva il treno, come era invece più bello, altrimenti mi sarebbe potuto andare un bruscolo di carbone in un occhio. Nonostante queste precauzioni non c'era volta che non mi finisse un bruscolo di carbone in un occhio, dopo di che dovevo star fermo mentre mi veniva tolto usando l'angolo di un fazzoletto.

Una volta arrivati a destinazione ci si faceva portare a casa in carrozza. Si usava la carrozza non perché fossimo particolarmente snob ma perché, a quell'epoca, a Rimini costava meno usare la carrozza che un taxi a motore. Mi sarebbe piaciuto molto stare a cassetta ma ero troppo piccolo e così, in tanti anni, credo di esserci salito solo una volta o due.

Di solito si affittava per tutta la stagione (circa due mesi) ma mio padre non aveva così tante ferie per cui ci accompagnava e poi tornava in città e solo in agosto poteva rimanere qualche tempo stabilmente con noi.
Io aspettavo con ansia la sua venuta, anche perché sapevo che mi avrebbe portato in moscone, cosa che mi piaceva moltissimo. A quell'epoca i pedalò erano ancora di là da venire, esistevano solo i mosconi a remi ed ovviamente tutti di legno.
L'acqua del mare era spesso limpidissima e si vedeva bene il fondo anche lontano dalla riva. Anche i fondali dovevano essere migliori di oggi e spesso, specie dopo una mareggiata, trovavo sulla spiaggia delle stelle marine o dei cavallucci di mare.

Andrea Cavallari su di una bici col sidecar (1955 circa)Ogni anno si andava in un posto nuovo, anche se più o meno tutti nella stessa zona. Da una scritta fatta dietro una foto ho visto che, nel 1955, eravamo al numero 19 del Viale R. Parisano in casa di Emiliani.
Per andare in spiaggia si doveva attraversare il Lungomare. Nelle giornate più fresche si passeggiava sul lungomare fino ad arrivare a Piazzale Tripoli che a me piaceva moltissimo perché lì venivano affittate biciclette ed auto a pedali con cui girare attorno alla rotonda centrale.
In particolare prediligevo una bici alla quale era attaccato un sidecar nel quale veniva messa la mia sorellina. Una volta i miei mi fecero provare anche una ben più costosa automobilina elettrica che però non mi piacque perché partiva di colpo e alla velocità massima in maniera ben diversa delle vecchie auto a pedali di Piazza Ariostea a Ferrara alle quali ero abituato.

In spiaggia vi erano i vari bagni, proprio come ora, ma, benché esistessero gli ombrelloni, ce n'erano pochi e venivano snobbati da chi rimaneva a lungo al mare. Erano di gran lunga preferite le tende che consistevano in un grande rettangolo di tela cucita attorno ad un palo orizzontale retto da un palo più grosso piantato nella sabbia e tenuto fermo in basso da due picchetti.
La tenda faceva più ombra di un ombrellone ma richiedeva un grosso lavoro da parte dei bagnini che dovevano continuamente spostare i picchetti in basso per far ruotare la tenda col sole e mantenerla quindi perpendicolare ai suoi raggi.

A Rimini non eravamo soli ma, di solito, si andava con una famiglia di amici dei miei. Si prendevano case diverse ma si sceglieva lo stesso periodo e lo stesso bagno.
In questa famiglia c'erano due maschi, uno, Antonio detto Tonello, era della mia stessa età ed eravamo inseparabili, l'altro (Luigi) era di qualche anno più grande. Non ho visto più nessuno dei due per moltissimi anni anche se, di tanto in tanto, ho qualche notizia loro ed alcuni anni fa ho incontrato di nuovo Antonio.

Ogni tanto passavano dei piccoli aerei che buttavano dall'alto nuvole di colorati volantini pubblicitari ed era un grande divertimento correre dietro ai volantini per raccoglierne uno di ogni colore.
Un anno c'era un aereo che buttava dei piccoli paracadute ma, per quanto ci provassimo, non siamo mai riusciti a prenderne nemmeno uno perché erano ambiti anche da parte dei ragazzi grandi.

Dei vari tipi di venditori che allora percorrevano le spiagge l'unico che è sopravvissuto fino ad oggi è quello del cocco bello. Chi aspettavo con più ansia era quello che portava i bomboloni appena fatti che stavano in una cesta di acciaio inossidabile con i coperchi di vetro.

Qualche tempo fa sono stato a Rimini per alcuni giorni e l'albergatore, che era circa della mia età e che si ricordava bene del venditore di bomboloni, mi ha detto che costui preparava i bomboloni di notte e poi girava lungo la spiaggia per venderli. I suoi bomboloni erano così buoni perché li faceva con una sfoglia particolarmente sottile per cui contenevano una grande quantità di crema dolce.

Il più curioso di tutti era il venditore di aquiloni che compariva solo ogni tanto quando c'era un bel vento adatto agli aquiloni che erano leggerissimi e fatti solo di canne e carta di riso.
Mentre il venditore girava si portava dietro alcuni aquiloni in volo ed anche un treno di aquiloni che arrivava ad altezze incredibili in quanto era fatto da più aquiloni legati l'uno all'altro ad intervalli regolari in modo da poter reggere il peso della lunghissima corda.

Uno dei divertimenti dei bimbi al mare era scavare buche. Per questo era molto ambito possedere una palettina grande simile a un piccolo badile e ne avevo una anch'io con il manico di legno e se mi ricordo bene con la pala dipinta di azzurro.

Si scavano dei buchi ed il divertimento era arrivare all'acqua cioè scavare fino a trovare la falda dell'acqua di mare. Ovviamente più si scavava vicino alla riva e più facile era arrivare a questo traguardo, invece, scavando più lontano, era più difficile. Tutte queste buche poi facevano sì che chi camminava lungo al riva dovesse stare attento a dove mettere i piedi e siccome c'era un grande passeggio accadeva sempre che qualcuno inciampasse.

Un altro divertimento, piuttosto cattivo, era costruire delle trappole e cioè scavare delle buche non particolarmente fonde appositamente per farci finire la gente dentro con i piedi. In questi casi si usavano i volantini buttati dagli aerei tenuti ben tesi con della sabbia bagnata ma facendo in modo che non si vedesse per poi ricoprire il tutto con della sabbia asciutta in modo che non si notasse niente ed uno ci mettesse il piede dentro. Fortunatamente non mi risulta che mai nessuno si sia fatto male.

Un'altra cosa che piaceva a me e a Tonello era girare intorno al bagno per recuperare i tappini delle birre e delle altre bibite. A me piaceva particolarmente quello del Campari Soda che è rimasto immutato fino ad oggi.

A quell'epoca degli aerei militari della base americana di Rimini avevano la mania di passare a bassissima quota spaventando i bagnanti. Mi ricordo di un momento in cui mi sono girato sentendo il rumore che facevano e ho visto un aereo bassissimo del tipo F86 o qualcosa di simile e l'ho come fotografato nella mente.

Proprio in quei giorni, usciva una Domenica del Corriere con una copertina molto simile a quello che avevo visto io perché uno di questi aerei aveva colpito o comunque aveva avuto a che fare con una disgrazia accaduta ad una bagnante.

Cervia, Milano Marittima e Portogaribaldi

Alla fine degli anni '50 è nato mio fratello ed i miei hanno deciso che Rimini era lontana e che vi era troppa confusione per andarci con un bambino piccolo e così abbiamo cominciato ad andare a Cervia e Milano Marittima ed un anno anche a Portogaribaldi.

Varie volte vi siamo andati assieme alle famiglie di mie zie che però avevano tutte figlie femmine e così non avevo più nessuno con cui giocare come facevo con Tonello a Rimini.

Un anno eravamo attaccati alla casa dei proprietari della casa che avevamo affittato ma anche costoro avevano solo una figlia femmina dell'età di mia sorella e così giocavamo con lei e con una sua amica (mi sembra che si chiamassero Silvana e Daniela).
A me piaceva osservare suo padre con i suoi hobby. Come me amava lavorare col traforo ma, invece di usare il compensato come facevo io, intagliava sottili lastre metalliche; però la cosa più interessante da vedere era come faceva a costruire le navi in bottiglia: preparava tutta la nave fuori dalla bottiglia ma con gli alberi ripiegati, poi la infilava nella bottiglia e tirando ed incollando le sartie rialzava gli alberi e terminava il modello.

L'anno in cui siamo stati a Portogaribaldi non sono stato troppo soddisfatto del mare perché c'erano la barriere frangiflutti da poco costruite ed una delle cose che più mi piacevano era fare il bagno in mezzo ai cavalloni.
Ricordo però una bellissima vacanza fatta a Portogaribaldi alcuni anni prima ma all'inizio della primavera e non d'estate.

Stare al mare quando non c'era nessuno mi era piaciuto molto e mi avevano molto interessato le piccole tartarughe che i ragazzi del posto catturavano per gioco. Per molto tempo ho pensato che si trattasse di tartarughe marine appena nate ma invece si trattava sicuramente di tartarughe palustri.

In quell'epoca era visibile una cometa ed i miei mi hanno portato fuori alla sera per farmela vedere. Il cielo era limpidissimo e nessuna luce offuscava quella delle stelle e sono rimasto ammirato da quella che credevo essere la grande coda della cometa che attraversava il cielo.
Quando sono stato più grande però ho capito che quella che avevo ammirato non era affatto una cometa bensì la Via Lattea che nel cielo plumbeo della città non ero mai riuscito a vedere.

Vacanze sull'Appennino

Benché le nostre vacanze fossero quasi sempre al mare, qualche volta siamo stati anche in montagna ma, per ragioni logistiche, non volendo allontanarci troppo da casa si andava sull'Appennino.

La mia prima vacanza in montagna è stata a Pavullo sull'Appennino modenese ma a quelle epoca ero ancora molto piccolo e non conservo alcun ricordo di quella vacanza.
Anche nel 1954, quando siamo stati a Pracchia, ero molto piccolo ma di quella vacanza ho vari ricordi. Non eravamo soli ma con noi c'erano i miei nonni ed un mio cugino di qualche anno più anziano di me e che a me sembrava grandissimo e con cui giocavo molto volentieri.

Si andava spesso in gita lungo un bel torrente ricco d'acqua (che penso fosse il Randaragna) dove io potevo giocare col mio secchiello e la paletta. Ricordo che proprio allora la mia sorellina cominciò a camminare ma il ricordo più bello sono le lucciole che non avevo mai visto prima e che mi fecero una grossissima impressione.

Nel luglio del 1957 siamo stati in vacanza a Porretta Terme. Non eravamo in un appartamento ma avevamo una convenzione con una pensione dove andavamo a mangiare mentre dormivamo in una stanza lì vicino.
La pensione aveva la televisione e ricordo i primi spettacoli, in particolare i primi Carosello che aveva iniziato in quell'anno le sue trasmissioni e che mi piacque subito molto.
Ricordo anche un bellissimo cervo volante che ebbi modo di osservare a lungo, ai piedi di un albero in un bosco dietro il paese, e che non ho più avuto modo di rivedere nei nostri boschi.

Vacanze sulle Alpi

Nel 1958 abbiamo fatto una lunga vacanza sulle Alpi a Pieve di Cadore. E' stata una vacanza bellissima che ha fatto nascere il mio amore per la montagna.
Avevamo affittato un appartamentino indipendente al pian terreno di una grande casa che era alla fine del paese. Era sul retro della casa ed appena usciti dalla porta, c'era un enorme prato in leggero declivio dove potevo correre a volontà perché era appena stato sfalciato.

Quello però che era più straordinario era il binario in fondo al prato su cui passava, varie volte al giorno, il trenino a scartamento ridotto che collegava Calalzo con Cortina e che purtroppo non esiste più da molti anni.
Mi piaceva moltissimo starmene disteso sull'erba del prato a veder passare il trenino che era molto allegro, tutto colorato in bianco e celeste.

Un'altra cosa che mi piaceva era osservare gli Alpini della vicina caserma ed in particolare la sentinella davanti al portone che se ne stava rigida ed impettita col fucile al fianco.
Un appartamento vicino al nostro era occupato da una famiglia di Venezia che aveva una figlia della mia età (Betty) con la quale giocavo.

Ho fatto anche varie gite a piedi nei boschi che mi sembravano avventure straordinarie. Purtroppo non potevo partecipare alle gite più impegnative fatte dai grandi.
Ricordo in particolare la gita che mia mamma fece al Rifugio Antelao e che per me rimane ancora un luogo leggendario perché, nelle tantissime gite che ho fatto da allora in montagna, non mi è mai capitato di passarci.

Tra le gite alle quali ho partecipato anch'io quella che piacque di più fu quella detta dei laghetti perché il sentiero correva nel fitto del bosco e passava vicino ad una sorgente di acqua ferrugginosa. Quando poi tornai a scuola e mi fu dato il solito tema sulle vacanze estive (Una giornata delle passate vacanze) raccontai proprio questa gita.

Nel 1963 siamo tornati sulle Alpi, questa volta a Costa di Folgaria. Io ero già grandino e si possono considerare queste le mie ultime vacanze da bambino.
Eravamo assieme ad una mia cugina, più anziana di me e già sposata e con dei bambini piccoli.
Il posto era molto bello e mi piaceva ma mi annoiavo un po' non avendo nessuno con cui giocare e non potendo fare delle gite impegnative per la presenza di bambini piccoli.

Dendriti di pirolusite (falso fossile)Mi ero così messo in mente di trovare dei fossili ed esaminavo tutte le pietre con grande attenzione.
Ovviamente non trovavo mai nulla ma, proprio alla fine della vacanza, una pietra che avevo percosso con un martelletto che portavo con me, si è divisa in due facendo vedere al suo interno l'impronta di un bellissimo fossile di felce.

Sono stato felicissimo, l'ho fatto vedere a tutti e lo tenevo esposto nella mia cameretta.
Quando, anni dopo, ho cominciato ad interessarmi più seriamente di fossili, ho scoperto che in realtà si trattava di un falso fossile e più precisamente di dendriti di pirolusite.

In pratica si tratta di una formazione naturale formata da biossido di manganese (la pirolusite) che si infiltra nelle piccole crepe di una roccia formando un disegno a forma di albero (dendrite).
Anche se non si tratta di un fossile, è comunque un oggetto curioso e molto bello che conservo tuttora.


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