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La storia di Padre Virgilio Silvani in Cina


Premessa

Molte volte avevo sentito raccontare da mia madre che un suo cugino era morto missionario in Cina ma non conoscevo i dettagli della sua storia. Mia madre mi diceva anche che aveva letto il diario che lui aveva lasciato e che era molto interessante e commovente.
Così, tanti anni orsono, le ho chiesto di scrivere ai suoi parenti e chiedere se era possibile leggerlo o averne una copia. Le fu risposto che il diario purtroppo era andato distrutto durante la guerra (credo in un incendio) ma ci veniva mandata copia di una relazione scritta dai compagni di missione di Padre Virgilio Silvani sui suoi ultimi giorni che è comunque interessantissima.

Successivamente a mia mamma veniva in mente che forse, durante la guerra, il diario era stato prestato ad un prete della chiesa di Santa Francesca Romana perché lo leggesse ma poi erano cominciati i bombardamenti e la gente era sfollata qua e là e si erano persi i contatti.
Apparentemente ciò è in contrasto con quanto detto prima ma, dato che il diario riempiva svariati quaderni, entrambe le storie sulla fine del diario possono essere vere. Potrebbe anche darsi che alcuni di questi quaderni esistano ancora chissà dove.

Quando fu vuotata la casa di mio nonno, alcuni anni dopo la sua morte, chiesi di esaminare tutto quello che rimaneva dopo che i miei zii avessero preso le loro cose e trovavo, in mezzo a vari biglietti di auguri di Pasqua e cose simili, una lettera autografa di Padre Virgilio scritta ai miei nonni (che per lui erano zii) subito prima della partenza per la Cina. Ne fui molto contento ma non avrei immaginato quello che sarebbe successo qualche tempo dopo.

Passati alcuni anni una mia zia, con cui aveva vissuto mio nonno, portò a mia mamma un sacchetto pieno di vecchie bollette del telefono, della luce, etc. dicendole che le aveva tenute nel caso ci fossero delle contestazioni ma che, essendo ormai passati molti anni, secondo lei si potevano buttare via però, sapendo che mi interessavo alla storia della famiglia, me le passava nel caso mi servissero.
Esaminavo attentamente tutto il contenuto del sacchetto e oltre alle bollette, vi trovavo alcune piccole buste con biglietti di condoglianze e simili. In una di queste, invece del solito cartoncino, vi era della carta sottilissima ripiegata più volte.
La aprivo con attenzione ed avevo la gioia di scoprire che si trattava di alcune lettere scritte da Padre Virgilio dalla Cina compresa una, interessantissima, che comprendeva anche una relazione completa del suo viaggio dall'Italia fino all'interno della Cina.

Padre Virgilio Silvani, essendo cugino di mia mamma, appartiene alla generazione successiva di quella dei miei nonni alla quale, per ragioni di privacy, mi fermo in questo mio sito.
Per lui però faccio una strappo alla regola non solo perché ormai sono passati più di settant'anni dalla sua morte ma soprattutto perché si tratta di una storia interessantissima che può essere di esempio per altre persone.

La Vocazione di Vittorio Silvani

Vittorio Silvani nasce a San Piero in Bagno [1] nel 1912. Suo padre, Tersilio Silvani, è uno stimato commerciante del paese, originario però di Pieve Santo Stefano (Arezzo) dove era nato da Saturno Silvani e Maria Cheli.
Nel 1910 Tersilio Silvani sposava Anna Statini e due anni dopo, nasceva il loro primogenito che veniva chiamato Vittorio in onore del nonno materno.

Vittorio Silvani era un ragazzo allegro e vivace ma ad un certo punto della sua vita si mise a fare alcune cose strane.
Per descrivere quanto succedeva, riporto un breve scritto di mia madre che racconta quanto si ricorda di quei momenti:

(27 novembre 1997) - Domenica è stato qui Andrea ed ha fatto alcune ricerche; tra una cosa e l'altra ci siamo messi a parlare di mio cugino frate (Padre Virgilio) di cui voglio ricordare alcune cose: Avevo poco meno di 20 anni quando in famiglia seppi che questo cugino dal nome Vittorio, ogni tanto scappava sui monti (i genitori avevano casa e "bottega", erano negozianti di generi alimentari, ma erano di un certo tono, nella cittadina di San Piero in Bagno). Lui Vittorio avrebbe dovuto aiutare e sostituire un giorno il padre in quel lavoro ... ma non se la sentiva e senza dare nessuna spiegazione si rifugiava in alto sui monti del paese per giorni interi ed anche qualche notte.
Il padre non riusciva a capire questo comportamento finché dopo vari "scontri" con i genitori confessò di volersi fare frate. Era il maggiore dei figli maschi quindi destinato a succedere al padre. Ma vani furono i richiami, i rimbrotti e qualche scappellotto cosicché a lungo andare vinse la sua battaglia per la fede ed i suoi acconsentirono al suo volere che, oltretutto, era quello di fare il missionario.
Ricordo che alla celebrazione della sua prima messa
[il 19 luglio del 1936 N.d.R.] furono invitati anche i miei genitori (il padre, Tersilio, era fratello di mia madre) e papà  spedì una cassetta di vino specialissimo che, penso, servì oltre che alla prima, a tantissime altre messe.

Noi abitavamo allora a Ferrara in via Argine Ducale in una bella villetta e quando Padre Virgilio prese i voti e fu spedito in Cina come missionario, venne a salutarci e fu nostro ospite. Era un ragazzo poco più che ventenne, allegro e sempre pronto all'allegria; ricordo che avendo dato a lui la camera da letto attigua a quella di noi sorelle la sera, prima di spogliarsi, veniva a farci arrabbiare mentre eravamo sotto le coperte. A me sembrava così strano di avere un frate in camera!
Ci raccontava barzellette ed una sera dovemmo "cacciarlo" perché non ci lasciava più. Appena noi si spegneva la luce lui, in punta di piedi, tornava e ricominciava. Era, insomma, un tipo molto allegro.
Per quei pochi giorni che è rimasto nostro ospite, andavo a messa ogni mattina nella chiesa della Santa Famiglia, in cui noi eravamo di casa e così, prima di questa funzione, chi di noi voleva fare la S. Comunione doveva confessarsi. Allora era d'obbligo, non come fanno oggi.
Come è stato strano per me essere nel confessionale a tu per tu con lui, mio cugino. Per fortuna non avevo grossi peccati (e neppure piccoli, a dire la verità) ma fu per me una emozione tanto forte che in principio non riuscivo a parlare attraverso la grata. Finalmente aprii bocca. Mi disse "Tutto qui?" Però mi parlò della religione ecc. e uscii da quel confessionale veramente soddisfatta.

Padre Virgilio Silvani (il secondo da sinistra) con i suoi confratelli

La partenza per la Cina

Vittorio Silvani prende quindi i voti come francescano (nell'Ordine dei frati minori) ed assume il nome di Padre Virgilio. Riceve l'Ordinazione Sacerdotale il 30 giugno 1936 presso il Convento dell'Osservanza vicino a Siena. Chiede subito di diventare missionario e dopo un breve periodo di preparazione, il suo desiderio viene esaudito.
E' assegnato alla missione di Sianfu nello Shensi in Cina
[2].

La missione di Sianfu ha origini molto antiche. Già nel XVII secolo a Sianfu era presente una missione francescana ma le persecuzioni dei missionari, iniziate nel 1736, colpirono gravemente la comunità cristiana che era allora in espansione [3].
Solo nella seconda metà dell'800 poteva riprendere l'opera evangelizzatrice e nel 1878 veniva fondato il Vicariato Apostolico di Scen-si che, nel 1911, prendeva il nome di Vicariato Apostolico dello Shensi Centrale e nel 1924, diventava il Vicariato Apostolico di Sianfu. Dal 1932 il Vicario Apostolico di Sianfu era Padre Pacifico Giulio Vanni [4].

Lo Shensi è una regione della Cina centrale a sud della Grande Muraglia. Aveva allora oltre 27 milioni di abitanti e la sua situazione politica era alquanto instabile in quanto la regione era in mano ai nazionalisti del Kuomintang di Chiang Kai-shek tranne la parte nord della regione che era in mano ai comunisti di Mao Tze-tung che vi erano arrivati da poco dopo la Lunga Marcia partita dal sud della Cina.
Sianfu è la capitale dello Shensi ed è una grande città molto antica [5] che allora aveva circa un milione di abitanti ed era circondata da grosse mura e torri. Si trova a circa mille chilometri (in linea d'aria) dalla costa.

Prima di partire Padre Virgilio scrive ai suoi zii ed ai suoi cugini. Dalle sue frasi traspare la sua grande fede che lo conforta nel dolore che prova nel lasciare i suoi cari:

Il pensiero di aver lasciato i genitori come pure voi, cari zii e gli altri parenti mi affligge grandemente, ma Dio che non mi ha mai abbandonato mi assisterà anche in questi momenti terribili in cui abbandonerò per diversi anni voi, miei cari, e la mia bella patria. La mia sarà vita di sacrifici e di privazioni ma il pensiero di persone care che pensano a me e che saranno unite a me mediante la preghiera ed una continua corrispondenza mi sarà di conforto anche in mezzo alle più dure prove che dovrò sostenere per la salvezza delle anime.
Mi ricordo di tutti e di tutti ne serberò il più affettuoso ricordo perché non potrò mai dimenticare le cure e i riguardi che mi avete usato quando venni da voi.

... Domenica prossima, festa di S. Francesco, verrà a trovarmi il mio nonno Vittorio. Non so proprio come fare a distaccarmi dal mio buon nonno che è stato per me come un altro padre. L'avevo già salutato definitivamente ad Arezzo piangendo come un bambino quando ecco che mi scrive manifestandomi il desiderio di rivedermi. Che il Signore mi dia forza e coraggio. Anche i miei genitori mi hanno scritto manifestando il dispiacere grande che hanno nel vedermi partire. Ho cercato di consolarli. Firma di Padre Virgilio Silvani - 1 ottobre 1936

Anche nella sua prima lettera dalla Cina Padre Virgilio ribadisce questi concetti:

La mia gioia giunse al colmo quando ricevetti il 3 di Novembre la vostra. Il pensiero continuo che voi tutti nutrite per me mi fa stare allegro e mi spinge a far sempre di più per il bene delle anime.
Anch'io vi ricordo tutti singolarmente, come pure non ho mai dimenticato le tante gentilezze che mi avete usato. Non state in pensiero per me perché tutto supererò con la grazia del Signore. Certo il lavoro è molto in Cina per noi missionari; le difficoltà pure si incontrano ad ogni passo, ma non dubitate il coraggio non mi manca e i sacrifici non mi spaventano.
Non mi pare il vero che mi scriviate ogni settimana, è quello che cerco. Io non potrò fare altrettanto per il grande studio che abbiamo, ma però quando vi scriverò sarà molto lungo.

Il viaggio in nave fino alla Cina

Il 22 di ottobre del 1936 Padre Virgilio è a Brindisi ed il giorno successivo si imbarca per la Cina, insieme a cinque altri sacerdoti novelli, sbarcando a Shangai il 15 novembre.
Riporto l'interessantissima relazione del suo viaggio che era contenuta nella prima lettera che inviò ai suoi zii dopo il suo arrivo a Sianfu.

Giovedì, 22 Ottobre 1936

Dopo aver fatta la funzione missionaria a Bari con la partecipazione del nostro Vescovo Pacifico Vanni e dell'Arcivescovo locale, pure francescano, in mezzo alla ammirazione ed alla commozione del popolo che ci circonda esultante, partiamo per Brindisi, ultima città italiana che noi vediamo.
Con noi è pure Padre Alfredo Paneri, della Provincia delle Marche, francescano ancor esso. Facciamo, perché invitati alla Verna da suo fratello, una visita al Prefetto di Brindisi, Guidoli, il quale ci accoglie con tutto il piacere e ci usa mille gentilezze. Quando ci allontaniamo egli è visibilmente commosso.

Venerdì, 23 Ottobre 1936

Oggi è una giornata di dolore e strazio per me nel lasciare i Genitori ed i parenti. Ci imbarchiamo sulla nostra bella motonave Victoria [6] alle ore 16 di sera. Lascio il porto di Brindisi col cuore straziante e il pensiero rivolto ai miei cari. Appena persa di vista, negli ultimi bagliori del giorno che muore, la bella città italiana, invochiamo l'aiuto della Madonna nel lungo viaggio con l'Ave Maris Stella. Io canto singhiozzando.
Si sono uniti a noi altri frati di Trento col loro Vescovo Cozzanelli, partenti pure essi per la Cina, confinanti con la nostra missione, nella provincia dello Shen-si. Diventiamo subito amici. Stiamo tutti nello stesso scompartimento.

La motonave Vittoria

Sabato, 24 Ottobre 1936

La nostra motonave viaggia magnificamente. Fra tutte quelle che si recano nell'Estremo Oriente è la più veloce. Il mare è calmo. Durante il giorno dal ponte di IIa classe dove ci troviamo, vediamo i primi uccelli marini e pesci magnifici. Costeggiamo la Grecia e sorpassiamo molte isole.

Domenica, 25 Ottobre 1936

Il mare è calmo. Durante la mattinata scorgiamo molte navi di diversa nazionalità. E' l'onomastico del nostro Vescovo Mons. Pacifico Vanni, e perciò facciamo una piccola festa in suo onore.
La sera arriviamo a Port-Said. Non possiamo visitare la città perché ci fermiamo al largo. Il porto è abbastanza grande, ma non presenta caratteristiche particolari; però vi è un grande movimento.
Quello che attira gli occhi dei viaggiatori sono i piccoli Arabi che si gettano in mare per raccogliere le monete gettate dalla benignità dei passeggeri. Non se ne perde una. La seconda cosa che attira sono i piccoli venditori che ti urlano dalle loro barche per comprare la loro roba la quale si può dire che non costa nulla.
Ripartiamo alle ore dieci passate, ed entriamo subito nel canale di Suez. Viaggiamo lentamente data la strettezza e la poca profondità del canale. La traversata di esso è stupenda. Le sue rive sono verdeggianti e qua e là spiccano piccole case bianche che fanno bella mostra di sé. Ogni tanto si staccano dalle rive del canale piccole lingue di terra che offrono maggior vegetazione, e con la loro piccola casa, quasi sospesa nell'aria, perché retta da piccole palizzate, rallegrano talmente l'occhio che poi è quasi impossibile che ci si stanchi di contemplare, data la poeticità dei luoghi.

Lunedì, 26 Ottobre 1936

Il mare è calmo. Siamo sempre nel canale di Suez. Verso le nove del mattino scorgiamo in lontananza la città di Suez. Mi sono fatto fotografare con la mia macchina, una volta da solo ed un'altra volta con due frati Trentini.
Vediamo gli Arabi che erano saliti a bordo la sera avanti, pregare Maometto rivolti verso la Mecca.
Verso le dieci giungiamo a Suez piccola città da un porto pure piccolo ma bellino. Non abbiamo tempo di visitare la città perché ripartiamo quasi subito, quindi non posso dire nulla di essa.
Siamo già nel Mar Rosso. Da una parte abbiamo le coste dell'Arabia, dall'altra quelle dell'Egitto. Ci stanchiamo presto di osservare perché non vediamo altro che monti nudi e zone senza nessuna traccia di abitazioni verso la parte dell'Arabia, mentre verso l'Egitto è un po' meglio, ma non cambia di tanto quell'aspetto desolato.
Più tardi assistiamo ad un bellissimo tramonto. Che sfumatura di colori tanto nel mare come nel cielo!

Martedì, 27 Ottobre 1936

Mi levo presto e, celebrata la S. Messa, vado sul ponte al fresco perché in cabina c'è un caldo soffocante che toglie il respiro [7]. Viaggiamo sempre nel Mar Rosso diretti a Massaua. Il mare è sempre calmo. Assisto alla levata del sole che è meravigliosa. Non ho mai veduto una levata simile. Pareva proprio che il sole si levasse dal mare che gli serviva da letto. Non so descrivere la vaghezza del cielo trasformato in mille colori per i primi raggi solari. Bisognerebbe essere pittori ed avere il pennello divino di Raffaello. Tutti i giorni possiamo osservare questo spettacolo meraviglioso.
Fa molto caldo e con più viaggiamo e più il caldo aumenta. La vita di bordo è sempre allegra però annoia un poco, si capisce, sempre fra mare e cielo. La sera c'è il ballo nella seconda classe economica: banda indiana, ballerini indiani con ragazze straniere specialmente inglesi. E' una vergogna.

Mercoledì, 28 Ottobre 1936

Oggi è festa nazionale [8]. Alle ore 9 si svolge il rito dell'alzabandiera. La nostra bella bandiera sventola anche lontano dalla Patria in mezzo all'allegria ed ai canti patriottici di noi Italiani. Alle 9 e ½ il nostro Vescovo M. Pacifico Vanni celebra la Messa nella sala di prima classe circondato da una scorta di marinai in tenuta di gala.
Il mare comincia ad essere alquanto agitato. Prima di mezzogiorno giungiamo a Massaua. Ci fermiamo al largo e perciò non possiamo scendere. Il porto di Massaua non presenta nulla di straordinario. La città che pensavo bella non è altro che un ammasso di capanne le quali danno un aspetto molto triste. Si avvicinano alla nostra nave alcuni negri con le loro barche. Sono molto affezionati a noi Italiani. Sorvegliati da un milite italiano, ricevono nel loro barcone, che ben presto si riempie, tutta la posta proveniente dall'Italia.
Per ricompensa ai loro caratteristici balli fatti per suscitare la nostra ilarità, furono date loro delle mele che mangiarono avidamente. Il caldo che è cresciuto terribilmente ci rende un po' fiacchi. Molti durante la notte dormono sul ponte all'aperto.

Giovedì, 29 Ottobre 1936

Il mare è alquanto agitato. Siamo sempre nel Mar Rosso. Alle 2 pomeridiane giungiamo ad Aden, dove non si scende. Il porto come pure la città sono molto piccoli. Le case sono di mattone o di pietra, ma sono molto basse. Aden è posta su di una altura tutta scogliosa e priva di vegetazione. Le caserme sono allo scoperto. La città appartiene agli Inglesi.
Al porto ci sono i soliti venditori neri che vendono sigarette ed altra merce a buon mercato. Salgono a bordo molti Indiani. Hanno vesti del tutto speciali. Gli uomini, che sono molto robusti, portano una specie di lenzuolo bianco che fermano solo di dietro, mentre le donne che sono in genere molto basse e gracili, portano dei grandi manti che avvolgono tutta la vita. Sono ricchi di ornamenti specie le donne le quali portano una specie di orecchini perfino al naso, mentre alle braccia portano due o tre braccialetti, alle gambe sei o sette anelli d'oro.
Alle sette di sera la motonave riparte ed entra subito nell'oceano Indiano.

Venerdì, 30 Ottobre 1936

Il mare è calmo. Viaggiamo ora nell'oceano Indiano diretti a Bombay dove arriveremo fra tre giorni. Dopo pranzo abbiamo scorto dei grossi pesci che abbiamo giudicato delfini. Alla sera andiamo al cinematografo.

Sabato, 31 Ottobre 1936

Il mare è alquanto agitato. La sera siamo andati tutti nella sala di Ia classe col salvataggio per fare gli esperimenti. Pure nella sala di Ia classe è stato dato sull'imbrunire un ballo in maschera.

Domenica, 1 Novembre 1936

Il mare è calmo. Siamo sempre nell'oceano Indiano. E' la festa di tutti i Santi e perciò la celebriamo meglio che si può. Celebra la Messa il nostro Vescovo. Prestano servizio l'orchestra di bordo e i Salesiani che cantano alcuni mottetti. Dei Salesiani alcuni sono destinati alla missione di Hong-Kong, altri sono diretti in India.

Lunedì, 2 Novembre 1936

Il mare è calmo. Oggi è il giorno dei morti. Il mio pensiero è rivolto a tutti i miei poveri morti in particolare alla nonna Luisa. Alle 10 ½ giungiamo a Bombay città principale dell'India. Il porto che è abbastanza grande ma non poetico, rigurgita di facchini indiani che attendono di salire sulla nave, mentre qua e là passeggiano poliziotti inglesi col loro randello, (non portano armi) per mantenere l'ordine.
Questi poliziotti sono dei veri vagabondi; di mira non hanno altro che trattar male i poveri indiani che sono considerati come schiavi. Ma i movimenti di rivoluzione sono frequenti in India. Verrà dunque anche per i poveri indiani il momento della riscossa.
Sono sbarcati definitivamente alcuni Gesuiti. Invitati siamo andati da loro ed abbiamo così avuta l'occasione di visitare la città. La città è quasi tutta all'europea; ha dei palazzi magnifici, però difetta d'acqua ed è tenuta male.
Lungo il cammino si sono avvicinati alcuni indiani che ci hanno chiesto coi loro inchini e smorfie l'elemosina. Facevano compassione! I bambini come pure le bambine indiane fino all'età di 10 anni vanno completamente nudi. Anche a me si avvicinò una di queste disgraziate a cui detti un anna, moneta locale, che avevo trovato.
Giunti nella missione dei Gesuiti visitammo un magnifico locale dove raccolgono anche le bambine per istruirle. Siamo rimasti entusiasti della loro bella chiesa. Ci salutiamo e noi ritorniamo al porto.
Alle 5 ½ il piroscafo è ripartito per Colombo.

Martedì, 3 Novembre 1936

Niente di nuovo solo che alla sera piove.

Mercoledì, 4 Novembre 1936

Il mare è alquanto agitato. A sera inoltrata giungiamo a Colombo (Isola Ceylon) appartenente agl'Inglesi. L'isola è piccola ma fertilissima. Il porto che è abbastanza spazioso ripara molto bene le navi perché è fatto a semicerchio. Non potendo scendere non posso dire niente della città che mi parve molto grande ed all'europea guardando così dalla nave. Non dubitate che gl'Inglesi hanno buon naso.
Nel tempo che stiamo fermi al porto prendiamo l'occasione di comprare le frutta, come cocco, ananas ecc che trovo molto buone e dissetanti. Parliamo con alcuni marinai del luogo addetti al rifornimento della nostra nave. Sono cattolici, grazie ai Padri Francescani di Colombo, e perciò ci chiedono medagline e santini; vanno anche più oltre, cioè vogliono anche delle sigarette. Noi le gettiamo nel loro barcone, per cui succedono delle vere baruffe. Verso le nove ripartiamo.

Giovedì, 5 Novembre 1936

Il mare è alquanto agitato. Durante la notte del 4 piovve intensamente e abbiamo una fitta nebbia. Perciò la nostra nave manda fischi di sirene per avvertire, se ci fossero, altre navi vicine. La sera assistiamo ad un concerto.

Venerdì, 6 Novembre 1936

Il mare è alquanto agitato. Siamo in viaggio per Singapore. La sera piove dirottamente. Verso le otto ci incontriamo col Conte Verde [9] che ritorna da Shangai. Che festa per noi Italiani! Incrocio di luci delle due navi, razzi, e bandiere al vento. Sono battimani ed acclamazioni a più non posso da parte nostra. Siamo orgogliosi della nostra bella patria anche di fronte ad alcuni Inglesi che trovandosi a bordo del Victoria, tentano di fischiare il Conte Verde. Basta una nostra occhiata per metterli al posto. Vogliono fare i prepotenti anche in casa nostra [10].

Sabato, 7 Novembre 1936

Il mare è calmo. La mattina, circa alle ore cinque, avvistiamo delle terre tra cui l'isola di Sumatra. Alla sera c'è il cinematografo.

Domenica, 8 Novembre 1936

Il mare è calmo. Alle ore sette arriviamo a Singapore dove stiamo fermi fino a mezzogiorno. Prima di arrivare al porto viaggiamo per un po' di tempo in mezzo ad una fila di piccole isole che con le loro forme curiose e lussureggiante verdura presentano un aspetto del tutto poetico.
Visione incantevole è il porto di Singapore con le sue numerose isole. E' un vero baluardo che in tempo di guerra può divenire una base navale di primo ordine. Non ho mai visto un porto così bello e grandioso. Tutte quelle insenature, quei canali, incantano davvero l'occhio. Le navi sono al sicuro, non dubitate. Le case tutte in pietra e all'europea, poste sopra le isole coi loro campi ed i loro giardini, fanno corona al porto. Tutto insomma ti parla di poesia.
Scesi nel porto scorgiamo subito le carrozzelle cinesi. I cavalli, che sono i Cinesi stessi, ti assaltano da ogni parte per condurti in città. Noi stimiamo meglio andare a piedi per osservar meglio la città. Chiesto ad un passante in inglese dove si trovava la Chiesa cattolica, ci fu insegnata. Vi andammo e la trovammo magnifica. Non ha nulla da invidiare alle nostre d'Italia.
Subito dopo andiamo in città che dista un quarto d'ora dal porto. E' una vera metropoli costituita dal 90% da Cinesi, il resto da Giapponesi ed Indiani. Bella nell'insieme, perché non mancano anche dei grandiosi palazzoni, la città è formata da tre quartieri. Il quartiere cinese è tutto singolare: case piccole ma tutte a colori ed iscrizioni. Sembra di essere al teatro quando si passa per una via cinese. Quello dei Giapponesi è più bello e non differisce dai nostri. Quello Indiano non è formato che da capanne di mota senza divisioni di stanza. Le capanne sono più o meno come le nostre stalle, forse un po' peggio perché le nostre stalle sono di pietra.
Alle ore dodici ripartiamo.

Lunedì, 9 Novembre 1936

Il mare è agitatissimo. Molti risentono del mal di mare. Anch'io ne soffro un po', ma è una cosa passeggera. Viaggiamo verso Manila.

Martedì, 10 Novembre 1936

Il mare è agitatissimo e per di più cade una pioggerella. Speriamo che cessi se no anche per i miei compagni è un pasticcio. Io sto ottimamente e sento molto appetito. A mangiare siamo tre soli; gli altri non possono perché vomitano terribilmente.

Mercoledì, 11 Novembre 1936

La mattina il mare è alquanto agitato, poi diventa calmo e resta così per tutto il giorno. Alle sette di sera arriviamo a Manila, grande e bella città. Non mancano però quartieri miserabili. Il porto che è un incanto, è così grande che con la sua baia può contenere tutte le navi del mondo.
Ritornati dal giro fatto in città alla nave, assistetti ad un ricevimento dato dal console italiano di Manila in occasione del genetliaco del nostro Re. Vi fu il ballo e non mancarono i canti patriottici.
Qui a Manila è sbarcata una profuga spagnola con sua figlia che ci furono amici durante il viaggio. Ripartiamo a mezzanotte.

Giovedì, 12 Novembre 1936

Il mare è calmo. Viaggiamo verso Hong-Kong. Questa mattina ho celebrato la Messa che avevo tralasciato di dire nei due giorni precedenti per causa del mare.

Venerdì, 13 Novembre 1936

Il mare è alquanto mosso. Alle 9 ½ giungiamo a Hong-Kong. Il porto è bellissimo e quasi uguale a quello di Singapore. Le isolette al confronto di quelle di Singapore sono un po' nude. Riguardo alla città, è molto bella la parte europea mentre la parte cinese è costituita dalle sole case basse variopinte e piene di iscrizioni; andando poi fuori dalla città non si vedono altro che miseri villaggi costituiti da sole capanne.
Sbarcano definitivamente alcuni Salesiani. Noi, pregati, andiamo insieme a loro in automobile alle loro case. Abbiamo una grande accoglienza da parte dei cristiani. Queste scuole industriali sono frequentate da moltissimi giovanetti anche pagani e sono dirette dai Salesiani e stipendiate dal governo nostro. Riguardo arti e mestieri, scuole ecc. si può dire che hanno tutto in mano i Salesiani.
Pranziamo con loro che ci trattano magnificamente; anche il dolce cinese, una specie di focaccia, che i miei compagni non finiscono, io me lo trangugio con gusto. Non per questo però ho fatto la bocca a tutti i dolci cinesi perché alcuni di questi per noi sono una porcheria.
Al ritorno giriamo il monte sempre in vista del mare. La motonave riparte alle 15 pomeridiane. La sera assistiamo al cinematografo.

Sabato, 14 Novembre 1936

Il mare è alquanto mosso. Durante il giorno non ho notato nulla di particolare. Domani arriveremo a Shanghai.

Domenica, 15 Novembre 1936

Il mare è calmo. Alle nove entriamo nel fiume Azzurro dall'acqua torbida e direi quasi puzzolente. A mezzogiorno e mezzo entriamo nel porto di Shanghai che è magnifico e grande; non è però quello di Singapore.
Siamo arrivati finalmente alla fine del nostro viaggio marittimo e perciò salutati i marinai e quelli che ci furono amici non senza dispiacere, scendiamo e cerchiamo di sbrigare le nostre cose alla Dogana.
Ci fanno aspettare diverse ore prima che venga il nostro turno. Nel frattempo perciò stiamo osservando quello che succede ed assistiamo veramente a delle scene curiose. Ad uno che aveva un ragno a lampadina [11], i doganieri insospettiti glielo fecero smontare tutto pezzo per pezzo; infine ci rimasero con tanto di naso in mezzo alle risa generali.
Vennero anche da noi, e grazie ad un padre della nostra Procura, non guardarono quasi niente e tirarono innanzi.

Il viaggio attraverso la Cina

Il 15 Novembre 1936 Padre Virgilio sbarca quindi a Shangai, città dove vivevano allora centomila occidentali tra la Concessione Internazionale e quella francese. Lo aspetta però ancora un viaggio di oltre mille chilometri per arrivare alla città di Sian, meta finale del suo viaggio.

Prima di lasciare nuovamente la descrizione del viaggio alla penna di Padre Virgilio stesso occorre dire qualcosa sulla situazione politica della Cina in quel momento:

Per molti anni la Cina la Cina era stata sconvolta dai cosiddetti Signori della Guerra. Si trattava di generali, forniti di eserciti personali, che formalmente erano soggetti all'autorità centrale ma che di fatto si combattevano l'un l'altro con continui capovolgimenti di alleanze.

Negli anni '30 si erano imposti i nazionalisti del Kuomintang, comandati da Chiang Kai-shek, che occupavano la costa e gran parte dell'interno della Cina. La Manciuria era stata occupata dai giapponesi nel 1931 dopo che, nel 1928, il Signore della Guerra Chang Tso-lin era stato ucciso (facendolo saltare in aria assieme al treno su cui si trovava) da membri dell'Armata dello Kwangtung e dopo che il suo successore (suo figlio Chang Hsueh-liang) si era alleato con Chiang Kai-scek.

In mano ai comunisti vi erano vaste zone, specialmente nel sud della Cina, in genere non contigue fra loro. Nel 1931 Mao Tse-tung aveva proclamato la repubblica sovietica dello Kiangsi ma, attaccato dai nazionalisti, era stato costretto alla Lunga Marcia fino ad arrivare a Yenan nello Shensi (la stessa regione della Cina dove era diretto Padre Virgilio).

Lascio ora nuovamente la descrizione del viaggio alla penna di Padre Virgilio stesso:

Domenica, 15 Novembre 1936

Liberati dal peso della Dogana, entriamo nell'automobile pronta per noi ed andiamo difilati alla nostra Procura attraversando buona parte della città. Siamo trattati molto bene: ci danno latte, caffè, burro, ecc.
Shanghai, che è una delle principali città della Cina, è una vera metropoli che contiene abitanti di tutte le razze; europei se ne incontrano ad ogni passo. Di cinese questa città si può dire che non ha quasi nulla. E' una vera città europea e mondiale. Bisogna vederla la sera! Che magnificenza!
Non potete immaginare lo sperperio di luce che si fa. I grattacieli che sovrastano a tutti gli altri edifici, contornati da migliaia di lampade a colori, si accendono e si spengono nel buio della notte. Da noi solamente quando c'è qualche festa si assiste ad uno spettacolo così bello di luci. Non parlo poi dei palazzi, delle strade, dei negozi, perché sono di lusso.
Quasi all'estremità della città si trova il più grande osservatorio astronomico dell'Oriente. Costa milioni e milioni di dollari e quanti ce ne spendono continuamente. E' tenuto dai gesuiti francesi; però il capo è un Italiano. Se vedeste che macchine potentissime. Si rimane strabiliati! Non mancano nella città pagode che rigurgitano di dei.

Lunedì, 16 Novembre 1936

Padre Virgilio Silvani (1912 - 1937) Dovendo comprare i vestiti cinesi abbiamo occasione di vedere un po' la città. Per la prima volta ci serviamo delle carrozzelle e del tram. La sera siamo già provvisti anche di cappotto, di scarpe e di cappello.

Martedì, 17 Novembre 1936

Resto tutto il giorno in Procura. La mattina ci vengono portate le mutande ed i calzoni. Alla sera siamo già vestiti alla cinese, però non siamo Cinesi, intendiamoci.

Mercoledì, 18 Novembre 1936

I Trentini ed alcuni miei compagni sono andati dai Gesuiti. Io resto perché piove e mi manca l'ombrello. Più tardi però sono andato in carrozzella con un mio compagno, Padre Savino Danesi, accompagnati da un padre della Procura, ad un tempio pagano in cui vi stanno anche i famosi monaci (bonzi). Ci ricevono gentilmente e ci fanno visitare tutto. Vi è un idolo che è orribile a vedersi; ha certi mustacchi che sembrano code di ciuchi. Poveri cinesi! E pregano questa roba. I templi però sono quasi del tutto disertati perché i Cinesi si sono stufati dei loro dei, non credono più a niente. Infatti la maggioranza di essi è del tutto pagana.
Ritorniamo alla Procura in automobile.

Giovedì, 19 Novembre 1936

Partiamo da Shanghai diretti a Sianfu luogo dove staremo di residenza. Salutati i trentini, insieme al nostro Vescovo e a quel padre delle Marche ci rechiamo alla stazione in automobile. Alle otto precise di mattina siamo già in treno. Dovremo viaggiare due giorni prima di giungere a Sianfu. Siamo già in viaggio.
La campagna che non è altro che tutta pianura e si può dire quasi tutta spoglia di alberi. Non si vedono altro che grandiose estensioni di terreno coltivate a riso o a cotone. Si vedono ogni tanto gruppi di contadini che con i loro strumenti ancora primitivi vanno al lavoro. I Cinesi sono dei bravi agricoltori: non si vede mai un pezzo di terreno incolto. Anche dove è tutto sabbia (e ce n'è moltissima) essi si sforzano di sfruttare il terreno più che possono. Vi sono estensioni di terreno che nulla hanno da invidiare alle nostre mentre altre sono miserevoli e fanno compassione.
Ciò che è terribile in Cina e che spesso manda a male i raccolti è la mancanza d'acqua. Perciò si fanno dighe sopra dighe per bagnare il terreno che è polverosissimo quando manca l'acqua. Anche in treno non ci si poteva liberare della grande polvere o sabbia portata dal vento.
I villaggi cinesi sono tutti della stessa fattura cioè sono formati da capanne di mota frammischiata a paglia e sterco di bue. Le case non sono altro che uno stanzone in cui abitano persone, bestie, e tutto il resto. Immaginatevi il puzzo e il sudiciume.
Gli alberghi, ossia chiamiamoli stalle, sono dei baracconi in cui tutti possono con pochi centesimi mangiare, senza posate e senza tovaglia s'intende (i Cinesi usano gli stecchini), del riso o degli intrugli che non daremmo a mangiare nemmeno ai maiali. Vi potete quindi immaginare che boccacce feci in treno nel mangiare nella loro cucina che appresta quei cibi che, benché all'europea, furono però preparati a modo loro. Più volte ebbi a scappare nel vedere quei sudicioni di Cinesi scaracchiare terribilmente, pulirsi il naso con le mani (non usano fazzoletti) e mangiare con la bocca attaccata al piatto. Basta, se non vi faccio perdere l'appetito. Riguardo al dormire si sta bene.

Venerdì, 20 Novembre 1936

Siamo ancora in viaggio per Sianfu. Ho provato le stesse impressioni di ieri, solo vediamo delle grotte naturali trasformate in case. Le stazioni che incontriamo sono tutte miserabili; sono tutte piantonate da soldati.
Alla sera si avvicina un soldato cinese che ci fa un monte di moine. Ha il coraggio di toccarmi gentilmente la barba e di tastarmi il vestito. Per questo fatto mi sono già raso di nuovo la barba; non voglio più simili complimenti. Mi era venuta la voglia di dargli una guanciata
[12], ma che volete è nel loro sistema essere così curiosi ed educati.

Sabato, 21 Novembre 1936

Il viaggio è di nuovo allegro. Al tocco di notte il nostro Marchigiano Padre Alfredo Paneri ci lascia perché è giunto al suo posto. Noi proseguiamo. La mattina alle ore otto siamo finalmente a Sianfu.
I nostri bambini e bambine sono in fila ad attenderci. Mille bandierine inneggianti al Vescovo e a noi sventolano in mille modi. La banda preparata per noi intonava fra le altre cose la marcia reale. Siamo commossi. Tutti i nostri superiori e compagni sono lì a salutarci.
Saliti in automobile andiamo alla nostra chiesa e residenza. La festa è stata turbata da un grave incidente. Una automobile in cui vi erano i nostri ragazzi al ritorno è ribaltata: vi sono stati due morti ed alcuni feriti leggeri. Giunti alla residenza diamo la triste notizia.
La sera fu fatta dalle bambine un'accademia in onore nostro.

Domenica, 22 Novembre 1936

Oggi andiamo al teatrino fatto dalle bambine. Rappresentarono Mardocheo, un fatto biblico. Ci divertimmo anche se nel recitare sono piuttosto fredde. La sera pure in Chiesa ho sorriso nel sentire cantare e recitare perché sono quasi tutti stonati e fanno una cantilena speciale.
Per ora qui a Sianfu mi trovo molto bene.

Il 22 novembre del 1936 Padre Virgilio è dunque finalmente arrivato alla sua meta. Non sa però che proprio a Sian, stanno per accadere degli avvenimenti che cambieranno la storia della Cina (e forse del mondo) e che lo costringeranno a mettersi di nuovo in viaggio.

Infatti, solo venti giorni dopo l'arrivo di Padre Virgilio a Sianfu e precisamente il 12 dicembre 1936, accade che Chiang Kai-shek, che si trovava appunto a Sianfu, venga arrestato da due dei suoi generali.

I due generali sono Chang Hsueh-liang, comandante generale delle Truppe di frontiera del Nord-Est del Kuomintang [13], e Yang Hu-cheng, comandante della 17° Armata del Kuomintang [14].

Questi due generali nella prima metà del 1936, dopo dei colloqui con Ciu En-Lai del Partito Comunista Cinese, avevano formato la Alleanza a tre, composta dall'Armata rossa, dalle Truppe del Nord-Est e dalla 17° Armata del Nord-Ovest del Kuomintang, per resistere ai giapponesi e Sianfu era diventato un importante nodo per questo fronte.

Chiang Kai-shek, che non era affatto d'accordo, volò fino a Sianfu per ordinare di persona ai suoi due generali di portarsi nel nord dello Shensi per attaccare i comunisti.

Costoro però dopo aver inutilmente cercato di convincerlo all'alleanza con i comunisti contro i giapponesi, lo posero agli arresti.
A Nanchino, capitale della Cina nazionalista, molti volevano nominare un eventuale successore di Chiang Kai-shek e tentare una azione di forza che avrebbe certo portato ad una guerra civile di vasta scala.
Per parecchi giorni la situazione fu in precario equilibrio ma poi Chiang Kai-shek accettò di stringere una alleanza con i comunisti contro i giapponesi e fu liberato tornando subito a Nanchino.

I missionari italiani lasciano Sianfu e si portano fuori dalla zona controllata dai generali ribelli arrivando fino a Lo-yang, nella regione dell'Honan ad est dello Shensi, da dove Padre Virgilio (il 25 gennaio 1937) scrive ai suoi zii narrando gli ultimi avvenimenti.

Riporto di seguito le sue parole. Si tenga presente che quando parla di ribelli intende le truppe del Kuomintang fedeli ai due generali ribelli mentre, quando parla di governo, intende le truppe del Kuomintang fedeli al governo di Nanchino.

Vi scrissi una lunga lettera mandandovi insieme la relazione del viaggio con il biglietto da visita. Non so se l'avete ricevuta perché quando ve la spedii era già stato fatto il colpo di stato, come avrete letto nei giornali e quindi la posta era difficile che passasse. Se vi giungerà conoscerete tutte le mie impressioni e avrete molto da ridere.
Il mondo qui è tutto il rovescio del nostro; la civiltà qui è una cosa non conosciuta. Forse voi starete in pensiero per me. Non abbiate paura perché sono al sicuro e sto molto bene.

Ho avuto occasione di leggere alcuni giornali italiani. Quante fandonie si raccontano riguardo al colpo di stato fatto qui! Noi ridiamo ma certo pensiamo ai parenti che forse chissà cosa pensano di noi.
Certo che per noi il pericolo non mancava da dopo che i comunisti hanno fatto lega con i ribelli ma l'abbiamo evitato venendo qui. Ancora non si sa se il governo farà guerra ai ribelli. E' una baraonda di cui non ci si pesca niente. Certo che in caso di ritirata i comunisti, com'è loro costume, scenderanno nella città dove eravamo prima (non faccio nomi perché la posta è censurata) e la saccheggeranno; allora anche la nostra missione soffrirà non poco
[15].

I ribelli si sono molto fortificati. Attraversando il loro territorio, essendo stati fermati da loro per vedere se avevamo il permesso di passare la frontiera, abbiamo veduto coi nostri occhi i loro mezzi di difesa: trincee, reticolati, appostamenti per cannoni e mitragliatrici, se ne trovavano ovunque. Viaggiavamo in automobile insieme a molti ministri protestanti. Grazie al console inglese che ci accompagnò per tutto il viaggio, non trovammo alcun pericolo.

Giunti al Tungkuan [16] città che è in mano dei soldati governativi, pernottiamo in un vagone, aspettando il treno della mattina che ci doveva trasportare fin qui. Bisognava vedere quanta gente fuggita dalle loro case si dirigeva verso questa provincia.
Il treno fu preso d'assalto: la gente passata dai finestrini che era un piacere. Noi ci accomodammo in un vagone di terza classe e alla meglio siamo giunti fin qui dove siamo ospiti dei missionari dell'istituto di Parma. La fame, il freddo, la sete che abbiamo patito in questi due giorni di viaggio non ve la so dire.

Ora ci siamo rimessi e stiamo bene, solo che aspettiamo che il governo prenda qualche decisione, il che avverrà tra tre giorni. Anche il nostro Vescovo ci ha raggiunti con un trimotore messo a disposizione dal governo per tutti i missionari che si trovavano nella città dove ero prima. Tutti gli Europei si può dire sono evacuati da questa città. Abbiamo avuto qui anche delle interviste di giornalisti cinesi che ci domandavano specialmente cosa facevano i ribelli, abbiamo risposto in modo da non comprometterci.
Io ora ho ripreso il solito tenore di vita. La lingua cinese specialmente da principio è uno scoglio formidabile. Spero di levarmela a poco per volta abbastanza bene.

La malattia e la morte di Padre Virgilio

Successivamente Padre Virgilio torna a Sianfu e da qui, il 2 marzo 1937, viene spedita la sua successiva ed ultima lettera dalla Cina dove si parla ancora degli avvenimenti politici degli ultimi mesi.

Dietro alla lettera e fotografia speditavi da Loyang che credo abbiate ricevuto, eccovi due righi per farvi giungere a tempo gli auguri di Pasqua. La Pasqua la passeremo anche noi ottimamente, non come Natale che abbiamo passato in fuga.
Benché lontani ci ricorderemo a vicenda nelle preghiere. Queste sono il maggior aiuto per il Missionario in genere, ma specialmente per chi si trova in questa barbara nazione, perché nasconderlo? I pericoli che dobbiamo affrontare sono svariati.

Leggendo la mia lettera di Loyang avrete letto la nostra odissea nel viaggio fatto di qui fino a Loyang. Passammo dei giorni tremendi per lo sciagurato colpo di stato fatto a Sianfu. Nonostante le trattative in corso fra i ribelli e Nanchino, sembrava imminente la guerra fratricida.
Il mio pensiero, benché lontano da ogni pericolo, era rivolto a voi cari e alla nostra missione, tanto più che c'era per Sianfu il pericolo dei comunisti. Forse avete sofferto più voi di me, dato che i giornali molte notizie riguardanti Sianfu le inventavano di sana pianta.

Dio ci ha visibilmene protetti, perché pensavamo, nonostante che gli avvenimenti politici andassero male, che Sianfu prima del nuovo anno cinese, cioè del 12 febbraio [17], ritornasse in mano del Governo. Infatti fu così: i ribelli d'accordo con Nanchino si ritirarono al nord dello Shen-si. I comunisti all'annuncio che Sianfu era passata ormai passata sotto il controllo di Nanchino, se la dettero a gambe levate. I comunisti facilmente a giorni saranno battuti [18].
Sianfu ora è in una perfetta calma, anzi il nuovo anno cinese è stato festeggiato con una babilonia interminabile. Bisogna vederli questi poveri pagani quando si danno alla falsa gioia.

Il nostro ritorno è stato senza incidenti. La gioia si leggeva nei nostri volti, non avendo la nostra Missione sofferto niente. I nostri cristiani ci costano dei sacrifici inverosimili, si vede proprio che il Signore ci aiuta anche in mezzo alle più dure prove.
Ho ripreso ora lo studio del cinese; ho già cominciato a dire quanche frase. Facilmente a Luglio avrò anch'io un chierichetto, così potrò descrivere in avvenire come conduco la vita in mezzo ai pagani. Si vedono tante miserie in città che sono contro ogni principio, chissà cosa sarà ai monti.

Qui in residenza stiamo molto bene, sembra di essere in Italia, se si esce però è un altro paio di maniche. Non manca nemmeno il vino, un bicchiere a mezzogiorno ed un altro alla sera ci basta. Non è però il vostro gustosissimo vino.
Vi ricordo tutti con affetto ...

Termino avendo un braccio indolenzito per l'iniezione fatta stamani.

Alla luce di quanto accadrà poi l'ultima frase della lettere di Padre Virgilio ha il sapore di una tragica beffa o di una profezia. L'iniezione ed il braccio indolenzito sono sicuramenti dovuti ad una vaccinazione e sarà proprio una vaccinazione che si è rivelata inefficace a causare, pochi mesi dopo, la morte di Padre Virgilio.

La lettera successiva non arriva da parte di Padre Virgilio e non arriva dalla Cina. E' firmata infatti dal Padre Serafino Serafini, (superiore dell'Ordine dei frati minori), è datata Firenze, 26 giugno 1937 e porta la notizia della morte di Padre Virgilio Silvani avvenuta il 30 maggio a causa del vaiolo.
Padre Virgilio aveva 25 anni di età ed uno di sacerdozio.

Successivamente alla famiglia è stato mandato, oltre al famoso diario, anche un insieme di scritti dei confratelli di Padre Virgilio che raccontano dei suoi ultimi giorni e dei suoi funerali.

E' nella relazione di Padre Domenico Baldieri che vi è la cronistoria degli ultimi giorni di Padre Virgilio:

Sabato, 22 Maggio 1937

Dopo la scuola del Pastorale, Padre Virgilio che già da diversi giorni accusava un certo malessere si è messo in letto (ora lo spieghiamo: era l'incubazione del microbo micidiale).
Scherza e ride e scrive le sue ultime parole nella lettera di Padre Romano Berti dove in modo abbastanza equivoco, ma allegorico, esprime sintomi della sua sofferenza: tanti saluti dal letto dei miei piaceri.
E' l'ultimo scritto, vi saranno poi altri scarabocchi inintelleggibili quando la progredita infiammazione gli impedirà di pronunziare distintamente le sillabe.

Domenica, 23 Maggio 1937

Nonostante la febbre alta, la mattina presto presto ci accorgiamo che è all'altare (è l'ultimo Sacrificio Eucaristico a cui mira il suo per la redenzione delle anime). Un rimprovero è inutile ormai ma lo obblighiamo a tornarsene subito a letto.
Nessuno di noi pensava a complicazioni, e credevamo si trattasse di quelle solite febbri che qui in Cina ci mettono a riposo per tre giorni o quattro con una temperatura che si aggira sempre sui 39 gradi.
Fu il Padre Capecchi che la sera della domenica notò certi piccoli punti rossi. Chiamato il medico la terribile verità affiorò sotto un mugolio di forse, facilmente può essere... si trattava del vaiolo.
La febbre aumentava sensibilmente, e sulla sera toccava i 40 gradi: noi vegliammo fino alle 23 e mezzo e nella camera vicino furono messi due servi per sorvegliarlo.

Lunedì, 24 Maggio 1937

Verso l'una di notte si sente un colpo privo di vita, stramazzato a terra e poi nulla più. Accorriamo, viene di corsa anche il Padre Superiore. Padre Virgilio Silvani giace a terra.
Nel delirio si era alzato e non reggendosi in piedi, era caduto battendo la fronte nello spigolo del tavolino, producendosi una profonda e larga ferita, due dita appena sopra l'occhio sinistro.
Dopo i primi soccorsi: la ferita fu ben curata da un fratello laico missionario tedesco, che per sei anni aveva esercitato in un ospedale di Chang-hai.
E' una giornata di smania oggi, di momenti convulsi. E' necessario rimanere sempre presenti al capezzale dell'ammalato e reprimere con la forza i suoi vani tentativi di alzarsi: a volte neppure in tre riusciamo a tenerlo.
Ci dividiamo il tempo di giorno e di notte. Padre Capecchi, Padre Savino, Padre Baldieri, e per buona precauzione ci innestiamo il vaiolo.

Martedì, 25 Maggio 1937

Padre Silvani riprende oggi conoscenza e balbetta qualche parola, chiede la benedizione e la Santa Comunione. Verso sera essendo un poco più calmo, Padre Agostino lo confessa e nei giorni seguenti fino a sabato compreso può ricevere la SS. Eucaristia.

Da mercoledì 26 a sabato 29 Maggio 1937

Il dottore non è troppo soddisfatto del progresso della malattia e il nostro caro compagno si guarda e si riguarda le mani, le braccia, ha compreso di quale malattia si tratti.
Lo rassicuriamo che è ormai fuori di pericolo (infatti così credevamo) e gli raccomandiamo di stare ben coperto; ma alle nostre parole egli piange e si agita; teme che gli rimangano i segni ributtanti sul corpo e chiede lo specchio.
Doveva soffrire terribilmente mi dirà poi il Padre Arcangelo Capecchi, dopo una susseguente, ma più benigna esperienza.
Infatti egli si agitava, si scopriva, tentava di alzarsi, e noi sempre là ad ammonirlo, a minacciarlo, a tenerlo per le mani e per i piedi... e veramente soffriva: tutti quei punti rossi tentando di uscire all'aperto, striavano la pelle con veemenza. Noi lo sapevamo, ma sapevamo anche che solo il caldo poteva accelerare la formazione del pus e impedire nuove complicazioni.
Nei momenti in cui l'agitazione è minore e Padre Silvani gode volentieri della nostra compagnia e ascolta e annuisce col capo (poiché gli riesce difficile parlare) alle nostre predicucce sull'apostolato della sofferenza.
Monsignor Vanni, il Padre Superiore, e gli altri padri sono continuamente a vederlo; a confortarlo; tre medici si alternano quotidianamente le visite però non hanno dato il responso decisivo: il vaiolo non fa il corso regolare. La notte fra sabato e domenica fu molto agitato ed era appunto il mio turno.
Per calmarlo, staccai il Crocifisso e glielo posi tra le mani, gli parlai delle sofferenze del Golgota, e gli ricordai quel grido Sitio [19] e per sua volontà aprii il volumetto del Padre Schrwers Gesù Cristo nei nostri fratelli [20] e gli lessi qualche punto del capitolo L'apostolato della sofferenza.
A momenti però andava fuori di sé e allora chiamava con angoscia Mamma, Babbo.

Domenica, 30 Maggio 1937

Stamattina Padre Silvani è molto debole e molto calmo. Il dottore gli ha fatto una iniezione di canfora [21]. Lo abbiamo cambiato ed abbiamo accomodato il letto con grande difficoltà.
Il medico non vuole che rimaniamo più a lungo presso di lui, perché l'infezione si fa maggiormente pericolosa.
Siamo in due in piedi, perché Padre Savino già dal 28 è a letto con febbre alta (ora sta bene); Padre Teofilo è destinato alla residenza del Padre Rosi che ci sostituirà presso il malato, ed io vado col Padre Arcangelo al seminario.
Lascio il Padre Silvani alle 14 e mezzo, alle 17 e 30 arriva trafelato il pedissequo di Monsignore e con l'inaspettata notizia porta anche a me l'ordine di non muovermi: rividi il compagno attraverso la bara già chiusa.
Ritorniamo alle ultime ore. Verso le 16 e 30 Padre Capecchi (che era ancora in residenza) prima di entrare in chiesa per la benedizione, fece una visitina al Padre Silvani che era in piena conoscenza.
Proprio sulla fine della benedizione, quando il popolo cantava il Christus Vincit il vecchio che assisteva il Padre Virgilio corre in chiesa a chiamare d'urgenza.
Padre Agostino Barsottelli non si toglie neppure tutti i paramenti e corre per la raccomandazione dell'anima (il Viatico lo aveva già ricevuto) Padre Silvani si spense lentamente senza nessuna contrazione; erano presenti, oltre il Monsignore, il Padre Superiore e tutti i padri.
Fu rivestito dell'abito Francescano, dei paramenti sacri e fra le sue mani stringe il Crocifisso ricevuto a Roma da S.E. Mons. Costantino, espressione dolce di un penoso martirio, risposta all'appello del Calvario Sitio.

Lunedì, 31 Maggio 1937

Messa solenne con esequie, celebrata da Mons. Vanni. La sera ha luogo il corteo funebre. Col Padre Silvani esce per la prima volta la Croce per le strade della città.
Partecipano, e tutti con il lutto, i Cristiani della città; vi è la scuola femminile del Santo Rosario e la scuola maschile di San Giuseppe, una discreta fanfara fa eco alle preghiere ininterrotte dei Cristiani.
Seguono il feretro il Padre Bacciardi, Padre Barsottelli, Padre Rosi, Padre Ko, Padre Teofilo. Noi rimaniamo perché la febbre non ci permette di uscire.
Poco dopo giungono anche i Missionari dei monti, che per un guasto all'automobile non arrivano in tempo per partecipare al corteo.
E ora ci guardiamo l'un l'altro silenziosi, quasi sognando... e ripetiamo con angoscia sia fatta la tua volontà, o Signore.

Padre Domenico Baldieri continua raccontando alcune cose su Padre Virgilio prese dai suoi diari:

Abbiamo dato un'occhiata anche agli scritti del caro compagno, e in data 5 aprile 1937 delle note quotidiane ha queste testuali parole Faccio il proposito di condurre una vita più regolare per prepararmi ad ogni evento che in seguito mi possa venire.

Sentiva, prevedeva qualche cosa. Noi che abbiamo innanzi questo taccuino e lo abbiamo scorso tutto, saremmo tentati di asserirlo.

E la preparazione immediata alle Missioni. Lo studio della lingua cinese mi fa faticare moltissimo e più sotto Mi sono buttato a corpo allo studio della lingua.

In data recente ripeteva ancora studio indefessamente, Spero di compicciare qualcosa. E infatti lo vedevamo sempre a tavolino intento a leggere e a scrivere quei caratteri che come si esprimeva s'impara i nuovi, si dimentica i vecchi.

Padre Domenico Baldieri racconta poi di quando, il 10 giugno 1937, si reca a visitare la tomba di Padre Virgilio ma per la storia di questa visita lascio la parola a Padre Savino Danesi [22] che in collegio fu compagno di banco di Padre Virgilio:

Siamo stati a Che-Li-Pon per la prima volta il 10 giugno. Il mattino, fuori della porta dell'ovest, la incomoda carriabile si inoltra fra i campi aridi circa per dieci lĭ [23], di qui il nome di Che-Li-Pon: dieci lĭ di cammino.

Un piccolo borgo di fango: fuori, di contro alle mura un altro recinto, sulla porta d'ingresso una croce e i caratteri cinesi Chiesa cattolica.
Il nome è solenne; costeggiamo un lato della casa cinese, piccolo centro di propaganda, umile e primitivo cenacolo dove i cristiani si riuniscono a pregare insieme.

Già si sono raggruppati in un attimo. La presenza di quattro europei (con noi è venuto Padre Migliacci) ha il carattere di avvenimento per questa buona gente dei campi.
I Padri sono venuti Siamo venuti. Poi nel silenzio odo un bisbiglio Nien-scing, sono venuti.

L'orto è internato dinanzi, il tumulo è in fondo, addossato al muro di cinta. Domando al Capecchi la posizione del cadavere, di noi lui solo lui la sa.
Deponiamo i fiori che le mani della mamma non possono deporre; assolviamo alla tomba; poi restiamo muti immobili.

Siamo venuti a pregare: Signore, dà a lui il riposo eterno! Signore risplenda a lui la luce perpetua. Altra prece non viene, e sempre di nuovo la ripeto.
Non oso guardare i compagni, il loro dolore mi affligge, e non voglio che incontrino i miei occhi.

Sui fianchi ripidi par che la terra si muova e l'angolo acuto del tumulo sembra che voglia abbassarsi. Questi buoni Cinesi (i suoi custodi ordinari) lo hanno alzato secondo il loro costume per un tà-ien, grande uomo.

Il Silvani dorme qui sotto, lui che è stato sempre con noi!!!
In collegio sedevamo accosto, nel medesimo banco. Poi sempre insieme negli entusiasmi, nelle gioie, in tutte le ore giovanili.
Quegli anni parevano lunghi, di quando in quando ci accorgevamo che erano stati ben corti, quando nei giorni alti e più luminosi della vita potevamo rivolgere indietro lo sguardo.

Ci sentivamo fratelli, avevamo gli stessi ideali, gli stessi propositi. A Siena prostesi all'altare in una medesima fila, giurammo insieme i nostri voti perpetui.
Ci ritrovammo altre volte insieme prostesi; il Vescovo chiamava su di noi lo Spirito Santo, e ci alzavamo trasformati.

Oh, quali comuni emozioni quando (non ancora un anno e compiuto) da S. Francesco risalimmo insieme il colle di S. Bernardino e storditi di arcana virtù ci fissammo negli occhi umidi di luce, sacerdoti dell'Altissimo Iddio, pronti ad ogni impresa apostolica! ...

Non sapevamo l'uno dell'altro.
Un giorno Mons. Vanni all'osservanza ci riunì nella camera che l'ospitava: ci disse: E' tempo che vi conosciate tra voi. Voi sei mi avete chiesto di prenderVi; voi sei verrete con me, per soffrire pericoli e pene per salvare tante anime in Cina. Preparate lo spirito.
Fu una rivelazione: anche tu, anche tu! E di sotto all'ilarità sentimmo che i nostri cuori erano stretti e battevano insieme.

Poi partimmo: fu l'ora del sacrificio e mescolammo le nostre anime insieme alle nostre lacrime. Ad Arezzo raccogliemmo le sue, testimoni del distacco del vecchio nonno.
Giunti appena in Missione, soffrimmo insieme le lunghe apprensioni per la rivoluzione di Sianfu, la fuga, l'esilio. S.E. Mons. Bassi che ci ospitò a Loyang, ci esprime il suo dolore e dei buoni Missionari di Parma, cari amici in quei giorni.

Per lo studio della lingua sono stati mesi di lunga e santa pazienza; ma ormai stavamo per lanciarci. Freschi di gioventù e ricchi del nostro fervore pensavamo a lavorare tanto sempre insieme, sempre sostenuti in un unione reciproca.

Ora dorme qui sotto!!! Mi sembra di vedere il corpo dissolto. I colpi del morbo lo disfacevano vivo.
Stemmo sempre al suo capezzale e sostenemmo le sue sofferenze. Nulla lasciammo di intentato. Volevamo salvarlo, salvarlo ad ogni costo!
Non valse l'offerta delle nostre tre vite, non le nostre attenzioni di fratelli, né il sanguinare dei cuori.

Quando dopo il delirio della notte mi vide, mi riconobbe e con un cenno stanco mi chiede se lo benedicessi. Gridai aiuto al Signore e alzai le braccia su di lui, il sorriso sul labbro, i singhiozzi dentro, nel cuore.
Per il Corpus gli posi io il cibo della Forza: a lui le cui forze cedevano e piegavano verso la tomba; fu l'ultimo dono di un compagno, il supremo attestato di affetto a lui che partiva mentre prima era stato con noi sempre!

Nell'assisterlo, il mio corpo non resistette quanto resistette il mio spirito. Ero in letto e temettero dirmelo. Me ne accorsi però, perché ora tante attenzioni per me? Perché tanto silenzio nella sua camera?

...

Gli altri mi avvertono, è tardi. Il sole è più alto, i raggi nell'aria accendono una tenua caligine, tenuo velo alla terra.
Torneremo: ma non più mi dispiacerà abbandonare la tomba, i corpi dei Santi sono sepolti nella pace e saranno conservati in eterno; ed io so che vive il Dio Redentore, e in virtù Sua risorgerà dalla terra e lo vedrà: nella sua carne e lo rimirerà nei suoi occhi.
La visione soave mi acquieta. Sediamo sul carro. I buoni cinesi fanno il loro rituale saluto: i padri partono. Partiamo.

Conclusioni

Alla fine di questa storia un pensiero si insinua nella mente e cioè che senso abbia che Padre Virgilio abbia dedicato tutta la sua vita allo scopo di portare Cristo a chi non lo conosceva per poi morire sei mesi dopo il suo arrivo in Cina.

Lo stesso pensiero devono aver avuto anche i suoi compagni e a questo risponde lo stesso Padre Domenico Baldieri nella sua relazione sugli ultimi giorni di Padre Virgilio:

Riposa in una piccola cristianità a 5 km. circa vicino ad una chiesetta eretta da Padre Bacciardi, luogo che Padre Silvani aveva già visitato ai primi di maggio.
Ed oggi che il dolore ci fa comprendere quale sia abbastanza il tempo di sei mesi per essere Missionario, ci è caro ripetere con la Serafina del Carmelo che anche Padre Silvani ha meritato il premio degli Apostoli.

Infatti la Serafina del Carmelo [24] ad uno dei suoi fratelli spirituali, che forse lamentava la morte di un nuovo apostolo, deceduto ancor prima di toccare il suolo infedele, scrisse anche a lui il premio di un apostolo.

Inoltre bisogna pensare che, oltre a quello che ha fatto nel tempo della sua vita, Padre Virgilio può fare del bene attraverso il suo esempio anche dopo la sua morte.

Benché siano ormai passati settant'anni dalla sua morte, io, nel mio piccolo, sto ancora raccontando la sua vita e ci sono anche dei libri che raccontano la storia della missione di Sianfu [25].

La morte di Padre Virgilio fu riportata dalla stampa [26]. A San Piero in Bagno, sua città natale, esisteva una lapide che ricordava Padre Virgilio, lapide che poi essendosi rotta e spostata non mi risulta sia stata ricollocata dove era.


[1] - San Piero in Bagno si trova nel territorio del Comune di Bagno di Romagna che, dal 1923, fa parte della Provincia di Forlì ma che al momento della nascita di Vittorio Silvani si trovava in Toscana e più precisamente in Provincia di Firenze. <<

[2] - Fu significa città, Si significa pace e an significa occidentale per cui Sianfu andrebbe tradotto in la città della Pace Occidentale, la sua grafia moderna è Xi'an che si pronuncia Sci-an. La grafia moderna dello Shensi è Shaanxi. <<

[3] - fr. Pacifico Sella ofm - La storia di una coraggiosa presenza - pubblicato sull'Osservatore Romano del 1 ottobre 2000. <<

[4] - Mons. Pacifico Giulio Vanni, O.F.M. (1893-1967) era il Vicario apostolico della missione di Sianfu in Cina fin dal giugno del 1932. Rimase in Cina fino al 1952 quando diventò Arcivescovo di Sovana-Pitigliano in Toscana. <<

[5] - Sian era anticamente conosciuta il nome di Chang'an ed era il punto di partenza della famosa Via della Seta che univa l'estremo oriente all'occidente e lungo la quale viaggiava appunto la preziosissima seta. Le sue origini sono antichissime. E' stata capitale della Cina dall'XI secolo a.C. al 220 d.C. e poi dal 589 al 907. Raggiunse il suo massimo splendore nel periodo Tang (618-907), quando forse era la città più popolosa del mondo. Ora i suoi monumenti più antichi sono la Grande pagoda delle Oche (VII secolo) e la Grande Moschea (VIII secolo). <<

[6] La motonave Victoria era allora tra le navi più prestigiose del mondo. Aveva iniziato i suoi viaggi nel 1931 sulla linea celere con l'Egitto. Apparteneva al Lloyd Triestino, aveva una stazza di 13.500 t e poteva superare i 23 nodi. Gli interni erano particolarmente raffinati e lussuosi. Fu definita The white arrow (la freccia bianca) dalla stampa inglese e Colomba dell'Oceano dagli Arabi.
Durante la guerra fu adibita a trasporto truppe e fu affondata, il 24 gennaio 1942, da alcuni aerosiluranti inglesi. Nel naufragio morirono 354 persone.
<<

[7] La motonave Victoria, oltre che per il lusso dei suoi arredamenti, era famosa anche perché era tra le prime navi dotate di aria condizionata. Evidentemente però questa comodità non era estesa anche alle cabine di seconda classe. <<

[8] Allora il 28 Ottobre era giorno festivo e festa nazionale in quanto anniversario della Marcia su Roma. <<

[9] Il transatlantico Conte Verde era entrato in servizio sulla rotta celere per il Sud America negli anni Venti per conto del Lloyd Sabaudo. Aveva una stazza di 18.765 t ed era estremamente comodo (per la prima classe) con locali molto ampi e passeggiate larghe ben cinque metri. <<

[10] Prima che il Victoria fosse assegnato alle rotte con l'Estremo Oriente gli inglesi viaggiavano solitamente sulle navi della compagnia di navigazione britannica P & O Line ma poi anche loro preferirono il Victoria perché era in assoluto la nave più veloce; però il dover ammettere che una nave italiana e costruita in Italia fosse migliore di una nave britannica dava fastidio al loro spirito nazionalistico. <<

[11] Non sono riuscito a capire in cosa consista questo misterioso ragno a lampadina. <<

[12] Guanciata è un termine toscano che sta per schiaffo, ceffone. In italiano si usa per indicare il leggero schiaffo sulla guancia che viene dato al cavaliere durante l'investitura e quello che il Vescovo dà il cresimando. <<

[13] Chang Hsueh-liang nacque ad Haicheng nel 1900 (secondo alcuni autori nacque invece nel 1898, secondo altri nel 1901). Era figlio di Chang Tso-lin che diventò Signore della Guerra e che controllava la Manciuria. Nel 1928, dopo la morte del padre (che fu ucciso, facendolo saltare in aria assieme al treno su cui si trovava, da membri dell'Armata dello Kwangtung) gli succedette a capo della Manciuria.
Nel 1931, dopo l'invasione della Manciuria da parte dei giapponesi, si sposta nella Cina nordoccidentale. Si allea con il Kuomintang ma contemporaneamente ha dei contatti con i comunisti per concordare una lotta comune contro i giapponesi.
Con il cosiddetto incidente di Sian costringe Chiang Kai-scek all'alleanza con i comunisti contro il nemico comune giapponese. Una volta risolto l'incidente, temendo nuovi cambiamenti, accompagna Chiang Kai-shek a Nanchino con un aereo pilotato da lui stesso; però viene arrestato e trascorrerà gran parte del resto della sua vita a Formosa agli arresti domiciliari.
Vive molto a lungo e muore nel 2001 alle Hawai a 101 anni di età.
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[14] Yang Hu-cheng era il comandante della 17° Armata del Kuomintang. Assieme a Chang Hsueh-liang con il cosiddetto incidente di Sian costrinse Chiang Kai-scek all'alleanza con i comunisti contro il nemico comune giapponese. Nell'aprile del 1937 fu destituito e obbligato ad andare in esilio. Quando ebbe inizio la Guerra di resistenza ritornò in Cina per combattere il Giappone ma fu arrestato da Chiang Kai-shek. Nel settembre del 1949, quando l'Esercito popolare di Liberazione si avvicinava a Chungking, fu assassinato in un campo di concentramento. <<

[15] Ovviamente la città che Padre Virgilio non nomina, per non mettere a rischio la Missione Cattolica, è Sianfu. <<

[16] Tung-kuan è una città situata all'estremità occidentale dello Shensi e si trova sulla riva sud dello Huang Ho (Fiume Giallo) vicino ad un passo molto stretto e ripido che ha lo stesso nome della città. <<

[17] L'inizio dell'anno nel calendario cinese è variabile essendo legato alla luna (il primo giorno dell'anno deve essere luna nuova) e può cadere tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del nostro calendario. Il capodanno viene festeggiato per quattro giorni.
Nel 1937 l'anno cinese iniziava il 12 febbraio perché la notte fra l'11 ed il 12 febbraio, in Cina, era luna nuova.
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[18] Questa previsione verrà smentita dal tempo. Infatti, anche se serviranno ancora 12 anni e mezzo, i comunisti di Mao Tze-tung arriveranno ad occupare l'intera Cina ed i nazionalisti di Chiang Kai-shek si ridurranno a controllare solo l'isola di Taiwan. <<

[19] Sitio è latino e significa Ho sete ed è il grido di Cristo sulla Croce. Rappresenta anche la sete che Cristo ha di noi, del nostro amore, delle nostre anime e di tutte le anime che dobbiamo condurre a Lui. <<

[20] Penso che Padre Schrwers fosse il possessore del libro e non il suo autore in quanto Gesù Cristo nei nostri fratelli è un libro di Raoul Plus, pubblicato a Torino nel 1926. <<

[21] La canfora (da non confondere con la naftalina che è prodotta chimicamente) si ricava dall'albero della canfora (Cinnamomum camphora). E' un analettico (eccitante) cardiaco e respiratorio, un antisettico bronchiale e polmonare.
Come stimolante del respiro e del circolo cardiaco era un tempo usata in soluzione oleosa per iniezione sottocute o intramuscolo.
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[22] Padre Savino Danesi nacque a Marliana (Pistoia) nel 1913, prese i voti ed andò in Cina assieme a Padre Virgilio. Poco tempo dopo la morte di Padre Virgilio ebbe il compito di dirigere la missione di Hsie Kya dove rimase fino al 1947 quando, a cause delle febbri perniciose che lo avevano colpito, tornò a Sianfu per occuparsi del seminario.
Nel maggio del 1949 Sianfu fu occupata dai comunisti di Mao Tze-tung, Padre Savino fu catturato, internato e processato molte volte colpito da accuse assurde. All'inizio del 1953 fu espulso dalla Cina e potè tornare in Italia. Per due anni stette al Ritiro della Vergine di Fucecchio per riprendersi. Una persona che lo ha conosciuto racconta Ricordo la sua estrema magrezza, il suo cadaverico pallore, i suoi occhi che sembravano quasi spenti. Io ascoltavo incredulo quanto egli mi raccontava della Cina. I comunisti locali sostenevano che le informazioni di Padre Savino Danesi era menzogne e che il frate era un propagandista.
Successivamente Padre Savino fu chiamato alla direzione del Centro Missionario a Firenze. Morì a San Miniato (Pisa) nel 1990.
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[23] Il lĭ è una antica misura di lunghezza cinese. Ora vale cinquecento metri ma nel tempo la sua misura è variata da circa 80 mentri a circa 580. <<

[24] Col nome di Serafina del Carmelo o anche Serafina di Dio è viene indicata solitamente Santa Teresa d'Avila (1515 - 1582). Però anche Maria Maddalena de' Pazzi (1566 - 1607) è stata detta la Serafina del Carmelo per la sua intensa vita mistica. <<

[25] Teofilo Capecchi ha pubblicato Con Roma: p. Antonio Hsie Lin, martire - trentennio di cronaca della missione di Sian, 1924-1957 con la presentazione di Mons. Pacifico Vanni o.f.m. (Firenze: Procura Missioni Francescane, 1964).
Inoltre Domenico Gandolfi ha pubblicato La missione dello Shensi centrale (Sianfu): 1932-1953. Parte II nel trimestrale Studi Francescani (a. 89, 1992, 3-4).
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[26] Corriere Padano - Anno XII - Edizione di mercoledì 29 settembre 1937. <<


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