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Rosa Silvani


La mia nonna materna

Rosa Silvani è la mia nonna materna.

Rosa Silvani a 22 anniNasce a Pieve Santo Stefano (Arezzo) il 25 gennaio 1885 da Saturno Silvani e Maria Cheli. E' la seconda figlia di Saturno e la prima femmina, prima di lei è nato Tommaso e dopo di lei nasceranno altri sei bambini, quattro maschi (Tersilio, Adolfo, Pilade ed Everaldo) e due femmine (Giulia ed Assuntina) [>>].

Il padre di Rosa è commerciante e gestisce un negozio di scarpe. I Silvani abitano in una casetta vicino alla quale abita la famiglia Fanfani da cui, nel 1908, nasce Amintore Fanfani che diventerà il notissimo uomo politico che, per tanti anni, ha dominato il panorama politico italiano ed è stato più e più volte Presidente del Consiglio o Ministro.

Mia nonna ci raccontava che, quando Fanfani era ancora in fasce, lo aveva anche avuto in braccio perché sua mamma, volendo uscire con la mamma di Fanfani della quale era amica e che era stata la sua insegnante, le aveva detto Non ti preoccupare per il bambino lo diamo a Rosa da tenere che ormai è abbastanza grande per badare ad un neonato.
Lei non era affatto contenta di doversene stare in casa da sola per badare ad un bambino piccolo ma, fortunatamente per lei, appena prese in braccio il bambino, questi si svegliò e si mise a piangere così la madre decise di rimanere lei in casa per badare al piccolo Amintore.

A noi da bambini questa storia piaceva molto anche perché, non riuscendoci ad immaginare bambino il Fanfani il cui volto vedevamo per televisione tutti i giorni, visualizzavamo nella mente l'immagine di nostra nonna con in braccio un piccolo bambino con la faccia del Fanfani adulto.
Anche la storia era stata migliorata col tempo per cui dicevamo Nonna, raccontaci di quella volta che hai pizzicato Fanfani per farlo piangere!

Mia nonna vantava un'origine nobile della famiglia Silvani (ed ho visto che ciò è esatto) e diceva che loro provenivano in origine da Firenze. Raccontava anche che l'attore Aldo Silvani (Torino 1891 - Milano 1964) [>>] era un suo cugino.

Non ho trovato notizie precise sulla famiglia di questo noto attore, tranne che suo padre si chiamava Giuseppe Silvani. Considerato l'anno di nascita di Aldo è possibile che suo padre Giuseppe fosse figlio di un fratello maggiore del padre di mia nonna. Aldo Silvani quindi, anche se quasi suo coetaneo, sarebbe stato il figlio di un cugino di mia nonna.

Il fidanzamento

Intorno al 1909 Rosa Silvani conosce il suo futuro marito, Edoardo Cozzolino, [>>] che allora era carabiniere. L'incontro avviene per caso, Rosa Silvani sta viaggiando in treno, assieme a sua madre, per andare in villeggiatura.

Non so su quale linea avvenga l'incontro né perché Edoardo Cozzolino si trovasse su quel treno, comunque accade che i due giovani, per ingannare la noia del viaggio, si mettano a chiacchierare e nasca una simpatia reciproca.
Poteva finire tutto con la fine del viaggio ma, quando si lasciano, Rosa dice ad Edoardo che lei faceva collezione di cartoline e gli lascia il suo indirizzo chiedendo che gliene mandasse una dal suo paese.

Edoardo non si limita a mandarle una cartolina ma le scrive, nasce una corrispondenza ed Edoardo la va a trovare a Pieve Santo Stefano (in provincia di Arezzo) dove era nata e dove viveva; la simpatia reciproca continua ed i due giovani si fidanzano.

Quando fu vuotata la casa di mio nonno, alcuni anni dopo la sua morte, chiesi di esaminare tutto quello che rimaneva dopo che i miei zii avessero preso le loro cose ed ho trovato un vecchio libro sfasciato con solo alcune pagine centrali fra le quali erano conservati dei fiori di campo secchi.

Ho subito pensato che si trattasse dei fiori di campo che mio nonno raccoglieva per portarli alla sua fidanzata e di cui ci aveva raccontato più volte, anche perché il libro aveva a che fare con i carabinieri e poi esaminandoli meglio ho trovato che, su alcune foglie, era stato scritto qualcosa e a fatica riuscivo a decifrare gran parte delle parole.
Sulle foglie era stato scritto ... / la felicità / t'accompagni / nella vita / che ti / auguro lunga (?) / ed allietata / dalle più / grandi / gioie / baci / ardenti tuo / Nini.

Le scritte sulle foglie Non ho la sicurezza matematica che si tratti di uno scritto di Edoardo Cozzolino quando era fidanzato con Rosa Silvani ma le probabilità che lo sia sono alte. La calligrafia sembra la sua, anche se è difficile confrontare una parola scritta su di una piccola foglia con quelle scritte su di un foglio di carta.
Anche se non ho mai sentito mia nonna chiamare mio nonno Nini (parlando di suo marito diceva il mi 'dardino cioè il mio Edoardino pronunciato alla toscana), bisogna tener presente che lui l'ha sempre chiamata Nina (da Rosina) e quindi può darsi che, durante il fidanzamento, lei lo chiamasse Nini.

Dire a quale pianta appartengano le foglie, ormai appassite da quasi cent'anni, non è affatto facile. Di sicuro si tratta di una pianta della famiglia delle Rubiaceae, forse è l'Asperula arvensis, detta stellina dei campi oppure un qualche tipo di Galium.
In entrambi i casi si tratta di piante spontanee che si possono trovare nei prati e negli incolti o lungo le scarpate e che quindi possono benissimo essere state trovate nei prati tra Arezzo ed Anghiari dove arrancava faticosamente il trenino della Ferrovia Appennino Centrale che prendeva mio nonno per andare a trovare la fidanzata.

Il matrimonio

Il 5 aprile 1910 Edoardo Cozzolino finisce i cinque anni di ferma ed è posto in congedo. Inizia poi a lavorare come impiegato presso una ditta che si occupa di rivendere nel napoletano i residui delle bietole dello Zuccherificio Italiano.

Dopo circa un anno Rosa Silvani ed Edoardo Cozzolino si sposano. Il matrimonio ha luogo il 3 agosto 1911 a Pieve Santo Stefano. Del matrimonio mi sono rimasti due biglietti, uno inviato dalla famiglia Statini che era quella della sposa di Tersilio Silvani, fratello di Rosa, che si era sposato meno di un anno prima e l'altro inviato da un amico di famiglia (Guglielmo Brazzini).

Per partecipare al matrimonio è venuta a Pieve Santo Stefano la famiglia di Edoardo Cozzolino. Ai due sposi sembra i loro padri non leghino troppo e spingono perché vadano a fare una passeggiata assieme per chiacchierare un po'.
Al ritorno però la situazione è peggiorata: Francesco Cozzolino si lamenta col figlio dicendo che il suo consuocero è stato sempre zitto ed è un musone, mentre Saturno Silvani dice alla figlia che ha tentato di chiacchierare col consuocero ma che questi ha risposto con delle cose così strane che ha preferito stare zitto.

In realtà era semplicemente successo che i due anziani, nati entrambi ben prima dell'Unità d'Italia, non solo non si erano capiti ma avevano interpretato in maniera del tutto errata quel poco che era stato detto.
Adesso può sembrare strano che due persone, entrambe istruite ed abituate ad avere a che fare con la gente (Francesco Cozzolino andava in Calabria per lavoro e Saturno Silvani aveva un negozio) arrivassero a non capirsi ma ciò era del tutto normale prima che la televisione diffondesse ovunque una lingua italiana comune (anche se su base romanesca e con l'assassinio del congiuntivo).

I giovani invece non hanno problemi a capirsi. In particolare Giulia Silvani, sorella minore di Rosa, si trova benissimo con i componenti della famiglia Cozzolino, tant'è che, qualche anno dopo, si sposa con Giorgio Cozzolino, fratello minore di Edoardo.
Saturno Silvani e Francesco Cozzolino si trovano così legati non da un solo matrimonio ma bensì da due!

Un resoconto del matrimonio fu pubblicato sul giornale L'Appeninno [1] dal quale si apprende che la sposa indossava un abito di raso celeste con ricami in oro e che da ragazza abitava in via Val Cerbaio. Stranamente vi si parla solo del matrimonio davanti al sindaco, Lorenzo Olivoni, e non del matrimonio in chiesa (dove immagino la sposa indossasse il tradizionale abito bianco).

E' probabile che, oltre al matrimonio in Chiesa, vi sia stata una cerimonia anche davanti al Sindaco e che il giornale, che dai suoi articoli appare alquanto anticlericale, parli solo di quest'ultima. Del resto a quell'epoca non era ancora stato firmato il Concordato fra Stato e Chiesa per cui, anche chi si sposava in chiesa, doveva poi avere il riconoscimento dell'avvenuto matrimonio a fini civili ma ciò avvenne successivamente e precisamente a Portici il 13 novembre 1911.

Il trasferimento a San Giorgio a Cremano

Gli sposi si trasferiscono dapprima a Portici in via Parrocchia, 4 e poi a San Giorgio a Cremano a Villa Sapio in via Lungo Borrelli, 15 dove, nell'ottobre del 1912, nasce il loro primo figlio.

Rosa Silvani negli anni '20Una volta in Campania anche Rosa ha qualche problema a capire e a farsi capire dalle persone del luogo. Una volta, poco dopo essere arrivata, manda a fare la spesa una ragazza che l'aiutava in casa dicendole cosa comprare e tra le varie cose c'era anche il prezzemolo.

La ragazza sta fuori tantissimo e quando torna, Rosa le chiede come mai ci abbia messo tanto e costei risponde che ha girato tanto per trovare il prezzemolo ma non l'ha trovato. Ha anche chiesto a numerosi negozianti ma nessuno l'aveva.

Rosa Silvani resta molto stupita e dice che non è possibile. Allora esce assieme alla ragazza ed alla prima bancarella di verdure che incontra, vede subito dei bei mazzi di prezzemolo.
«E quello lì cos'è?» chiede alla ragazza che stupitissima risponde «Quello? Quello è 'o petrosino».

Edoardo Cozzolino lavora come impiegato. Nel 1914 nasce una figlia e nel 1915, quando Rosa è di nuovo incinta, Edoardo viene richiamato nei carabinieri. Dapprima sembra che si tratti di un periodo breve ma quaranta giorni dopo il suo richiamo, l'Italia entra in guerra.

Fortunatamente il marito di Rosa non viene mandato al fronte ma viene mandato dove è più utile e cioè a mantenere l'ordine pubblico. Viene quindi assegnato alla Tenenza di Torre del Greco, molto vicino a casa.

I problemi però non sono pochi. Innanzi tutto c'è il problema economico in quanto Edoardo non percepisce più il suo stipendio da impiegato. Il suo datore di lavoro gli aveva promesso di dargli comunque un tanto al mese ma, nel novembre del 1915, smette di elargire quanto promesso.

Ne nasce una diatriba con Edoardo per cui, anche quando viene emesso un Decreto Luogotenenziale che stabilisce che gli impiegati privati richiamati alle armi hanno diritto di continuare a ricevere un terzo dello stipendio che percepivano, il datore di lavoro non paga quanto dovuto.
Il contenzioso va avanti per anni e solo nel 1920 si giunge ad un accordo fra le parti.

Per Rosa però c'è anche la preoccupazione per i suoi fratelli richiamati alle armi e mandati al fronte. Purtroppo due di questi perdono la vita: Everaldo in combattimento ed Adolfo, che era già sposato e con una figlia, muore a casa dove era stato mandato dal fronte in convalescenza (non so se per una ferita o una malattia presa in trincea) per l'aggravarsi delle sue condizioni.

Particolarmente impressionate e cruda è la comunicazione della morte di Everaldo (il più giovane dei fratelli Silvani) inviata presso la Tenenza di Torre del Greco dove era assegnato il marito di Rosa: In risposta al foglio controdistinto si comunica che il Sergente Silvani Everaldo è caduto, ucciso nel combattimento del giorno 6 Agosto, per la presa di Gorizia.

Il trasferimento a Milano

Quando, finita la guerra, il marito di Rosa viene congedato non ha più il lavoro da impiegato. So che, per un certo tempo, ha avuto un cinema con grande gioia del suo primogenito che vi invitava (ovviamente gratis) i suoi amici ed i compagni di scuola e penso sia stato in questo periodo.

Nel frattempo i figli di Rosa sono diventati cinque. L'ultimo nato però muore dopo solo undici mesi, credo di difterite.
Edoardo Cozzolino decide di entrare nella Polizia e tutta la famiglia si trasferisce a Milano dove Rosa, per un breve periodo, ha un negozio di giocattoli.

Rosa vive a Milano con la sua famiglia per vari anni ma, intorno al 1928, il marito è trasferito a Ferrara e così tutta la famiglia cambia nuovamente città

Il trasferimento a Ferrara

A Ferrara Rosa e la sua famiglia vanno ad abitare in una casetta indipendente che si trovava in Corso Vittorio Emanuele n. 47. In questa casa, nel 1929, nasce il nono figlio di Rosa Silvani (un maschio).
Ora quello che era Corso Vittorio Emanuele si chiama Corso Ercole d'Este. La casa in questione, che esiste tuttora, era nella parte di questo corso più prossima alle mura (chiamata popolarmente Via Piopponi) e non si trovava sulla strada principale bensì in una laterale che oggi si chiama via Santa Maria degli Angeli.

Successivamente Edoardo, il marito di Rosa, acquista un terreno in via Argine Ducale, 72 e vi fa costruire una bella villetta con un gran giardino e vi si trasferisce con tutta la famiglia. In questa villa nasce nel 1932 il decimo ed ultimo figlio di Edoardo Cozzolino e Rosa Silvani.

Rosa Silvani alla fine degli anni '30Da allora in via Argine Ducale sono state costruite molte altre case e la numerazione è stata completamente rifatta, non si pensi quindi che si tratti del numero 72 attuale. Questa villetta si trovava quasi alla fine di via Argine Ducale (percorrendola da via Bologna) ed era quella immediatamente dopo la rientranza sulla destra dove allora c'era il negozio dei Gandini.

Vi era un grande giardino che arrivava fino al Canalino che non era ancora stato tombato e che si trovava tra le attuali via Mulinetto e via Argine Ducale. Allora le acque dell'Emilia-Romagna erano molto più pulite di oggi e nel piccolo canale, parallelo al ben più grande Canalone si poteva anche pescare.

In questa villetta di posto ce n'era ma la famiglia di Rosa non è piccola essendo formata dai due coniugi con i loro nove figli. I figli più grandi però sono in età matrimoniale.
Come è tradizione i matrimoni si svolgono presso la casa della sposa e quando si sposa il primogenito di Rosa i festeggiamenti vengono fatti altrove ma quando, nel luglio del 1940, si sposa la prima figlia, nella villetta di via Argine Ducale, viene fatta un grande festa.

Nell'agosto del 1942 Rosa Silvani con la famiglia Cozzolino abita ancora nella sua villetta in via Argine Ducale ma poi, con due figli già sposati e fuori di casa, si decide di venderla e comprare una casa in via Borgovado, 42. Si tratta di una casa piuttosto grande su due piani più una mansarda molto spaziosa. Anche qui c'è un bel giardino.

L'8 settembre 1943, alle 19 e 42, il maresciallo d'Italia, Pietro Badoglio, legge alla radio un messaggio che informa dell'armistizio firmato con gli anglo-americani.
Nel messaggio si dice Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi provenienza.

Tutti festeggiano dicendo La guerra è finita! La guerra è finita!, solo Rosa Silvani rimane seria e preoccupata. Il marito ed i figli le chiedono Ma non sei contenta? La guerra è finita! e le risponde dicendo La guerra comincia adesso e gli avvenimenti successivi dimostrano che purtroppo aveva ragione.

Il 1943 infatti è un anno tremendo per i ferraresi perché, con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana ed il prosieguo della guerra, vi fu l'eccidio del 15 novembre, ricordato poi come La lunga notte del 43 dall'omonimo film di Florestano Vancini ed il primo grande bombardamento aereo su Ferrara.

Quando, il 29 dicembre 1943 c'è il primo pesante bombardamento di Ferrara la famiglia di Rosa vive già nella nuova casa di via Borgovado. Le bombe hanno iniziato a cadere alle 13 e 45 e mia mamma si ricordava che in quel momento si trovava in via Carlo Mayr perché stava andando a casa in via Borgovado per pranzare.

I bombardamenti aumentano e si decide di sgomberare la casa di via Borgovado, parte delle masserizie sono portata in campagna a Gaibana mentre tutta la famiglia si reca a vivere a Mirabello dove rimangono fino alla fine della guerra; però il marito di Rosa e mia mamma che all'epoca lavorava presso la Banca Commerciale Italiana devono rimanere a Ferrara e vanno avanti e indietro in bicicletta da Ferrara a Mirabello ogni volta che possono.

Oltre alla preoccupazione per chi deve lavorare a Ferrara esposto ai bombardamenti finché è in città ed ai mitragliamenti di Pippo mentre torna in bicicletta a Mirabello, c'è la preoccupazione per uno dei figli che, essendo militare, è stato fatto prigioniero dei tedeschi ed inviato in campo di concentramento in Germania.

Quando finalmente finisce la guerra, la famiglia è ancora tutta intera e la casa in via Borgovado in piedi ma le preoccupazioni per il figlio prigioniero in Germania, invece di diminuire, aumentano.
Infatti era prigioniero a Hohnstein in quella zona della Germania detta Svizzera di Sassonia che si trova vicino a Dresda e finché era prigioniero dei tedeschi, si era potuta mantenere una certa corrispondenza con lui, ma da quando la zona era stata liberata dai sovietici, di lui non si sapeva più nulla.

Fortunatamente, dopo parecchio tempo, il figlio arriva improvvisamente a Ferrara. E' straordinariamente dimagrito ma salvo. Era successo che i sovietici non lo volevano lasciar andare per sfruttare la sua abilità di disegnatore e fargli riprodurre molti disegni fatti da scienziati tedeschi.
Era però riuscito a fuggire e a tornare in Italia a piedi con un viaggio rocambolesco durante il quale aveva anche percorso un tratto di ferrovia su di un carrello per l'ispezione dei binari con trazione a bilanciere manuale (in pratica quelli che si vedono spesso nello comiche).

Rosa Silvani a Pracchia nel 1954Il marito di Rosa, Edoardo Cozzolino, va in pensione nel 1949. Una volta a riposo i due coniugi vivono serenamente nella casa di via Borgovado dove abita stabilmente anche una delle loro figlie con la sua famiglia e dove spesso vengono a trovarlo gli altri figli.

Tutti i nove figli di Edoardo Cozzolino e Rosa Silvani, giunti all'età adulta, si sono sposati ed hanno avuto a loro volta dei figli. Non pubblico i loro nomi in quanto, per ragioni di privacy, ho deciso di fermare i dati che metto sul sito alle persone della generazione dei miei nonni.
Posso comunque dire che i cognomi dei mariti delle cinque figlie sono rispettivamente Fantoni, Cavallari, Cesarini, Vecchietti e Chiossi.

Rosa passa le vacanze estive solitamente al mare, che suo marito ama molto, in compagnia della famiglia di uno dei figli o delle figlie. Ricordo in particolare una vacanza assieme a Pracchia sull'Appennino (1954) ed una a Cervia (1957) e quando i miei nonni sono stati nostri ospiti al Lido di Pomposa nel 1964.

Nella casa di via Borgovado c'erano molto spesso degli ospiti a casa e anche noi andavamo spesso a trovare i nonni, specie la domenica, così come spesso vi andavano i miei zii con le loro famiglie.
La casa di via Borgovado era il punto di riunione di tutti i figli e delle loro famiglie, compresi quelli che vivevano lontano da Ferrara e potevano venirvi solo di tanto in tanto.

Rosa, benché fosse vissuta per la maggior parte della sua vita lontana dalla sua natia Toscana, era rimasta toscana nel parlare sia come accento che come modi di dire. In varie occasioni aveva un suo modo di gestire che serviva a sdrammatizzare la situazione quando qualcuno si preoccupava o si lamentava troppo.

Ho sempre pensato che si trattasse di una abitudine toscana per cui sono rimasto stupito quando ho letto uno scritto di Luigi Barzini [2] che descrive perfettamente questo gesto ma dove si sostiene che si tratti di un gesto tipico di Napoli.

Ad un certo momento solleva adagio una mano, perpendicolrmente, in linea retta sin dove può arrivare più in alto della testa, senza distogliere gli occhi dal volto dell'altro. E nel contempo emette un unico suono, un prolungato iiiiiih, come un sospiro. La sua espressione è placida, stanca, vagamente incredula.

A parte il fatto che mia nonna Rosa più che iiiiiih diceva eeeeh quasi come dicesse ecché, essendo impossibile alzare molto il braccio senza inclinarlo all'indietro, ho sempre interpretato questo gesto come voler dire di buttare tutte le preoccupazioni dietro alle spalle ed in effetti un suo detto era di non fasciarsi la testa prima di essersela rotta.

Ritratto di Rosa Silvani eseguito da suo nipote Roberto nel 1970Nel 1971 Edoardo Cozzolino e Rosa Silvani festeggiano il loro sessantesimo anniversario di matrimonio circondati dall'affetto dei figli e dai nipoti che sono ventiquattro. A quell'epoca sono già nati anche alcuni pronipoti.
Viene fatta una grande festa alla quale non tutti possono partecipare perché alcuni vivono lontani ma alla quale sono tutti presenti in spirito.

L'anno successivo, subito prima di Pasqua, Rosa Silvani si ammala. Dapprima sembra una banale influenza ma poi si aggrava. Tutti sono molti preoccupati ed anche il medico curante lascia poche speranze.
Rosa però è serena e cerca tranquillizzare i figli ed i nipoti con quella che successivamente appare come una straordinaria profezia.

Rosa infatti dice Non vi preoccupate, non muoio adesso, vi lascio passare la Pasqua tranquilli. Con grande stupore del medico, Rosa migliora rapidamente ed il giorno di Pasqua, che nel 1972 cade il 2 aprile, viene passato serenamente da tutti perché appare ormai quasi guarita.
Però, il 6 aprile, proprio quando stava cominciando ad alzarsi ed era presente un'infermiera che le doveva fare delle punture ricostituenti, Rosa Silvani muore improvvisamente.

Suo marito, Edoardo, è annichilito e non supererà mai la perdita della sua amata Nina però, prima di raggiungerla in cielo, vuole portare a compimento un progetto che ha in mente da tempo e cioè di costruire una cappellina di famiglia al cimitero di Ferrara dove riposare lui con la moglie e gli altri parenti che lo desiderassero.

Rosa Silvani ed Edoardo Cozzolino

Alla fine del 1976 anche il marito di Rosa, Edoardo Cozzolino, muore e viene sepolto nella sua cappellina che nel frattempo era stata completata.
Appena possibile, nel 1982, il corpo di Rosa Silvani viene traslato nella cappellina dei Cozzolino per riposare accanto a lui.

Sono stato presente alla traslazione e quando è stato abbattuto il muretto che chiudeva il loculo, ho notato che il mazzo di rose, che una figlia, dieci anni prima, aveva appoggiato sulla bara prima che il loculo fosse chiuso, a parte il colore, era rimasto del tutto immutato.


[1] - L'Appennino - Periodico settimale di Arezzo - Anno XXV - N. 30 del 5 agosto 1911. <<

[2] - Luigi Barzini - Gli italiani - Arnoldo Mondadori S.p.A. - Milano, 1965. <<


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