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Storia di Pontelagoscuro


L'importanza della navigazione fluviale per la Pianura Padana

In Italia ben poche persone si rendono conto dell'importanza della navigazione fluviale; così non è nei principali paesi europei dove esiste una fitta rete di canali navigabili che permettono di trasportare a basso costo ed inquinando pochissimo grandi quantità di merci anche a notevolissima distanza.

Da noi purtroppo si è fatto poco o nulla per mantenere in vita la navigazione fluviale che pure fu importantissima per secoli per tutta la Pianura Padana. Ciò ha avuto un grave impatto anche sul traffico, si pensi infatti che una sola chiatta fluviale può togliere dalle strade ben ottantotto TIR.

Le grandi svolte nella storia della navigazione interna sono state tre. La prima è avvenuta circa nel XII secolo con la costruzione di molti canali navigabili con lo scopo di poter utilizzare barche con una maggiore capacità di carico.
Ciò era reso possibile dalla scoperta, fatta durante il Medioevo, di un nuovo modo di attaccare i cavalli che spingendo col petto potevano trainare carri o barconi molto più pesanti di quanto accadesse in epoca romana quando l'attaccatura dei finimenti era più alta e quindi premeva sul collo.
Il cavallo che tirava la barca doveva poter camminare di fianco al canale e pertanto era molto importante la manutenzione della strada alzaia o restara che fiancheggiava i canali.

Ciò aumentò grandemente la quantità di merci che potevano essere trasportate in tempi brevi. In precedenza era possibile utilizzare i buoi per trascinare carichi molto pesanti e talvolta veniva fatto ma un bue è molto più lento di un cavallo per cui i tempi necessari per il trasporto si dilatavano moltissimo.

La seconda svolta fu l'invenzione delle chiuse vinciane che avvenne nel XV secolo e che rese possibile far superare dei dislivelli alle barche e nel contempo rese molto meno forte la corrente nei canali permettendo quindi di far trainare ai cavalli barconi ancora più pesanti.

Si pensi, ad esempio, che, prima di questa invenzione, i barconi che arrivavano a Bologna lungo il Canale Navile, non erano in grado di superare il lievissimo dislivello che c'è rispetto alla pianura e quindi a Corticella era necessario scaricarli e trasferire tutto su carovane di carri.

La terza svolta fu lo sviluppo delle ferrovie e questa purtroppo fu una svolta negativa per la navigazione fluviale in quanto le ferrovie tolsero una grossa quota di mercato ai trasporti per via d'acqua.
In realtà i due sistemi di trasporto possono coesistere benissimo ed all'estero lo fanno ma in Italia invece, benché per lungo tempo abbiano coesistito tant'è che in ogni porto fluviale giungevano i binari del treno, il trasporto fluviale ha perso via via d'importanza finché è stato quasi affossato dall'abnorme sviluppo del trasporto su gomma.

Purtroppo dei tanti progetti e proposte per far rinascere il trasporto fluviale l'unico che è stato effettivamente realizzato è stato il ricupero ed il potenziamento dell'Idrovia Veneta per permettere la navigazione anche alle chiatte di classe 5 che così possono andare da Marghera al Po Grande e poi risalirlo almeno fino a Cremona.
Però, benché l'Idrovia abbia inizio a Marghera che è sede di importanti realtà industriali, non è ora che vi sia un gran passaggio di chiatte e l'Idrovia è sottoutilizzata.

Nonostante questo mezzo insuccesso, in anni recenti, è partito ed è tuttora in corso un progetto per il ricupero ed il potenziamento della già esistente Idrovia Ferrarese per permettere anche qui la navigazione alle chiatte di classe 5.
I lavori procedono con molta lentezza a causa degli ingenti costi di quest'opera e della necessità di reperire i fondi necessari ma già qualcosa è stato fatto. Temo però che, anche qui, una volta finiti i lavori, il traffico fluviale rimarrà scarso.

Infatti, dato che non sono molte le merci prodotte a Ravenna, temo che sulla rinnovata Idrovia Ferrarese il traffico sarà scarso perché non c'è un grande interesse a portare merci via mare fino a Ravenna per poi trasbordarle su di una chiatta per far loro percorrere un tratto tutto sommato breve.

Per altro, benché l'AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po) la chiami già Idrovia Ferrara-Ravenna, per ora le chiatte arrivebbero al mare a Portogaribaldi mentre (come si legge sul sito dell'AIPO) il collegamento mediante un canale interno tra l'Idrovia ed il porto di Ravenna è subordinato alle decisioni politiche nazionali e locali.

Molte meglio sarebbe stato favorire il traffico sul Po Grande delle navi fluviomarine, lunghe centocinque metri e larghe undici e cinquanta, che navigano con un fondale di due metri e ottanta per cui possono navigare in mare ma anche risalire il Po Grande arrivando già oggi a Cremona e potenziare anche i porti italiani di partenza delle merci realizzando dei punti sul Po per scaricare le merci dalle navi fluviomarine in corrispondenza dell'intersezione con le linee ferroviarie e le autostrade.

E' curioso che, dopo tanti secoli, si ripeta l'errore fatto dagli Estensi che si ostinarono a cercare di mantenere in funzione la navigazione sul Po di Volano anziché spostarla sul Po Grande, cosa che, molto probabilmente, costò loro il Ducato perché, essendosi impoveriti, non erano più in grado di opporsi alle decisioni del Papa.

L'importanza della navigazione fluviale per Pontelagoscuro

Per quanto riguarda Pontelagoscuro in particolare i momenti di svolta sono stati leggermente diversi. Al tempo degli Estensi la navigazione era di scarsa importanza per Pontelagoscuro in quanto gli Estensi hanno sempre cercato di mantenere in funzione il porto fluviale di Ferrara.

Una svolta importante vi fu quando il Ducato di Ferrara passò allo Stato Pontificio e fu scavato il Canale che univa Pontelagoscuro a Ferrara. Inoltre quella che per il resto del ferrarese si rivelò una grave iattura e cioè il permettere a Venezia di effettuare il cosiddetto taglio di Viro che causò poi l'impaludamento di gran parte del ferrarese, per Pontelagoscuro fu invece una fortuna.

Infatti vi furono varie carestie per cui si rese necessario importare molto grano da Ancona e Senigallia e dal 1628 al 1680 furono fatte ingenti spedizioni di grano [1]. Si preferì risalire il Po Grande ed attraccare a Pontelagoscuro anziché risalire il Po di Primaro ed attraccare direttamente a Ferrara, forse anche per ragioni economiche: infatti, nel 1602, era accaduto che una analoga spedizione di grano da Ravenna a Ferrara, per soccorrere il popolo dopo una carestia, aveva dovuto pagare delle tasse di transito non solo ad Argenta come accadeva da secoli, ma anche a Filo che le aveva pretese ed ottenute in questa occasione [2].

Pontelagoscuro acquisì quindi una notevole importanza come porto fluviale anche perché si vide che da Pontelagoscuro era semplice spedire per via d'acqua le merci nel bolognese e verso Venezia.
Nel 1648 venne costruita la Via Coperta che collegava il porto al Canale per Ferrara, al di sopra della quale vennero realizzati dei magazzini per poter stivare le merci in transito. Nel 1671, i magazzini, opera del Cardinale Giovanni Donghi, furono da lui donati al Monte di Pietà di Ferrara.

Pontelagoscuro diventò così uno snodo fra il mare e la Pianura Padana ed un porto di grande interesse per chiunque navigasse su Po.
Il traffico che passava per Pontelagoscuro arrivava fino a Torino e quindi anche i navaroli piemontesi della linea per Venezia, gestita dalla società Riccardi, Truchi & Albera, avevano dei corrispondenti a Pontelagoscuro [3]. Nel 1821 perfino la lontana Danimarca sentiva la necessità di avere un proprio Console a Pontelagoscuro.

Una seconda svolta, e questa volta in negativo, vi fu con la Rivoluzione Francese e le conseguenti guerre a seguito delle quali Pontelagoscuro fu occupata più volte dalle truppe francesi e da quelle austriache.
Quello che fu più grave però è che, terminate le guerre napoleoniche, il Cardinal Consalvi, al Congresso di Vienna, non solo cedette all'Austria la transpadana ferrarese perdendo così il controllo del transito sul Po ma accettò anche che il confine fra Stato Pontificio e Lombardo-Veneto venisse posto sul Po di Goro, assurdamente definito ramo principale del Po, per cui il Po di Venezia, vero ramo principale del Po, venne a trovarsi interamente in territorio austriaco [4].

Ciò ebbe un effetto deleterio sul commercio che già languiva per il lungo periodo di guerra ma la decisione di fare Pontelagoscuro porto franco (decretata già nel 1817 ma per lungo tempo rimasta solo sulla carta) [5] e la concessione a Pontelagoscuro dell'emporio di assegna per le merci estere, fatta nel 1829 da Papa Pio VIII [6], fecero sì che il commercio rifiorisse.

La guerra del 1866 che permise l'acquisizione del Veneto fu negativa per Pontelagoscuro la cui dogana, non trovandosi più sul confine tra Regno d'Italia e Lombardo-Veneto, perse d'ogni importanza.
Inoltre, dopo solo due anni, era pronto un ponte provvisorio che permetteva il passaggio dei treni per il Veneto e quindi Pontelagoscuro non fu più il capolinea della ferrovia per Bologna come era stato fino ad allora [7].

Cominciò quindi una lunga parabola discendente per il traffico fluviale che pure proseguì ancora a lungo, alimentato anche dalle numerose industrie che nel frattempo erano sorte a Pontelagoscuro.
Con la II Guerra Mondiale si ha la fine di Pontelagoscuro come porto fluviale. Il paese infatti subì devastanti bombardamenti e venne distrutto ben il 98% degli edifici [8]. Per di più, dopo la guerra, contro la volontà dei cittadini, si iniziò a ricostruire il paese spostato di seicento metri dal fiume e dalla sua posizione originaria [9].

La navigazione fluviale intorno a Ferrara nel XIII secolo

Particolarmente interessante per la storia del ferrarese è la Chronica parva ferrariensis di Riccobaldo da Ferrara [10], che risale alla fine del XIII secolo e che descrive dettagliatamente il territorio (alcuni autori pongono questa opera al secondo decennio del XIV secolo ma la sua prima versione è del 1298 [11]).

Purtroppo la zona di Pontelagoscuro viene trattata solo di sfuggita in quanto è la zona a sud di Ferrara ad essere descritta con maggior dovizia di particolari anche per quanto riguarda la navigazione fluviale che poteva avvenire lungo i canali con l'aiuto dei cavalli o nelle paludi tramite barche molto più piccole spinte da remi o pertiche.

Il traffico fluviale si svolgeva quasi tutto verso il sud anche perché, in quel periodo, vi era una forte tensione con i Veneziani che pretendevano di avere il monopolio del commercio marittimo e che in passato avevano addirittura edificato un castello alle foci del Po di Primaro per controllare (e tassare) il passaggio delle navi.

Per meglio comprendere le successive descrizioni si tenga presente che la situazione idraulica della bassa padana era allora molto diversa da oggi: la rotta di Ficarolo era già avvenuta ma quello che ora è il ramo principale del Po, a quel tempo, aveva poca acqua ed il ramo principale del Po passava immediatamente a sud di Ferrara proseguendo poi per il Po di Primaro e per quello che ora è l'ultimo tratto del fiume Reno.
Il Reno invece non finiva in mare ma si perdeva nella vaste paludi che vi erano fra Ferrara, Bologna e Ravenna. Altre paludi vi erano fra Ferrara ed il mare e a nord del Po verso l'Adige.

Andando dalla darsena di Ferrara ad est e tenendo la riva sinistra si percorreva quello che ora è il Po di Volano (e che era chiamato Gaurus) e dopo venticinque miglia (circa 34 chilometri [12]) si giungeva a Codigoro dove il fiume si biforcava: il Gaurus andava prima a nord e poi ad est fino al mare ed al Porto di Goro mentre invece il canale di Goro ed il Po vecchio andavano direttamente ad est arrivando al mare al porto di Volano (distante altre otto miglia) chiudendo in un isola boscosa Pomposa e la sua abbazia.

Invece andando dalla darsena di Ferrara ad est ma tenendo la riva destra si percorreva quello che ora è il Po di Primaro. Dopo tre miglia, a Torre Fossa, usciva dal Po il canale della Fossa seguendo il quale, in due miglia, si arrivava alla Torre della Pontonara da dove si poteva andare a Bologna dopo un trasbordo.
Continuando invece per il Po, tenendo la riva sinistra si arrivava in diciotto miglia ad Argenta dove sulla destra si apriva un canale verso la palude. Questo canale, che era stato scavato già nel XII secolo e che si chiamava il Fondo ma era volgarmente detto Canalazzo, partendo dal Primaro attraversava Argenta e Campotto [13].
Se, percorrendo questo canale, vi si teneva la destra si arrivava alla Villa de' Cavalli dal cui porto si andava a Bologna (dapprima attraverso le paludi e successivamente, quando fu allungato il canale, si poteva arrivare al Porto della Corte che si trovava dove ora è Molinella), mentre, tenendo la sinistra si arrivava a Conselice, dal cui porto si andava ad Imola e a Faenza.

Se ad Argenta si continuava a percorrere il Po (di Primaro), dopo tre miglia si incontrava sulla destra la rotta di San Biasio da dove si andava in Romagna e fino a Ravenna e continuando per il Po, dopo otto miglia si arrivava a Fossa Pudola dove sulla destra vi erano dei canali che dalla palude entravano in Po.
Tenendo la riva sinistra del Po per dodici miglia si arrivava a Sant'Alberto (dove c'era anche un importante monastero), mentre sulla destra, sempre in dodici miglia, si arrivava a Ravenna. Da Sant'Alberto, in otto miglia, si arrivava al mare al Porto di Primaro. Da Ravenna il collegamento più veloce con Ferrara consisteva nell'andare, a piedi o a cavallo, a Sant'Alberto (otto miglia), passare il ponte che allora vi era sul Po ed arrivare fino a Ferrara seguendo il corso del fiume (ventotto miglia).

I porti sul mare dai quali entravano le merci per Ferrara erano quindi tre e precisamente quelli di Primaro, Goro e Volano ma, dato che questi porti erano soggetti a pretese da parte dei Veneziani, per opera di Clemente V (Papa dal 1305 al 1314) fu realizzato un quarto porto di mare fra Volano e Primaro detto Porto di Magnavacca (è l'attuale Portogaribaldi) da dove si entrava nelle paludi salmastre di Comacchio e da lì si arrivava fino al Ferrarese.

Schema delle vie d'acqua navigabili nel XIII secolo

Questa antica cronaca purtroppo non ci descrive con altrettanta dovizia di particolari la zona a nord di Ferrara che è quella che interessa di più a noi ai fini dello studio della storia di Pontelagoscuro.
Qualche notizia però la possiamo reperire dalla descrizione del territorio ferrarese che Riccobaldo dice diviso in quattro zone dal Po.

Quella più a nord è il Polesine di Ficarolo che andava da Ostiglia al Mare Adriatico ed era lungo circa sessanta miglia e largo dieci. I confini erano a sud la rotta di Ficarolo (con cui si intende l'attuale Po Grande), a nord le paludi di Chioggia e di Adria, ad ovest le paludi di Lendinara e di Verona e ad est il mare. In mezzo vi erano dei canali e molte isole ma non grandi. La più grande era quella di Gurzone.
Queste vaste paludi permettevano di raggiungere Rovigo, Chioggia, Verona e Padova per via fluviale anche se con piccoli battelli. Da Chioggia si entrava in laguna e da lì si arrivava a Venezia. Questa via era utilizzata per il traffico minore o per il trasporto di persone, specie durante la cattiva stagione, il grosso del traffico da Venezia invece percorreva un tratto in mare entrando in Po nei porti summenzionati.

La seconda zona è quella dove sorgeva Pontelagoscuro ed andava da dove il Po si divide a Ficarolo fino al canale di Goro per cui aveva forma triangolare ed era lunga quasi quaranta miglia.
La parte ad ovest di Ferrara era detta Polesine di Casaglia e quella ad est Polesine di Ferrara. Pontelagoscuro sorgeva nel Polesine di Casaglia, circa al confine col Polesine di Ferrara.

La terza zona iniziava dove il Po si divide dopo Ferrara con il Po antico a nord (Po di Volano) e a sud quello per cui si va a Ravenna (Po di Primaro), a est i confini erano i campi di Argenta, le paludi di Ravenna ed i boschi e le paludi di Comacchio. Si chiamava Polesine di San Giorgio fino all'ex alveo del Sandalo (che andava da Villa Codereta, attuale Codrea, sul Po di Volano a Consandolo su Po di Primaro) ed oltre si chiamava Polesine di Reda.

La quarta zona iniziava dove il Po si divide prima di Ferrara (a Ficarolo) ed aveva come confini a nord il Po (di Volano e di Primaro) e a sud le paludi di Reggio, di Modena e di Bologna.

L'evoluzione della navigazione fluviale nella Pianura Padana

All'inizio del Medioevo la Pianura Padana era stata divisa in due dall'invasione longobarda e ciò ostacolò la navigazione fluviale, però, data l'importanza del commercio del sale, nel 715, vi fu un accordo fra il re longobardo Liutprando e Comacchio, per mantenere in funzione il traffico fluviale.
Per lungo tempo quindi il monopolio della navigazione sul Po e sui suoi affluenti principali fu dei comacchiesi e successivamente anche dei veneziani.

Poi gli abitanti delle città padane fornite di porti sul Po (Pavia, Cremona e Ferrara) cominciarono ad utilizzare navi proprie e dopo, dall'XI secolo, si cominciò a realizzare dei canali navigabili che congiungessero le altre città al Po. Ad esempio sappiamo che Enrico IV (1056-1106) concesse a Modena l'autorizzazione ad aprire un canale fino al Po [14].

Milano era la città più importante della Pianura Padana ed il primo canale navigabile fu realizzato nel 1179, si chiamava Ticinello ed era lungo cinquanta chilometri. Fu però con l'avvento delle chiuse cosiddette vinciane che inizio il grande sviluppo del navigli intorno a Milano.

La prima conca di cui abbiamo notizia è quella di Viarenna realizzata intorno al 1439. Nei successivi trentacinque anni nel milanese furono costruiti novanta chilometri di canali navigabili con venticinque conche cioè punti dove, tramite chiuse, si sollevavano o si abbassavano i barconi (erano dette anche sostegni, specie nel bolognese).

Nel XVI secolo l'ingegnere e pittore Giuseppe Meda ideò una conca detta il Castello per superare i 23,76 metri di dislivello delle rapide di Paderno. I lavori continuarono per secoli e solo nel 1805, quando Napoleone completò la costruzione del Naviglio di Pavia, il sistema dei Navigli poteva dirsi completo [15].

Infatti da Milano si poteva navigare fino al mare tramite il Naviglio di Pavia ed il Po, fino al lago Maggiore tramite il Naviglio Grande ed il Ticino e fino al lago di Como tramite il Naviglio della Martesana e l'Adda.

Un'altra importante città della Pianura Padana è Torino che però iniziò a diventare una grande città solo a partire dal 1555 quando Emanuele Filiberto spostò la capitale da Chambéry a Torino. Lo stesso Emanuele Filiberto, che 1574 era andato fino a Venezia per via fluviale, nel 1577 istituì la carica di Magistrato alle acque e promosse la costruzione di canali, la sistemazione dell'alveo del Po e la creazione delle infrastrutture per la navigazione.

Nel XVII secolo il porto fluviale di Torino era sulla riva sinistra del Po circa dove oggi ci sono i Murazzi. Esistevano però anche alcuni scali a monte di Torino, in particolare a Carmagnola e a Casalgrasso dove terminavano le mulattiere che conducevano in Provenza.

Chi controllava la navigazione era l'Ammiraglio di Po (carica occupata sempre da un nobile) che, oltre ad organizzare i viaggi in barca del Duca e della sua Corte, doveva controllare la navigazione fluviale salvaguardando gli interessi dei navaroli rispetto a quelli dei molinari, dei traghettatori, dei pescatori e dei cavatori di sabbia in quanto si considerava la navigazione più importante degli altri possibili usi del fiume (anche perché veniva trasportato molto sale che era merce di monopolio).
L'Ammiraglio agiva tramite un Capitano dei Barcaioli, scelto nelle famiglie del Borgo di Po più fedeli alla dinastia. Il Capitano, oltre a controllare il rispetto delle leggi sulla navigazione, emetteva le bollette di carico delle navi e compiva ispezioni lungo il fiume per verificarne le condizioni di navigabilità.

Nel '700 il porto fluviale sul Po di Torino venne spostato sulla riva destra, sotto Santa Maria del Monte. Nel 1714, dopo il trattato di Utrecht, il confine del regno passò dalla Sesia al Ticino allargando notevolmente il sistema fluviale controllato dai Savoia.
Nel 1731 un Bucintoro, fatto costruire a Venezia dai Savoia, risalì il Po fino a Torino. Questo bucintoro è l'unica nave del '700 che abbia navigato sul Po e che sia giunta sino a noi. Ora è esposta nella residenza sabauda di Venaria [16].

Nel 1732 iniziava un servizio di navigazione regolare tra Torino e Venezia. Carlo Emanuele fece poi intraprendere dei lavori di inalveamento del Po a Carmagnola e a Moncalieri.
Verso la metà del '700 la marina fluviale piemontese era di circa 70 navi, con 140 addetti e altrettanti cavalli. La portata delle imbarcazioni arrivava ad un massimo di 2000 rubbi (184 q.li) [17].

In Veneto già in epoca medievale vi era una fitta rete di canali. I veneziani avevano scavato il Naviglio del Brenta che collegava il fiume Brenta a Venezia. A Noventa Padovana vi era il porto di Padova e da lì il canale deviava verso Strà, Dolo, Mira raggiungendo Fusina e quindi Venezia.

Nel 1209 venne completato il taglio del Canale Piovego, lungo 10 km, da Padova a Strà, collegando direttamente Padova al Naviglio del Brenta e quindi a Venezia. Inoltre questo canale collegando il fiume Brenta al Bacchiglione, antica via fluviale tra Vicenza e Padova, rendeva possibile raggiungere direttamente Vicenza da Venezia.

Padova si trovò quindi al centro di una importante rete di canali navigabili. Fu costruito il porto fluviale del Portello, il Canale Battaglia che portava verso i Colli Euganei e che a Battaglia Terme entrava nel Vigenzone che, attraversando Bovolenta, assumeva il nome di Canale Pontelongo e proseguiva fino a Chioggia [18].

La navigazione fluviale nella Pianura Padana nel XIX secolo

La navigazione fluviale, permettendo di spostare con facilità grosse quantità di materiali, era importante anche dal punto di vita militare ed è proprio dal libro Geografia militare della penisola italiana [19] che si può ricavare un buon panorama delle possibilità offerte alla navigazione dalla rete di canali presenti nella Pianura Padana a metà del 1800.

L'asse portante era ovviamente il Po che permetteva di raggiungere direttamente Cremona, Piacenza e Torino oltre a Mantova e Pavia, rispettivamente sul Mincio e sul Ticino ma a poca distanza dalla confluenza in Po.

Milano era ben collegata con il Po tramite il Naviglio Grande che permetteva il passaggio di barche fino a 600 tonnellate, con il Ticino tramite il Naviglio di Pavia (barche fino a 300 tonnellate) e con l'Adda tramite il Naviglio della Martesana (barche fino a 300 tonnellate).
Vi era poi il Naviglio di Cremona che univa l'Oglio con il Po ma che permetteva il passaggio solo di barche molto piccole.

In Emilia il Po era raggiungibile per via d'acqua da Reggio tramite il Naviglio Tossone che metteva nel Crostolo e da lì nel Po a Guastalla, da Ferrara tramite il Canale Panfilio (che il libro chiama Canale di Ferrara) che univa Ferrara a Pontelagoscuro, da Bologna tramite il Canale Navile (che il libro chiama Canale di Bologna) che collegava il Reno al Po di Primaro, da Cento tramite il Canale di Cento che collegava il Poatello al Reno e da Faenza con un canale che arrivava al Po di Primaro [20]. Inoltre gli affluenti del Po erano collegati fra di loro dalla Fossa Parmigiana che univa il Crostolo alla Secchia (solo per piccoli battelli) ed il Naviglio di Modena che univa la Secchia al Panaro.

In Veneto troviamo un reticolo abbastanza complesso di fiumi e canali, per linee orizzontali abbiamo, da sud a nord, il Po, l'insieme Tartaro-Canal Bianco che arrivava al mare, l'Adige, il Bacchiglione (da Padova al mare) ed il Brenta, per linee verticali abbiamo la Fossa Polesella che metteva in comunicazione il Po con il Tartaro-Canal Bianco e che continuava poi nel Canale di Loreo fino all'Adige ed il Canale di Valle che univa l'Adige al Brenta (ed al Bacchiglione) verso la foce.

Tra l'Adige ed il Bacchiglione vi erano molti canali che permettevano di raggiungere Padova da dove partivano tre canali: il Canal Piovego che portava alla Brenta, il Canale di Roncajetta che andava a Bovolenta e da lì diventava Canale di Pontelungo che arrivava a Brondolo ed al mare ed infine il Canale della Battaglia (verso sud) che andava a Battaglia, prendendo poi il nome di Canale di Monselice fino a Monselice e poi di Canale d'Este fino, appunto, ad Este.

Questo complesso reticolo di canali e fiumi navigabili era raggiungibile anche da Legnago tramite il Naviglio Bussè che la collegava col Tartaro e da Badia, Lendinara e Rovigo collegate al Canal Bianco tramite il Naviglio Adigetto sul quale potevano navigare anche barconi di una certa dimensione.
Inoltre dal Brenta partivano due canali, il Canale di Brenta Nuovo e Taglio Nuovissimo, che si congiungevano andando in mare vicino a Brondolo. Infine il Piave era collegato al Sile tramite il Naviglio Cava-Zuccherina ed alla Livenza tramite il Naviglio Revedoti.

Il Canale Panfilio

Lo scavo del Canale Panfilio che collegava Pontelagoscuro a Ferrara permettendo il trasporto delle merci fu importantissimo per il borgo di Pontelagoscuro in quanto lo trasformò in un porto fluviale di primaria importanza facendo parte del percorso che univa Bologna a Venezia per vie d'acqua.
Il suo scavo fu ordinato, già nel 1598, dal Pontefice Clemente VIII che, nel maggio di quell'anno, si recò a Ferrara, appena entrata a far parte dello Stato Pontificio, e vi rimase fino a novembre
[21].

Il 22 ottobre 1601 iniziò lo scavo del canale su di un terreno acquistato da Duca di Modena in quanto porzione del Barco, fondo allodiale della Casa d'Este. Il canale fu terminato in fretta ma, dato che intersecava il Canal Bianco ed il Canale Nicolino (detto anche Fossa Lavezzola) che sono ad un livello più basso, nel 1617 furono costruite due Botti o Ponti a canale.

Inizialmente le botti non erano state realizate perché la loro costruzione era reputata opera o impossibile o almeno molto difficile e sicuramente molto costosa. Ben presto però ci si accorse che, anche se nei periodo di magra non c'erano problemi, quando cadevano forti piogge la situazione si faceva critica.

Infatti, essendo stato fatto il Canal Bianco per permettere lo scolo dei terreni della Diamantina e di Casaglia ed essendo questi più bassi dei terreni il cui scolo avveniva tramite il Canale Nicolino, accadeva che moltissime volte il Canal Bianco, invece di scolare i suoi territori, si riempiva delle acque del Nicolino, che gli giungevano tramite il Cavo del Barco, rigurgitando all'insù con grave danno dei terreni della Diamantina e di Casaglia.

Chi firmò la vendita dei terreni su cui scavare il canale fu il Marchese Ippolito Bentivoglio d'Aragona [22] che, nel 1598, seguì il duca Cesare a Modena come comandante delle milizie estensi e che agiva in sua rappresentanza.

E' probabile che sia stato proprio uno dei Bentivoglio a suggerire al Papa di scavare un canale fra Pontelagoscuro e Ferrara dato che il loro padre si era interessato di bonifiche ed aveva fatto fare grossi lavori nel suo feudo di Gualtieri utilizzando l'Aleotti, famoso esperto d'idraulica.

Cornelio Bentivoglio sposò in prime nozze Leonarda d'Este da cui ebbe un figlio maschio, il marchese Ippolito che seguì il duca Cesare ed in seconde nozze Isabella Bendedei da cui ebbe tre figli che rimasero a Ferrara: Enzo che fu chiamato dal Papa a far parte del Consiglio da lui istituito a Ferrara, Guido che diventò poi cardinale e Giovanni.

La barche che provenivano da Pontelagoscuro, una volte giunte a Ferrara si fermavano a Porta San Benedetto in quanto il preesistente Canale dei Giardini che arrivava alla fossa del Castello non era più navigabile. Solo nel 1645 furono effettuati i lavori che permettevano alle barche di entrare in Ferrara [23].

A seguito di questi lavori il canale, prima chiamato semplicemente Canale di Ponte, assunse il nome di Canale Panfilio in quanto i lavori di miglioria furono patrocinati dal Pontefice Innocenzo X (che fu Papa dal 1644 al 1655) che era della nobile famiglia dai Pamphili [24].

Nel 1766 iniziò la costruzione di una spaziosa strada che conduceva a Ferrara [25] ma, dato che aveva il fondo disagevole, nel 1779 vi si fecero dei lavori di selciatura e nel contempo, modificando il tratto di canale che era di fronte alla via Coperta, a Pontelagoscuro si formò una nuova piazza con relativo approdo a comodo dello sbarco dal canale che costeggiava lo Stradone e con l'accesso ad alcuni grandi magazzini lungo la via del porto. Questi lavori furono opera del Cardinale Legato Francesco Carafa che allora governava Ferrara.

Dato che sul Canale Panfilio potevano navigare solo piccole barche e che a Pontelagoscuro era comunque necessario un trasbordo perché che il canale non era direttamente connesso al Po, il suo uso per il trasporto delle merci andò declinando.
Il Servitore di piazza, già citato, scriveva nel 1838: migliorata la strada si è quasi del tutto abbandonato l'uso del canale.

Ciò però non portò affatto ad una diminuzione della quantità di merci che passava per Pontelagoscuro dove, nel 1843, il solo commercio dato da battelli stranieri fu di 1.484.000 fiorini per le merci di importazione e di 1.170.300 per quelle di esportazione.
Per avere un'idea dell'entità di tale somma si pensi che, nel medesimo anno, il valore di tutte le merci transitate per il porto di Ravenna era stato di 504.218 fiorini per l'importazione e 286.458 per l'esportazione [26].

La Fossa Polesella

La Fossa Polesella che, come dice il nome, iniziava a Polesella sul Po, collegando il Po all'Adige permetteva ai veneziani di raggiungere il Po per vie d'acqua interne. La sua origine è molto antica ma un tempo era probabilmente soltanto un percorso nelle vaste paludi che vi erano fra il Po e l'Adige.
Solo al tempo del Duca Borso d'Este ha inizio un'opera di bonifica effettuata tramite lavori di arginatura del Canal Bianco che, nel 1473, raggiunsero la Fossa di Polesella che così diventò il tramite fra il Po ed il complesso Tartaro - Canal Bianco
[27].

Il canale che poi univa il complesso Tartaro - Canal Bianco all'Adige si chiamava Canale di Loreo. Il percorso che univa Venezia a Ferrara su appositi barconi chiamati barca-corriera o barcacce e che fu seguito, fra i tanti, anche da Goldoni nel 1755 e da Goethe nel 1786 era il seguente:

Da Venezia, percorrendo la laguna, si giungeva a Chioggia dove si entrava nella foce del Brenta raggiungendo il porto di Brondolo. Qui iniziava il traino del battello tramite cavalli che camminavano sulla strada alzaia.
Si percorreva quindi il Canale di Valle che univa il Brenta all'Adige correndo poco distante dal mare e portando a Cavanella d'Adige da dove si raggiungeva l'imbocco del Canale di Loreo che portava al Canal Bianco.
Si risaliva poi il Canal Bianco fino all'imbocco della Fossa Polesella che portava al Po che andava attraversato e risalito fino a Pontelagoscuro dove c'era la dogana. Da Pontelagoscuro era possibile raggiungere Ferrara sul Canale Panfilio ma, all'epoca di Goldoni e di Goethe, molti viaggiatori trovavano più comodo e più veloce farlo tramite la diligenza [28].

La Fossa Polesella permetteva anche di raggiungere il veronese tramite il Canal Bianco, il Naviglio Adigetto e poi il fiume Adige. Anche questo percorso aveva origini molto antiche: nel XIII secolo il Comune di Padova costruì a Badia un insieme di fortificazioni per controllare il passaggio delle barche che transitavano sull'Adige e sul Naviglio Adigetto e far pagare loro i dazi previsti. [29].

Il fiume Reno ed il Canale Navile

Il fiume Reno fu navigato fin dai tempi più antichi; già gli Etruschi lo discendevano partendo da Felsina (l'attuale Bologna) fino a Voghenza (che sembra prendesse il nome da Avenza antica denominazione del Reno) nei cui pressi il Reno si immetteva in un ramo del Po (detto Spinetico) raggiungendo così il mare Adriatico e la città di Spina dove arrivavano i commercianti dalla lontana Grecia.

Anche i Romani continuarono ad usare questa via d'acqua ma nel Medioevo non vennero più eseguiti grossi lavori di manutenzione dei fiumi e dei canali per cui si ebbero numerosissime rotte e vaste zone ritornarono paludi. Il Reno, in particolare, non arrivava più al mare ma si perdeva in una vasta area tra Bologna, Ferrara e Ravenna.

Non per questo si smise di navigare: esiste un diploma di Berengario I, re d'Italia, della fine del IX secolo che concedeva al Vescovo di Bologna il porto delle navi sul Reno presso il mercato della Selva Piscariola.
E' però nel 1208 che la navigazione tra Bologna e Ferrara che in precedenza si svolgeva attraverso le paludi, cominciò ad essere regimentata. In tale anno infatti il Comune di Bologna acquistò dal consorzio dei Ramisani un canale che derivava acqua dal Reno (alla chiusa di Casalecchio) per poter azionare dei mulini.

Il Canale di Reno fu prolungato e fatto passare per la città dove si divideva nei due rami del Cavaticcio e del Canale delle Moline che azionava mulini da grano e molti altri macchinari e che poi accoglieva le acque del Torrente Aposa. I due canali, una volta usciti dalla città, si ricongiungevano e scorrevano in quello che forse era un antico alveo del Savena che fu poi regimentato fino a portarlo all'imbocco con il Po di Primaro e quindi con il mare Adriatico [30].

C'è chi fa nascere il Canale Navile all'interno delle mura di Bologna dove vi era il porto realizzato nel 1581 e chi invece lo fa nascere poco fuori dalle mura di Bologna al sostegno della Bova dove il Cavaticcio si riunisce con il Canale delle Moline e dove si trovava l'antico porto del Maccagnano. Il punto di unione è visibile tuttora (si trova tra via Bovi Campeggi e la ferrovia) ma purtroppo appare abbandonato e degradato anche se le opere idrauliche sono ancora in buono stato.

L'inizio del Canale Navile. A destra il Cavaticcio, a sinistra il Canale delle Moline

Inizialmente il canale (che da Bologna prende il nome di Navile), per chi lo risaliva in direzione di Bologna, era navigabile solo fino a Corticella in quanto non si riusciva a rimontare con le barche i quindici metri di dislivello che c'erano con Bologna. Si fecero degli sbarramenti in legno nel tentativo di aiutare le barche a rimontare la corrente e si costruì il porto del Maccagnano subito fuori le mura di Bologna ma fu solo con i lavori iniziati dal Vignola nel 1548 che si risolse il problema.

Il Vignola edificò tre sostegni (conche vinciane) in muratura e sono quelli del Battiferro, del Grassi e di Corticella. Successivamente ne vennero realizzati altri quattro: la Bova, il Torregiani, il Landi e la Chiusetta.

In questo tratto il Canale Navile fu raddoppiato. Il ramo navigabile, chiamato Fossetta fu scavato ex-novo, mentre l'altro (il Canalazzo) fu lasciato scorrere nell'alveo antico. La presenza di molti salti d'acqua fece sì che il canale non fosse usato solo per la navigazione ma anche per sfruttarne la forza motrice. Nel 1878 nel tratto tra il Battiferro e Castel Maggiore (meno di dieci chilometri) erano in funzione 49 ruote idrauliche.

Ecco la descrizione delle attività rese possibili dalle acque del Canale Navile nel 1859: Il Canale Naviglio di Bologna sino al suo sbocco nel Benedettino si considera diviso in due guardie l'una detta superiore da Bologna a Bentivoglio, nella quale le acque del Canale, oltre la navigazione, servono per dar moto a sette grandiosi opifici Idraulici per macinar granaglie, per pillar risoni, e molti altri oggetti di ordinario riso come col mezzo di n. 43 chiaviche ... a riempire n. 50 circa maceri da Canapa, ed a poche irrigazioni da non calcolarsi. L'altro che è detto la guardia inferiore da Bentivoglio a Buonalbergo e quindi sino al cavo Benedettino è quella lungo la quale oltre l'uso della navigazione ... oltre al movimento di due Opifici Idraulici conta n. 64 chiaviche ... Con questa succinta disposizione toccate le cose più rimarchevoli della città di Bologna ... si conosce di quanta importanza sia l'implorata provvidenza per avere nella sua piena integrità ed operosità il sudetto canale che fu in ogni tempo degno di contemplazione dei più sommi idraulici i quali l'ebbero a riconoscere come opera portentosa e vitale alla conservazione, sviluppo e progresso dell'industria, agricoltura e commercio, tre rami che costituiscono la ricchezza di questa città e provincia [31].

La navigazione comunque era l'uso più importante del canale ed aveva la precedenza su tutti gli altri. Il Canale Navile era navigabile per quasi tutto l'anno. Solo in caso di forti magre o di presenza di molto ghiaccio la navigazione veniva sospesa. Si valuta che mediamente i giorni di sospensione fossero una novantina all'anno [32].

Dal 1572 sul Navile fu in funzione un servizio bisettimanale di trasporto passeggeri per Ferrara e Venezia. Nel bolognese la navigazione era suddivisa in due tratte: quella, chiamata superiore, sul Navile fino a Malalbergo, dove avveniva un trasbordo e poi quella inferiore sul Canale Morto fino a raggiungere il Po di Primaro. Questo trasporto passeggeri per vie d'acqua durò fino al 1816 quando fu sostituito da un analogo servizio di diligenze.

A causa dell'interrimento delle vaste paludi che vi erano fra Bologna, Ferrara e Ravenna, il tratto che portava da Malabergo al Po di Primaro subì molte modifiche anche se il percorso rimase circa lo stesso: inizialmente furono utilizzate le paludi, poi Canale Morto e successivamente la Fossa Cembalina.

A Malalbergo vi era anche la dogana (detta Gabella Grossa) che, come confine di Stato, rimase in funzione fino al 1598 quando il Ducato di Ferrara entrò a far parte dello Stato Pontificio. Il trasbordo invece fu necessario fino al 1775 quando, nell'ambito dei lavori sul Reno, fu realizzata una conca che permetteva ai barconi di proseguire il tragitto [33].

Il declino della navigazione sul canale Navile iniziò a metà del XIX secolo con la costruzione della ferrovia. La diminuita manutenzione del canale portò in breve ad un deperimento degli argini con conseguenze anche sulla funzionalità dei mulini [34].
La navigazione continuò ancora a lungo ma assunse una carattere sempre più locale. Gli ultimi barconi sono transitati nel 1948.

Recentemente è iniziato il recupero del Sostegno del Battiferro, subito fuori Bologna, che è l'unico che abbia conservato i portoni in ferro della chiusa ma sembra che ciò serva per potenziare l'interesse per il vicinissimo Museo del Patrimonio Industriale piuttosto che per favorire la navigazione che rimane pressoché impossibile anche se non sarebbe troppo complicato agire per permettere la navigazione turistica del Navile tramite delle canoe canadesi così come si fa, con ottimi risultati, sul fiume Tirino in Abruzzo.


[1] - Werther Angelini - Economia e cultura a Ferrara dal '600 al tardo '700 - Edizioni Argalia - Urbino, 1979.   <<

[2] - Franco Cazzola - L'Annona e il commercio dei grani a Ferrara dal 1510 al 1650 - Tesi di Laurea - Università degli studi di Bologna - Anno accademico 1964/65.   <<

[3] - Luigi Griva - Venezia - Torino 1731: Un Bucintoro per i Savoia - in Studi piemontesi - XXXI,2 p. 301 - Torino, 2002.   <<

[4] - Ferrara nella storia del Risorgimento italiano dal 1814 al 1821 - appunti raccolti da Giuseppe Ferraro e da Patrizio Antolini - Edizioni Bresciani - Ferrara 1885.   <<

[5] - Ginevra Canonici Facchini - Due giorni in Ferrara - Edizioni Bresciani - Ferrara 1819.   <<

[6] - Giuseppe Mayr - Monete e medaglie onorarie ferraresi - Editore Taddei - Ferrara, 1843.   <<

[7] - Comune di Occhiobello - Per una Storia di Occhiobello - a cura di Sergio Gnudi - Edizioni Liberty House - 1991.   <<

[8] - Walter Ferrari - Storia illustrata di Pontelagoscuro 1055 - 1944 - con un DVD annesso - Pontelagoscuro, 2006.   <<

[9] - Carlo Bassi - Pontelagoscuro: una realtà urbana da disegnare in "Il Lago-Scuro Ponte per la Città" - Ferrara 1987.   <<

[10] - Riccobaldo da Ferrara - Chronica parva ferrariensis - a cura di G. Zanella in Atti della Deputazione Ferrarese di Storia Patria - Ferrara, 1983.   <<

[11] - Gabriele Zanella - Riccobaldo e Livio - in Studi Petrarcheschi n. 6, 1989.   <<

[12] - Il miglio ferrarese era pari a circa 1,36 chilometri.   <<

[13] - Tullio Calori - Canali e mulini nel territorio di Molinella in Mulini, canali e comunità della pianura bolognese tra Medioevo e Ottocento (a cura di Paola Galletti e Bruno Andreolli) - Casa Editrice Clueb - Bologna, 2009.   <<

[14] - Gabriella Monzeglio - La navigazione fluviale in Italia nel Medioevo: aspetti storici e archeologici - Tesi di Laurea in Archeologia Medievale - Università degli Studi di Torino, 1998.   <<

[15] - Storia dei Navigli - dal sito www.navigli.net   <<

[16] - Luigi Griva - La Nave dei Re - Edizioni del Capricorno - Torino, 2012.   <<

[17] - Luigi Griva - Navaroli del Po in epoca sabauda in Atti del IX Convegno "Randevò a la Vila" - San Sebastiano da Po, 2004.   <<

[18] - Il sistema d'acque e i fiumi attorno a Padova - dal sito www.padovanavigazione.it   <<

[19] - Felice Orsini - Geografia militare della penisola italiana - Cugina Pomba e Comp. Editori - Torino, 1852.   <<

[20] - Si tenga presente che, a quell'epoca, il corso del Reno era diverso dall'attuale e quello che qui è chiamato Po di Primaro è oggi il tratto terminale del fiume Reno.   <<

[21] - Ginevra Canonici Facchini - Due giorni in Ferrara - Edizioni Bresciani - Ferrara 1819.   <<

[22] - Archivio di Stato di Ferrara - Archivio Bentivoglio - Stato Patrimoniale - Libro 75, 36.   <<

[23] - Antonio Frizzi - Memorie per la Storia di Ferrara - Tomo Quinto - Per gli eredi di Giuseppe Rinaldi - Ferrara, 1809.   <<

[24] - F. Avventi - Il Servitore di piazza - Guida di Ferrara - Pomatelli Tipografo - Ferrara, 1838.   <<

[25] - Giovanni Bedani - Memorie storiche di Pontelagoscuro - Ferrara 1905.   <<

[26] - Il Felsineo - Giornaletto locale di agricoltura, morale, industria e commercio - anno IV n. 37 - Bologna, martedì 13 febbraio 1844.   <<

[27] - Mozzato Daniele, Buoso Mirko, Barison Daniele, Benini Stefano, Paneduro Vincenzo (ITAS "Munerati" - Rovigo) - Influenze esterne Alto, Medio, Basso Polesine - dal progetto La Terra che ci appartiene promosso dalla Provincia di Rovigo.   <<

[28] - Sergio Garbato - L'Idrovia Padana: storia, cultura, arte lungo le vie d'acqua venete, lombarde ed emiliane - SCIP Editore - Rovigo, 2008.   <<

[29] - Michelangelo Munarini - I mercanti non hanno patria: le ceramiche del ritrovamento di Torretta - 2006.   <<

[30] - Franco Ardizzoni - La navigazione sul Reno nel Medioevo in al sâs, rivista periodica edita dal Gruppo di Studi 10 righe e dal Comune di Sasso Marconi - n.10, 2004.   <<

[31] - Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna - Archivio della famiglia Pizzardi Titolo I Acque, Rubrica 1, Lettera al Cardinale Giuseppe Milesi, 3 gennaio 1859.   <<

[32] - AA. VV. - Campagna e Industria - Itinerari - Collana Capire l'Italia - Touring Club Italiano - Milano, 1981.   <<

[33] - Giulio Reggiani, Dino Chiarini e Luciano Marini - Narciso da Malalbergo, storia di una maschera bolognese - Pàtron Editore - Quarto Inferiore, 1991.   <<

[34] - Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna - Archivio della famiglia Pizzardi Titolo I Acque, Rubrica 1, Promemoria sul Canale Navile, 28 febbraio 1861.   <<


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