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Storia di Pontelagoscuro


La storia del fiume Po

Parlare della storia di Pontelagoscuro senza conoscere la storia del Po è impossibile. Infatti non solo il paese è sempre stato strettamente connesso con il grande il fiume, da cui ha ricavato ricchezza e prosperità, ma la stessa terra su cui è sorto il paese e tutta l'immensa pianura che lo circonda è stata forgiata dalla millenaria azione del fiume.

Dieci milioni di anni orsono il Po era un modesto torrente che non si distingueva affatto da migliaia di altri torrenti e come tutti costoro si gettava nel grande golfo marino che occupava allora quella che adesso è la Pianura Padana.

Il fondo di questo grande golfo era molto corrugato essendo soggetto alle stesse forze che avevano fatto innalzare le Alpi e gli Appennini. Verso la zona dove ora c'è il bolognese vi era una profonda fossa ma poi il fondale marino si innalzava in quella che dai geologi è detta la Dorsale ferrarese fino ad emergere in alcune isole.
Le altre isole di questo vasto golfo erano quelli che ora sono i monti Berici, i Lessini ed i Colli Euganei. Successivamente la zona della Dorsale ferrarese sprofondò e tutto il territorio del ferrarese tornò sott'acqua.

Il Po e migliaia di altri torrenti come lui trasportavano con sé tonnellate di materiali erosi dalle montagne e li portavano fino al grande golfo dove si gettavano. Qui i materiali più pesanti si fermavano mentre quelli più leggeri si disperdevano nel mare posandosi poi sul fondo.
Questo processo durò milioni di anni e pian piano portò a riempire di sedimenti il grande golfo
[1].

La nascita del Po

Un milione di anni fa iniziò una fase di importanti glaciazioni ed il livello del mare si abbassò molto cosicché il fondo del grande golfo marino uscì dalle acque.
Un torrente che scendeva dal Monviso fu reso sempre più ricco d'acque da numerosi affluenti ed ebbe la ventura di diventare il corso d'acqua principale di questa nuova pianura.

Un corso d'acqua, quando non è regimentato ed incanalato dall'uomo, passa sempre per la via più ripida. I nuovi fiumi però portavano enormi quantità di detriti e sedimenti che si depositavano quando la corrente rallentava.
Per questo motivo le depressioni si riempivano e l'azione del Po e dei suoi affluenti era quella di rendere sempre più livellata la pianura.

Un fiume che scorra libero in una pianura tende a spargersi su di un'area enorme ma così facendo la sua corrente varia molto: è forte al centro del fiume e debole ai lati. Pertanto i sedimenti più fini si depositano solo lateralmente e formano degli argini naturali.
Il fiume, così ingabbiato, deposita i sedimenti solo all'interno del suo alveo innalzandolo fino a che diventa più alto della campagna circostante ed appena riesce a rompere i suoi deboli argini naturali, si sparge per la campagna creandosi un nuovo corso.

Il corso del fiume, dato che segue la linea di massima pendenza, non è mai lineare ma presenta molte curve. La corrente del fiume è forte nella parte esterna della curva e debole in quella interna.
L'effetto che ne risulta è che la parte esterna della curva viene erosa mentre, in quella interna, vengono depositati dei sedimenti per cui la curva diventa sempre più chiusa su stessa. Una curva di questo tipo è detta meandro dal nome di un fiume, in Asia Minore, particolarmente tortuoso.

Col tempo quindi il corso del fiume tende a diventare estremamente tortuoso. Accade però che i meandri si incurvino sempre di più finché il fiume rompe l'ormai sottile istmo di terra che divide il suo corso da prima a dopo il meandro e taglia via il meandro che diventa un lago di acque morte.

Un lago può formarsi anche quando un fiume invade un'area più bassa oppure ne impedisce lo scolo delle acque meteoriche. Laghi di questo tipo hanno acque poveri di nutrienti ma con l'andare del tempo evolvono in un lago ricco di nutrienti che tende poi ad interrirsi fino a scomparire [2].

E' più facile che ciò avvenga nelle zone al centro dei sinclinali (che sono gli antichi corrugamenti delle rocce che si trovano sotto la Pianura Padana), essendo tali zone soggette ad una maggiore subsidenza. Detto con un linguaggio meno tecnico ciò significa che, in quelle zone, prima di arrivare alla roccia, si trova uno strato di sedimenti più profondo che altrove e dato che i sedimenti col tempo si compattano, queste zone si abbassano più rapidamente di quelle circostanti.
Considerato che Pontelagoscuro si trova al centro del sinclinale Ficarolo - Copparo, è probabile che questa sia stata l'origine anche del nostro Lago scuro [3].

Nel corso dei millenni quindi il corso del Po è cambiato continuamente. I geologi però sono in grado di leggere nel terreno la storia di questi cambiamenti e di individuare i paleoalvi, (detti anche alvei fossili) di un fiume cioè i resti di quello che anticamente era il suo letto.
Inoltre lo studio dei cordoni litoranei permette di riconoscere l'antica linea della costa e di individuare i rami principali del fiume osservando l'evoluzione delle foci.
Purtroppo però è molto difficile datare con esattezza gli alvei ed i cordoni litoranei e dire quindi come era il corso del Po in una certa epoca.

Il Po fino all'epoca romana

Si pensa che il Po, durante l'epoca glaciale, scorresse più a sud, rispetto al suo corso attuale, ed attraversasse la Romagna girando poi verso sud una volta arrivato circa al centro di quello che ora è il mare Adriatico settentrionale e sfociando in mare, all'altezza di Ancona.
Però prospezioni marine, abbastanza recenti, hanno permesso di individuare i cordoni litoranei risalenti all'epoca glaciale quando il livello del mare era più basso dell'attuale individuandone una serie al largo di Ravenna
[4].
Poi, sciogliendosi i ghiacci, il mare rioccupò tutte le terre dell'Adriatico settentrionale.

Nella preistoria la linea della costa era molto più arretrata rispetto ad oggi ed il Po si divideva in due rami circa all'altezza della attuale Guastalla.
A Nord scorreva il Po di Adria (e la città che sorse alla sua foce diede poi il nome al Mare Adriatico) che sfociava vicino a Chioggia mentre il ramo più a sud raggiungeva il mare presso la città di Spina (quindi poco sotto l'attuale foce).

Nel ferrarese il ramo più sud percorreva grosso modo il percorso attuale fino a Bondeno, forse spostato ancora più a sud di pochi chilometri, proseguiva poi fino a Settepolesini dove, si pensa, ci fosse un'ampia curva del fiume.
Qui infatti, in un enorme deposito sabbioso, sono stati trovati gli scheletri di un rinoceronte lanoso e di un megacervo, il che dimostra che qui vi passava il Po per un periodo che va da 50.000 a.C. ad almeno il 12.000 a.C.

Adria fu fondata dei veneti e poi occupata dai greci (VI secolo a.C.) e dagli etruschi. In epoca romana era ancora un porto importante ma che si stava già interrando per l'avanzare della linea delle costa.
Spina era una città etrusca del VI secolo a.C. (secondo Dionigi di Alicarnasso era però stata fondata dai Pelasgi di Grecia [5]) ed era il porto di scambio fra la civiltà greca e l'entroterra d'Europa, infatti qui terminava la via dell'ambra che giungeva fin dalle lontane spiagge del Baltico.

E' molto curioso quanto racconta Dionigi di Alicarnasso infatti gli antichi greci sui Pelasgi sapevano ben poco ed ancora meno su cosa avessero fatto, però questa affermazione può essere interpretata come riferimento ad un periodo remotissimo.
In realtà Spina, in tempi così remoti, non esisteva ancora ma questo può essere ciò che rimaneva del ricordo di un altro insediamento, che si trovava sul Po di Adria e che esisteva molti secoli prima di Spina.

Si tratta di un insediamento villanoviano (XII secolo a.C.) sviluppatosi a Frattesina (vicino a Fratta Polesine) [6], a meno di venti chilometri da dove sorgerà Pontelagoscuro. Si trovava sulle rive del Po di Adria che passava per Sermide, Fratta ed Adria.
Il villaggio si estendeva su ben nove ettari e vi si producevano, in gran quantità, oggetti di pasta vitrea, di osso e corno di cervo, di bronzo e altri metalli e perfino di avorio di elefante [7] e forse di ambra il che mostra dei collegamenti con i principali centri di civiltà del Mediterraneo come conferma anche il ritrovamento di frammenti di ceramica micenea.
Nel IX secolo questo insediamento, come anche gli altri insediamenti villanoviani, decadde.

All'epoca della fondazione di Spina il Po di Adria stava già perdendo d'importanza perché la Rotta di Sermide (VIII secolo a.C.) modificò il corso del Po che ora arrivava fino all'attuale Ficarolo e poi piegava verso sud. Il Po di Adria riceveva meno acqua e si interrò nel volgere di alcuni secoli.
Intanto il Po di Spina si suddivise in due rami: l'Olana (ora Po di Volano) e il Padoa (da cui deriva il nome Po), noto anche come Eridano.

Secondo Plinio gli Etruschi furono i primi a tentare di regolamentare il fiume costruendo argini e scavando le prime Fosse cioè dei canali che univano bracci del fiume per favorire la navigazione e distribuire le acque durante le piene.
In particolare gli Etruschi avrebbero costruito la Fossa Filistina.

Con l'arrivo dei Galli ogni lavoro idraulico cessò e le paludi presero il sopravvento.
Strabone (63 a.C. - 19 d.C.) racconta che la città di Spina esisteva ancora ai suoi tempi ma che era ridotta ad un paesino per essere stata invasa e distrutta dai Galli.

Alla foci dell'Eridano si accumularono sedimenti per molti secoli formando un ampio delta nella zona ora fra Comacchio e Ravenna. La linea della costa era però più arretrata rispetto all'attuale e rimangono gli antichi dossi, ora all'interno delle Valli di Comacchio (Argine Agosta).
L'Olana invece sfociava più a nord ed aveva anche una ulteriore diramazione da cui nasceva il tratto detto Gaurus (da cui derivano i nomi Goro e Codigoro) che sfociava nei pressi dell'attuale Mesola; di questa foce rimangono le dune fossili di Massenzatica.

Il Po in epoca romana

Con l'arrivo dei Romani vengono costruite strade (la via Popilia, che andava da Rimini ad Adria, è del 132 a.C.) e fatti grandi lavori idraulici. Vengono costruiti argini, scavati canali di drenaggio per bonificare le zone paludose e specialmente vengono scavate numerose fosse per favorire la navigazione interna.
Nel I secolo d.C. esistono le fosse Augusta, Clodia, Filistina, Flavia, Messanicia e Neronia che permettono di navigare da Ravenna ad Aquileia rimanendo sempre all'interno di lagune e percorrendo canali artificiali e tratti di fiumi.

Gli scrittori Romani che ci parlano del Po sono numerosi. Polibio afferma che il Po si risaliva per 2000 stadi (cioè per 355 chilometri, circa fino al Tanaro) a partire dall'antica foce del Volano [8]. Per Plinio invece il Po era navigabile fino a Torino e navigabili erano i suoi affluenti maggiori [9] mentre Strabone ci informa che per andare da Piacenza a Ravenna seguendo il corso del Padus occorrevano due giorni e due notti [10].

In epoca romana i porti più importanti sul Po sono: Cremona, Pavia (che si trova sul tratto terminale del Ticino), Piacenza, Brescello, Ostiglia, Vicus Varianus (l'attuale Vigarano) e Vicus Hobentia (l'attuale Voghenza).

Secondo Polibio, il Po scendeva con un unico corso fino ad un luogo chiamato Trigaboli dove si divideva nei due rami dell'Olana e del Padoa. A monte di questo luogo vi sarebbe stato un porto, che dava un ancoraggio sicuro come nessun altro in Adriatico, che si chiamava Bodencus.

Per vari storici, Trigaboli deriverebbe dalle parole celtiche tres gabuli cioè tre capi e corrisponderebbe all'attuale Codrea (anche il suffisso Co, diffuso nei nomi geografici del ferrarese, è di origine celtica).
Bodencus o bodincus invece è un termine celtico ma di origine ligure che significava profondo e che fu usato anche per indicare il fiume Po.

Secondo il Muratori [11] proprio da Bodincus sarebbe derivato il nome Po: la parola sarebbe stata troncata e la B sarebbe diventata una P.
Invece, secondo Metrodoro di Scepsi, il nome deriverebbe dal termine celtico che indicava i pini che crescevano fitti alle sue sorgenti [12]. I Celti infatti chiamavano i pini col termine padi che deriva da pades che significa resina [13].

Io penso che, se Po deriva da pades che significa resina, sia più facile che ciò sia dovuto al fatto che lungo il corso del fiume veniva portata la preziosa ambra piuttosto che al nome dei pini che crescevano alle lontanissime sorgenti.
E' vero che non sappiamo se allora si sapesse che l'ambra deriva dalla resina dei pini ma non si tratta di cosa difficile da capire, come faceva già notare Plinio il Vecchio quasi duemila anni fa, dato che l'ambra, quando brucia, emette odore di resina e la fiamma è simile a quella che si sviluppa dalla resina di pino [14].
Tacito da parte sua scriveva E' chiaro comunque che si tratta della resina di un albero, poiché spesso vi si vedono in trasparenza animaletti terrestri o anche dotati di ali, che, impigliatisi nel liquido vischioso, vi restano in seguito racchiusi quando la materia si indurisce [15].

Il ramo più a sud e cioè il Padoa non va confuso con il Po di Primaro che ancora non esisteva in epoca romana. Passava per la città di Voghenza ed era più a nord del corso del successivo Po di Primaro. Era collegato a Ravenna dalla Fossa Messanicia lunga dodici miglia romane (circa 18 chilometri).

Il Po durante il Medioevo

Con la caduta dell'Impero Romano il sistema viario decade ed aumentano i rischi del trasporto per via di terra per cui il Po ed i suoi affluenti acquistano grande importanza come vie di comunicazione fluviale.
Nel contempo però non vengono più eseguiti grossi lavori di manutenzione per cui si hanno numerosissime rotte e vaste zone che ritornano paludi.

Cassiodoro ci dice che, ai suoi tempi (VI secolo d.C.), era possibile andare da Pavia a Ravenna in cinque giorni e che, lungo il corso del Padus, esisteva un servizio di posta che collegava Ravenna con Cremona e Pavia [16].
L'invasione longobarda divide la Pianura Padana in due aree politiche e ciò ostacola i traffici lungo il fiume per cui vi sono specifici accordi, come quello del 715 fra il re longobardo Liutprando e Comacchio, per mantenere in funzione il traffico fluviale.

Nell'VIII nasce un nuovo ramo del Po posto a sud ed è che poi sarà chiamato Po di Primaro e che percorre quello che ora è il corso terminale del fiume Reno ed il tratto del Po morto di Primaro.
Secondo alcune fonti (Flavio Biondo, 1392-1463 [17]) questo ramo del Po, detto Po della Torre della Fossa, nacque, nel 709 d.C., da un intervento umano. Sarebbe stato Felice, Arcivescovo di Ravenna, che avrebbe fatto tagliare il Po sotto Ferrara per allagare i campi attorno a Ravenna per impedire che un esercito raggiungesse la città.

In poco tempo il Po di Primaro acquisisce grande importanza per la navigazione perché collega Ravenna al Po e da qui a tutta la Pianura Padana comprese Pavia e Milano (tramite il Lambro).
Il corso del Po, in questa epoca, è simile all'attuale fino a Ficarolo dove deviava decisamente verso meridione passando a sud di Ferrara dove si divideva nei due rami del Po di Volano e del Po di Primaro.

Dove il Po di Primaro sfociava in mare (cioè alle attuali foci del Reno) si formò una grande cuspide deltizia che giungeva ben più al largo della attuale linea della costa che era chiamata Sacca Testa d'asino e che sopravvisse a lungo all'erosione anche dopo che il Primaro si era in parte interrato.
Al largo delle foci del Reno vi sono sott'acqua i resti di una torre di guardia degli Estensi che sono stati esplorati da subacquei di Ravenna.

Anche presso la foce di Volano crebbe una cuspide deltizia che venne parzialmente erosa dopo il XVI secolo e di cui rimangono ancora alcune vestigia. I dossi della Mesola mostrano l'antica linea della costa mentre quelli della Pineta di San Vitale mostrano la linea della costa preesistente alla nascita del Po di Primaro.

Non ci sono rimasti molti documenti altomedievali ma abbiamo notizia di alcuni viaggi per via fluviale intrapresi in quell'epoca. Nel 963 Ottone I navigò sul Po da Pavia a Ravenna per attaccare Berengario II. Il vescovo di Cremona, Liutprando, nel 969, si imbarcò a Pavia ed andò a Venezia in tre giorni.
Ottone III, nell'aprile 996, si imbarca a Pavia e discende il Po, fa scalo a Cremona e poi giunge a Ravenna. Nel 998 ripete il viaggio da Cremona a Ferrara dove viene raggiunto dal figlio del Doge, Pietro Orseolo II, figlioccio dell'imperatore, anche lui giunto a Ferrara su di una nave. Ottone poi, bordo di una nave veneziana, arriva a Ravenna [18].

La rotta Siccarda

Il Bedani, storico di Pontelagoscuro [19] pone nel 1167 la rotta Siccarda che formò un nuovo corso del Po verso nord dando origine al gran braccio del Po di Venezia e la attribuisce ad un intervento dell'uomo: Il popolo di Ficarolo, nemico di quello di Ruina, tagliò l'argine del Po mentre era gonfio per consiglio di certo Sicardo, a fine di sprofondare i Ruinesi sotto il diluvio delle acque. Si produsse di tal rotta il gran braccio del Po che passa da Pontelagoscuro e va al mare. Si tratta di notizie prese dalla storia di Ferrara di Gasparo Sardi [20].

La maggior parte degli storici però pone la data della rotta a parecchi anni prima (1152 o 1155) e la attribuisce a cause naturali. Molto probabilmente non è un'unica rotta a creare il nuovo corso del Po ma più rotte succedutesi per parecchi anni senza che si intervenisse in maniera risolutiva sugli argini.
In quei tempi infatti era frequente che le rotte durassero a lungo perché una volta passata la piena, l'acqua non usciva più e si lasciavano le cose come stavano.

Il Po si trovò quindi un nuovo corso, più breve di quelli esistenti. Non si sa se s'incanalò in alvei di fiumiciattoli o canali preesistenti. E' molto probabile, ma non sappiamo come fosse la situazione idraulica di quella zona prima della rotta.
Secondo alcuni studiosi la rotta di Ficarolo si incanalò nel letto di quello che era un mediocre corso d'acqua detto Fossa Saga o Bodigata (Canale dei Buoi) [21].
In effetti il ritrovamento, nel 1953 alla Fornace Grandi di Pontelagoscuro, del relitto di una grossa imbarcazione risalente a prima dell'anno mille [22], fa pensare che lì vi fosse un canale od un fiume di una certa dimensione ben prima della rotta di Ficarolo.

La Chronica Parva Ferrariensis [23] racconta che, dopo la rotta di Ficarolo, l'acqua del Po si suddivideva in vari fiumi, i più importanti dei quali erano il Bonello (che corrispondeva circa all'attuale corso), e più a nord, il Tassarolo ed il Barzaga. Questi fiumi si sarebbero poi riuniti in uno solo presso un luogo detto Litiga.

Il fatto che il nuovo ramo del Po avesse un percorso più breve degli altri due rami è molto importante. Infatti minor lunghezza significa maggior pendenza media e quindi maggior velocità dell'acqua.
In questo nuovo ramo era quindi maggiore la quantità di sedimenti che arrivavano al mare e minore quella che si depositava nell'alveo del fiume rispetto ai rami di Volano e di Primaro.

E' molto probabile che per lungo tempo la quantità d'acqua che passava per il nuovo ramo del Po fosse di gran lunga inferiore a quella che passava per il Po di Volano e di Primaro. Sappiamo infatti che, per molti secoli ancora, il traffico fluviale per Ferrara risalì il Po di Primaro.
Inoltre, sempre secondo la Chronica Parva, nel 1222 a Pontelagoscuro vi era un ponte, cosa che fa supporre che il fiume fosse meno largo di quanto diventò poi e Fra Paolino, nella sua mappa, disegna un ponticello minuto su di un fiume altrettanto minuto apparentemente ben più piccolo del ramo del Po che passava a sud di Ferrara.

Più sedimenti si depositavano nel Po di Primaro ed in quello di Volano e più la corrente rallentava, favorendo quindi il depositarsi di altri sedimenti. Il nuovo ramo del Po acquistò quindi un sempre maggior volume di acque e si suddivise a sua volta in due rami. Il nuovo ramo sfociava verso nord alla bocca detta delle Fornaci, dal nome di una taverna che era lì (ce lo racconta Flavio Biondo, 1392-1463, già citato).

Gli Estensi tentarono in ogni modo di salvare il Po di Primaro dall'interramento e continuarono sempre a considerare il porto di Ferrara quello a sud della città, posto immediatamente a monte alla suddivisione in Po di Volano e Po di Primaro.
Il porto a nord di Ferrara, sito su nuovo ramo del Po, detto Po di Venezia, era considerato secondario ed utilizzato solo per i collegamenti con Venezia e quasi solo per il trasporto di persone che si recavano a cavallo fino al porto.

Con l'idea di velocizzare il corso del Po di Primaro e di quello di Volano facendovi scorrere un maggior volume d'acque, si pensò di immettere il Reno in Po, infatti il Reno non aveva allora l'attuale corso ma si perdeva in una vasta palude tra Ferrara, Bologna e Ravenna.
Nel 1526 il Duca Alfonso I decise quindi di far immettere il Reno in Po e ciò fu fatto all'altezza dell'attuale Porotto. I risultati furono disastrosi e si dovette fare marcia indietro: il Reno infatti è a regime torrentizio e quindi apportava grandi quantità di sedimenti che peggiorarono ancor più la situazione.

Il taglio di Viro

Nel 1598 gli Estensi dovettero cedere Ferrara al Papa e ai Duchi subentrarono i Legati Pontifici che permisero due cose che gli Estensi avrebbero impedito con tutte le loro forze.
Permisero infatti di togliere il Reno dal Po ma lo immisero nelle valli della Sammartina e Poggio Renatico, vicine a Ferrara e permisero ai veneziani di effettuare il cosiddetto taglio di Viro.
Entrambe le cose accaddero nel 1604.

Il ramo principale del Po era quello più a nord e stava quindi creando una cuspide deltizia verso nord che tendeva ad interrare la laguna di Venezia e perciò i veneziani volevano fare un taglio che spostasse verso sud l'ultimo tratto del ramo principale del Po e salvasse la loro laguna.

Il taglio fu fatto nel 1604 a Porto Viro e col tempo si vide che, per il ferrarese, i risultati furono disastrosi. La cuspide deltizia si spostò infatti nella zona dove si trova ora, interrando gli sbocchi a mare delle grandi bonifiche fatte dagli Estensi nel XVI secolo e così gran parte della provincia di Ferrara finì di nuovo sott'acqua.
Il Reno, da parte sua, allagò ed impaludò una vasta zona a sud di Ferrara arrivando non troppo distante dalla città.

Nel ferrarese vi fu grande penuria di grano e quando dal 1628 al 1680 furono fatte ingenti spedizioni di grano da Ancona e Senigallia verso il ferrarese [24], si preferì risalire il Po Grande ed attraccare a Pontelagoscuro anziché risalire il Po di Primaro ed attraccare direttamente a Ferrara.

Questa scelta fu fatta forse non solo per motivi di navigazione ma anche per ragioni economiche: infatti, nel 1602, era accaduto che una analoga spedizione di grano da Ravenna a Ferrara, per soccorrere il popolo dopo una carestia, aveva dovuto pagare delle tasse di transito non solo ad Argenta come accadeva da secoli, ma anche a Filo che le aveva pretese ed ottenute in questa occasione.
Il risultato fu che il grano arrivò nel 1603 quando già cominciava a deteriorarsi e che il costo finale del grano era composto per la metà di tasse (anche se non tutte di transito) [25].

Inoltre, nel 1601, era stato realizzato un canale navigabile, il Canale Panfilio, (non collegato direttamente al Po) fra Pontelagoscuro e Ferrara. Il grano veniva quindi trasbordato a Pontelagoscuro su barche più piccole che permettevano di raggiungere non solo Ferrara ma anche Bologna.
Il traffico sul Po di Venezia, detto ora Po Grande, diventò quello più importante e crebbe sempre di più di importanza.

Il Po in epoca moderna

Nel 1700 il Po di Volano e quello di Primaro sopravvivono anche se sono sempre più poveri d'acqua. I tentativi di mantener viva la navigazione, specie sul Volano, continuano ancora a lungo ma con esiti pressoché nulli, vi è un traffico locale ma nulla più.

Nel 1620 si toglie dal Primaro il fiume Lamone che si fa sboccare direttamente nell'Adriatico e nel 1742 si cerca di risolvere il problema del Reno con la costruzione del Cavo Benedettino che permette di far confluire il Reno direttamente nel Po di Primaro a Traghetto.
Anche il nuovo alveo si interra rapidamente e nel 1750 c'è una grave rotta a Sant'Agostino e le acque vanno naturalmente verso est. Tra il 1767 e il 1782 si consolida questa soluzione inalveando il Reno nel letto del Primaro prima di giungere all'Adriatico.

Nel 1807 l'Imperatore Napoleone I dispone lo scavo di un canale artificiale, detto Cavo Napoleonico, con l'intento di portare le acque del Reno da Sant'Agostino al fiume Panaro (nei pressi di Bondeno) e quindi in Po. L'opera è abbandonata nel 1814 e poi ripresa e completata molto dopo (1954 - 1963), dopo le rotte del Reno a Gallo del 1949 e 1951.
Il Reno ora sbocca in mare ma il Cavo Napoleonico serve da scolmatore delle piene in inverno e fornisce acqua per l'irrigazione al Canale Emiliano-Romagnolo in estate.

Il Po di Primaro continua ad esistere ma ora è il Po morto di Primaro perché non giunge più al mare ma termina a Traghetto vicino all'argine del Reno che ora sfocia in mare in quella che era la vecchia foce del Po di Primaro.

Tra le due guerre si realizza il Canale Boicelli che corre ad ovest di Ferrara e che collega il vecchio alveo del Po a quello nato nel XII secolo e negli anni '50 e '60 viene realizzata l'Idrovia ferrarese che permette di riprendere la navigazione nel Po di Volano anche a grandi navi che poi possono passare nel Po grande alla conca di Pontelagoscuro.

Per poter fare questo il Po di Volano è stato trasformato in un corso d'acqua canalizzato e semiregolato per mezzo degli sbarramenti di Valpagliaro, Tieni e Valle Lepri. La nave che voglia risalire dal mare l'Idrovia ferrarese (lunga 70 chilometri) entra a Portogaribaldi nel Canale Navigabile che va da Migliarino al mare ed è un canale artificiale. Invece il ramo naturale del Po di Volano da Migliarino va a sfociare nella sacca di Goro.

Da Migliarino a Ferrara l'idrovia coincide con il corso del Po di Volano. Una nave, prima di arrivare in Po, deve superare varie chiuse: ci sono la Conca di Valle Lepri (che alza la nave di un metro e mezzo), la Conca di Valpagliaro (che la alza di altri tre metri e 10) e la biconca di Pontelagoscuro che la alza fino al livello che ha in quel momento il Po. Tutte le conche hanno porte di tipo vinciano.

Per l'abbassamento del letto del Po la biconca ha cominciato a dare dei problemi e nel 2003 è stata inaugurata la nuova conca di Pontelagoscuro. E' lunga 110 metri e larga poco più di dodici consentendo il passaggio di navi in grado di trasportare dalle duemila alle quattromila tonnellate di carico [26].

Col tempo il ramo principale del Po ha ormai sviluppato una imponente cuspide deltizia nella quale si aprono sei bocche. Da nord a sud sono Po di Levante, Po di Maistra, Po di Pila, Po delle Tolle, Po di Gnocca e Po di Goro.
Nel tempo però i sedimenti si sono depositati anche nell'alveo del fiume innalzandolo, inoltre il problema della subsidenza, presente soprattutto nella zona della foce, ha ridotto la pendenza del fiume.
Nonostante i tanti interventi dell'uomo si sono quindi avute numerose rotte, molte delle quali disastrose. La più grave, fra quelle recenti, è quella del novembre 1951 ad Occhiobello.


[1] - AA. VV. L'Italia fisica - Collana Conosci l'Italia, 1° volume - Touring Club Italiano - Milano 1957.   <<

[2] - Gérard Lacroix - Lacs er rivières, milieux vivants - Bordas - Paris, 1991 (pubblicato anche in italiano da A. Vallardi - Garzanti Editore s.p.a. con il titolo Laghi e fiumi: mondi viventi).   <<

[3] - a cura di Carlo Ferrari e Lucio Gambi - Un Po di terra: guida all'ambiente della bassa pianura padana ed alla sua storia - Edizioni Diabasis - Reggio Emilia, 2000.   <<

[4] - Idro.S.E.R. S.p.A. - Ricerca di depositi sabbiosi sul fondo del Mare Adriatico per il ripascimento delle spiagge in erosione - 2a Campagna di ricerca - Bologna, 1990.   <<

[5] - Dionisio di Alicarnasso - Storia di Roma arcaica (le Antichità Romane) - a cura di Floriana Cantarelli - Rusconi - Milano, 1984.   <<

[6] - Museo Civico Archeologico di Castelnovo Bariano - Mostra: Frattesina: un villaggio sulla sponda d'un antico ramo del Po - Castelnovo Bariano, 2003.   <<

[7] - A. M. Bietti Sestieri e J. De Grossi Mazzorin - L'avorio dell'abitato protostorico di Frattesina - in La Terra degli elefanti, Atti del 1° Convegno Internazionale - Consiglio Nazionale delle Ricerche - Roma, 2001.   <<

[8] - Polibio Le Storie - Libri 1.-2. - II,16 - BUR - Milano, 2001.   <<

[9] - Plinio Storia naturale - Cosmologia e geografia: libri 1-6 - III 17, 123 - Einaudi - Torino, 1982.   <<

[10] - Strabone Geografia - L'Italia: libri V-VI - BUR - Milano, 1994.   <<

[11] - Lodovico Antonio Muratori - Delle antichità estensi et italiane - Stamperia Ducale - Modena, 1717-1740 (ristampa anastatica: Cassa di Risparmio di Vignola - Vignola, 1987-1988).   <<

[12] - Eliseus Reclus . Nuova geografia universale. La Terra e gli uomini - Volume V, parte 2°: l'Italia - Società editrice libraria - Milano, 1903.   <<

[13] - Pierino Boselli - Toponimi lombardi - Edizioni SugarCo - Milano, 1977.   <<

[14] - Plinio - Storia Naturale - Mineralogia e Storia dell'Arte: libri 33-37 - XXXVII, cap. 11, par. 42-43 - Giulio Einaudi Editore - Torino, 1988.   <<

[15] - Tacito P. Cornelio - La Germania - cap. 45, par. 2-6 - Sellerio Editore - Palermo, 1993.   <<

[16] - Cassiodoro - Variarum libri 12 - Turnholti Brepols, 1973.   <<

[17] - Flavio Biondo - Le historie del Biondo, da la declinatione de l'imperio di Roma, insino al tempo suo - Michele Tramezzino - Venezia 1543.   <<

[18] - Edmond Pognon - La vie quotidienne en l'an mille - Hachette, 1981.   <<

[19] - Giovanni Bedani - Memorie storiche di Pontelagoscuro Ferrara, 1905.   <<

[20] - Gasparo Sardi - Libro delle historie ferraresi - Ferrara, 1646-1655 - (ristampa anastatica: Forni - Bologna, 1967).   <<

[21] - Domenico Cullatti - Breve trattato storico, e cronologico dell'Origine delle Parrocchie, e de' Parrochi, e del loro Ministero - Appresso Simone Occhi - Venezia, 1745.   <<

[22] - Marco Bonino - Archeologia e tradizione navale tra la Romagna e il Po - Edizioni Longo, Ravenna 1978.   <<

[23] - Riccobaldo da Ferrara - Chronica parva ferrariensis - a cura di G. Zanella in Atti della Deputazione Ferrarese di Storia Patria - Ferrara 1983.   <<

[24] - Werther Angelini - Economia e cultura a Ferrara dal '600 al tardo '700 - Edizioni Argalia - Urbino, 1979.   <<

[25] - Franco Cazzola - L'Annona e il commercio dei grani a Ferrara dal 1510 al 1650 - Tesi di Laurea - Università degli studi di Bologna - Anno accademico 1964/65.   <<

[26] - Dal quotidiano Il Resto del Carlino - Edizione di Ferrara - Anno 2003.   <<


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