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I Martini di Firenze


La discendenza dalla famiglia Albertini

Il cognome dei Martini di Firenze ha un'origine molto antica in quanto risale al XIII secolo ma, secondo molti storici, questa famiglia, in precedenza, non era priva di cognome bensì ne aveva un altro in quanto i Martini di Firenze deriverebbero dalla nobilissima famiglia dei Conti Albertini di Prato il cui stemma è identico a quello dei Martini [1].

Stemma dei Martini (Gucci) di FirenzeEntrambe le famiglie infatti hanno uno stemma così descritto: spaccato d'azzurro e oro, nel 1° al leone leopardito del secondo. Questa discendenza, però, più che dallo stemma ci viene confermata da un libro dei matrimoni risalente al secolo XIV, che era conservato nell'Archivio delle Gabelle dei Contratti di Firenze, dove, a pagina 116, si leggeva Masus Guccij Martini olim de Familia Comitum Albertinorum Nupsit Bita filia Simonis Primerani e cioè Maso, figlio di Guccio Martini un tempo appartenente alla famiglia dei Conti Albertini, sposò Bita, figlia di Simone Primerano.

Dal nome Guccio questa famiglia è stata chiamata anche Martini Gucci per distinguerla da altre famiglie Martini con una diversa origine come quella dei Martini Cetti di cui parlo più avanti [>>].

Lo stemma dei Martini ha anche un elmo utilizzato come timbro sullo scudo. Questo elmo ha la visiera chiusa, nessuna collana e nessuna medaglia e come cimiero, vi sono quattro penne, tutte caratteristiche queste che indicano una famiglia borghese e non una famiglia di Conti come sappiamo fossero gli Albertini di Prato.

Bastano però pochi dati sulla storia della famiglia Albertini per spiegare questo fatto e capire come mai un ramo di questa famiglia abbia sentito il bisogno di cambiare cognome e farsi chiamare non più Albertini bensì Martini da quello che, probabilmente, era il nome del padre di Guccio.

Infatti, nel 1247, in un registro dei matricolati dell'Arte della Seta, troviamo un Maso Albertini, nel 1256 Iacopo e Diotisalvi Albertini parteciparono al Consiglio Generale tenuto per ratificare la pace con Pisa e nel 1268, Fino di Benci Albertini del Sesto di Borgo SS. Apostoli fu condannato all'esilio da Firenze perché di parte ghibellina.

La nobiltà degli Albertini era dunque di origine mercantile e solo dopo che furono scacciati da Firenze perché partigiani dell'Imperatore costui li ricompensò insignendoli della dignità di Conti Palatini ed addirittura, nel 1361, l'Imperatore Carlo IV concesse loro un anno di censo dovuto dalla città di Pistoia in ricompensa dei servigi prestati.
Per gli stessi motivi gli Albertini rimasti a Firenze preferirono cambiare cognome per far dimenticare la parentela con quelli che, ora, erano nemici di Firenze.

La medesima cosa potrebbe essere accaduta agli antenati di Gherardo Silvani, il famoso architetto e scultore fiorentino di cui si dice che un tempo si chiamassero Salvani [2]. Quella dei Salvani era una importante famiglia nobile di Siena che, nel XIII secolo, era schierata anch'essa con i ghibellini.

Per altro, nel 1468, fra i Priori della città con l'incarico di Notari troviamo un Ser Silvano di Giovanni Silvani accanto al cui è scritto alias Martini [3]. Questa annotazione non compare più presso il nome dei suoi discendenti ed ignoro il motivo di questo secondo cognome e gli eventuali collegamenti con la famiglia Martini discendente da Guccio.

E' abbastanza strano che i Martini abbiano cambiato il proprio cognome per non essere confusi con i ghibellini Albertini ma abbiano conservato il medesimo stemma, tanto più che il leone passante (o leopardito) era tipico delle famiglie di parte ghibellina [4].

I Martini Gucci

La memoria più antica di questi Martini di Firenze risale al 1291 quando Guccio Martini entrò nella matricola dell'Arte della Lana pagando 30 fiorini. Questo Guccio è citato in vari altri documenti nel 1302, 1310, 1314, 1326 e 1327. Ebbe sette figli (4 maschi e 3 femmine) dei quali vengono ricordati Martino (che era ancora vivente nel 1367), Giovanni (che morì nel 1348), Tommaso (che è il Maso già citato in precedenza) e Ghilla (che sposò Jacopo di Vanni Cambi nel 1357).

Su questa famiglia ho trovato informazioni sufficienti per poter inserire la loro genealogia: Genealogia dei Martini Gucci

Tommaso è colui che continuò la famiglia: nacque fra il 1320 e 1330, venne matricolato nell'arte della lana, sposò Margherita (Bita) di Mone (Simone) Primerano che morì nel 1363 e si risposò con Mona Angiola. Tommaso fu Magistrato dei Priori nel 1373 e 1388 e morì il 6 febbraio 1396.

Antonio figlio di Tommaso, nato nel 1374, accrebbe le ricchezze di famiglia anche per via di due matrimoni cospicui: nel 1412 sposò Nanna di Iacopo Bruogi che gli portò una dote di 984 fiorini d'oro e che morì nel 1418 di parto. Antonio si risposò poi con Albiera di Piero d'Agostino Martini che gli portò una dote di 750 fiorini d'oro.
Antonio per tre volte fu nel Supremo Magistrato dei Priori, nel 1413, 1422 e 1432. Inoltre nel 1410 fu Potestà di Empoli e nel 1419 di Barga.

Il figlio di Antonio fu chiamato Tommaso come il nonno ed anche lui ebbe due mogli. La prima fu Caterina di Matteo Tanagli che sposò nel 1440 (con una dote di mille fiorini d'oro) e la seconda Costanza di Giosaffà di Marciano di Lando degli Albizzi che sposò nel 1471 (con una dote di 850 fiorini d'oro).

Questo secondo Tommaso si matricolò nell'Arte della Seta e nel 1442 cominciò ad assicurare le navi del porto di Pisa. Per tre volte fu nel Supremo Magistrato dei Priori, nel 1450, 1466 e 1471. Nel 1440 fu capitano della Cittadella d'Arezzo. Nel 1443 fu provveditore degli Uffiziali del Monte. Nel 1444 fu Potestà di Empoli. Nel 1446 Capitano della Montagna di Pistoia. Nel 1451 Potestà di Cascia nel Valdarno e nel medesimo anno anche di Arezzo. Nel 1458 Potestà di San Geminiano. Nel 1468 Castellano della Fortezza di Pisa.
Tommaso acquistò non pochi beni nel Popolo di Santa Lucia a Settimello e nella Provincia del Mugello e morì nel 1485 a 69 anni di età.

Anche suo figlio prese il nome dal nonno ed abbiamo così un secondo Antonio che fu colui che continuò la famiglia. Questo Antonio intraprese nuovi traffici a Pisa e comprò altri beni nel Valdarno Superiore e nel Mugello.Nel 1550 risiedé fra i Priori. Morì nel 1526 a 84 anni.

Antonio ebbe un figlio, chiamato Martino e nato nel 1492, che nel 1524 sposò Maddalena di Giovanni di Francesco Uguccioni con 800 fiorini d'oro larghi in dote. Martino si matricolò nell'Arte della Seta e acquistò molti beni nel Valdarno superiore, nel Comune di Castel Nuovo di Firenze e nel Piviere dell'Antella. Morì nel 1540 a 48 anni d'età e lasciò un solo figlio che nacque nel 1526 e che fu chiamato anch'esso Antonio.

Questo terzo Antonio, nel 1543, all'età di sedici anni, sposò Bartolomea di Paolo di Filippo Corsini che ebbe in dote 1345 fiorini d'oro. Anche Antonio acquistò nuovi beni e morì nel 1560 a soli 34 anni.
Ebbe quattro figli (3 maschi ed una femmina) tra i quali Francesco, nato nel 1555, che proseguì la famiglia.

Francesco, nel 1592, sposò Camilla di Filippo Del Migliore (con una dote di 3300 fiorini) che però morì in quello stesso anno. Si risposò poi, nel 1594, con Marietta di Umberto De' Nobili. Anch'egli fece nuovi acquisti nel Valdarno ed ebbe vari incarichi fra i Magistrati della città.
Morì nel 1616 lasciando tre figli fra i quali uno, nato nel 1604, che era stato chiamato come lui.

Questo secondo Francesco, nel 1640, sposò Margherita di Piero di Filippo Corbinelli ed ebbe sei figli (tre maschi e tre femmine) dei quali uno solo (Piero) prese moglie. Francesco ebbe vari incarichi fra i Magistrati e morì nel 1667 a 63 anni d'età.

Piero Martini, che era nato nel 1644, sposò Maria Teresa del Cavalier Rosso Strozzi nel 1693. Accrebbe notevolmente le proprietà della famiglia ed ebbe fama di uomo versato nelle Scienze e nella Letteratura.
Nel 1692 venne eletto nei quattro Provveditori allo Stravizzo dell'Accademia della Crusca. Morì nel 1709 lasciando cinque figli.

Fra i cinque figli di Piero Martini vi era una solo femmina che fu chiamata Margherita e che morì ancora bambina (1702?-1712). Dei quattro maschi due (Francesco e Filippo) seguirono la carriera ecclesiastica, uno (Marco Amerigo) quella militare e solo uno (Rosso Antonio) si sposò e proseguì la famiglia.

Francesco Martini, nato nel 1694, entrò nell'Ordine di Camaldoli. Nel 1743 fu eletto Abate dell'Abbazia del Monte San Savino e dopo un anno di quella detta della Rosa a Siena. Nel 1755 diventò Abate della Badia di San Michele in Borgo di Pisa dove morì l'anno successivo.

Filippo Martini, nato nel 1697, ebbe un Canonicato dal Granduca Cosimo III nel 1723. Fu Primo Auditore della Nunziatura Apostolica in Firenze ed Internunzio Apostolico. Morì nel 1776.

Marco Amerigo, nato nel 1701, andò in Spagna dove entrò nella Compagnia delle Guardie del Corpo del Re, passò poi in Francia entrando nel Reggimento Reale Italiano. Tornato in Toscana entrò nelle truppe del Granduca con il grado di capitano, fu promosso varie volte e quando, nel 1767, morì, era tenente colonnello.
Fu sepolto nella chiesa di San Pier Maggiore dove era la tomba gentilizia di questa famiglia.

Rosso Antonio, nato nel 1696 e secondogenito di Piero Martini, fu colui che continuò la famiglia sposando, nel 1737, Emilia del Marchese Giuseppe di Piero Pitti Gaddi.

Si dedicò allo studio delle Scienze ed aggiunse molte voci al celebre Vocabolario della Crusca. Fu iscritto alle più celebri Accademie fra le quali quella degli Apatisti.

Conosceva il Latino, il Greco ed il Francese ed era in contatto con i più celebri letterati del suo tempo. Fu Provveditore dell'Arte della Lana e fu uno dei dodici Buonomini del Pio Istituto di San Martino. Morì nel 1762 lasciando sette figli (quattro femmine e tre maschi).

Francesca Teresa, nata nel 1739, sposò Onofrio Del Mosca nel 1764. Il marito, che era un patrizio pisano, era Cavaliere dell'Ordine di Santo Stefano e Ciambellano del Granduca di Toscana ma, dopo soli quattordici mesi di matrimonio, Francesca Teresa moriva il 14 settembre 1765.

Piero, nato nel 1740 e Lucrezia, nata nel 1742, morirono entrambi nel febbraio del 1743 a pochi giorni di distanza l'uno dell'altro.

Giuseppe nacque alla fine del 1743 ma non ho altre notizie su di lui. Margherita, nata nel 1748, sposò, nel 1778, il Cav. Lorenzo Corboli, patrizio fiorentino mentre Maria Francesca, nata nel 1750, morì ancora piccola nel 1752.

Per ultimo, nel 1752, nacque Francesco Maria Gaetano Martini che è colui al quale Lorenzo Cantini dedica il suo libro Saggi Istorici di Antichità Toscane.

Francesco Maria sposò, nel 1779, Maria Maddalena figlia del Senatore e Priore Fabio Del Beccuto Orlandini. Nel 1791 fu nominato Ciambellano del Granduca di Toscana, Ferdinando III.

I due sposi ebbero un unico figlio, nato nel 1781, che fu chiamato Antonio e che purtroppo morì nel 1796. Si estinse così il ramo principale di questa antica famiglia Martini.

Nel corso dei secoli da questa famiglia si sono generati altri rami. In particolare abbiamo i Martini di Sicilia che sostenevano di discendere dai Martini di Firenze. Il distacco di questo ramo sarebbe avvenuto in epoca molto remota dato che, già nel 1392, troviamo, in Sicilia, Guglielmo Martini che ottiene la concessione dei feudi di Fridi e Faverchi [5].

In Sicilia, esiste anche la famiglia Martino che, secondo alcuni autori, sarebbe originaria dal regno di Napoli e che, secondo altri, sarebbe giunta da Firenze e portata in Sicilia da un Guglielmo che fu senatore di Palermo nel 1335.
C'è da dire che entrambi gli stemmi di queste famiglie hanno ben poco in comune con quello dei Martini Gucci di Firenze.

Stemma dei Martini di CesenaGuardando i vari stemmi sembrerebbe invece che vi fosse un collegamento piuttosto netto dei Martini Gucci di Firenze con una delle due famiglie Martini nobili di Cesena [6] Stemma dei Martini di Crema nel cui stemma, per il resto identico, invece del leone passante compare un cane passante d'argento, collarinato di rosso e con i Martini di Crema, un cui ramo si era trasferito a Bologna, [7], il cui stemma è d'oro col capo d'azzurro ed ha quindi gli stessi smalti ma senza il leone).
A Bologna esisteva anche una famiglia Martini, considerata appartenente alle famiglie cittadine, che probabilmente derivava da quelli di Firenze attraverso i Martini di Crema dato che il suo stemma è identico a quello di questi ultimi ma con l'aggiunta di varie figure.

Infine esiste anche il cognome Cambi Martini che Agostino Adamollo, nelle note genealogiche inserite nel suo romanzo storico [8], dice derivi da questa famiglia e che aveva come stemma Tre Fasce vermiglie orizzontali in Campo d'oro con sopra un Albero verde.
Nella Raccolta Ceramelli-Papiani [9], però, non solo si descrive un blasone completamente diverso (D'azzurro, a due chiavi decussate d'argento, legate di rosso e talvolta sormontate da una rosa dello stesso) ma si dice anche che questo cognome deriva, per via maschile dal priore Lorenzo di Martino Cambi (1382 e 1422).
Considerato che il matrimonio fra Ghilla Martini e Jacopo Cambi avviene in un epoca precedente a quella in cui è vissuto Lorenzo di Martino Cambi, ritengo abbia ragione l'Adamollo. Potrebbe, però, anche essere che Ghilla Martini fosse la madre di Martino Cambi e che solo i figli di Lorenzo abbiamo iniziato ad usare il doppio cognome.

I Martini Cetti

A Firenze vi erano anche altre famiglie di Martini ed una di queste, che era originaria di San Geminiano, era detta dei Martini Cetti. Si trattava di una famiglia di origine contadina ma che si era arricchita con il commercio e a San Geminiano era nota con il cognome Cetti.

Con Cetto di Puccio che, nel 1332 viveva a San Geminiano in contrada San Matteo e faceva parte dell'Arte della Lana, la famiglia si divise in più rami uno dei quali prese il cognome Martini dal nome di uno dei figli di Cetto che si chiamava Martino [10].

Martino ebbe un figlio che fu chiamato Giuliano il quale, a sua volta ebbe un figlio che fu chiamato Nello. La famiglia si trasferì a Firenze ma mantenne forti legami con San Geminiano dove, nel 1419, Nello Martini era il più grosso proprietario terriero.

Nello era un giureconsulto e dopo che, nel 1382, le Arti Maggiori ripresero il controllo del governo, fu ambasciatore della Repubblica fiorentina ed una notevole importanza come politico. Sposò Noncia di Giovenco Arrigucci da cui ebbe due figli: Giuliano nel 1404 e Giovanni nel 1406. Rimasto vedovo si risposò con Albiera di Filippo Salviati da cui ebbe una figlia che fu chiamata Costanza.
Nello Martini morì fra il 1427 ed il 1430.

Giuliano diventò giureconsulto come il padre e Costanza, nel 1447, sposò Simone di Andrea Capponi mentre Giovanni, che seguì anch'egli la professione del padre diventando giudice e notaio, ebbe maggior fama come letterato.

Giovanni Martini insegnò grammatica a San Gimignano e a Prato ed oltre a scrivere opere relative alla sua materia, fu anche poeta. In particolare il Martini sarebbe l'autore di L'alta virtù di quel collegio santo, una canzone dal contenute morale che dice quali siano le doti che una donna dovrebbe desiderare. Alcuni però (fra i quali anche Giosuè Carducci [11]) attribuiscono quest'opera ad un poeta più antico.

Inoltre Giovanni Martini fu interpellato da Giovanni Rucellai in merito all'interpretazione di un passo dell'Altercatio Hadriani Augusti et Epicteti philosophi e rispose con una lettera nella quale proponeva tre interpretazioni delle quali il Rucellai scelse la prima per inserirla nel suo Zibaldone.
Nel 1464 Giovanni Rucellai riprese il lavoro della sua opera ed allora vi inserì l'intera lettera di Giovanni Martini insieme ad altre da lui ricevute, fra le quali una su Marsilio Ficino, con il titolo Opera di ser Giovanni di messer Nello da San Gimignano.

Giovanni sposò Antonia di Bernardo Strozzi. Nel 1443 risulta che la coppia abbia un figlio, chiamato Nello come suo nonno, di un anno e nel 1446 risulta che la coppia abbia due figli Giusto e Niccolò Nello, rispettivamente di 4 e 2 anni.

Sembra che ci sia un errore ma, considerato che il documento del 1443 è datato 14 gennaio, è probabile che Nello sia nato nel 1441 e sia morto prima del 1446 mentre Giusto e Niccolò Nello, siano nati rispettivamente nel 1442 e nel 1444.

Non si conosce né la data di morte di Giovanni Martini, né il luogo ma si sa che fu poco dopo il 1483 e si pensa che avvenne a San Gimignano.

Giusto Martini sposò Dialta dalla quale ebbe quattro figli: Bianca nata nel 1470, Iacopo nato nel 1472, Zenobia nata nel 1477 e Giuliano nato nel 1480.

Niccolò Martini sposò Elisabetta di Francesco di ser Bartolomeo Ridolfi di San Gimignano che gli portò una dote di 300 fiorini. Nel 1473 ebbero un figlio che fu chiamato Niccolò come il padre prematuramente scomparso. A seguito di questa morte Giovanni Martini, padre di Niccolò, dovette restituire la dote pagando 20 fiorini all'anno.

Non ho ulteriori notizie su questi Martini.


[1] - Lorenzo Cantini - Saggi Istorici di Antichità Toscane - Tomo X - Nella Stamperia Albizziana da S. Maria in Campo - Firenze, 1800.   <<

[2] - Filippo Baldinucci - Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua - Stamperia Tartini e Franchi - Firenze, 1778.   <<

[3] - Ildefonso di San Luigi - Istorie di Giovanni Cambi cittadino fiorentino - Volume Primo - per Gaetano Cambiagi Stampatore Granducale - Firenze, 1785.   <<

[4] - Lorenzo Caratti di Valfrei - Araldica - Edizioni Arnoldo Mondadori - Milano, 1996.   <<

[5] - Antonino Mango di Casalgerardo - Il Nobiliario di Sicilia - Libreria Alberto Reber - Palermo, 1912.   <<

[6] - Gioacchino Sassi - Blasone cesenate - manoscritto - è consultabile sul sito della Biblioteca Malatestiana.   <<

[7] - Floriano Canetoli - Blasone bolognese ovvero Arme gentilizie di famiglie bolognesi, nobili, cittadinesche e aggregate - Bologna, 1791-1795.   <<

[8] - Agostino Ademollo - Marietta de'Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio - Della Stamperia Granducale - Firenze, 1840.   <<

[9] - Enrico Ceramelli Papiani - Raccolta Ceramelli Papiani - fondo archivistico - è consultabile sul sito dell'Archivio di Stato di Firenze.   <<

[10] - Raffaella Zaccaria - MARTINI Giovanni in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (Marsilli-Massimino da Salerno) - Istituto della Enciclopedia italiana - Roma, 2008.   <<

[11] - ordinate da Giosuè Carducci - Rime di M. Cino da Pistoia e d'altri del secolo XIV - Editore Gaspero Barbèra - Firenze, 1862.   <<


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