Spazio per comunicazioni urgenti


I Lodigiani nella guerra del 1860

(NOTE COMMEMORATIVE)


LODI
Tipografia e Libreria Editrice Quirico e Camagni
1910


Nella ricorrenza del cinquantenario della guerra del 1860 nell'Italia Meridionale, iniziata con la leggendaria Spedizione dei Mille, può riuscire di qualche interesse il rievocare, con brevi note, l'importante parte presa dai Lodigiani in quella gloriosa Campagna contro i Borboni.

Per l'arruolamento e la spedizione dei Volontari in Sicilia venne costituito in Lodi un Comitato, l'anima del quale fu l'Avv. Tiziano Zalli, validamente aiutato dal concittadino Leopoldo Boselli.

Dalla corrispondenza tenuta da Zalli col Comitato Nazionale che sopraintendeva alla spedizione dei Volontari in Sicilia, si rileva il lavoro febbrile di preparazione, specialmente per l'invio dei primi Volontari Lodigiani.

Gli arruolamenti in Lodi si iniziarono subito dopo che si ebbe notizia della partenza da Quarto della prima Spedizione, e fu tale l'entusiasmo con cui la gioventù lodigiana rispose all'appello, che in pochissimi giorni si raggiunse un numero sufficiente per costituire una Compagnia completa, coi rispettivi graduati - scelti fra coloro che avevano preso parte alla Campagna del 1859, o ad altre; Compagnia che aveva alla testa i concittadini Avv. Antonio Scotti e Dott. Luigi Cingia.

Darò più innanzi l'elenco dei componenti la Compagnia, i quali si mantennero sempre ordinati e fedeli ai propri Capi durante l'intera Campagna.

Presiedeva il Comitato Nazionale, con sede in Genova, il Generale Cosenz, allora Colonnello Brigadiere, coadiuvato dai Colonnelli Dott. Agostino Bertani e Damiano Assanti.

Ed è con questi tre illustri, magnanimi patrioti e, Leopoldo Boselli, che intercorse quasi tutta la corrispondenza di Zalli in quell’epoca; corrispondenza ora affidata dalle sue eredi alla custodia del Municipio, e che trovasi depositata nel Civico Museo Storico.

In quei fogli ingialliti e da mezzo secolo rinchiusi, si sente palpitare ancora tutte le sante impazienze e gli entusiasmi di quei giorni.

Peccato che i brevi confini assegnati a queste note commemorative non permettano di riprodurre l’intera corrispondenza, perché desidero far posto a qualche altro scritto, e ad alcune lettere di Volontari spedite dai luoghi di combattimento. Voci lontane, semplici, disadorne, ma che dicevano grandi cose, che esprimevano senza iperboli alte idealità.

Sono pensieri affidati alla carta subito dopo un combattimento, per tranquillizzare la famiglia, o scritti nei brevi momenti di riposo tra una marcia ed un servizio di avamposti.

Seguirò l’ordine cronologico:

Milano, 12 Giugno 1860.

Carissimo Zalli,

Ho scritto ieri a Scotti l'esito della mia gita a Genova, ed oggi. di nuovo gli scrissi per esortarlo a differire la sua partenza, avendo inteso che s'era deciso a partire; Ho scritto di fretta e rivolgendomi anche a Cingia, che parmi abbia fatto una eguale risoluzione. Sì l'uno che l'altro sono sotto la pressione d'una generosa idea e dell'entusiasmo, e dubito possano ascoltare il mio suggerimento; ma sono talmente penetrato dell'opportunità di quanto loro dissi che a raggiungere il mio scopo non tralascio neppure di rivolgermi a te ed a Giulio [Il Prof. Giulio Rossi N.d.A.] perché abbiate a mettere un po' di calma nell'effettuazione del loro divisamento. La loro partenza isolata non porterebbe che le loro braccia all'ardita missione, mentre differendo qualche giorno potrebbero in quest'intervallo far centro ad altri volonterosi, che restano incerti per mancanza di direzione ............

LEOPOLDO BOSELLI

-------------------------------------

SOCCORSO A GARIBALDI

CASSA CENTRALE

IN GENOVA

Genova, 14 giugno 1860.

Sig. Cingia Luigi - Lodi

Si assicuri che anche quelli di Lodi, d'altronde ben conosciuti pei loro sensi patriottici, saranno presto chiamati a dare il loro tributo di sangue alla patria comune. Ella intanto compili un ruolo di tutti codesti giovani, lo spedisca al Sig. Pietro Correr, membro del Comitato d'emigrazione a Milano, e da questo saranno avvertiti del momento opportuno.

Con stima mi protesto

D.mo Servo
D.r AG. BERTANI

-------------------------------------

Genova, 16 Giugno 1860.

Sig. Dott. Tiziano Zalli - Lodi [In quell’epoca Zalli non era ancora avvocato N.d.A.]

In seguito all'ufficio inviatovi il 15 andante coll'accluso manifesto di ruolino di arruolamenti, mi affretto raccomandarvi, per evitare uno soverchio agglomeramento di persone in Genova, di persuadere tutti i Volontari a rimanere al loro posto, e di non muoversi senza nostro avviso. Gran parte del buon esito delle spedizioni in Sicilia dipende da questo.

Coi sensi di vera stima vi saluto.

Pel Comandante
DAM. ASSANTI.

-------------------------------------

Lodi, 22 Giugno 1860.

Onorevole Sig. Colonnello (Assanti)

In relazione alla mia lettera 16 and. vi faccio tenere un primo ruolino d'inscrizione di Volontari, che al primo avviso della S. V. vi invieremo sotto la Direzione dei nostri bravi Maggiori della Milizia Cittadina Dott. Luigi Cingia e Dott. Antonio Scotti, le cui belle doti già vi ho accennato nella mia lettera del 16 and.[Non si è trovata la minuta di questa lettera. N.d.A.] Se la partenza sarà protratta, come pare lo esigano le ultime notizie ricevute dai fogli, vi farò avere mano mano che si inscriveranno i nomi di tutti gli altri Volontari sino all'avviso vostro di cessare l'iscrizione.

Per vostra norma, e per evitare male intelligenze, sappiate che io dò retta soltanto ai vostri ordini; quindi vi raccomando di non mancarmi, sia nel rendermi avvertito del giorno in cui dovrò effettuare la spedizione, come anche delle altre norme che portassero alterazione alle già prese disposizioni.

Ai Volontari all'atto dell'imbarco date qualche denaro? E quanto? Rispondetemi per norma. Vogliatemi essere cortese di un riscontro che mi annunci la ricevuta di questa mia.

TIZIANO ZALLI.

-------------------------------------

Lodi, 22 Giugno, 1860.

Onorevole Sig. Colonnello Comand. (Cosenz)

Vi confermo la spedizione d'una mia lettera del 20 and. contenente un ruolino con N. 44 Volontari, oltre i due maggiori Cingia e Scotti; oggi vi inoltro altra piccola lista di N. 16 inscritti, che vi compiacerete aggiungere alla precedente. L'impazienza di questi bravi giovani è al segno che io non so più contenerla; temono sempre d'essere dimenticati, di non giungere in tempo a far parte della spedizione. Aspetto ansiosamente un vostro scritto che mi dica almeno in via approssimativa l'epoca della partenza per poter tranquillizzare tanti animi bollenti, e dei quali vi garantisco potete ripromettervi ottimi servigi, giacché la maggior parte, come avrete rilevato dai ruoli, ha già fatto la campagne del 59.

Colgo l'occasione per protestarmi con perfetta stima e considerazione

Dev. T. ZALLI.

-------------------------------------

SEDUTA STRAORDINARIA DEL CONSIGLIO COMUNALE

del giorno 22 Giugno 1860

Il Consigliere Rossi propone al Consiglio Comunale sia deliberato di inscrivere in un libro d'onore tutti i giovani di Lodi che si recano volontari nella Sicilia, riservandosi poi a tempi migliori di provvedere ad una memoria più decorosa in un monumento, od altro ricordo.

Il Presidente ricorda ai Sigg. Consiglieri che l'ordine del giorno porta la trattazione dell'oggetto sovraindicato. Il Consigliere Rossi dà lettura del suo rapporto.

Il Presidente invita i Consiglieri a dichiararsi in proposito, e propone l'adozione della proposta Rossi, che viene adottata all'unanimità, per cui resta deliberato:

"Il Consiglio Comunale di Lodi, a dimostrare la propria ammirazione ai Volontari di questa città che si recano in Sicilia nelle schiere dell'eroico Garibaldi a combattere le battaglie dell'indipendenza, ha deliberato di inscriverli in un libro d'onore, riservandosi ad epoca migliore un'attestazione più luminosa al loro coraggio e patriottismo."

-------------------------------------

Lodi 25 Giugno 1860.

Onorevole Sig. Colonnello (Cosenz)

Accuso ricevuta del foglio 21 and. del Signor Assanti, e vi unisco 3° ruolino di Volontari, che vi compiacerete aggiungere agli altri. Le inscrizioni procedono alacremente, e vi sono altri giovinotti di buona volontà, già istrutti alle armi nella scorsa Campagna, che farebbero di buon grado parte della spedizione; ma havvi un ostacolo: le loro famiglie, o per strettezze economiche, o per impedirne l'allontanamento negano loro ogni denaro.

Credete voi che trattandosi di casi speciali e d'acquisto di buoni soldati il Comitato possa autorizzarsi a conceder loro qualche sovvenzione? Per es. di 40, o 50 lire? Su questo proposito vi sarò grato compiacendovi di darmi un consiglio.

Mi raccomandate di fare ricerca di buoni sotto ufficiali. Se la personale conoscenza del merito e valore di tutti i volontari che vi ho inscritto può essere norma sicura d.'un giudizio, io mi credo in dovere, nell'interesse del buon andamento dell'impresa alla quale voi degnamente presiedete, di porvi sott'occhio, e raccomandarvi alcuni individui della cui attitudine, buona volontà e patriottismo io mi rendo garante.

Seguendo l'ordine della loro inscrizione nei miei ruoli io vi segnalerò:

Sommariva Nob. Emilio - è un po' giovane, ma ben istruito al servizio.
Sommariva Bassiano dott. in legge - fece la Campagna 1859, è giovane distinto e di capacità.
Bianchi Giuseppe, scultore - Vecchio militare, fu a Roma e a Venezia; era già caporale nei Cacciatori delle Alpi nell'ultima Campagna 1859.
Alberelli P. - Fu sergente nei Cacciatori delle Alpi.
Comaschi Antonio, Dott. in legge - Ottimo giovane, gli sono famigliari le abnegazioni della vita militare. Sacrifica una bella posizione per offrire nuovamente alla patria il suo sangue.
Rossi Giuseppe - Ottimo contabile, mi coadiuva anche attualmente nella compilazione dei ruolini; è pratico di amministrazione e di oggetti annessi. Sarebbe buon sergente furiere.
Cattaneo Pietro e Salvalaglio Gaetano, studenti del II° corso liceale; benché non abbiano preso parte ai fatti d'armi; furono arruolati per alcuni mesi e conoscono il servizio.
Vanazzi Bartolomeo, pure studente liceale, bravo giovine e degno di promozione; fu alla battaglia di S. Martino, ove ebbe ucciso ai suoi fianchi un fratello.
Grassi Gaetano - Era già sergente nella Legione Lombarda.
Ferrari Carlo - Gli studi fatti di ingegnere architetto lo designano già con qualche grado nelle armi speciali dopo il primo tirocinio di campagna.
Menegalli Giovanni, già sergente maggiore nei Regg. Veneti.
Bulloni Giuseppe. Asserisce d'esser già stato Ufficiale; è attendibile la sua dichiarazione.

Se prenderete qualche determinazione relativa ai sunnominati avrò caro d'esserne in cognizione.

Mezzi pecuniari per l'inoltro a Genova non mi mancano; avrei divisato di passare a Stradella con mezzi di trasporto privati, che mi fornirà il Municipio, e da Stradella prendere la strada ferrata per Genova, o quella località che voi mi assegnerete.

Mio fratello Dott. Costantino Zalli, ora medico militare di un Battaglione Bersaglieri, stanziato a Milano, vorrebbe far parte della vostra spedizione e mi chiese parere in proposito. Mi sono preso la libertà di fargli una commendatizia con la quale vi si presenterà, e se i miei deboli servigi alla causa nazionale valgono qualche cosa appo voi, vi prego siategli utile come potete meglio, io vi esprimo in anticipazione i sensi della più viva gratitudine.

Con distinta stima e considerazione

V. Devotiss.
D.r ZALLI TIZIANO

-------------------------------------

Lodi, 26 Giugno 1860.

Ill. Sig. Dott. Bertani

Come da vostro avviso telegrafico i Dott. Antonio Scotti e Luigi Cingia vi accompagnano i Volontari lodigiani in numero totale di 135 con 4 casse contenenti n. 80 fucili di S. Etienne.

Riguardo alle disposizioni per la formazione delle Compagnie, inviatemi a suo tempo, credetti opportuno stabilire una Compagnia, il di cui comando viene provvisoriamente assunto dal Magg. Antonio Scotti nelle funzioni di capitano, disimpegnando quella di Luogotenente il Maggior Luigi Cingia, e così rispettivamente le altre cariche, in via interinale, ho affidato a bravi giovanotti, molti dei quali avevano già qualche grado nell'esercito sardo, od onorevoli attestazioni, o lunghi servigi prestati alla patria.

Il Comandante la Compagnia: Dott. Scotti vi mostrerà il quadro così compilato, che io credo possa rispondere a tutte le esigenze. I sergenti delle squadre hanno il ruolino tascabile delle squadre rispettive, ed uno ne ha pure di tutta la Compagnia il furiere interinale Dott. Comaschi.

Se mi potrete occupare anche gli altri giovani che vi ho indicati meritevoli in altra delle mie lettere, farete ottima opera della quale non avrete al certo a lamentarvi pel tratto avvenire.

Se qualcuno del vostro ufficio rimanesse a Genova, potrei io pregarlo di farmi avere le notizie dell'imbarco dei Lodigiani e del loro arrivo a destinazione?

Dev.
TIZIANO ZALLI.

-------------------------------------

Genova, 27 Giugno 1860.

Preg. Sig. Dott. Zalli Tiziano

Ebbi la nota suppletiva dei Volontari di Lodi colle preziose indicazioni fatte con un'intelligenza ed esattezza che l'onora.

In massima noi non diamo agli arruolati bisognosi, che sono in Genova, se non F. 1,20 al giorno. I Comitati provinciali poi sono giudici delle speciali condizioni in cui possono trovarsi.

Però crederei bene essere molto cauti nel dare sovvenzioni straordinarie. I denari attualmente sono scarsi e bisogna farne sparagno.

Appena il suo Sig. Fratello si presenterà farò quanto potrò per lui.

Mi creda colla massima stima

COSENZ.

-------------------------------------

Lodi, 29 Giugno 1860.

Onorevole Sig. Generale (Cosenz)

Ho ricevuto il foglio 27 and. e vi sono sinceramente grato per le cortesi espressioni usate a mio riguardo, che mi confortano a proseguire con alacrità, a non omettere cura alcuna perché ogni cosa proceda nel miglior ordine possibile. In seguito a nostra istanza il Municipio di Lodi acconsentì ad accompagnare i Volontari della città con 4 casse di fucili, in num. di 80. Non sono armi di precisione, ma buone; e che serviranno ottimamente.

Ne aveva già scritto al Dott. Bertani, ora Ve lo confermo essendo cosa che molto onora la mia città, la quale ha già fatto offerte di tanti dei suoi figli e di denaro a pro della santa causa nazionale.

Fra i volontari che nell'ultima mia Vi ho segnalati come ottimi soldati, ho dimenticato:

Poiaghi Venanzio, ora alunno nelle R. Poste. La battaglia di S. Martino lo conta come uno degli intrepidi combattenti; ne fui assicurato dal suoi compagni d'arme. Era nel 12° Reggimento Brigata Casale. Lascia la prospettiva di un'ottima posizione e corre alla chiamata del prode Garibaldi.

Pigna Arrigo, studente del corso liceale, fu arruolato per sei, o sette mesi, ma non prese parte a combattimenti. È un giovane distinto e disimpegnerà ottimamente le mansioni annesse a qualche bassa carica di cui fosse rivestito.

I Volontari attendono ansiosamente l'ordine di partenza. L'amico mio Leopoldo Boselli, Ispettore delle Strade Ferrate, mi mandò due richieste (pel caso che l'invio dovesse venire fatto in due riprese) per la ferrovia di Stradella al punto che Voi vi compiacerete indicarmi, e mediante le quali spero di poter pagare 1/3 della tariffa dei posti di 3.a classe. Sarei a pregarvi a questo proposito di disporre in modo che i Volontari lodigiani effettuino pei primi la loro partenza; sarebbe pure ottima cosa se nel frattempo si potessero acconciare in qualche paesello nelle vicinanze di Genova. È un pio desiderio, intendo; ma se ne avrebbero buoni risultati nei rapporti di disciplina, e si otterrebbe un po' di spirito di Corpo.

Se nei quadri del vostro Stato Maggiore vi fosse bisogno di un ufficiale d'Ordinanza, io mi permetto di proporvi l'un dei due dei Volontari lodigiani, il Dott. Luigi Cingia, Maggiore della nostra Guardia Nazionale.

Come Guida a cavallo fu tra i primi arruolatisi nello scorso anno; non è duopo io dica i buoni servigi resi ai Cacciatori delle Alpi dal Corpo di quest'intrepidi Cavalieri, e il Cingia è dolentissimo che la sorte non l'abbia mai favorito al segno da poter servire sotto i diretti ordini Vostri. Pronto, attento, risoluto; le sue qualità lo fanno buon cittadino come buon soldato atto egregiamente a disimpegnare le mansioni tutte che ad un eccellente ufficiale d'ordinanza per solito si affidano. La sua condizione economica gli dà modo agevolmente di tenere anche più d'un cavallo, e tutto ciò ridonda a maggior vantaggio del servizio. In una parola vi garantisco nel Sig. Cingia un giovine del quale Voi, come Vi ho scritto nella mia prima lettera del 17 spirante, se avrete campo di servirvene Vi troverete soddisfattissimo.

Se fosse opportuno che il Cingia si recasse a Genova posciacché non ebbe l'onore di potervi parlare quando fece la sua prima gita costì, egli è agli ordini vostri, vogliate avere la compiacenza di dirmi una parola in proposito.

Vi sono riconoscentissimo della buona accoglienza che promettete di fare a mio fratello Dott. Costantino, come degli ottimi suggerimenti relativi alle sovvenzioni d'accordarsi ai Volontari. Ai bisognosi di essi dò a chi fr. 1 al giorno e a chi cent. 84.

Vedete che cerco i risparmi, quantunque la nostra Cassa sia attualmente in buone acque, ché i concittadini rispondono generosamente all'appello loro fatto.

In attesa di vostri pregiati cenni ho l'onore di dichiararmi

Dev.mo
Dott. ZALLI TIZIANO.

-------------------------------------

Non trovo annotazioni intorno al giorno tanto invocato, in mille maniere sollecitato, della partenza da Lodi dei Volontari.

Ricorro alla memoria. Fu l'alba del 2 luglio che lumeggiò nella sua tenue luce gli addii dei Volontari coi i parenti e gli amici, che erano venuti ad accompagnarci fuori Porta Milano (allora P. Nuova). Raccomandazioni paterne, baci e lagrime materne, sospiri di giovinette, strette di mano degli amici. Quanti sentimenti vi erano addensati in quella scena, dominata dalla semplice, composta baldanza dei giovani partenti, sui cui volti si leggevano i generosi propositi e le forti speranze che li spronavano all'arditissima impresa. Niun miraggio "di farsi una posizione". Abbandonavano la famiglia, l'impiego, o gli studi, o il mestiere, per andare a debellare la più odiosa delle tirannidi, il cui governo fu definito da un grand'uomo "la negazione di Dio". Le loro vittorie avrebbero atterrate le porte delle prigioni di Castel dell'Uovo, ove erano rinchiusi, seviziati, i martiri cospiratori avrebbero unito all'Italia la parte più fiorente del suo giardino,

Questi erano i pensieri che ardevano le menti dei volontari garibaldini lodigiani.

Fummo trasportati a Milano, non essendovi ancora la linea ferrata che la congiungesse a Lodi col mezzo di carri, per poter giungere in tempo a prendere il treno che da Milano ci portasse a Genova in giornata. Come infatti si potè effettuare.

Leopoldo Boselli dà notizia a Zalli della partenza dei Volontari lodigiani da Milano con la seguente lettera, di cui riferisco, per brevità, solo i seguenti brani.

Milano 3 luglio 1860.

Ho accompagnato ieri la spedizione fino a Mortara. La partenza da Milano fu assai commovente; tutto seguì con regolarità. I nostri si distinguevano per disciplina e contegno militare, presentando nei ranghi volti animati ed arditi ... Ti ripeto, la scena fu commovente assai.

Ho ricevuto domenica sera la tua lettera domandata per telegrafo; perché desideravo conoscere qualche cosa di più dettagliato intorno la partenza dei Volontari da Lodi e del loro arrivo a Milano ...

-------------------------------------

5 luglio.

Trovo sul tavolo il principio d'una lettera incominciata ad ora tarda. Non valse l'entusiasmo a tener aperti gli occhi pel gran sonno. Non la ripigliai ieri benché ne avessi l'intenzione, ma vi supplisco in questo momento, e tanto più volontieri lo faccio perché oggi ricevetti lettera da Genova di Luigi [Cingia N.d.A.] e Scotti. Sempre gaio l'uno, e piuttosto arrabbiato l'altro presentano un contrasto singolare, che finisce per formare un assieme simpatico. ... ... ...

LEOPOLDO BOSELLI

-------------------------------------

Dal periodico bisettimanale "Il Proletario" che si stampava in quell'epoca in Lodi, tolgo dal numero del luglio le seguenti notizie risguardanti l'arrivo dei Volontari a Genova sino al momento del loro imbarco per la Sicilia.

LA COMPAGNIA DEI VOLONTARI LODIGIANI

A SESTRI PONENTE

Alcuni carteggi ricevuti direttamente dai capi della spedizione dei volontari lodigiani ci danno modo di offrire alla Città nostra una breve relazione sugli ottimi diporti, e sull'ammirabile disciplina serbata a Sestri di ponente dai nostri volontari nella dimora che essi fecero colà per lo spazio di una settimana. Sin dalla partenza da Milano presentavano essi a detta di testimoni imparziali un'idea di organizzazione militare e d'ordine qual non si ravvisava in nessun altro Corpo. Saliti alle ore 4 pom. sulle prime carrozze della ferrovia, essi teneansi sicuri del subito imbarco, ma dopo che la gentilezza dell'amministrazione ferroviaria che considera i volontari come balle di cotone e peggio, li ebbe tenuti 11 ore consecutive stivati quali acciughe in un barile, il treno oltrepassò il punto ove dovevasi eseguire l'imbarco. Retrocedendo sul medesimo binario, succedè che le ultime carrozze restarono alla testa del convoglio mentre i Volontari nostri erano all'estrema coda. Il comandante brigadiere Cosenz attendeva sul lido e s'impazientava del ritardo; finalmente si diè principio, alla discesa dalle carrozze, e per un viottolo stretto e scosceso i volontari si recavano alla spiaggia, dove su apposite imbarcazioni erano portati a bordo del Washington, la cui macchina fumava in lontananza. Regolarmente procedeva l'imbarco e circa un migliaio erano già collocati sul battello a vapore quando il capitano dichiarò che il suo legno non poteva più ricever persona, e siccome l'ardore dei volontari non curava le parole del Capo, egli levò l'ancora e diè moto alle ruote. È più facile immaginare che descrivere l'abbattimento dei volontari rimasti a terra, le imprecazioni alla malvagia fortuna, a questa combinazione che essi chiamavano inganno. Se la presenza dei capi mancava un momento, la Compagnia si sfasciava. Dovevano aver mente a tutto, agli alloggi, ai viveri, ai fucili che erano abbandonati sulla spiaggia, ai Volontari affaticati e sonnolenti. La compagnia se stette salda a quel primo urto che contrariava il desiderio più vivo ed intenso, l'aspirazione più santa di quelle giovani e bollenti anime, diè certo una prova dell'ottima indole e della vera abnegazione, prima virtù del soldato. Trovarono finalmente un vasto magazzino, e la compagnia si installò a Sestri di ponente lusingandosi di partire il giorno 6. E qui cominciarono altre brighe e altre noje. Sarebbe follia pretendere dalle amministrazioni private in queste colossali spedizioni, quell’ordine e quell'andamento piano che noi ravvisiamo negli uffici regolarmente costituiti, laonde non ci arrechi meraviglia alcuna se le prime notizie che ci giunsero di là erano sconfortanti; vi era, o pareva vi fosse, scarsezza di numerario; i volontari esigevano le loro paghe ed era giusto; i comandanti avevano consegnato il danaro di cui andavano forniti al brigadiere Cosenz nell'atto dell'imbarco, nella ferma credenza che anch'essi partissero sul medesimo battello. Il Comitato di Lodi, avvertito di ciò, spediva tosto il residuo fondo che potè raccogliere, L. 3700, mentre essi provvedevano con propri mezzi alle paghe dei più bisognosi, che dopo due giorni vennero messe in corrente dall'Amministrazione Generale di Genova. " La compagnia nostra è un modello d'ordine e di disciplina " scriveva il Dott. Cingia "tre volte al giorno si fa l'appello; a mezzodì il bagno e al nuoto i nostri bravi studenti e barcaiuoli superano di gran lunga tutti gli altri; si fa un po' di manovra; Scotti contrappone alla severità del temperamento, eloquenti ordini del giorno che eccitano sempre più le eccellenti disposizioni di questa brava gioventù. Abbiamo poi un tal lusso di giovani intelligenti, pronti, arditi che io son persuaso, appena giunti a destinazione, ne faranno tanti buoni bassi ufficiali e qualcuno, anche ufficiale. Se la nostra compagnia stesse unita sul campo, come ci troviamo al presente, ti sto garante di prodigi di Valore. Ma sgraziatamente non sarà così: qui al Comitato mi assicurano che le compagnie lombarde servono di nucleo alle siciliane; la nostra compagnia per esempio servirà a formarne sei. Ti unisco un ruolino della compagnia come trovasi attualmente costituita prima della partenza accadrà ancora qualche mutazione che non potrà essere avvertita se non all'arrivo nostro a Palermo.

E il Dott. Scotti incaricato della direzione delle compagnie, scriveva il giorno stesso della partenza 9 andante offrendo ragguagli dettagliati ... Le ore del mattino più opportune io le ho occupate dalle cure della compagnia, appello, manovra, ecc. mentre Cingia è incaricato dei conteggi e delle corrispondenze. Alle 11 partiamo per Genova tutti i giorni per ordine di Cressini e ce ci fermiamo quasi fino a sera, Con questi Comitati se non ci lasciamo vedere corriamo pericolo di essere lasciati ancora in terra. La partenza stabilita per Domenica a notte fu prorogata a Lunedì notte 9 andante. Questa sera quindi ho ordine di portare la compagnia al luogo dell'imbarco che avviene alla Lanterna in porto e alle ore 10 ... La nostra compagnia è composta precisamente di 120 senza le cariche, in tutto 136. Questo è il numero prenotato per le piazze sul battello a vapore ...

Gli iscritti sono la maggior parte giovani educati e fanno veramente piacere; ti dico che presentandoli al Generale, reputo fargli un vero regalo. La nostra compagnia ha un aspetto di vecchia organizzazione che desta l'invidia: ho provveduto la tromba per le chiamate. Mi giungono ad ogni momento giovani a richiedermi di inscriverli con insistenza che tante volte mi pone in imbarazzo. Ho contratto impegno col Comitato di non oltrepassare i 120, e li rimando tutti con grave mio rammarico, ma gioventù sceltissima vedi!

Ogni giorno invio Comaschi a Genova coll’ordine di pagamento e mi vengono puntualmente soddisfatte le page senza eccezione di sorta. Ho dovuto provvedere ad alcuni volontari pantaloni e scarpe per non imbarcarli laceri; queste spese cerco di farmele rimborsare; se non mi sarà possibile attingerò ai fondi del Comitato nostro. La compagnia fin ora è sotto il nostro comando e nessuno ci ficca il naso: i Comitati riconoscono la nostra autorità, e chinano il capo agli ordini che loro sono inviati ...

La spedizione è comandata dal Maggiore Vacchieri, già capitano della settima compagnia nel mio reggimento, buon soldato, alla buona; l'anno scorso dormiva sempre con noi, nulla curando il privilegio dell'ufficiale, lavava le camice colle proprie mani, ecc ... Nella visita fatta dal medico per incarico del Comitato otto furono dichiarati inabili: due però cui unico difetto era la immatura età, dietro mio consiglio furono ritenuti nella compagnia: il vacuo venne subito riempito, e avrei fatta un'altra compagnia, ove avessi avuta autorizzazione.

In caso di bisogno abbiamo facoltà noi comandanti di richiedere la pubblica forza a nostro beneplacito: due righe al brigadiere dei Carabinieri e tutto è finito. Ti dico che a contenere senza disciplina militare tanta gioventù è affar serio, e le Autorità confidano nella nostra attiva sorveglianza. Per noi abbiam poca fatica, attesa la buon'indole dei giovani; sono ubbidienti, ci rispettano oltremodo. ...

Salutatemi gli amici tutti, ecc.... "

Finalmente i desideri vivissimi furono esauditi: nella notte dall'8 al 9 corr. ore 10 i militi si portarono a bordo dei battelli destinati a condurli sulle. sicule spiaggie: Pare che non faranno sosta a Cagliari, e forse solo una breve fermata per rifornirsi d'acqua: e all'ora in cui scriviamo ci arride lusinga possano aver felicemente già eseguito lo sbarco, su qual punto dell'isola ignoravano tutti. Notizie dirette non ci perverranno che verso la metà della futura settimana: intanto possiam dire che Lodi nostra andrà superba de' suoi figli, essa che non rifiutò mai il concorso generoso d'oro e di sangue alla santa opera del nazionale riscatto.

-------------------------------------

COMPAGNIA DEI VOLONTARI LODIGIANI

-------------------------------------

f..f. di Comandante Scotti Dott. Antonio

f..f. di Luogotenente Cingia Dott. Luigi

f..f. di Sottotenente .........

f..f. di Sergente Foriere Comaschi Dott. Antonio

f..f. di Caporale Foriere Rossi Giuseppe

I.a SQUADRA

1. Sergente Sommariva Bassano 15. Soldato Belloni Giuseppe
1. Caporale Morandini Filippo 16. " Menegalli Giovanni
2. " Poiaghi Venanzio 17. " Poggio Mauro
1. Soldato Destefani Achille 18. " Coldani Agostino
2. " Sommariva Emilio 19. " Santi Fortunato
3. " Uttini Giulio 20. " Bergamaschi Ang.
4. " Pigna Arrigo 21. " Gnocchi Battista
5. " Torneamenti Virgilio 22. " Villa Giovanni
6. " Gilardoni I° Ambrog. 23. " Bondioli Giuseppe
7. " Gilardoni II° Battista 24. " Tonalini Giovanni
8. " Brizzolari Baldassare 25. " Cazzulani Bassano
9. " Belloni Sante 26. " Mariconti Alessand.
10. " Pallavera Giovanni 27. " Monferini Mauro
11. " Carrozza Pietro 28. " Cerri Alberico
12. " Granata Angelo 29. " Modesti Giuseppe
13. " Ferla Angelo 30. " Pellegrini Giuseppe
14. " Lungari Antonio

II.a SQUADRA

1. Sergente Bianchi Giuseppe 15. Soldato Giovanola Raffaele
1. Caporale Vanazzi Bartolomeo 16. " Visconti Venosta
2. " Messa Giuseppe 17. " Moscatelli Vitale
1. Soldato Corti Francesco 18. " Rovida Giuseppe
2. " Veralli Giuseppe 19. " Frigoli Emilio
3. " Mamoli Pietro 20. " Sacchi Antonio
4. " Oldrini Antonio 21. " Biancardi Romeo
5. " Pedroli Salvatore 22. " Bazzigaluppi Gerol.
6. " De Luca Giuseppe 23. " Levati Luigi
7. " Moiraghi Napoleone 24. " Cerri Giuseppe
8. " Marchettini Domen. 25. " Maffoni Luigi
9. " De Pifferi Andrea 26. " Dossena Michele
10. " Cingia Francesco 27. " Bagnera Giovanni
11. " Ruggeri Enrico 28. " Quesati Giuseppe
12. " Codazzi Luigi 29. " Cottini Gio. Batta
13. " Tara Giacomo 30. " Rosca Gio. Batta
14. " Tadini Pietro

III.a SQUADRA

1. Sergente Cattaneo Pietro 15. Soldato Dossena Filippo
1. Caporale Salvalaglio Gaetano 16. " Ferrari Gaetano
2. " Stagni Attilio 17. " Kluzer Ernesto
1. Soldato Prada Eligio 18. " Casnetti Biagio
2. " Cabrini Giulio 19. " Conti Carlo
3. " Bianchi Antonio 20. " Cremascoli Pietro
4. " Mor Eberardo 21. " Concardi Giuseppe
5. " Beretta Carlo 22. " Fugazza Ettore
6. " Bramè Bassano 23. " Calcagni Saulle
7. " Griffini Annibale 24. " Olioni Carlo
8. " Abrami Andrea 25. " Gentili Giuseppe
9. " Gandini Antonio 26. " Pozzi Carlo
10. " Felisi Luigi 27. " Grassi Vincenzo
11. " Canevari Giuseppe 28. " Grancini Ambrogio
12. " Ferrari Sante 29. " Pedrazzini Eliseo
13. " Muzzi Giuseppe 30. " Vercellesi Domenico
14. " Pojaghi Annibale

IV.a SQUADRA

1. Sergente Locatelli Giuseppe 14. Soldato Lanzani Giovanni
1. Caporale Bonomi Giovanni 15. " De Franceschi Gius.
2. " Bonomi Agostino 16. " Gilardi Tomaso
1. Soldato Bonvicini Giovanni 17. " Spazzini Piacido
2. " Pizzocari Bartolomeo 18. " Benzoni Antonio
3. " Baggini Giuseppe 19. " Galleani Pietro
4. " Gilardi Gio. Batta 20. " Burdet Battista
5. " Mariani Filippo 21. " Severgnini Clemente
6. " Zanaboni Paolo 22. " Grassi Gaetano
7. " Barni Cristoforo 23. " Squassi Vincenzo
8. " Bonelli Carlo 24. " Trovati Giuseppe
9. " De Paoli Cesare 25. " Perucchini Angelo
10. " Ferrari Giuseppe 26. " Odoni Gio. Batta
11. " Cavalli Giovanni 27. " Isola Domenico
12. " Rotta Luigi 28. " Brambati Giuseppe
13. " Orlandi Alessandro 29. " Agnelli Antonio

-------------------------------------

IN MARE

I voti, gli auguri di viaggio felice che accompagnarono il nostro imbarco, non furono niente affatto esauditi. La traversata non poteva essere peggiore. Imbarcati su una vecchia carcassa mercantile il "Saumont" [1] destinata al trasporto del carbone, e che per la fretta della partenza non venne manco ripulita vi passammo sei giorni, addossati l'un l'altro, perché in numero assai superiore di quello che poteva portare il naviglio. Ma queste erano delizie. Il peggio venne dopo due giorni, quando s'incendiò la cucina, le cui conseguenze furono di trovarci ridotti per quattro giorni al trattamento di acciughe e galette, con una scarsità d'acqua disperante.

Avvennero anche guasti alla macchina, e il mare ci fu costantemente contrario, tanto che parecchi volontari passarono tutto il tempo della traversata stesi bocconi, senza poter prendere neanche lo scarso cibo concesso.

Partiti da Lodi vestiti dei nostri migliori abiti della stagione, quando sbarcammo a Palermo presentavamo lo spettacolo d'uno scarico di tanti sacchi di carbone. Non ci riconoscevamo più tra di noi,

Sbarcammo dunque il 14 luglio a Palermo già libera dalle truppe borboniche fino dal 30 maggio, non ostante l'accanita difesa dei Regi, e dopo i sanguinosi scontri di Calatafimi, Renna e Gibilrossa. Il Generale Garibaldi venne ad incontrarci con lo Stato Maggiore fra gli applausi e gli evviva all'Italia. Affrettatamente fummo equipaggiati ed armati, e i pochi giorni ivi trascorsi li impiegammo quasi interamente nell'esercitarci al maneggio della carabina, specialmente quelli fra i Volontari che non avevano ancora prestato servizio militare.

Non ostante i forzati rinvii, le disgrazie, e tante contrarietà, i Volontari lodigiani, che costituivano la prima Compagnia del Battaglione comandato dal Maggiore Vacchieri, arrivarono in tempo a prendere parte attivissima alla battaglia di Milazzo, che fu la più sanguinosa fra quelle combattute dalle armi garibaldine, e il cui esito vittorioso determinò lo sgombero dei Borbonici dalla Sicilia, e preparò il passaggio di Garibaldi sul Continente.

MILAZZO

All'alba del giorno 18, insieme al Generale Garibaldi, il. nostro battaglione, appartenente alla Brigata comandata dal Generale Cosenz, s'imbarcò su d'un piroscafo inglese, sbarcando a Patti nella notte del giorno stesso, preceduti dal Corpo del Generale Medici.

E qui lascio il posto ad una di quelle spente voci lontane, che oggi rivivono negli ingialliti foglietti, rosi agli angoli. Sono due lettere del concittadino Giuseppe Rossi, nelle quali manda alla famiglia notizie della battaglia di Milazzo e dell'entrata in Messina.

Milazzo, 25 Luglio 1860.

Caro fratello

Il giorno successivo alla mia ultima lettera che ti ho scritto, partii da Palermo, e m'imbarcai su di un vascello senza sapere dove mi mandassero. Dopo un viaggio di circa 20 ore sbarcai a Patti, da dove feci una marcia con una solennità senza pari sino a Barcellona. Lungo la detta marcia trovai Fedele Vitale, il quale era rimasto per un mese prigioniero dei Borbonici.

Alla sera del giorno stesso, che era il 19 corr. arrivammo a Barcellona stanchi e grondanti sudore, ma accolti da quei buoni abitanti con ogni sorta di gentilezze. Anche i paesani, lungo la strada ci facevano evviva e gridavano: Viva Talia, fuora Borbona. Passammo la notte a Barcellona; ma, le disposizioni date la sera, e la chiamata sotto le armi fatta prima dell'alba ci facevano presentire che in quel giorno ci saremmo battuti. Diffati, messi in rango, senza nemmeno distribuirci il vitto, a passo di carica ci avviammo a Milazzo,che era occupata dai Borbonici, in soccorso ai nostri che avevano già incominciato il combattimento.

Milazzo è una città in posizione alta con un Castello cinto da 34 cannoni, una fortezza formidabile; si trattava di prenderla con soli tremila uomini e senza artiglieria. Da Barcellona a Milazzo vi sono circa tre miglia. Nel recarci sul luogo del combattimento incontrammo i feriti. che ritornavano dal campo, i quali dicevano a noi: coraggio fratelli, avanti e Viva l'Italia. Ti dico che mi fece un po' sensazione quella vista, pensando che forse tra pochi momenti io pure avrei potuto fare una simile figura; ma fu una sensazione che tosto sparì all'appressarsi del pericolo. Entrati in battaglia Garibaldi fece spiegare la mia Compagnia in catena, e ci ordinò di prendere possesso delle due case che si vedevano. Bisognava attraversare due campi sotto il cannone del nemico; non importa; come leoni corriamo gridando: Viva Italia. Fulmina l'artiglieria sul nostro capo, cade qualcuno morto, qualche altro ferito; non importa, in cinque minuti siamo padroni della casa; si entra e colà trincerati si incomincia un fuoco di moschetteria, vivo e ben mantenuto da ambedue le parti, il quale durò per tre ore. Alla fine i Borbonici dovettero abbandonare la posizione, ripiegando verso la città. Ma al centro del combattimento la cosa andava ben diversamente. Garibaldi, che si ostinava a voler prendere la porta della città da quella parte si vedeva cadere intorno i suoi prodi, quasi senza frutto.

Il povero Venanzio Poiaghi appena giunto in combattimento, senza poter spianare il fucile, fu ferito gravemente ad un occhio, e quand'anche guarisse, sarà sempre guercio. Vanazzi fu ferito al collo, non però gravemente. Altri Lodigiani furono leggermente feriti, e tutti si fecero onore. Quando dalla sinistra si ebbe messo in fuga il nemico, i Borbonici incominciarono un poco a cessare il cannoneggiamento; si approfittò di quel momento, ed i Borbonici vistisi attaccati con slancio alla baionetta, si posero in fuga, abbandonarono la città e si ritirarono nel Castello. Allora noi, atterrata la porta della città, che essi avevano rinchiusa, cercammo raggiungerli, ma indarno, perché essi si erano rinchiusi in Castello, da dove continuavano a mitragliare la città. Furono assediati e jeri fecero capitolazione, con la quale si accorda loro di uscire coi fucili, ma lasciare nelle nostre mani i cannoni del Castello. Oggi è giorno di festa perché si vedono i Borbonici imbarcarsi umiliati per essere stati battuti.

Garibaldi durante il combattimento fu sempre in mezzo alle palle. Il Maggiore Migliavacca, milanese, lasciò gloriosamente la vita sul campo. La presa di Milazzo, fatta il giorno 20 io la ricorderò sempre con orgoglio perché ho sostenuto il fuoco per dodici ore, senza aver mangiato, e con una sete da demonio.

Sotto il cocente sole del mezzogiorno, su un terreno infuocato, io per la prima volta seppi che cosa fosse patire la sete. Non avevo fame e chi l'avrebbe avuta nel vedere tanti dei nostri morti e con sconce ferite? In questa sanguinosa giornata noi abbiamo avuto 750 uomini fuori di combattimento [Le statistiche ufficiali recano che sopra 3000 combattenti garibaldini si ebbero 750 fra morti e feriti. Le forze borboniche ammontavano a 7000 uomini. N.d.A.]. I Borbonici si battono bene al fuoco, male alla baionetta. Sono migliori soldati dei Tedeschi. Io sto benissimo e spero che anche tutti i miei parenti stieno bene. Ti saluto e ti prego di salutarmi tutti indistintamente da te, papà e amici.

Tuo fratello
GIUSEPPE ROSSI.

-------------------------------------

Da un articolo

LA BATTAGLIA DI MILAZZO E I VOLONTARI LODIGIANI

apparso nel Corriere dell'Adda del 10 Agosto 1860 tolgo le seguenti notizie mandate al Sindaco e ad altre persone che avevano amici e parenti fra gli animosi che combattevano in Sicilia. Notizie che confermano e completano quelle mandate da Giuseppe Rossi alla famiglia. Ometto i preliminari della battaglia.

... ... ...

Cingia Luigi fu destinato a guidare l'avanguardia composta quasi tutta di Lodigiani. In mancanza d'ufficiali Scotti Antonio comandava una Compagnia; una gran parte degli ufficiali del Battaglione Vacchieri, a cui appartenevano i nostri era rimasta a Palermo, tanto fu improvviso l'ordine della partenza. È costume di Garibaldi. Verso le ore 9 del 20 giungono sul teatro dell'azione.

Sulle prime lo spettacolo non era troppo consolante pei nostri giovani animosi. Questi maledetti Regi, da lungo tempo preparati a riceverli, resistevano con una tenacità ed un valore degni di miglior causa. Mano mano che i Regi erano respinti verso la città, i nostri dovevano sopportare anche il fuoco del Forte che le sovrasta.

Milazzo è città di circa novemila abitanti, con porto di mare e circondata da amenissimi colli. Nella parte settentrionale sorge un piccolo monte di nuda roccia; colà trovasi il Forte formidabile, che padroneggia la città e adiacenze.

L’avanguardia con Cingia sul principio del combattimento fra i feriti ebbe Vanazzi Bartolomeo, Polaghi Venanzlo e Bulloni Giuseppe di questa città, non gravemente però, tanto che il Cingia spera che la loro guarigione sarà sollecita.

Cingia fu colpito in un ginocchio da una palla morta, e da un'altra, pure di rimbalzo, in un fianco, ch'ebbe però la forza di gettarlo a terra. Scotti pure fu leggermente colpito. Nella sua compagnia ebbe un morto e qualche ferito, non lodigiani.

L'impresa fu ardua assai. Il Battaglione Vacchieri, del quale facevano parte i Lodigiani, ebbe ordine di spiegarsi sulla sinistra, procedendo in catena verso Milazzo. Disteso il battaglione i Volontari si avanzarono infatti ad occupare tutte le case che stavano avanti a loro, finché giunsero a trenta passi dalla porta di Milazzo, detta di Messina. Da questa posizione sostennero un fuoco vivissimo per due ore; i nostri avevano occupate le case in faccia ai bastioni e scambiavano le palle coi "pulcinella ".

Finalmente i colpi nemici andavano lentamente diradandosi segno evidente che i Regi incominciavano a piegare e si ritiravano.

Allora il Maggiore comanda la carica alla baionetta per sfondare la porta della città. Tutti scendono dalle case e procedono fino alla porta, che cede ai vigorosi colpi ed agli urti dei valorosi. Finalmente è scassinata ed entrano vittoriosi nella città.

I Napoletani, vedendo i giovani prodi a sostenere imperterriti il fuoco a venticinque passi dalla porta, avevano tutti riparato in Castello, e i nostri eroi allora solo si accorgono che la città è pienamente in loro potere. La percorrono al passo di corsa, assalgono i dintorni del Castello e lo accerchiano. Scotti fu il primo che ascese le alture vicine al forte e piantò la bandiera su di una torre che domina il Castello.

Le guide, distese sull'ala destra, verso il Castello, in riva al mare, sostennero bravamente la carica di un piccolo corpo di cavalleria, che veniva alla loro volta, e lo costrinsero a ritirarsi; poi furono poste sulla spiaggia, a tiro di cannone, ove restarono fino a che i Regi si andavano ritirando a poco, a poco. " Dalle palle di cannone potevamo ripararci, scrivono, giacché quando scorgevamo il fumo, giù a terra, e le palle passavano sopra le nostre teste. Ma quelle delle carabine fischiavano terribilmente alle nostre orecchie, ed era un affare serio ".

Garibaldi fu sempre visto imperterrito in mezzo al fuoco, ed uccise d'un colpo di sciabola un cavalleggiero napoletano.

Sul finire della cruentissima battaglia, parlando cogli ufficiali del suo Stato Maggiore, diceva: "Io ritengo più importante la presa di Milazzo che quella di Palermo. Pare un vero sogno, come noi senza cavalleria e cannoni abbiamo potuto conquistare tali posizioni ".

Prima di staccarmi dai gloriosi ricordi di Milazzo rivolgo un reverente, particolare pensiero al gran Duce e lo esprimo con le parole d'un geniale scrittore, Alessandro Dumas. Egli aveva assistito al combattimento dal bordo d'un naviglio; sopraggiunta la notte si fece sbarcare, impaziente d'abbracciare il vincitore:

" ... ... ... seguendo per la marina trovammo il Generale nel portico d'una chiesa, circondato dal suo Stato Maggiore. Era steso sul vestibolo, col capo appoggiato sulla sella, spossato di fatica: dormiva. Presso a lui stava la sua cena: un pezzo di pane e una brocca d'acqua.

Mio caro Carini [Maggior Generale garibaldino cui era diretta la lettera N.d.A.], io mi portavo a 2500 anni fa, e mi trovavo al cospetto di Cincinnato.

Dio vel conservi, miei cari Italiani, poiché se avverso fato ve ne privasse, il mondo intiero non potrebbe darvene un altro simile a Lui ".

-------------------------------------

Messina, 3 Agosto 1860.

Appena che le truppe borboniche sgombrarono Milazzo coll'onta di essere state sconfitte, Garibaldi ci pose in marcia, alla volta di Messina. Il giorno prima io mi portai a Barcellona a visitare l'amico Venanzio, che fu trasportato all'Ospitale in quella città, e che aveva mostrato grandissimo desiderio di vedermi. Lo trovai che stava meglio, e mi disse che gli spiaceva aver perduto l'occhio destro pel motivo che non poteva più far fuoco sui nemici dell'Italia. M'allontanai dal suo letto, dolente per la sua sciagura, ma meravigliato in vedere tanta grandezza d'animo. Vanazzi è quasi guarito. La mattina seguente dovetti con Bassiano Sommariva fare una marcia di sedici miglia per raggiungere la mia compagnia, che era già andata avanti. La trovai a Spadafora, che si era fermata per il rancio, e sulla sera continuammo la marcia fino a tre miglia distante da Messina.

Tutti credevamo di attaccare Messina per terra e per mare, quando con nostra somma sorpresa ci vien detto che i Regi avevano abbandonata la città. Noi non sappiamo ancora spiegarci, questo mistero. Dopo l'accanita resistenza opposta dal nemico a Milazzo che in fin dei conti è una fortezza secondaria, nessuno si sarebbe aspettato di entrare in Messina, che è come la Mantova della Sicilia, senza spargere una goccia di sangue. La mattina del 21 p. p. luglio abbiamo fatto il nostro ingresso trionfale in Messina, che ci accolse come suoi liberatori. La città imbandierata a festa presentava un piacevole aspetto, le donne agitavano i fazzoletti e tutti gridavano " Viva l'Italia e Vittorio Emanuele. " Ma la gratitudine dei messinesi verso di noi non finiva con sole dimostrazioni. In tutti i caffè, alberghi, offellerie si mangiava e beveva gratis, ed i signori si credevano onorati di condurci a pranzo nelle loro case. La città di Messina è splendida, mi piace più di Palermo. Dal giorno del nostro ingresso tutte le sere si fa illuminazione e le bande musicali rallegrano la città.

Ma se Messina si diverte ed esulta per la inopinata liberazione, se invece di armarsi distrugge le statue dei Borboni, Garibaldi procede alacremente nell'organizzazione dell'Esercito, poiché se molto si è fatto, molto più resta a farsi. Dapertutto si parla che tra pochi giorni noi sbarcheremo nelle Calabrie a suscitare la rivoluzione. Io non ci presto gran fede perché credo che se i Regi hanno ceduto Messina si fu per effetto di qualche mediazione di estera Potenza, ed allora non so se questa Potenza potrebbe permettere a Garibaldi un tale disbarco. Ad ogni modo: caro fratello, conforta la nonna e le zie, e dì loro che se non andiamo in Calabria, forse prima d'un mese sarò a Lodi, e se anche andiamo in Calabria la faccenda è presto finita, perché so di certo che la comparsa di Garibaldi sul Continente con 15 mila di siffatti Volontari in meno di due mesi rovescia il trono dei Borboni.

Io sono ancora Caporale furiere, perché fui dimenticato da coloro che mi avevano fatto grandi promesse. Il mio Capitano mi assicurò che presto sarò sergente Furiere. Se la guerra è finita torno a casa, se invece continua è certo che verrò a Ufficiale.

La mia salute è invidiabile, e non mi abbisogna niente perché il vitto può mancare ai soldati non mai al Caporale Furiere, che lo somministra. Prima carithas e poi. carithatis. Lavoro assai, ma sono annoiato di questa vita di guarnigione. Spero di partire presto: o avanti, o indietro, perché Messina è bella, ma veduta una volta è sempre quella, ed io sono amante della varietà.

Oggi qui, domani là. Caro fratello! sono lontano 800 miglia da Lodi, ma il mio pensiero costante è la casa, sei tu, sono i parenti che io amo tanto, e che ho potuto abbandonarli. Procura di far te le mie veci. Ricordati che ogni lettera che io scrivo a te voglio che sia letta alla nonna ed in casa.

Non t'incomodare a scrivere, perché già sono certo di non rimanere in Messina. Se mi hai qualche volta riscontrato sappi che la lettera andò perduta giacché io non ne ho ricevuto alcuna.

Salutami uno per uno tutti i parenti e gli amici. Fedele Vitali, che è ufficiale, fu ferito leggermente in un piede al combattimento di Milazzo. Mi lasciò egli pure di salutarvi tutti. Ieri trovai Pasini e De Stefani Filippo, e non passa giorno che non veda qualche amico caro. Mamoli, Pedroli ed Oldrini per non aver voluto andare nei Bersaglieri, non si sono battuti, perché dei Lodigiani non si batterono che quelli del mio Battaglione. Bonomi Achille, De Stefani, Bassano Sommariva sono i miei amici indivisibili.

Non ci manca che il povero Pojaghi. Tutti i Lodigiani sono in buona salute.

Ricevi un bacio dal
Tuo aff. Fratello
GIUSEPPE ROSSI

-------------------------------------

Occupata Messina le truppe garibaldine vi dovettero rimanere per circa un mese suddivise parte in città, facendo il servizio d'avamposti (perché il forte era ancora occupato dai Borboni), parte scaglionate al Faro, e lungo la strada che conduce a Messina, facendo continui tentativi di sbarco in Calabria, intento verso il quale Garibaldi rivolgeva ansioso tutte le sue cure.

Le vittorie garibaldine incitavano sempre più la gioventù italiana ad accorrere nelle file del Duce, e in tutta la penisola, specialmente nel Settentrione, continuavano gli arruolamenti.

Il Comitato di Lodi non cessava il suo alacre lavoro.

Tutti i Comuni del Circondario davano tributo di gioventù e di denaro. Il Comitato, s'era ampliato aggregandosi un " Comitato di soccorso " formato di Signore.

Ecco l'elenco delle successive spedizioni.

II.a SPEDIZIONE

Partiti da Lodi il 21 Luglio - Da Genova 30 luglio 1860

Ardemagni Luciano Franchi Angelo
Agnelli Giuseppe Granata Angelo
Baroni Alessandro Gandini Giovanni
Bianchi Tomaso Gandolfi Gerolamo
Bianchi Siro Grecchi Pietro
Bassi Cesare Mazzalorso Pietro
Bettoni Carlo Mazzalorso Giorgio
Bocconi Giuseppe Moroni Antonio
Berretta Giuseppe Madonini Gaetano
Borsa Antonio Massari Stefano
Bussi Giovanni Magri Enrico
Butabuoni Pietro Maj Gaetano
Binelli Stefano Pisati Adeodato
Colombo Francesco Polli Pietro
Corvi Cesare Pozzoli Felice
Peviani Enrico Sirtori Filippo
Ponzoni Luigi Sommariva Bassano
Pavesi Cristoforo Trovati Gerolamo
Pintori Tisacchi Giov. Batt.
Quintè Carlo Tonalini Giacomo
Rossi Luigi di Carlo Vailati Antonio Serafino
Rossi Luigi di Pietro Villa Fedele
Sirtori Giulio

III.a SPEDIZIONE

Partiti da Lodi il 5 - Da Genova il 7 Agosto 1860

Arosio Valeriano Morsenchio Achille
Barbazzi Primo Mambotti Giovanni
Bonomi Pompeo Merlo Gaetano
Bossi Pietro Micheli Luigi
Ciceri Bassano Nasari Daniele
Casali Pietro Negroni Giuseppe
Capella Andrea Orsi Costante
Comolla Crespino Pasta Gaetano
Casari Giovanni Pagani Francesco
Colombo Alessandro Scotti Giuseppe
Dedè Carlo Stefenini Giuseppe
Dall’Oro Pietro Salvi Filippo
Ferrari Domenico Scudelari Pietro
Garilli Carlo Visotti Giuseppe
Lomi Valerio Zardoni Alessandro
Mazzola Pietro

Nei tre elenchi non sono compresi i nomi di tutti i Lodigiani che combatterono nella guerra dell'Italia Meridionale, perché alcuni partirono senza unirsi alle suindicate squadre, e sono:

Bacchetti Costantino Vitali Fedele
Ferrari N. Pasini Alberico
Beltrami Giuseppe Destefani Filippo

Molti anche partirono isolatamente senza far capo al Comitato di Lodi, arruolandosi in altri Reggimenti. Di questi generosi mi spiace non conoscere il nome per poterlo scrivere accanto ai cittadini benemeriti della patria.

L'ingegnere Dionigi Biancardi, che fu deputato di Lodi nel Parlamento Nazionale per diverse legislature, seguì l'esercito garibaldino senza appartenere a nessun Corpo, ma prese parte a diversi combattimenti. Nel poscritto d'una sua lettera diretta ad un amico in Lodi, datata da S. Maria di Capua, l° ottobre 1860, ora 5 3/4, scrive: "Un forte cannoneggiamento indica che si dà un assalto generale; le trombe dispongono i militi alla partenza; prendo il fucile e me ne vado, addio. Comincia il fuoco di fila.

D. BIANCARDI.

Intanto in Sicilia continuavano gli audaci, disperati tentativi di sbarco in Calabria; tentativi che la flotta potente del Borbone rendeva vani con la sua attiva sorveglianza nello Stretto, ricevendo a cannonate chiunque si avvicinava. Ma, alla spicciolata, su barche, di notte Missori, con buon numero di Volontari, fu il primo, si riusciva ad approdare sul Continente, la Terra Promessa in quei giorni dei Garibaldini.

Noi potemmo attraversare lo Stretto su di un vapore " Il Veloce " il 24 agosto, e nello stesso giorno sbarcare a Villa S. Giovanni, presso Reggio.

Quivi il 21 vi era stata una lotta accanita tra i Volontari, aiutati dai Calabresi, e i Borbonici, che furono costretti a domandare la capitolazione, le cui condizioni vennero imposte da Garibaldi, inaugurando con una splendida vittoria anche la lotta nel Continente.

Rimanemmo due giorni a Villa S. Giovanni; poi, preso nuovamente imbarco sullo stesso "Veloce" scendemmo dopo poche ore a Nicotera.

Da questo paese incominciano le marcie lunghe, faticosissime del nostro Reggimento, sempre inseguendo le truppe borboniche, che si ritiravano verso Napoli. Toccando Monteleone, Pizzo, Tiriolo, Soveria, Roglione, Cosenza arrivammo, dopo varie scaramuccie col nemico, a Paola l'8 settembre.

Ripartimmo il 15, a bordo del piroscafo " Amalfi ", il quale entrava il dì successivo nell'incantevole golfo di Napoli.

La bella Partenope era in piena esultanza. Garibaldi ci aveva preceduto, ed aveva già fatto, in forma modestissima, come era il suo carattere, ingresso in città.

A tutti pareva di sognare. Il Regno dei Borboni distrutto?! Non ancora. Agonizzava, ma non era morto, e per questo il nostro soggiorno in Napoli fu di breve durata.

Accasermati nel grande fabbricato detto " L.'Albergo dei Poveri " che rispondeva perfettamente al suo nome perché si dormiva su pochissima paglia, nella notte dal 19 al 20 settembre, il nostro Reggimento, comandato dal Colonnello Vacchieri, ricevette improvvisamente l'ordine di partire per destinazione ignota.

E qui lascio la parola ad un prode: Luigi Cingia.

CAJAZZO

Maddaloni 22 Settembre 1860.

Carissimi,

Avevo promesso di scrivervi da Napoli; ma invece vi spedisco nuove da questo paese dopo una battaglia ed una sconfitta.

La notte del 19 al 20 ricevo improvvisamente avviso che il Reggimento doveva partire all'istante. Infatti si prende la strada ferrata e si arriva a questo paese. Poi si marcia a piedi per una strada alla destra di Capua, ivi si diverge il cammino per sentieri sconosciuti, e si arriva al fiume Volturno. Alcuni si svestono, altri no, tutti insomma lo passammo entrando nell'acqua fino ai fianchi. Intanto ci prese un orribile temporale, ed una pioggia di tutta violenza che ci accompagnò fino al paese di Cajazzo, punto di nostra destinazione. Questo luogo, o città come volete, conta seimila abitanti circa, ha un seminario ed un vescovo; è posto sopra un colle ameno ed isolato alla destra di Capua sette miglia. Caiazzo era stato abbandonato dai Regi, ed il giorno avanti l'avevano occupato duecento del Battaglione Bolognesi, capitanati dal Maggiore Cattabene.

Del nostro Reggimento non eravamo che una metà, perché lasciammo a Napoli tutti gli invalidi, e quelli che difettavano di scarpa, od altri oggetti.

Era la sera, ed al nostro primo battaglione venne tosto affidato il servizio d'avamposti. Scotti con la prima compagnia occupa la posizione per la quale siamo entrati; la seconda compagnia, la terza e la quarta (la mia) dividiamo tutti gli altri posti dalla parte di Capua, in faccia al nemico che stava accampato nella sottoposta campagna. Si passò una notte d'inferno perché il temporale e la dirotta pioggia non cessarono mai.

Al mezzo giorno del dì susseguente, 21, i Regi si avanzano, e da noi si batte la generale. A tutta prima credemmo fosse una semplice ricognizione, ma poscia. vedemmo un apparato straordinario. La cavalleria e l'artiglieria montavano per 13. strada colla fanteria, e i cacciatori ci prendevano ai fianchi. Si fa una resistenza risoluta e determinata agli avamposti, ma poscia il numero e la rapidità delle mosse minacciano di tagliarci fuori dal resto della colonna, sicché il nostro Maggiore ordinò ci ritirassimo alla difesa del paese uniti al resto della forza. I Regi attaccano, e noi respingiamo; le loro forze aumentano sempre, ma noi restiamo fermi alle nostre posizioni. Per più di due ore durò un fuoco accanito in cui i Regi avevano sempre la peggio, quando i nostri soldati incominciano a mancare di munizioni. Allora vediamo il caso disperato. Figuratevi, ci avevano colà spediti in sì piccolo numero, senza un solo pezzo di artiglieria e quasi sprovvisti di cartuccie. Tentammo quattro sortite alla baionetta, ma venimmo sempre respinti dal fuoco dei fianchi e dall'artiglieria, che a cinquanta passi ci fulminava. Vacchieri comandava la nostra colonna, e non vide altro caso che una ritirata. Raccolto il numero maggiore delle forze l'intraprese. Ma noi diretti dal Maggiore Strambio, che restavamo ancora fuori di città a disputarci col nemico le poche case al di fuori, con le ultime rimaste cartuccie e colle baionette, quando fummo costretti rinculare verso la città, ci trovammo soli. Figuratevi, non eravamo in fondo alla contrada, ed i Regi alla metà della stessa ci tiravano delle fucilate, e non avevano il coraggio di raggiungerci. Il nostro numero ammontava a circa cento uomini, guidati da Strambio, da Scotti e da me, e quattro o cinque altri ufficiali. Usciti di città continuavano le fucilate, ma la ritirata era libera. Si percorsero sei, o sette miglia, quando al fiume incontrammo il resto della colonna, che stava per guadarlo. La pioggia aveva aumentato l'altezza delle acque, tanto che lo passammo a gran fatica e sciaguratamente otto, o dieci annegarono; altri vennero salvati dai nuotatori. Si marciò poscia verso Maddaloni e circa alla mezzanotte vi arrivammo stanchi ed affranti. Il valore che addimostrarono i nostri soldati in simile fatto d'armi vi assicuro che ha qualche cosa del prodigioso. Fummo vinti dalla disparità di forze, dai mezzi di offesa del nemico e dai nessuni di difesa per parte nostra. Noi eravamo ottocento senza lavori di terra, senza artiglieria e cavalleria e, quello che è peggio, senza cartuccie pei fucili.

I Regi erano settemila circa con dodici pezzi d'artiglieria e cavalleria, con un magnifico piano strategico. Le perdite loro superano le nostre. Noi, tra morti, feriti, prigionieri, dispersi ed affogati nel fiume ne contiamo circa duecento.

Di Lodi, che si sappia finora, morì certo Ferrari Giuseppe della mia Compagnia e rimasero feriti Concardi Giuseppe, Felisi Luigi, Paolo Zanaboni, valoroso soldato, Ruggeri Enrico, che sì giovane seppe distinguersi per coraggio e sangue freddo, e De Luca [Morto in seguito alle ferite riportate N.d.A.] della Compagnia di Scotti.

Dispersi, o prigionieri, Cabrini Giulio; Baggini Giuseppe [Invece che disperso, morto N.d.A.], Squassi Vincenzo e la mia ordinanza De Pifferi Andrea con tutta la mia roba che teneva con sé. Povero ragazzo! spero di ritrovarlo ancora, mi era tanto affezionato. Anche Cabrini e Baggini speriamo vederli ricomparire.

Vanazzi ferito da palla morta, ed io pure ne ho ricevuta una che mi fece l'effetto d'un forte pugno.

I villani dei dintorni, che sono regi per la pelle, ne presero vari dei nostri isolatamente e li uccisero, o ferirono.

Ora mi trovo qui in un buon appartamento, presso un gentilissimo signore, coll'amico Scotti. Spero che fra qualche giorno ristoreremo le nostre forze e quelle del decimato Reggimento perché, oltre le perdite sofferte, molti caddero ammalati. Oggi abbiamo notizie che i Regi rispettano i nostri feriti; questo ci appaga, moltissimo, e speriamo che anche i nostri Lodigiani li vedremo presto risanati.

Tutti i Lodigiani nel combattimento si portarono assai bene e questo venne osservato anche dagli altri ufficiali superiori.

Garibaldi venne qui stamane e conoscendo già a puntino l'esito dello scontro, fece lodi al valore del nostro povero Reggimento e disse: " che la gloria non è riposta sempre nella vittoria, ma anche nelle sconfitte. Le circostanze decidono dell'esito, ma non del valore ".

Immaginatevi che oggi dovevano arrivare l'artiglieria, le munizioni e quattromila uomini a rinforzo di quella posizione, sicché noi non eravamo che una semplice avanguardia; ma i Regi, più previdenti, batterono questa per non buscare dal Corpo. Se il nemico era più accorto tagliandoci l'unica ritirata, di noi non se ne sarebbe salvato neppur uno.

Fra giorni avrete novella di qualche gran fatto decisivo, e sarà la presa di Capua. Cadute Capua e Gaeta, per quest'anno la guerra è finita e spero allora di venire a rivedervi.

Addio

LUIGI CINGIA.

Questa lettera venne pubblicata nel "Proletario" del 2 Ott. 1860.

-------------------------------------

Dopo tre giorni, il 25, il mio Reggimento si accantonò a Casanova (Caserta); fece una faticosa marcia di ricognizione sino al Volturno nella direzione di Caiazzo, e poscia si recò a S. Angelo presso Capua, alla quale fortezza erasi già posto l'assedio. Ebbimo una scaramuccia il 30 settembre, lasciando sul terreno qualche morto, e ricordo d'aver passato con la mia squadra tutta la notte del 29 alla guardia di due obici, che battevano la sponda opposta del Volturno.

VOLTURNO

All'alba del 1° ottobre il Presidio di Capua attaccò gli assedianti. Eccoci alla grande battaglia del Volturno, che "strategicamente fu una delle più importanti e più splendide nella storia militare del risorgimento italiano. Ventimila giovani Volontari, disseminati sopra un terreno tortuoso e bizzarro di venti chilometri, resistettero ad un esercito doppio di forze e agguerrito" [Francesco Bertolini: Storia del Risorgimento Italiano N.d.A.].

La lotta fu assai accanita e micidiale; varie volte l'esito rimase incerto, poiché varie volte ci ritirammo, e poi tornammo a respingere le forze nemiche. Finalmente al sopravenire della notte le truppe borboniche, decimate, si rintanarono nella Fortezza.

In quella giornata veniva ferito dei nostri Bassano Sommariva, tanto gravemente che lo si era ritenuto morto. Veniva pure ferito il Capitano Antonio Scotti.

Facendo un assai faticoso e pericoloso servizio d'avamposti rimanemmo sotto Capua sin dopo il bombardamento.

Ma per riuscire a debellare quella formidabile fortezza erano insufficienti i mezzi di cui poteva disporre il grande Eroe. Occorrevano forti artiglierie. Era dunque giunto il momento in cui il Governo Sardo doveva intervenire per condurre a termine la liberazione delle Due Sicilie. E il Conte di Cavour non si lasciò pregare.

Il 15 ottobre si unirono ai Garibaldini, in parte estenuati da tante fatiche, un Reggimento di linea e tre battaglioni Bersaglieri, aiutandoli a fronteggiare Capua.

Il l° Novembre, alle 4 del pomeriggio, incominciò il bombardamento di quella fortezza, fatto dall'artiglieria del Corpo Della Rocca (40 pezzi) e delle batterie garibaldine (30 pezzi). All'indomani la fortezza si arrese, ed ebbero l'onore d'entrarvi per primi i Garibaldini della Brigata Simonetta (Divisione Medici), alla quale appartenevano le nostre due Compagnie, comandate da Scotti e Cingia.

Il nostro Reggimento uscito la sera dello stesso giorno dalla fortezza, lasciandovi prigionieri i Borbonici, andò con gli altri della Divisione Medici ad aquartierarsi ad Aversa.

Il 6 Novembre, dopo quasi cinque mesi di Campagna il Generale Garibaldi per l'ultima volta passò in rivista il suo esercito, lacero, ma glorioso.

-------------------------------------

L'Esercito regolare prima di congiungersi alle file garibaldine sotto Capua aveva riportate le splendide vittorie di Perugia, Spoleto, Castelfidardo ed Ancona, contro le truppe pontificie comandate dal Generale Lamoriciére. Nell'assalto alla Rocca di Spoleto vi trovarono gloriosa morte i Lodigiani Borsa Gerolamo e Pozzoli Giovanni, rispettivamente appartenenti alla 33a e 35a Compagnia Bersaglieri.

Il 21 ottobre 1860 sull'altipiano del Macerone, presso Isernia, avvenne il primo scontro tra l'Esercito Regolare ed i Borbonici. L'eroe di quella giornata fu il nostro concittadino Generale Paolo Griffini, che comandava la testa di colonna del Generale Cialdini. Questi nel suo rapporto sul combattimento del Macerone, così scrive:

" Il Generale Griffini trovossi per un'ora e mezza solo con due battaglioni bersaglieri ed una sezione d'artiglieria sull'alto del Macerone, là dove è scavalcato dalla strada postale, osservando i movimenti delle tre colonne nemiche, le quali sommavano a seimila uomini, comandati dal Generale Scotti Douglas, una delle quali saliva direttamente per la strada ad attaccare il centro, le due altre pei due contrafforti laterali tendevano ad aggirare la posizione. Arrivai il più celermente che si poteva per lunghissima salita con la Brigata Regina e spingendo subito. qualche battaglione a destra e a sinistra, ed avanzando contemporaneamente al centro, in poco più di mezz'ora sbaragliammo completamente il nemico.

Uno squadrone di Lancieri Novara (capitano Montiglio) condotto dallo stesso Griffini, e seguito alla corsa dal 7° Bersaglieri, si rovesciò sui fuggiaschi ed arrivò ad Isernia prima di loro.

Il Generale Griffini, e quindi lo squadrone Montiglio, il 6° e 7° Bersaglieri ed il l° battaglione del 9° Fanteria si sono molto distinti. Essi fecero tutto. "

-------------------------------------

Per effetto del Plebiscito del 21 ottobre le Provincie napoletane e siciliane, essendo state annesse al Regno di Vittorio Emanuele II, lo stesso con ordine del giorno in data 11 Novembre autorizzò i Volontari al ritorno in famiglia.

Il 15 del mese successivo c'imbarcammo a Napoli: e, per vie diverse, giungemmo però quasi tutti a Lodi il 25 Dicembre, senza gradi né onori, ma paghi d'aver fatto il nostro dovere verso la Patria.

Sola nube che offuscava la nostra letizia era di non aver potuto dividere le gioie del ritorno coi nostri diletti compagni d'armi:

Martignoni Luigi (Lodi) Landini Ferdinando (Lodi)
Baggini Giuseppe (Lodi) Moro Sante (Lodi)
Bignami Enea (Maleo) Secondi Carlo (Codogno)
Ciboldi Giovanni (Maleo) Borsa Gerolamo di Lodi
De Luca Giuseppe (Lodi) Pozzoli Giovanni di Lodi

gloriosamente caduti durante la Campagna.

I MILLE

Per mancato avviso i Lodigiani che ebbero la fortuna di prendere parte alla Spedizione dei Mille, furono soltanto:

Martignoni Luigi. (Lodi) morto a Calatafimi - Luigi Baj (Lodi), del quale non si ebbe più notizia - Mamoli Giovanni Enrico da Lodi Vecchio - Ravini Luigi di Giovanni, da Caviaga - Secondi Ferdinando di Carlo da Codogno - Tirelli G. Battista da Maleo.

Mi è caro poi menzionare i Lodigiani non per nascita, ma per adozione: Dott. Giuseppe Soncini, medico chirurgo, che prima di far parte della schiera dei Mille, fu tra i valorosi difensori di Roma nel 1849, e il Dott. Felice Raj, ancora vivente, al quale in questi giorni il nostro Consiglio Comunale ha conferito solennemente la cittadinanza onoraria. All'amico carissimo da queste pagine mando gli auguri di una ancor lunga vita.

-------------------------------------

A diseppellire dal fondo della libreria e da quello della memoria. questi ricordi annodati col filo della più scrupolosa verità, mi guidò il desiderio di tributare un modestissimo, ma altrettanto affettuoso omaggio ai miei commilitoni del 1860, e di affermare la giusta parte che ebbero nella guerra del mezzogiorno i Volontari partiti colle spedizioni successive a quella dei Mille. Mi arride la speranza di aver fatto cosa gradita alle famiglie ricordando i nomi dei loro Cari, che parteciparono all'audace e gloriosa impresa.

Vorrei che queste mie brevi note invogliassero qualche studioso. di storia cittadina a ricercare, coordinare, e mettere in piena luce tutto il tributo di sangue, di forze giovanili, d'intelletto, di denaro che la nostra Lodi diede per nazionale riscatto. E vorrei altresì che da quel cumulo d'eroismi, di fatiche, d'abnegazioni, i giovani vi attingessero la forza per le nuove civili conquiste, e la serenità tanto necessaria nelle inevitabili sconfitte.

Lodi, aprile, 1910.

Un Garibaldino del 1860.


[1] - Qui la vecchia carboniera è chiamata Saumont (è il cognome di una famiglia nobile), in altre opere troviamo invece Saumon (che in francese significa salmone). La pronuncia è la medesima per entrambe le parole ma il nome corretto è il secondo come si può leggere nel libro Le carte di Agostino Bertani che fu colui che noleggiò questa imbarcazione francese.   <<


Tophost

Questo sito non utilizza cookie

Copyright © Andrea Cavallari
Tutti i diritti sono riservati