Spazio per comunicazioni urgenti

La storia di G.B. Rossi e del tenente di Cavalleria


L'antefatto

Nel 1880 fra Giovanni Battista Rossi, allora ventisettenne, ebbe un diverbio con un tenente di Cavalleria di stanza a Lodi e ne seguì molto scalpore ed un processo. E' interessante seguire come si svolse questa faccenda ormai molto lontana nel tempo perché il suo finale è, tutto sommato, edificante.

Vediamo dapprima quale fu l'antefatto alla vicenda: sabato 21 febbraio 1880 a Lodi il giornale locale Fanfulla da Lodi [1], che usciva settimanalmente, aveva in seconda pagina, in Cronaca e fatti diversi, il racconto di un fatto di pochissima importanza ma raccontato con una buona dose d'ironia. Il testo di questo articolo era:

Dobbiamo accennare ad un fatto narratoci che, s'è vero, ciò che noi stentiamo a credere, (e speriamo d'essere smentiti) va certo altamente biasimato.
Ecco di che si tratta.
Il cocchiere del signor M.V.
[Mauro Vitali] scantonava la via Pompeja per recarsi sul Corso Cremonese guidando il cavallo attaccato al broughams [2] del suo padrone, se non che un ufficiale a cavallo del reggimento qui di guarnigione, che in quel mentre passava, distratto non sappiamo da che, andava ad urtare col proprio cavallo quello del signor M.V.
Ma quel signor ufficiale, anziché rimproverarsi la propria disattenzione inveì contro il povero cocchiere il quale chiedette tantosto scusa della non sua disattenzione, e giunse al punto di togliergli la frusta ed a spezzargliela. Il fatto mosse ad indignazione gli astanti
.

Bisogna tener presente che talvolta a Lodi c'era un certa animosità con i giovani tenenti di Cavalleria, spesso di famiglia nobile, che giungevano di guarnigione nella cittadina e che non si amalgamavano con i maggiorenti del luogo ma che invece si davano delle arie e portavano scompiglio nella vita cittadina, per cui un simile articolo buttava benzina sul fuoco.

Anche il giornale Corriere dell'Adda pubblicava la notizia più o meno negli stessi termini. Entrambi gli articoli non erano firmati ma è probabile che uno dei due articoli, se non entrambi, fosse stato scritto da Giovanni Battista Rossi che era stato redattore responsabile del Corriere dell'Adda dalla primavera del 1875 fino al novembre 1878 [3] e che aveva continuato ancora a scrivere articoli di cronaca per questo giornale passando poi al Fanfulla da Lodi del quale diventerà successivamente il direttore.

Il lunedì successivo, dopo aver letto questi due articoli, l'ufficiale in questione mandava altri due ufficiali presso le direzioni del Fanfulla da Lodi e del Corriere dell'Adda con l'incarico di trovar modo di poter giustificare in parte il contegno tenuto in quel frangente dal loro compagno. Si fissava quindi un incontro per mercoledì 25 febbraio per parlarne.

Il Lemene, altro giornale di Lodi, che si definiva Giornale, religioso, politico, letterario, commerciale di Lodi tralasciava di raccontare questo episodio ma, dopo quanto accadde martedì 24 febbraio (che racconto più avanti) non poté esimersi dal parlarne e pubblicò un lungo articolo curiosamente intitolato Cocchieri, cavalli, ufficiali, fruste spezzate, schiaffi, un SAGGIO [sic], formaggio e formaggino [4].

L'antefatto alla vicenda con l'avvenimento riguardante il cocchiere viene così descritto:

Un giorno della settimana scorsa un ufficiale di cavalleria, svoltando dal Corso Cremonese sulla via Pompea, veniva col proprio cavallo a dar di cozzo in un altro cavallo che traeva un brugham [sic]. L'ufficiale, che vuolsi fosse sulla propria diritta, dicesi domandasse al cocchiere il proprio nome, seguendo la prammatica di altri paesi, e ciò - diceva- per avvertire il padrone che aveva un cocchiere inetto. Il cocchiere, dicesi, rifiutò di declinare il proprio nome; e allora l'ufficiale (ancora seguendo la prammatica di altri paesi) tolse al cocchiere la frusta, e gliela gettò in cassetta fatta a pezzi.

Questo articolo che apparentemente vuol mostrare come si tratti di un avvenimento di poco conto e gettare quindi acqua sul fuoco in realtà attizza le polemiche perché ai lodigiani non faceva certo piacere che giovani ufficiali di prima nomina venissero a casa loro pretendendo di applicare la prammatica di altri paesi.

Il Lemene continua dicendo: Questo incidente o accidente mise un po' di malumore nei testimoni e Sabbato [sic] il Corriere dell'Adda e il Fanfulla da Lodi si fecero eco dei commenti che correvano in pubblico circa il fatto disapprovando la condotta dell'Ufficiale.

Lo schiaffo

Domenica 22 febbraio 1880 al Teatro Sociale di Lodi vi un trattenimento di Madama Giuseppina Sisti in unione col marito Enrico e venivano annunciati svariati spettacoli. Immagino quindi che martedì 24 fosse previsto il medesimo spettacolo. Per la cronaca l'ingresso in platea e nei palchi costava 80 centesimi (più altri ottanta se si voleva un posto riservato) mentre in loggione ne costava 30.

Ad un certo punto il tenente in questione e G. B. Rossi si incontrano per caso nell'atrio prima che lo spettacolo cominci e si mettono a parlare fra loro mentre tutti intorno vi sono altri gruppetti di persone che chiacchierano.
G. B. Rossi ed il tenente conversano in maniera apparentemente pacifica ma all'improvviso il suono di uno schiaffo sovrasta il brusio della folla. In pochi stavano guardando verso quella coppia di persone e quindi pochi hanno visto materialmente il tenente dare lo schiaffo ma molti hanno sentito il rumore e voltandosi hanno visto il tenente osservare con aria interrogativa il Rossi e posare una mano sulla sciabola.

Il Rossi sta per reagire ma lì vicino c'è Licinio Pedrazzini che è un suo amico e che interviene per trattenerlo. Allora Rossi dice qualcosa al tenente che se ne va dicendo ad altra voce vigliacco. Dopo il teatro G. B. Rossi va al Caffè della Vedova dove incontra vari suoi conoscenti che lo trovano pensieroso.

Evidentemente stava pensando se si era comportato correttamente, il tenente infatti gli aveva dato uno schiaffo per provocare un duello e nel 1880 il duello era severamente punito (il Senato del Regno promulgò una legge contro il duello nella seduta del 26 aprile 1875 che rimase in vigore con pochi mutamenti per più di cinquant'anni) anche se ancora rimaneva l'idea che, in certe circostanza, un gentiluomo non poteva esimersene.

Chi ci rimetteva di più per il prolungarsi di queste idee in contrasto con le leggi vigenti erano proprio gli ufficiali, fra i quali questa idea era più forte, per cui, se un ufficiale si trovava nella condizione di dover sfidare qualcuno a duello, si trovava di fronte a due possibili scelte entrambe deleterie per lui: la prima era di attenersi alla legge e non sfidare qualcuno a duello né accettare sfide ma in questo caso avrebbe poi avuto l'ostracismo dei suo colleghi e perfino dei suoi superiori che lo avrebbero bollato come vigliacco, la seconda era di fare il duello ed in questo caso si sarebbe trovato a risponderne penalmente e la sua carriera ne sarebbe risultata rovinata.

C' è un libro, intitolato Dio ne scampi dagli Orsenigo [5] e scritto nel 1876, che, benché sia di fantasia, spiega benissimo come vi fosse questo controsenso e a quali rischi e disgrazie si esponevano gli ufficiali che si fossero trovati in una simile situazione.

La legge del 1875 puniva con una multa fino a mille lire chi lanciasse una sfida a duello anche se poi il duello non aveva luogo (art. 396) e con pene crescenti se il duello fosse avvenuto, ad esempio, se nessuno fosse stato ferito, la pena era il carcere fino a tre mesi, la multa fino a 4000 lire e la sospensione dai pubblici uffici fino a cinque anni (art. 397).

La lunga interdizione dai pubblici uffici (che arrivava a dieci anni nel caso di morte di uno dei duellanti - art. 398) era stata voluta apposta dal legislatore per mostrare come il duello fosse disonorevole [6] e togliere quindi ad un duellante messo in galera la patina di martire per l'onore.

Il tenente quindi aveva fatto una cosa sconsiderata ed è stato fortunato che il dottor Rossi non abbia raccolto la sua sfida.

Le polemiche sui giornali

Il primo giornale di Lodi ad uscire dopo questi fatti è Il Nuovo Raccoglitore che usciva ogni giovedì ma non sono riuscire a reperire il numero di giovedì 25 febbraio e così non ho potuto leggere l'articolo che vi è stato pubblicato.

Però dalle polemiche riportare sui giornali usciti sabato 28 si possono ricostruire abbastanza bene gli avvenimenti. Sul Fanfulla da Lodi [7] compare un articolo, firmato Rusticus, dove si dice che si sarebbe solo accennato ai fatti del martedì precedente per dovere di cronaca ma, dato che il Nuovo Raccoglitore, nel farne cenno aveva svisato i fatti, si vuole precisare come si è svolta l'intera storia.

Si racconta quindi della visita dei due ufficiali avvenuta il lunedì precedente e di quanto accaduto martedì sera. In particolare si precisa che, fino al momento dello schiaffo, il colloquio fra il tenente di cavalleria e Giovanni Battista Rossi fu calmo e non eccitato come sostiene il Nuovo Raccoglitore.

Si mette poi in evidenza come vi sia stata una imponente dimostrazione di solidarietà della cittadinanza con Giovanni Battista Rossi che ha poi sporto querela nei confronti del tenente e si chiude con una parola di biasimo con il Nuovo Raccoglitore che, se non era bene informato, non doveva scrivere in merito alla vicenda e con l'elogio dei due ufficiali che, in rappresentanza del tenente, avevano iniziato le trattative con i giornali da perfetti gentiluomini.

Il Lemene, nell'articolo già citato prima racconta il fatto del cocchiere, poi finge di non sapere cosa abbiano scritto di preciso il Corriere dell'Adda ed il Fanfulla da Lodi dicendo difficilmente ed assai di rado Iddio ci dà tanta pazienza da sostenere il diluvio di vuote chiacchiere in cui essi vorrebbero affogare il pubblico, se il pubblico fosse tanto buono da occuparsi di loro (questa frase la dice lunga sull'atmosfera che c'era allora a Lodi) e dopo racconta dello schiaffo.

Da questo articolo apprendiamo anche che il giovedì mattina dopo il fatto su alcune cantonate si trovarono dei cartelli manoscritti in cui uno, che si firmava saggio, incitava i cittadini a non lasciare inulta l'offesa fatta ad un loro concittadino e chiamava facchini gli ufficiali.

L'articolo continuava dicendo i lodigiani sono stati più saggi di questo saggio perché non hanno fatto nulla e spiegava ciò col fatto che i lodigiani non hanno nelle vene sangue ma siero di latte e precisamente Farmag e formagin, buter e mascarpin (non so quanto i lodigiani di allora e di oggi siano contenti di questa affermazione). Chissà perché da questa affermazione vengono però esclusi quelli del quartiere della Maddalena dei quali viene detto non interessare nulla che cittadini italiani si schiaffeggino fra loro.

Il processo

Il successivo numero del Nuovo Raccoglitore esce il 4 marzo [8] con un lungo articolo in prima pagina intitolato la Nostra risposta al Corriere dell'Adda che evidentemente era stato più critico del Fanfulla (ma purtroppo non ho potuto ancora leggere l'articolo in questione di quest'ultimo giornale).

Nell'articolo si ammette di non essere stati presenti al fatto e di aver quindi scritto sulla base del racconto di alcuni testimoni ma di aver deplorato la brutta scena avvenuta per il pericolo che alcuni malvagi persuadessero la popolazione a farne una questione di casta contro l'intera guarnigione qui di presidio.

L'articolo continua poi con un lungo ragionamento il succo del quale è che i fatti riferiti dal Raccoglitore sarebbero stati sostanzialmente esatti ma che il Raccoglitore non aveva ritenuto di commentarli come invece fatto dagli altri giornali.

Infine, approfittando del fatto che il Nuovo Raccoglitore usciva il giovedì e gli altri giornali il sabato, si batte la concorrenza pubblicando un lungo ed interessante resoconto del dibattimento avvenuto in Tribunale il giorno precedente, mercoledì 3 marzo (allora i processi erano più svelti di oggi!), presso la Pretura.

Il tenente Della Rovere era accusato del reato previsto dall'articolo 550 C.P. per lo schiaffo e del reato previsto dall'articolo 572 C.P. per aver chiamato vigliacco Giovanni Battista Rossi. Si noti che né nell'accusa, né in tutte le testimonianze si parla di sfide a duello, cosa che avrebbe aggravato la posizione del tenente.

Giovanni Battista Rossi è parte civile ed è rappresentato dall'Avv. Marco Antonio Anelli. Il tenente non si presenta e nemmeno fa procura a qualcuno e quindi viene dichiarato contumace. Alle undici comincia l'udienza dopo che il pubblico ha aspettato per quasi un'ora. La sala della Pretura è affollata di persone perché il fatto ha suscitato scalpore e la curiosità è molta.

Per primo viene interrogato G. B. Rossi che racconta i fatti in maniera calma e scevra di astio verso il suo avversario, poi sono chiamati i testimoni del fatto del cocchiere (ma non il cocchiere stesso) ed uno di questi dichiara Bisogna che ghe sia andai mal i so affari in quel dì al Tenent per ess de' mal umor.

Parla poi l'Avv. Paolo Gambini, direttore del Corriere dell'Adda, che dichiara che nell'articolo di cronaca non vi era nulla di offensivo e che il fatto era già conosciuto dalla cittadinanza, inoltre ai mandatari del signor Tenente erano stati offerti i mezzi per dirimere la questione. Infine vengono sentiti i numerosi testimoni dei fatti accaduti al Teatro Sociale.

L'articolo si conclude dicendo che, dopo un'ora che l'illustrissimo Sig. Cavaliere Pretore si era ritirato, ritornò in aula e lesse la sentenza che condannava il Tenente Sig. Vincenzo della Rovere all'arresto per giorni cinque, a lire cento di multa ed alle spese del giudizio nonché ad altre lire cinquecento per danno morale da corrispondere al Sig. Dottor Rossi.

Viene anche detto che, dopo la sentenza, il Sig. Dottor Rossi, per mezzo del suo patrocinatore, dichiarò di rinunciare al beneficio delle lire cinquecento e di sottoporsi altresì alle relative spese processuali. Nessun commento viene fatto a questa strana e poco comprensibile affermazione.

Nel numero del Fanfulla di sabato 6 marzo [9] c'è un breve trafiletto di cronaca giudiziaria, firmato Sestis, con il resoconto della seduta, tenuta mercoledì 3 marzo presso la Pretura. Vi si racconta che il Tenente Della Rovere non si era presentato, né si era fatto rappresentare per cui la sua difesa fu assunta dal Pubblico Ministero.

Furono sentiti i testimoni poi la difesa propose la condanna del tenente Della Rovere a cinque giorni d'arresto e 100 lire di multa mentre l'Avv. Anelli, in rappresentanza di G. B. Rossi, domandò gli arresti, 100 lire di multa e 1500 di danni morali. Il giudice condannò il tenente Della Rovere a cinque giorni d'arresto, 100 lire di multa e 500 di danni morali oltre alle spese processuali. Alla fine del processo però G. B. Rossi disse che rinunciava alle 500 lire che gli spettavano e che anzi avrebbe pagato lui le spese processuali.

La conclusione positiva

Dopo una settimana, nel Fanfulla del 13 marzo [10], Sestis torna sull'argomento dicendo di essere stato sgridato dal suo burbero direttore per aver dato, la settimana precedente, ben poche notizie ed anche quelle inesatte.

Aveva infatti scritto che G. B. Rossi rinunciava alle 500 lire che gli spettavano e che voleva pagare lui le spese processuali, il che era inesatto (ed anche poco comprensibile) in quanto G.B. Rossi aveva detto che non voleva le 500 lire e che recedeva dalla querela non volendo che l'ufficiale fosse condannato agli arresti anche se facendo ciò doveva pagare lui le spese giudiziali.

Si capisce quindi il motivo della decisione di G. B. Rossi che altrimenti sarebbe apparsa assurda: aveva sporto querela solo per tutelare il suo onore e non per danneggiare il tenente e quindi, quando costui è stato condannato anche a cinque giorni d'arresti, dato che il suo onore era ormai salvo, ha preferito ritirare la querela, pur rimettendoci, per non rovinare la carriera del tenente che avrebbe avuto una macchia perpetua sul suo stato di servizio per quei cinque giorni d'arresti.

Questo è un bel gesto che però lasciava il tenente Della Rovere obbligato verso il Dottor Rossi ma vi era un modo di chiudere positivamente tutta la vicenda con soddisfazione di tutti e così, dopo altre due settimane, quando il Fanfulla pubblicava nella Cronaca e fatti diversi [11] le donazioni fatte da alcuni cittadini alla Congregazione di Carità, fra queste spiccava quella fatta dal Sig. Della Rovere, Cav. Vincenzo, tenente che donava l'ingentissima somma di 500 lire per gli Asili d'Infanzia.


[1] - Fanfulla da Lodi - giornale settimanale - sabato, 21 febbraio 1880 - (anno VII, n. 8).   <<

[2] - Un brougham (si pronuncia bruum) era una carrozza leggera a quattro ruote inventata, nel XIX secolo, da un giurista scozzese, Henry Brougham (1778-1868), che era allora Lord Cancelliere della Gran Bretagna. Aveva un corpo chiuso con due porte e ci si sedeva nella parte posteriore, a volte aveva anche un paio di sedili a scomparsa negli angoli davanti. A differenza di una normale carrozza gli occupanti potevano vedere in avanti attraverso una finestra vetrata anteriore.   <<

[3] - Dizionario biografico dei presidenti delle Camere di commercio italiane 1862 - 1944 - Tomo I - a cura di Giuseppe Paletta - Editore Rubbettino - Soveria Mannelli, 2005.   <<

[4] - Lemene - giornale, religioso, politico, letterario, commerciale di Lodi - sabato, 28 febbraio 1880 - (anno III, n. 9).   <<

[5] - Vittorio Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo - Biblioteca universale Rizzoli - Milano, 1999.   <<

[6] - Atti parlamentari della Camera dei Senatori - Discussioni - Legislatura XII - Sessione 1874-75 - Cotta e Comp. Tipografi del Senato del Regno - Roma, 1875.   <<

[7] - Fanfulla da Lodi - giornale settimanale - sabato, 28 febbraio 1880 - (anno VII, n. 9).   <<

[8] - Il Nuovo Raccoglitore - giornale settimanale - giovedì, 4 marzo 1880 - (anno V, n. 10).   <<

[9] - Fanfulla da Lodi - giornale settimanale - sabato, 6 marzo 1880 - (anno VII, n. 10).   <<
[10] - ibidem - sabato, 13 marzo 1880 - (anno VII, n. 11).   <<
[11] - ibidem - sabato, 27 marzo 1880 - (anno VII, n. 13).   <<


Tophost

Questo sito non utilizza cookie

Copyright © Andrea Cavallari
Tutti i diritti sono riservati