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I Cavallara di Mantova


Una famiglia antica e nobile

A Mantova, in tempi antichi, visse una nobile famiglia, che aveva il cognome Cavallara e che possedeva dei terreni lungo il Po, dalla quale prese il nome il borgo di Cavallara che esiste tuttora e si trova nel Comune di Viadana in Provincia di Mantova.
La località Villa Cavallara entrò a far parte della Curia di Viadana dopo il 1306.

Cavallara era dominio feudale dei Cavalcabò, marchesi di Viadana e signori di Cremona. Dipendeva dal vicariato di Viadana in provincia di Mantova ma faceva parte della Diocesi di Cremona [1].
Questo paese non va confuso con il piccolo villaggio di Cavallara (o Cavalera) che si trova in provincia di Cremona e di cui fa parte la frazione di Mancapane, il cui nome, probablmente, è legato ai Cavalara di Cremona, citati dal Crollalanza [2], che diedero sette decurioni alla patria.

Varie notizie sui Cavallara di Mantova si possono reperire nell'opera di Girolamo Ruscelli, pubblicata nel 1566, sulle imprese illustri [3].
Il Ruscelli però dedica la sua opera non tanto alle famiglie quanto alle loro imprese, intendendo con ciò gli stemmi ed i motti delle varie famiglie famose.
Per questo motivo, purtroppo, le notizie che ci fornisce sulla famiglia Cavallara sono vaghe e specialmente non datate.

Apprendiamo quindi che i Cavallara erano una famiglia nobile di Mantova e che in passato erano numerosi ma che, all'epoca del Ruscelli (XVI secolo) si erano ridotti in pochi.

Tra i Cavallara più famosi viene citato Giovanni Cavallara che commentò l'Arte Breve di Raimondo Lullio. Non viene detto con precisione quando visse Giovanni Cavallara se non che fu all'età degli avi nostri.

E' quindi probabile che Giovanni Cavallara non fosse contemporaneo di Raimondo Lullio che visse nel XIII secolo ma che, considerato che Ruscelli scrive nel 1566, fosse vissuto nel XV secolo.

Molto interessante è la scelta dell'Arte Breve come scritto da commentare perché si tratta di un testo del 1308, articolato in molte opere, che non solo espone quella che allora era la scienza universale ma che considera anche quella che viene detta arte creativa e cioè la capacità di usare il ragionamento per ottenere nuove verità.

Un altro Cavallara che viene citato è Alfonso Cavallara che fu Vicecancellario Regio a Napoli ed al quale Sicilo Medico dedicò la sua opera sullo scoperta del Nuovo Mondo.

Questo Sicilo Medico è senz'altro il messinese Niccolò Scillacio, che nel 1494 insegnava all'Università di Pavia e che subito dopo il ritorno della seconda spedizione di Colombo, avendo avuto da un tal Guglielmo Coma la relazione di ciò che andavano narrando i reduci della spedizione, la commentò e la tradusse in latino col titolo De insulis meridiani atque indici maris sub auspiciis invictissimorum regum Hispaniarum nuper inventis e l'inviò a Ludovico il Moro, Duca di Milano ed al vicecancelliere del re di Napoli.

Il nome del vicecancelliere però risulta essere Cavallaria e non Cavallara. Nella lettera che accompagna l'opuscolo inviato ad Alfonso Cavallaria, lo scrittore lo definisce suo antico protettore e gli confessa il suo desiderio di viaggiare, a cui cerca di dare in qualche modo sfogo cogli scritti [4].

Secondo Antonino Mango di Casalgerardo [5] quella dei Cavallaria sarebbe una delle famiglie nobili siciliane della quale però cita il solo Alfonso Cavallaria di cui dice che era dottore in legge e che fu vicecancelliere del regno di Sicilia nel 1485.

Considerato che il Ruscelli scriveva in un epoca vicina ai fatti narrati e che Alfonso Cavallaria, in qualità di commissario regio, viveva a Napoli e che è l'unico Cavallaria citato dal Mango, si potrebbe dare ragione al Ruscelli ma la presenza in Sicilia di un Peri de Cavallaria che ricavava, nel 1355, 20 onze di reddito dalla metà del feudo Limino [6] non ci permette di esprimere un giudizio definitivo.

A Napoli, nel 1602, un Giovanni Battista Cavallari, che si definiva filosofo e medico, pubblicò uno scritto sulle epidemie che avevano colpito la regione (Io. Baptistae Cavallarii philosophi, et medici neapolitani de morbo epidemiali qui Nolam, et Campaniam universam vexavit curatius et preservatius discursus) [7].

E' possibile, specie se avesse ragione il Ruscelli sulla appartenenza di Alfonso Cavallaria alla famiglia dei Cavallara di Mantova, che si trattasse di un figlio o comunque di un discendente di Alfonso Cavallara, dato che un altro medico, che si chiamava Giovanni Battista Cavallara e che morì nel 1587, aveva fatto parte di questa famiglia.

Abbiamo poi Giovan Michele Cavallara del quale viene detto che si può vedere la sua sepoltura in Santa Agnese con questa iscrizione Hic Iacet Nobilis Vir Dominus Ioannes Michael de Caballaria.
Non viene detto dove sia la chiesa di Santa Agnese ma è molto probabile che si tratti della antica chiesa di Sant'Agnese a Mantova che andò in rovina negli anni successivi tanto che, nel 1763, ne rimaneva solo misera traccia [8].

Infine vengono citate due donne dei Cavallara (Paola e Barbara) che con altre due sorelle delle quali non viene fatto il nome sposarono i componenti di altre nobili famiglie portando ad esse molte ricchezze essendo tutte ereditiere.
Ciò significa che alcuni rami dei Cavallara sono terminati con una donna e si sono quindi estinti e questo spiega come mai, all'epoca del Ruscelli, i Cavallara fossero pochi di numero.

I mariti di queste quattro Cavallara appartenevano alle famiglie Gabbioneta (questo cognome esiste ancora in undici comuni italiani, specie ad ovest di Mantova), Contotta (questo cognome oggi non esiste, c'è però Contotto presente in sei Comuni della Lombardia e del Piemonte), Grossa (questo cognome esiste ancora in venti comuni italiani, specie nel Triveneto) e Arrivabene (che è presente in 53 Comuni specie in Lombardia; si tratta di un cognome di antica origine greca, presente dapprima a Venezia e poi a Brescia dove Arrigo Arrivabene nel 1222 trattò la pace tra Brescia e Mantova).

E' probabile inoltre che anche Niccolò Cavallari, che fu maestro di cappella in San Petronio a Bologna dall'1 maggio 1551 sino alla sua morte avvenuta il 28 novembre 1558 [9], appartenesse a questa famiglia dato che era detto anche Mantovano.
La differenza nella vocale finale del cognome non ha molta importanza perché, a quelle epoca, i cognomi erano ancora latinizzati per cui la vocale finale poteva cambiare con facilità.

Lo stemma dei Cavallara

Il Ruscelli cita i Cavallara nella sua opera a proposito della loro impresa e cioè del loro stemma che fu realizzato da Giovanni Battista Cavallara che era suo contemporaneo e del quale parlerò diffusamente più avanti.

Purtroppo non ci dice se questo stemma fosse stato pensato ex-novo o se si basasse su di uno stemma più antico al quale Giovanni Battista Cavallara ha poi aggiunto dei particolari ed il motto.

E' però quasi certo che l'ipotesi giusta sia la seconda perché, sul monumento funebre di Giovanni Battista Cavallara che esiste tuttora nella chiesa di San Giacomo Maggiore a Piubega (MN), sono presenti due stemmi uno con solo un cavallo alato (quello della sua casata) ed uno con un cavallo alato rampante che tiene con le zampe anteriori una lucerna accesa (quello pensato da lui stesso).

Lo stemma rappresenta il Cavallo Pegaso (che è presente anche nello stemma dei Cavallaris di Messina) che poggiando verso il cielo con le zampe anteriori porta una lampada accesa col motto Sic Sic Ad Svperos che significa Così, così fino agli dei.
Secondo il Ruscelli la presenza della lampada si dovrebbe riferire al Vangelo di San Luca (Luc. 12, 35) dove si legge Sint Lucernae ardentes in manibus vestris intendendo con ciò che la Fede deve essere accompagnata dalle opere di Carità ma ammette che ci sono anche molte altre interpretazioni.

Stemma dei Cavallara di MantovaRuscelli dice che l'impresa non ha bisogno di colori perché la lampada onora gli altari e Pegaso, presso l'antichità, ha meritato luogo fra le stellate immagini del Cielo. Io però, volendo disegnare lo stemma, ho pensato di fare d'oro il cavallo perché lo si paragona ad una stella ed azzurro il campo in quanto rappresenta il cielo. Del resto questi sono proprio i colori dello stemma dei Cavallaris di Messina.

Questa impresa piacque a Curzio Ardizio (1550-1606) che era un gentiluomo pesarese, pittore e scrittore, che allora viveva presso la corte ducale di Mantova e che era amico da tempo del poeta Torquato Tasso che aveva aiutato anche durante la sua prigionia ferrarese.

Ardizio dunque scrisse al Tasso (che era ancora prigioniero a Ferrara) chiedendogli di scrivere un sonetto sull'impresa disegnata dal Cavallara del quale gli aveva già parlato in precedenti lettere.

Il Tasso rispose il 9 febbraio 1582 [10] dicendo che avrebbe volentieri scritto il sonetto ma che prima bisogna spiegargli cosa si volesse significare con quel disegno: Quel che Vostra Signoria mi scrive del signor Cavallara, m'obliga molto a quel gentiluomo di tanto merito, ed a Vostra Signoria ancora, che m'abbia data occasione di servirlo. Ma non mi pare di poter fare il sonetto sovra la sua impresa, se non m'è dichiarato quel che abbia voluto significar con essa.

Evidentemente il Tasso ricevette le necessarie spiegazioni perché il sonetto fu scritto, è il n. 193 ed è intitolato Al Dott. Cavallara, medico illustre, sulla sua impresa di un cavallo alato e una face [11].

Quell'alato destrier che fingi in carte
sott'alcun velo te forse figura
che voli oltre i confin de la natura
e le stelle di Venere e di Marte;
ma quella face che con chiome sparte
par che fiammeggi ne la notte oscura
ove s'accende così bella e pura,
già non par foco che da terra parte.
Dal ciel, credo, discese e colà riede,
e dal suo lume scorto al cielo aspiri,
Cavallara immortale, e 'l mondo sdegni;
e per le vie che tu m'indori e segni
fia ch'io m'innalzi sovra gli alti giri,
ov'abbia teco eterna e stabil sede.

Il cavallo alato starebbe quindi riportando agli dei il fuoco rubato al cielo. Questo è un significato alquanto diverso da quello ipotizzato dal Ruscelli ma sicuramente è più vicino al motto Sic Sic Ad Svperos che significa Così, così fino agli dei di quanto lo sia la citazione di San Luca fatta dal Ruscelli.

Giovanni Battista Cavallara

Giovanni Battista Cavallara è nato nella prima metà del XVI secolo dalla nobile famiglia dei Cavallara di Mantova. Si laureò in medicina presso l'Università di Padova e poi esercitò la professione di medico in varie località del nord-Italia, tra le quali Medole, Mantova, Bologna, Lonato, Gonzaga, Revere.

Nel 1578 diventò medico di corte ed assurse a grande fama quando diventò il medico di Torquato Tasso che era imprigionato a Ferrara e che nel 1586 ottenne la libertà per intercessione del Duca Guglielmo Gonzaga di Mantova, che lo volle presso la sua corte [12].
Il Tasso cominciò a scrivere a Giovanni Battista Cavallara chiedendo i suoi consigli medici prima ancora di arrivare a Mantova quando era imprigionato all'Ospedale Sant'Anna di Ferrara.

Il Cavallara curò anche altri personaggi famosi oltre al Tasso ed ovviamente i Gonzaga. Un'altro poeta che lui curò fu Bernardino Balbi (1553 - 1617) di Urbino che era un matematico ed un poeta erudito ed eclettico.
Costui, nel 1575, passando per Guastalla, era giunto a Mantova e qui ebbe un attacco di febbre quartana dal quale si riprese per le cure del Cavallara [13].

Bernardino Balbi fu così contento delle cure ricevute che dedicò a Giovanni Battista Cavallara la sua opera intitolata I cento apologi che aveva scritto ad imitazione di quelli di Leon Battista Alberti.

Nel 1586 il Cavallara pubblicò un suo scritto intitolato Lettera all'eccellentissimo signor Girolamo Conforto [14].
Girolamo Conforto (1519-1595) era un medico bresciano che si laureò a Padova, pressapoco nella stessa epoca del Cavallara, e che viene ricordato ancor'oggi dagli enologi perché pubblicò, nel 1570, un'opera dal titolo Libellus de vini mordaci che è considerata una delle prime pubblicazioni sulla tecnica di preparazione dei vini effervescenti e sulla loro azione fisiologica e medica.

Nello stesso anno fu pubblicata un'altra sua lettera d'argomento medico in appendice ad una nuova edizione dell'opera del medico mantovano M. Filippo Costa sugli antidoti e le medicine che si possono dare per bocca che era già stata stampata dieci anni prima [15].

Giovanni Battista Cavallara morì, nel 1587, a Piubega, località a nord-ovest di Mantova e fu sepolto nella locale chiesa parrocchiale dove gli fu innalzato un grande monumento funebre con la scritta Jo. Baptista Caballaria philosophus pius MDLXXXVII oltre all'impresa da lui stessa disegnata col motto Sic Sic Ad Svperos.

Nel 1738 l'antica chiesa romanica fu abbattuta ma il monumento funebre del Cavallara fu riposto nel campanile dove rimase molto a lungo finché non trovò sistemazione in una parete della cappella dedicata a Sant'Ignazio di Loyola nella nuova chiesa parrocchiale, dedicata a San Giacomo Maggiore.

Le lettere di Torquato Tasso a Giovanni Battista Cavallara

Come è noto Torquato Tasso, che aveva fatto parte della corte estense per molti anni, tornò a Ferrara nel 1579 non trovando però l'accoglienza che sperava. L'11 marzo dello stesso anno, durante le nozze del Duca Alfonso II d'Este con Margherita Gonzaga, scoppiò pubblicamente in ingiurie contro il Duca e la sua corte e venne rinchiuso, come pazzo, nell'Ospedale Sant'Anna.

Qui rimase per sette anni finché fu liberato, nel 1586, su intercessione del Duca di Mantova. Dato che in questi sette anni continuò a lavorare alle sue opere, in molti si sparse la convinzione che non fosse affatto pazzo ma che fosse tenuto prigioniero per altri motivi.

Non so se qualche medico abbia letto le lettere del Tasso per cercare di capire quali problemi mentali potesse avere. Io non sono medico ma mi sembra che dall'esame delle lettere del Tasso a Giovanni Battista Cavallara si possa facilmente concludere che il Tasso soffrisse di una qualche forma di sindrome bipolare.
Del resto lui stesso parla di umor malinconico e di frenesia e proprio l'alternanza di fasi di depressione e di eccitazione è la caratteristica principale di questa malattia.

Le prime lettere del Tasso dove si nomina Giovanni Battista Cavallara sono quelle inviate, nel 1581 e 1582, a Curzio Ardizio, già citato a proposito del sonetto scritto dal Tasso.

Sempre nel 1582 il Cavallara manda le sue ricette al Tasso il quale però preferirebbe ricevere direttamente le medicine così scrive nuovamente a Curzio Ardizio:
Al signor Cavallara baciate le mani in mio nome ; e ditegli ch' io gli rimarrei con molto obligo, se mi mandasse non solo le ricette, ma i rimedi stessi, o'n'albarelli, o n'altro; e se vi pare di pregarne più tosto il signor Marcello
[16], il rimetto al vostro giudizio.

Successivamente il Tasso nomina il Cavallara in altre sue lettere inviate a vari personaggi nelle quali saluta il Cavallara o dice di raccomandarsi a lui. La prima lettera inviata dal Tasso direttamente a Giovanni Battista Cavallara è di datazione incerta e probabilmente risale all'inizio del 1585. E' chiusa con un Di S.Anna in quanto è inviata quando ancora il Tasso si trovava rinchiuso all'Ospedale Sant'Anna di Ferrara [17]:

All'Eccel. Sig: Gio: Battista Cavallara
Molto Magnifico, ed Eccellentissimo Signor mio Osservandissimo. La tardanza della lettera di V.S. è stata compensata dall'opportunità del rimedio, che m'ha mandato, il quale m'è stato più caro di ricever da lei, perché ella volontariamente, senz'aspettar alcuna mia preghiera, me l'ha mandato: e spero che mi debba esser giovevole. Ma poiché ha cominciato una volta a prendersi cura di me, la prego, che voglia averla per l'avvenire, e sarà minutamente informata dell'effetto, ch'avrà fatto il suo rimedio, e d'ogni accidente della mia infermità. Le lodi ch'ella mi dà, non accetto in alcun modo; quantunque io non rifiuti l'affezione, colla quale me le dà soverchia veramente, ma nondimeno grata sovra modo ad uomo, che stimi l'amicizia de' pari suoi, non meno che quella de'Principi medesimi. Ho veduto la canzone del Roman Borgo, e mi pare ch'egli accompagni con la penna in modo, che ne meriti molta lode. Ma non ho conosciuto che egli ne' suoi versi si sia servito d'alcuna mia cosa, e s'in altri l'ha fatto che in questi, ch'io veduti, mi piace sommamente di parer a'pari suoi degno d'imitazione. Baci in nome mio le mani al Signor Ardizio, e mi conservi in sua grazia. Di S.Anna.

La canzone del Roman Borgo a cui si fa cenno nella lettera è un'opera scritta, nel 1582, da Romano Borgo che era un gentiluomo di Cremona e che s'intitolava appunto Canzone di Romano Borgo al serenissimo principe di Spagna.

Anche la seconda lettera è inviata da Ferrara e risale probabilmente alla primavera del 1585:

Questa mattina il Signor Giulio Mosti [18] m'ha data una lettera di V.S. e un alberello di cedri canditi delicatissimi, de' quali la ringrazio molto; né so se mi fossero piaciuti di più i mirabolani, benché sian più rari. Ma se V. Signoria gli stima più efficace rimedio per la mia salute, confido nella cortesia del Signor Duca, che non me ne debba essere scarso: e mi risolverò forse di scrivere io medesimo a S.A. innanzi questo Maggio, nel quale desidero di fare una diligentissima purga. Frattanto non lascierò occasione di scrivere a V. Signoria e al Signor Ardizio: e bacio le mani all'uno e all'altro, pregando il S. Iddio per la contentezza loro. Di Ferrara.

Torquato Tasso fu liberato nel 1586 e partì di Ferrara, col principe Vincenzo Gonzaga, il 13 luglio 1586 recandosi subito a Mantova.
La terza lettera inviata dal Tasso al Cavallara è inviata da Mantova e risale probabilmente al periodo immediatamente successivo alla liberazione del Tasso. Nella lettera si mostra una grande fiducia nel Cavallara:

Eccellentissimo Signor mio Osservandissimo.
I piaceri di questo Autunno hanno trattenuta la purga, e differitela sino a Primavera, nella quale è tutta la speranza della mia salute. Sono infermo, come V.S. sa, di quell'infermità, ch'io portai a Mantova, assai nojosa, alla quale la libertà è d'alcuno alleggiamento e, oltre a questo non mi pare di trovarne alcun altro. Ma il peggiore di tutti gli altri mali, e'l più spiacevole, mi pare la frenesia, perché sempre son perturbato da molti pensieri nojosi , e molte immaginazioni, e da molti fantasmi. Colla frenesia è congiunta una debolezza di memoria grande. Però prego V. Eccellenza, che nelle pillole, ch'ordinerà per me, abbia riguardo all'uno e all'altro male particolarmente, e pensi di confortar la memoria; perché farà operazione degna della sua Eccellenza e della nostra amicizia, e mi obbligherà perpetuamente. Sarebbe forse anche necessario, ch'io mi cavassi sangue, e ch'io mi facessi far qualche cauterio; perché se n'è serrato uno, ch'io aveva, e non era anche bastevole. Torno a replicar quello che una volta le ho scritto; chi congiungesse assieme tutti gli obblighi del mondo, come si ponno i grani nel mucchio, non si potrebbono agguagliare a quello della salute ricuperata. E s'alcuno ebbe mai questa opinione, io l'ho, e la porto volentieri; perché sono stato molti anni infermo. Laonde V.S. può esser tanto certa della mia gratitudine, quanto io vorrei esser della sanità. Se scrive mai al Serenissimo Signor Principe, o ad alcuno di questi principali gentiluomini, non si scordi che le sue raccomandazioni possono molto giovarmi: ma faccia ch'io ne senta in qualche modo il giovamento, ch'io ne spero, e che mi promette la sua eccellenza, la qual non ebbe mai occasione di mostrarsi con maggior lode, benché n'abbia avute molte di farsi conoscere con maggior utile. E a V.S. bacio le mani. Di Mantova.

Anche nella quarta lettera, probabilmente di poco successiva alla precedente, il Tasso mostra ancora grande fiducia nelle cure ma comincia a dire che aspetta delle pillole che facciano maggior effetto:

Eccellentissimo Signor mio osservandissimo.
Io uso il rimedio contra l'obblivione. Se tanto gioverà, quanto io credo, non sarà minore la mia gratitudine di quella di V. Eccellenza, benché sia grandissima: ma se ne alcuno altra maraviglioso oltre questo, non voglia sdegnarsi di far miracolo in uomo di così depressa condizione, com'io sono, o quelli almeno, che pajono miracoli, a chi non sa la cagione. Io non posso, se non pregarla, lodarla e offerirle tutto quel, ch'io posso, e quel che io sono. Aspetto l'altre pillole, che faranno forse maggior effetto: e farò trarmi sangue dalla fronte, e dal naso in quel modo che V.S. mi scrive. Mi spiace, che'l suo parere non sia detto al Serenissimo Signor Principe, e al Signor Don Ferrante; perché tutte le cose mi sarebbero più facili. Ma chi ha fatti gli altri buoni ufficj, potrà far questo ancora per la mia salute. Io spero di andare di bene in meglio. Frattanto di niuna cosa io sarò più ambizioso, che della grazia di questi due Signori generosissimi della protezione loro, la quale io vorrei unire, non potendo divider me stesso più di quel che m'abbia fatto per lo addietro. E bacio a V.S. Eccellentissima le mani. Di Mantova.

Nella quinta lettera il Tasso comincia a criticare la cura da cui ritiene di non aver avuto giovamento e lo fa con parole alquanto dure ed ironiche la sua gran dottrina non ha dato alcun ajuto alla mia debole memoria. Questo è il testo completo della lettera:

Ho conosciuto che V.S. si ricorda di me benché io abbia piccola cagione di ricordarmi di lei; perché la sua gran dottrina non ha dato alcun ajuto alla mia debole memoria. Me ne ricordo nondimeno, perché le sue condizioni il meritano, le quali non hanno bisogno del testimonio del Signor Ardizio: ma niuno altro me ne potrà far più certa fede: ma non basta il ricordarsene, ove l'uomo non se ne ricordi con piacere. Ricordo dunque V. Eccellenza che voglia darmi qualche eccellentissimo rimedio contro l'obliviazione; accocché il suo nome sia sicuro, con mille altre cose che solevan star nella mia memoria, e non dubiti di persuadere a' Principi la liberalità; perché non dovrebbe rincrescer loro alcuna spesa, per risanarmi. Credo che Vs. Eccellenza sappia le cagioni del mio umor malinconico, però me le raccomando . Io sono interessatissimo nella servità del Signor Principe Serenissimo e nell'obbligo, ch'io ho all'Eccellentissimo Signor Don Ferrante. Laonde intendo di questi particolarmente, i quali si contenteranno di fornire tutto ciò, che dagli altri è stato cominciato. E perché il facciano più volentieri V. S. faccia non solo l'ufficio di medico, ma quel d'oratore; perché altrimenti indarno avrebbe fatto tanto studio nelle belle lettere. Il signor Antonio Beffa Negrini, suo compare, [19] darà minuto avviso a V.S. dell'infermità, ch'io patisco. Mostri V.S. la sua eccellenza nel ridurmi ai primi termini facilmente. E viva lieta. Di Mantova.

C'è da dire che è tipico di chi soffre della sindrome bipolare l'avere esagerate aspettative verso qualcuno salvo poi lamentarsi moltissimo quando non si ottengono i risultati sperati anche se magari non si è ottemperato affatto alle istruzioni ricevute.
Che il Tasso fosse un paziente di tale fatta lo scopriamo da svariate lettere successiva a questa ed inviate ad Ascanio Mori [20] dove il Tasso dice varie cose contraddittorie: in una elogia il Cavallara, poi dice di non prendere le pillole che gli sono state prescritte, dopo racconta di averle prese due volte ed infine afferma che si ricorderà dei benefici ricevuti.

L'impresa del Cavallara vive ancora

Poco dopo la pubblicazione di questa pagina mi ha contattato un gentile lettore di questo sito che si interessa di storia locale e che vive a Cavallara, piccola frazione del Comune di Viadana in Provincia di Mantova, segnalandomi svariate pubblicazioni utili per le mie ricerche.

Ne ho approfittato per chiedergli se il nome del paese di Cavallara derivasse dal cognome dell'omonima nobile famiglia o viceversa e mi ha risposto che secondo un manoscritto del 1778, pubblicato da poco [21], il nome deriverebbe da un gruppo di cavalieri longobardi che si sarebbe lì fermato all'epoca della regina Teodolinda (VI secolo).

Ciò è molto interessante perché mostra come, nei tempi più antichi, la parola cavallaro (derivata dall'analoga parola bizantina) indicasse un cavaliere armato e non un guardiano di cavalli come sostengo anch'io nella mia pagina sull'origine del cognome Cavallari.

La notizia più curiosa che ho avuto è stata però che l'impresa, ideata da Giovanni Battista Cavallara, vive ancora.

Impresa di Giovanni Battista Cavallara

Accade infatti che a Cavallara, essendo una piccola frazione, ci si conosce tutti e quindi, quando qualcuno si laurea, i laureati del paese (che erano 23 quando ho appreso la notizia) inviano collettivamente le congratulazioni al neolaureato con anche l'impresa di Giovanni Battista Cavallara, che viene considerato il primo laureato del paese, e con il motto Sic sic ad superos.


[1] - Angelo Grandi - Descrizione dello stato fisico politico statistico storico biografico della Provincia e Diocesi di Cremona - Volume 1 - presso Luigi Copelotti Libraio-Editore - Cremona, 1856.   <<

[2] - Comm. Giovanni Battista di Crollalanza - Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane - Pisa 1886.   <<

[3] - Girolamo Ruscelli - Le imprese illustri - appresso Francesco Rampazetto - Venetia, 1566.   <<

[4] - Giuseppe Fumagalli - Una novissima riproduzione dell'opuscolo di Niccolò Scillacio "De insulis nuper inventis" in La Bibliofilia - Raccolta di scritti sull'Arte Antica in libri, stampe, manoscritti, autografi e legature - Anno II (1900-1901), Volume II - Leo S. Olschki Editore - Firenze, 1901.   <<

[5] - Antonino Mango di Casalgerardo - Il Nobiliario di Sicilia - Libreria Alberto Reber - Palermo, 1912.   <<

[6] - Antonino Marrone - Repertorio della feudalità siciliana (1282 - 1390) - Quaderni Mediterranea. Ricerche storiche - Palermo, 2006.   <<

[7] - Io. Baptistae Cavallarii philosophi, et medici neapolitani de morbo epidemiali qui Nolam, et Campaniam universam vexavit curatius et preservatius discursus - Apud Io. Iacobum Carlinu Typographum Curiae Archiepiscop. - Neapoli, 1602.   <<

[8] - Giovanni Cadioli - Descrizione delle pitture, sculture ed architetture che si osservano nella città di Mantova e ne' suoi contorni - per l'erede di Alberto Pazzoni, Regio Ducale stampatore - Mantova, 1763.   <<

[9] - Gaetano Gaspari - Musica e musicisti a Bologna - Ricerche, documenti e memorie riguardanti la storia dell'arte musicale in Bologna - Editore Forni - Bologna 1969 - (ristampa anastatica di vari articoli apparsi in Atti e Memorie di diverse Deputazioni di Storia Patria locali nella seconda metà del XIX secolo).   <<

[10] - a cura di Cesare Guasti - Le lettere di Torquato Tasso - Gabriele Rondinella, Editore - Napoli, 1857.   <<

[11] - Torquato Tasso - Opere - a cura del Prof. Gio. Rosini - Rime - Tomo III, Parte Seconda - Rime eroiche - presso Niccolò Capurro - Pisa, 1822.   <<

[12] - Giovanni Zuccala - Della vita di Torquato Tasso - dalla Tipografia di Commercio al Bocchetto, N.° 3137 - Milano, 1819.   <<

[13] - Francesco Zuccardi - Vita e Fatti di Federico di Montefeltro Duca di Urbino - Istoria di Bernardino Balbi - presso Perego Salvioni - Roma, 1824".   <<

[14] - Giovanni Battista Cavallara - Lettera all'eccellentissimo signor Girolamo Conforto - per Francesco Osanna - Mantova, 1586.   <<

[15] - M. Filippo Costa - Discorsi sopra le compositioni degli antidoti, & medicamenti, che più si costumano di dar per bocca - per Francesco Osanna - Mantova, 1586.   <<

[16] - Marcello Donati (1538 - 1602) fu un medico mantovano anch'esso laureato a Padova come il Cavallara. Fu anche un letterato e fece parte e poi diresse l'Accademia degli Invaghiti.   <<

[17] - Torquato Tasso - Opere - a cura del Prof. Gio. Rosini - Lettere - presso Niccolò Capurro - Pisa, 1825.   <<

[18] - Giulio Mosti era un nobile ferrarese, studioso di lettere, che andò spesso a trovare il Tasso durante le sua prigionia ed al quale il Tasso dedicò il dialogo Il Cavaliere amante e la gentildonna amata.   <<

[19] - Antonio Beffa Negrini (1532-1602) era un giudice di Mantova che fu anche letterato, poeta ed accademico.   <<

[20] - Ascanio de' Mori da Ceno (Medole, 1533 - Mantova, 1591) era un poeta ed un letterato, al servizio del duca di Mantova, che fu in rapporti d'amicizia col Tasso.   <<

[21] - Stefano Faveri - Croniche Universali - trascrizione del manoscritto inedito del 1778, a cura di Alfio e Paola Lucchini - Seri.vol.ma. - Formola di Vezzano Ligure, 2010.   <<


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