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Andrea Cavallari - La vera storia del numerino piccino piccino


Come nacque la storia del numerino piccino piccino

Durante l'anno accademico 1969/70 frequentavo le lezioni e studiavo assieme ad Alfonso che, come me, proveniva dal Liceo Classico di Ferrara ma non dalla sezione B, dove ero io, bensì dalla A. Entrambi al liceo aveva ricevuto un soprannome che ci portammo dietro anche all'Università. Caso volle che vi fosse anche un curioso collegamento fra i due soprannomi: lui era chiamato Porfirio (da Porfirio Rubirosa, il noto play boy degli anni '50) ed io Gunter (da Gunter Sachs, il play boy degli anni '50 e '60 che poi sposò Brigitte Bardot e che aveva conosciuto ed era stato amico di Porfirio Rubirosa).

Durante il 1969 avevamo seguito le lezioni presso l'Università di Ferrara comprese quelle di Analisi II e poi, dopo aver dato alcuni esami nella sessione estiva, ci trasferimmo all'Università di Bologna dove sostenemmo gli esami rimanenti.

Per studiare ero sempre io che andavo a casa sua perché, a quel tempo, casa mia pullulava di musicisti [1]. Alfonso dapprima aveva detto che, essendo anche lui un appassionato musicista, sentir suonare non gli dava alcun fastidio ma poi aveva cambiato idea per cui ero io che, dopo mangiato, andavo a casa sua per studiare assieme.

Nell'attesa che arrivassi, Alfonso si metteva a leggere in camera sua, così, quando entravo, di solito lo trovavo che stava leggendo un Urania od un numero di Linus. Una volta lo trovai che aveva una rivista americana (o inglese) dove c'era anche una breve e buffa parodia della favola di Cappuccetto Rosso.

La cosa ci piacque ed in breve tempo scrivemmo la storia del numerino piccino piccino a cui non demmo allora un titolo e che era molto diversa e più lunga dell'originale in inglese che servì solo come spunto. Invece l'espressione un numerino piccino piccino derivava dal nostro professore di Analisi II che, durante le varie dimostrazioni, invece di dire, come fanno tutti, «prendiamo un epsilon piccolo a piacere» diceva «prendiamo un numero piccino piccino».

La prima versione della storia, che qui riporto, parlava quindi di un numero piccino piccino, così come diceva il nostro professore, ma, già nel corso della storiella, il numero era diventato un numerino, il che, in effetti, suona molto meglio.

La prima versione della storia del numerino piccino piccinoLa raccontammo in giro e piacque a molti nostri colleghi, così la battei a macchina in tante copie che poi distribuivo a chi lo desiderasse. La maggior parte di queste copie andò a studenti dell'Università di Bologna ma molte altre andarono ad amici miei (o di Alfonso) di Ferrara od anche di altre città. Una copia la diedi anche ad un cadetto dell'Accademia Militare di Modena a cui avevo raccontato la storiella.

Passarono gli anni e non pensavo più al numerino piccino piccino anche se avevo gelosamente conservato una copia della storiella. Tra il 1987 ed il 1989 ero impiegato in una ditta che lavorava per conto del Cineca ed utilizzavo spesso un IBM 3090 con il sistema operativo VM/SP dove VM sta per Virtual Machine. In pratica questo mainframe, agli utenti delle tante Università servite dal Cineca, appariva come una rete di personal computer.

Ognuno aveva i suoi dischi, ovviamente virtuali, ma ce n'erano altri che erano condivisi e fra questi ce n'era uno (mi sembra fosse il disco M:) che veniva visto e scritto da tutti e che veniva utilizzato come una bacheca dove mettere di tutto. Vi venivano messi anche degli scherzetti, delle battute e delle storielle da leggere nei momenti liberi per risollevare il morale.

Il 18 maggio del 1989 rimasi molto stupito scoprendo che qualcuno aveva messo su questo disco la storia del numerino piccino piccino. Non immaginavo che fosse sopravvissuta per vent'anni e circolasse ancora fra gli studenti per cui misi anch'io un messaggio chiedendo dove l'avevano trovata e raccontando come e quando fosse nata.

Purtroppo non mi fu spiegato dove la storiella fosse stata trovata e si mise anche in dubbio quanto raccontavo dicendo che si trattava della traduzione di una storiella in inglese mentre invece, come ho spiegato prima, la storiella in inglese ci aveva solo dato lo spunto. Non sono più riuscito a ritrovare la rivista con l'originaria storiella in inglese e se qualcuno fosse in grado di dirmi qualcosa in merito, gliene sarei grato.

Quando cominciò a diffondersi l'uso d'Internet vi ritrovai facilmente la storia del numerino piccino piccino e col tempo i siti che la ospitano sono aumentati a dismisura. La maggior parte di questi non ne riporta l'autore o dice di Anonimo mentre alcuni, al termine della storiella, pongono la sigla C.V.D. che probabilmente significa Come volevasi dimostrare anche se può sembrare una firma (del resto la storiella non contiene nulla che sembri una dimostrazione).

Chi ha aggiunto questa sigla è qualcuno che conosceva Alfonso e che mise in rete la storiella per primo o tra i primi. Vi sono infatti due siti dove C.V.D. attribuisce la paternità dell'opera a Porfirio e ad Alfonso. Mostra inoltre di sapere come nacque la storiella perché in un sito ringrazia anche l'esame di Analisi II.

La nostra storiella è stata perfino pubblicata nel Giornalino di matematica del 1 novembre 2005 preparato a cura della commissione Orientamento del Corso di Laurea in Matematica dell'Università degli Studi di Salerno per essere dato agli studenti, che devono decidere a quale Facoltà iscriversi, per spiegare Perché scegliere Matematica?

Vi sono però alcune differenze con l'originale che avevo distribuito tanti anni fa. Alcune di queste sono di poco conto ma non capisco perché invece di Non ti preoccupare mamma serie starò attento ad ogni epsilon diverso da zero per enne sufficientemente grande vi sia un molto più semplice Non temere, mamma! e perché il suo cuoricino tremò ma poi disse: «Per ogni epsilon diverso da zero esiste almeno un enne tale che emme grande con enne è maggiore di ogni altro termine per enne sufficientemente grande. San Weierstrass aiutami» sia diventato il suo cuoricino tremò, ma disse: «Per epsilon maggiore di zero esiste almeno un delta epsilon grande a piacere e diverso da zero! San Weierstrass aiutami!».
E' possibile che si tratti di una vesione intermedia della storiella, salvata e poi diffusa da Alfonso e che, nei giorni successivi, avessimo poi ulteriormente migliorato.

Ho voluto quindi scrivere questa pagina che racconta come nacque la storia del numerino piccino piccino perché non vadano perse delle curiose informazioni su questa storiella che ha avuto un certo successo in Internet fra coloro che studiano matematica e non ne vada persa per sempre la paternità come probabilmente è già successo per un'altra, famosissima, opera goliardica degli anni '30 che faceva la parodia della Turandot e dell'Ifigenia in Aulide.

Quest'opera, che pure è citata nel libro Semantica dell'eufemismo di Nora Galli de' Paratesi ed attribuita ad anonimo, fu invece scritta, negli anni '30, da uno studente di legge ma chi ne sapeva il nome non ce lo volle mai dire perché questo studente, nel frattempo, era diventato un affermato e molto noto avvocato del Foro di Milano (pare che abbia avuto fra i suoi clienti anche Gabriele D'Annunzio).

Comunque, dato che non si deve guardare solo al passato ma anche al futuro, dirò agli studenti di ingegneria che Alfonso ed io avevamo iniziato una seconda storiella che non finimmo mai e che quindi chi lo desideri potrebbe completare. La trama, a differenza di quella della storia del numerino piccino piccino, non si basava su di una storiella già esistente ma solo sul titolo e può quindi essere sviluppata come si vuole.

E' importante però mantenere lo stile che avevamo pensato noi e che è quello che si può trovare nei documentari di Walt Disney sulla natura ed in particolare in quello che si chiama Deserto che vive, anche se quello che viene descritto nella storiella è in realtà un ambiente artico o di alta montagna.

La parte che avevamo già scritto diceva pressapoco così: «In primavera quando il sole risplende nuovamente e la neve inizia a sciogliersi la natura si risveglia. Sugli arbusti fanno capolino le prime gemme mentre qualche fiorellino spunta timidamente nelle poche chiazze di terra che si sono già liberate dal lungo gelo invernale. Lungo i torrenti si ode l'allegro chiacchierio dell'acqua che faticosamente, dopo la pausa invernale, ricomincia a correre sotto il ghiaccio che si sta assottigliando sempre più. E' questo il momento in cui il condensatore esce dalla tana e cerca la sua compagna ...».

Ovviamente il titolo della storiella incompiuta è L'accoppiamento dei condensatori e ci era stato ispirato dal titolo di uno dei capitoli del nostro libro di elettrotecnica [2] che spiegava appunto come accoppiare i condensatori.

Chi vuole quindi completi questa storiella e la pubblichi in Internet!

La storia del numero piccino piccino

C'era una volta un numero piccino piccino che abitava in una successione con mamma serie. Un giorno mamma serie gli disse: «Elementino mio, porta alla tua ridotta ennesima, che abita lungo il Vettore, questo infinitesimo di ordine superiore. Però stai ben attento che devi attraversare l'insieme che è chiuso e limitato e lì abita il Resto Ennesimo che è cattivo e mangia gli elementini».

Il numero picccino piccino: «Non ti preoccupare mamma serie starò attento ad ogni epsilon diverso da zero per enne sufficientemente grande». E si avviò per la successione. Arrivato al punto di frontiera dell'insieme di definizione, si fermò ed il suo cuoricino tremò ma poi disse: «Per ogni epsilon diverso da zero esiste almeno un enne tale che emme grande con enne è maggiore di ogni altro termine per enne sufficientemente grande. San Weierstrass aiutami».

Ed entrò nell'insieme chiuso e limitato; ma arrivato ad un punto di accumulazione vide tanti infinitesimi di ordine superiore, non resistette e si mise a raccoglierli. Quand'ecco in mezzo a un integrale indefinito vide il Resto Ennesimo, grosso, grande, che disse: «Cosa fai qui?» ed il numero piccino piccino glielo disse, poi scappò via e corse dalla ridotta ennesima, ma il Resto arrivò prima di lui, si fece aprire dalla ridotta, la ingoiò ed entrò nella matrice, si mise la derivata, si infilò la potenza, entrò nel limite e si tirò la differenza fin sul naso.

Arrivò il numerino e come vide il Resto, lo scambiò per la ridotta «Oh ridotta, che indice grande hai!» «E' per il teorema di Cauchy» «Che funzione hai!» «E' perché sono continua e derivabile in ogni mio punto!» «E che punti doppi!» «E' perché ho la derivata terza diversa da zero» e si avventò sul numerino piccino piccino e lo ingoiò.

Ma passava di lì un determinante di Vandermonde che disse: «Cosa succede in quella matrice?» e appena visto il Resto, gli scaricò addosso tanti fattori uguali a zero che, per l'annullamento del prodotto, l'annullarono. E dalla pancia del Resto uscirono la ridotta ennesima ed il numerino piccino piccino che ringraziarono il determinante di averli salvati.

E sommarono ancora per tanto tempo felici e diversi da zero.


[1] - Mio fratello suonava la chitarra elettrica ed in cantina aveva una stanza dove fare le prove con il suo complesso e mia sorella, che studiava Pianoforte al Conservatorio, aveva un pianoforte al piano terra ed uno al primo piano, inoltre suonava con un complesso di musica medievale che faceva la prove da noi al piano terra. Mia sorella utilizzava un armonium (su cui aveva suonato Toscanini) e talvolta usava anche i tamburelli, poi c'erano un suonatore di cromorno, uno di flauto dolce ed un soprano.   <<

[2] - Stefano Basile - Elettrotecnica - Volume III, parte I, pagine 104 e seguenti - Casa Editrice Prof. Riccardo Pàtron - Bologna, 1970.   <<


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