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Andrea Cavallari - Vacanze dedicate, tutte o in parte, alle immersioni subacquee

1994 - Conero e Gargano


A Sirolo

Nel 1994, dopo molto tempo ho di nuovo indossato la muta per fare un'immersione al Conero dove sono stato, per alcuni giorni, assieme a mio fratello e la sua famiglia con anche mia mamma e mia sorella. Dato che in aprile l'acqua è ancora alquanto fredda l'uso della muta è stato d'obbligo.

Ancora prima di immergerci abbiamo visto qualcosa di interessante infatti a Santa Maria di Portonovo dalla costa di stacca una lunghissima linea quasi rettilinea che si porta al largo e su cui si frangono le onde. Si tratta dello scoglio della Trave che è noto perché la sua particolare conformazione fa sì che il mare, in certe condizioni, emetta degli strani suoni eterei e cristallini nel frangersi contro lo scoglio a pelo d'acqua. A questo fenomeno si sarebbe ispirato Ottorino Respighi nello scrivere la sua Campana Sommersa.

A Santa Maria di Portonovo al largo vediamo un gommone con alcuni sub, mentre a riva c'è un tizio che pesca le seppie con le trappole ed ora le sta tirando a riva e mette man mano le seppie catturate in un secchio. Tutti corrono a vedere e ad ammirare gli strani colori iridescenti che hanno sul ventre le seppie appena pescate e che io ben conosco avendone pescate (molti anni fa) a Chioggia quando andavo in giro col Gruppo Subacqueo di Ferrara.

La nostra immersione però la facciamo a Sirolo dove cerchiamo la spiaggia di San Michele ed i Sassi Neri dove abbiamo deciso di andare dopo aver consultato una piccola guida che ci ha regalato la padrona di casa il primo giorno. Ci sarebbe piaciuto molto andare alle Due Sorelle che è sicuramente il punto più bello del Conero ma arrivarvi senza un barca è molto difficile e faticoso [1].

A Sirolo si parcheggia ma non siamo ancora all'altezza del mare che intravediamo tra gli alberi sotto di noi. Per scendere c'è una lunga scalinata nel bosco fatta di semplici tronchetti che impediscono alla terra di scivolare giù. Pian pianino si arriva giù. Il tempo è estivo e tutti sono in costume.

Con la muta indosso alla spiaggia di San Michele a Sirolo, nel 1994Ci cambiamo anche noi e poi mio fratello e mia mamma mi aiutano nella difficilissima impresa di infilarmi la muta. Infilare i pantaloni è faticoso ma non difficile poi, benché la muta sia rivestita all'interno di antiaderente, mi metto un bel po' di borotalco addosso per favorire lo scivolamento. Infatti la parte superiore della mia muta è tutta di un pezzo senza nessuna cerniera lampo e con le maniche lunghe ed il cappuccio incorporati.

Da quando l'ho comprata sono ingrassato parecchio però mi accorgo che la cosa più faticosa non è contenere la pancia bensì infilare la parte alta delle braccia e delle spalle dove mi sono ingrossato anche se più di muscoli che di ciccia. Intanto mio figlio trova sulla riva delle uova di seppia che conosce per averle viste l'anno scorso la Lido di Spina ma, impegnato nelle operazioni di vestizione, non ho tempo di dargli retta.

Nonostante sia una fatica notevolissima, riusciamo a completare la mia preparazione; poi, mentre mio fratello si mette la sua muta, vado in acqua, è piuttosto fredda e me ne sto disteso vicino alla riva ma stando fuori al sole avrei un caldo infernale. Finalmente siamo pronti, si parte a nuoto dirigendoci verso nord cioè verso la parte più rocciosa.

In questo tratto il fondo è fatto in gran parte da lastroni calcarei molto chiari che alla vista sembrano quasi tratti sabbiosi con sabbia molto compatta. Nei lastroni ci sono tantissimi buchi, tutti circa della stessa dimensione, provocati da conchiglie che li scavano per viverci dentro. Si tratta di foladi e molti dei buchi sono tuttora abitati. Avvicinandosi si vede il marroncino dell'interno dell'animale che si ritrae se lo si tocca.

Vedo anche gruppi di cozze e varie alghe, non vedo invece da nessuna parte delle posidonie, ci sono vari pesciotti di piccole dimensioni e noto alcune spugne abbastanza strane. Sono quasi sferiche di un grigino chiarissimo simile al colore delle rocce ma con delle righe verdi parallele molto nette ed abbastanza larghe alquanto evidenti. Non hanno l'aspetto di una cosa naturale e a vederle in fotografia si potrebbe pensare che fossero di plastica!

Trovo una grossa Orecchia di San Pietro. Si tratta di un gasteropode e si muove come una lumaca ma il guscio non è arrotolato su se stesso e quindi l'animale non può ritrarsi dentro di esso (la conchiglia ha la forma di un'orecchia da cui il nome, San Pietro invece viene tirato in ballo perché, durante l'arresto di Gesù, con un colpo di spada tagliò un'orecchia ad uno dei servi del Sinedrio).

L'animale, se disturbato, si limita ad appiattirsi contro la roccia, come fanno le patelle. Questo esemplare però è talmente grosso e ben pasciuto che anche appiattendosi non riesce a toccare la pietra con i bordi della conchiglia ed avanza un bel rotolo di ciccia tutto intorno!

Sono buoni da mangiare ma lo lasciamo in pace, tra l'altro un esemplare così grosso deve avere la carne particolarmente coriacea. Vediamo anche un'altra orecchia ma più piccola. Molti dei pesci sono della famiglia dei labridi e sono vivacemente colorati, alcuni sono anche relativamente grossi. Ci sono alcuni paganelli giganti.

A forza di nuotare arriviamo ai Sassi Neri. Si tratta di un gruppo di scogli situato a poca distanza dalla riva. In realtà non sono neri ma di una roccia molto più scura dei lastroni visti prima. Intorno agli scogli ci sono molti pesci che stazionano a varie profondità e mi diverto ad immergermi fino sul fondo risalendo poi obliquamente lungo lo scoglio, non spaventando così i pesci e passandovi in mezzo.

Su di uno scoglio noto un granchio enorme e mi avvicino per osservarlo. Subito alza le chele per difendersi protendendole verso di me fin quasi a ribaltarsi all'indietro. Posso così vedere che nella parte inferiore è tutto colorato di blu con delle zone verdi alle giunture delle zampe e delle chele, l'effetto cromatico è molto bello.

Iniziamo il ritorno, in certe zone la quantità di cozze che vive sui lastroni del fondo è veramente notevole. Le cozze sono particolarmente grosse e ci dispiace di non avere il tempo ed i contenitori per raccoglierle perché devono essere squisite. Attraversiamo anche zone di scarsa visibilità dove l'acqua appare torbida. Non ne capisco il motivo ma poi, più tardi, leggendo la guida scopro che si tratta di sorgenti sotterranee di acqua dolce.

Raggiunto, dopo una bella nuotata, il punto da dove siamo partiti risaliamo a riva e mi tolgo la muta, sempre con una certa difficoltà. mio fratello, toltasi anche lui la muta, si rituffa in acqua ma io, vista la temperatura dell'acqua, preferisco limitarmi a sciacquare le gambe.

A Porticello

Sempre nel 1994, alla fine di agosto, siamo stati in vacanza al Gargano per una quindicina di giorni. Siamo stati in campeggio ma il problema era che io desideravo anche nuotare sott'acqua e quindi non mi andavano bene i posti dove vi siano solo spiagge sabbiose e che sono quelli dove è piazzata la stragrande maggioranza dei campeggi.

Porticello, a nord di Vieste, nel 1994Sfogliando i depliant ho trovato un posto che si chiama Porticello che è vicino a Vieste e dove c'è una spiaggia con sabbia ma dove c'è anche una lunga punta rocciosa che sporge in mare e lungo la quale si può nuotare osservando i fondali ma, nei primi giorni della nostra vacanza, il mare è stato mosso per via di un tremendo temporale che c'è stato proprio mentre arrivavamo.

Poi, anche se c'è ancora abbastanza vento, il mare è ancora un po' mosso ma meno dei giorni precedenti e posso provare ad andare sott'acqua. Ho portato anche la mia vecchia maschera che io non uso più perché è un po' stretta e mi entra acqua da sotto il naso. La provo a mio figlio e sembra che gli vada bene. Facciamo prima il bagno fra le onde come nei giorni scorsi, poi mio figlio prova la maschera che gli va giusta.

Allora andiamo lungo la parete rocciosa della vicina penisoletta rimanendo nella zona dove si tocca. Mio figlio così può vedere qualcosa del fondale, ci sono dei pescetti e un po' di alghe. Apprezza la vista e mi dice Prendimi quella conchiglia lì strana, non vedo nessuna conchiglia ma capisco che quella che intende lui è invece una alga di colore bianco piuttosto diffusa vagamente simile ad un fiore di convolvolo (si tratta della Padina pavonica).

Facciamo un lungo bagno, poi da solo nuoto fin oltre la punta rocciosa ma il mare è ancora mosso e così la visibilità è scarsa e si vede poco. Il giorno dopo c'è poco vento e così fa subito caldo. Anche oggi mio figlio ed io andiamo con la maschera da sub lungo le rocce.

La visibilità è migliore di ieri, questa volta vediamo vari piccoli saraghi e parecchie triglie. Ne osserviamo una più grossa delle altre mentre scava con i suoi baffi nella sabbia. Mio figlio è molto interessato, prova con successo anche a respirare tramite il boccaglio non immergendone però l'estremità in quanto non sa ancora fare a svuotarlo dall'acqua soffiando.

Io vado a fare lunga nuotata oltre alla punta, giro tutta la baia attraversando vari banchetti di pesciolini abbastanza fitti. Vedo anche qualche sparuto sarago più grosso. In fondo alla baia ci sono delle piccole grotte scavate dal mare ma le onde dei giorni scorsi hanno buttato verso riva sacchetti di plastica e cartacce varie che ora galleggiano tutte ammucchiate in fondo alla baia così non ci vado per evitare di doverci nuotare in mezzo.

Continuo poi lungo la punta dove sorge la torre saracena, raccogliendo dal fondo una conchiglia gasteropode di quelle simili ai murici e poi una Chlama varia molto bella e colorata [2] ed uno scheletro di riccio. Vedo anche una seppia. In punta ci sono dei pescatori con la canna, così, non volendo rischiare di essere pescato all'amo, torno indietro tagliando la baia che nel centro è sabbiosa e poco profonda. Anche nella punta nostra ci sono pescatori e devo fare un gran giro per evitarli.

Quando torno faccio vedere a mio figlio le conchiglie che ho raccolto e che gli piacciono molto, poi torniamo a fare un altro bagno assieme. Anche questa volta porto con me il salvagente tondo di sughero a cui si attacca mio figlio e che io tiro portandolo fino in punta alla scogliera. Può così vedere frotte di pesciolini, delle attinie ed anche una madrepora. Passiamo anche qualche punto più fondo dove la vista sfuma nel blu scuro e che emoziona molto mio figlio e dove si possono ammirare vari nugoli di pesciolini molto belli.

Nei giorni successivi facciamo una lunghissima paseggiata fino all'isola all'altro capo della lunghissima spiaggia. Ci hanno detto che sono sei chilometri ma penso che siano meno. Si arriva alla punta rocciosa quando il sole sta già scendendo e nel mentre il mare sta rinforzando. Mio figlio ed io andiamo in acqua lo stesso bagnandoci, qui però verso la roccia il mare ha un po' scavato ed è più fondo anche verso riva. Vediamo che più avanti si tocca meglio ed arriviamo addirittura a doppiare la punta a guado ma la cosa più interessante è che sembra che all'isola La Chianca si possa arrivare a guado.

Con noi abbiamo portato il vecchio e glorioso gommone a remi comprato tanti anni fa e che abbiamo usato per l'ultima volta a Levico molti anni orsono. Quando finalmente il tempo è ottimo ed il vento è scarsissimo si tira giù il gommone dal tetto e lo si gonfia. Superiamo senza problemi la punta rocciosa alla destra della nostra spiaggia ed arriviamo alla seconda punta rocciosa dal lato dove ora picchia il sole e quindi sott'acqua si vede meglio. Non abbiamo modo di ancorare il battello ma siccome il lieve vento spira da dove siamo venuti, mi immergo e lo lego ad una roccia sott'acqua e così rimane abbastanza fermo.

Faccio un giro sott'acqua in esplorazione. La zona è bella ed allora faccio scendere anche mio figlio con la maschera ed il salvagente di sughero e gli faccio provare le pinne. Facciamo un giretto e fa commenti di meraviglia dicendo che bello! ma è emozionato ed ha un po' di fifa a stare dove non tocca, così gli viene freddo e risale.

Raccolgo qualche conchiglia ed intanto si stacca il gommone e lo devo ricuperare. Le conchiglie hanno quasi tutte il paguro dentro e le ributtiamo a mare per non far morire inutilmente l'animale, poi nuotando tiro il gommone mentre mia moglie e mio figlio mi aiutano remando e litigando fra loro su come remare e doppiamo così anche la seconda punta rocciosa.

Di là troviamo una grotta abbastanza ampia anche se non tanto alta. Vado a nuoto in esplorazione e vedo che si può entrare senza rischi anche con il gommone. Lo tiro pian piano io nuotando, la grotta è lunga e stretta con due punte rocciose che delimitano l'apertura assolata. Non è tanto profonda ma in fondo riesce a starci una microscopica spiaggetta dove sta riposandosi un sub.

Tiro il gommone fino a riva. Si è quasi isolati dal mondo ma all'ombra c'è fresco e presto si riparte. Poco dopo c'è un'altra grotta simile alla prima, questa non ha spiaggetta ma il mare si frange contro il fondo che diventa sempre più basso. Si visitano una terza ed una quarta grotta simili alle precedenti. Sul fondo marino di fronte all'imboccatura della terza c'è un groviglio di reti strappate, tenute sollevate come un sipario dai galleggianti ed è uno spettacolo molto bello.

Dentro alla grotta il fondale marino diventa sempre meno profondo andando verso il fondo della grotta ma proprio alla fine c'è una buca molto più profonda scavata evidentemente dalle onde più forti. Sul fondo ci sono dei ciottoli e l'acqua è limpida ma la cosa più bella è la proliferazione di spugne colorate sul lato della buca che è sempre più in ombra. Ci sono macchie gialle ed arancio, nere e bianche. Quelle bianche sono le spugne più curiose e rare da vedersi, sembrano uova.

Ci sono anche spugne del tipo da lavarsi cioè nere e con tante forellini minuscoli. Ne esistono anche di quasi identiche e più comuni che si differenziano solo perché hanno pochi buchi ma grossi che non sono però adatte ad essere trattare per l'uso come spugne. Ne raccolgo una tutta bitorzoluta e quasi inutile per lavarsi per far poi vedere a mio figlio come si trattano.

L'ultima grotta ha sul fondo rocce alte e quadrate che sembrano quasi stalattiti appena abbozzate. Siamo arrivati alla parte più interna della baia dove le tufare arrivano fino al pelo del mare facendo quasi delle micropiscine di pochi centimetri d'acqua. Si risale l'altro lato della baia e vedo che a qualche metro di profondità ci sono delle cozze abbastanza grosse anche se rade. Propongo di raccoglierne un po' e tuffandomi molte volte ne strappo dal fondo (sui tre metri) un certo numero.

Bisogna stare attenti a prenderle perché è pieno anche di ricci che penso le mangino infatti quasi tutti i ricci portano attaccata una valva di cozza. In realtà i ricci dovrebbero mangiare solo alghe che trovano sulle rocce e simili e quindi probabilmente, attaccandosi a tutto, si sono anche attaccati per caso alle valve di cozza. Sta di fatto però che di solito dove ci sono molte cozze non ci sono ricci e viceversa [3].

Mentre sto tirando per staccarne una qualcosa schizza via all'improvviso. Per la sorpresa faccio un movimento brusco e mi pungo un dito, non so con cosa ma fortunatamente non credo che sia stato un riccio perché non resta la punta nel dito. La cosa che mi ha spaventato doveva essere un polpo. Infatti è schizzato via a razzo ed ha lasciato varie macchie d'inchiostro ad una sessantina di centimetri l'una dall'altra.

Molti credono che il polpo butti l'inchiostro per impedire la vista all'aggressore o per nascondersi nella nuvola d'inchiostro ma ciò non è affatto vero non avendo il polpo sufficiente inchiostro per fare una cosa del genere che è stata probabilmente immaginata da chi abbia disturbato un polipo nella sua tana.
Lo scopo dell'inchiostro invece è quello di creare una falsa immagine del polpo proprio nel momento in cui questo scatta avanti velocissimo con la sua propulsione a reazione facendo sì che l'attenzione dell'aggressore si focalizzi sulla finta immagine mentre il polpo, già lontano, si nasconde o si allontana definitivamente.

Proseguendo la pesca, noto come la finta immagine del polpo persista molto a lungo. Si continua poi fino alla punta della terza penisola rocciosa dove c'è la torre saracena e si torna a casa attraversando le due baie direttamente senza entrarci evitando così di allungare il percorso costeggiando la riva.

Nei giorni successivi mio figlio prova di nuovo il tubo e diventa subito bravissimo, si butta senza paura e nuota qua e là osservando il fondo. Noto che le triglie si radunano intorno ai piedi della gente probabilmente per mangiare i microrganismi che finiscono nell'acqua quando si smuove la sabbia evitando così la fatica di smuovere loro la sabbia con i baffi come fanno di solito e mi diverto a muovere ritmicamente le dita dei piedi riuscendo così ad avere ben presto intorno ai piedi un ventaglio di triglie che osservano tutto quello che faccio.

Vado poi a nuoto fino alla punta della scogliera per osservare i pesci. In un buco vedo un pesciotto nero con gli occhi grandi. Vedo solo la testa e quindi non posso giudicare con certezza ma mi sembra un piccolo grongo, non ne sono però sicuro, potrebbe anche essere un qualche tipo di paganello, solo vedendone anche il corpo lo si potrebbe dire ma non ne vuol sapere di uscire dal suo buco; guardo allora le rocce lì intorno per poter ritrovare il punto un altro giorno.

Mi immergo alcune volte ed osservo le attinie. Quando vedo un polpo mi immergo per più volte per osservarlo, esce dal rifugio che ha trovato e lo vedo molto bene mimetizzato sulla roccia. Ci sono due giovani che navigano lungo la scogliera con uno di quei cosi gialli, simili ad una canoa ricavata da un windsurf che mi chiedono com'è sotto. Scambiamo qualche parola, poi ricerco il punto di prima e ritrovo grongo e polpo.

Qualche giorno dopo abbiamo un progetto ambizioso e cioè andare in gommone fino all'isola La Chianca, che si trova all'altro capo della lunghissima spiaggia all'estremità destra della quale noi siamo, portando dei panini e stando là tutta la giornata. Nella borsa rossa si mettono i panini ed i viveri. Con noi abbiamo maschera e boccaglio per me e mio figlio e le pinne per me, poi c'è la cintura coi piombi che servirà a sostituire l'ancora che non abbiamo, la torcia da sub, i salvagenti ed il thermos pieno d'acqua.

L'isola La Chianca, a nord di Vieste, nel 1994Si guadagna terreno pian piano e doppiamo il capo dove siamo già stati a piedi passandolo al largo. Ormai siamo vicinissimi all'isola e ben presto si tocca di nuovo. L'acqua è bassissima e non si può più nuotare, ormeggio bene il canotto legandolo ad un palo che è sull'isola e mettendo poi i piombi attaccati ad una corda a mo' di ancora dal lato a mare.

Un tizio col retino ha preso un pesce tutto spinoso che gli si è impigliato nella rete e non viene più via e ci chiede se lo conosciamo, sembra un piccolo scorfano ma probabilmente si tratta solo di un qualche tipo di ghiozzo. Io vado a fare il giro dell'isola che è abbastanza grande. I fondali sono bassi ma arrivato all'altezza del trabucco che c'è dal lato verso il mare aperto che guarda verso sud vedo che l'acqua diventa molto più fonda arrivando ad almeno 10 metri e forse oltre.

Dal lato verso il mare l'isolotto è alto, con pareti a picco e tagliato da specie di fiordi rettangolari alquanto fondi sia come lunghezza che come profondità. La parete scende a picco anche sott'acqua, è ricca di spugne, alghe e concrezioni ma è priva di grossi buchi atti a farne delle tane e quindi non ci sono quasi pesci.

L'altra parete che è esposta a nord e quindi sempre all'ombra è simile a quella che le sta di fronte ma stranamente è molto più ricca di spugne coloratissime di ogni genere, gialle, arancio, viola, bianche ed anche di un azzurrino chiaro che non avevo visto altrove. L'acqua poi ritorna sempre più bassa e non riesco a completare il giro dell'isola a nuoto perché diventa talmente bassa che mi areno e devo per forza smettere di nuotare ed alzarmi in piedi.

Decidiamo così di guadagnare la costa prima che il mare ingrossi e ci rifugiamo in acqua lungo la roccia dove una mezza caverna ci permette di stare all'ombra. Si mangia così molto al fresco, immersi per metà nell'acqua, intanto osservo la scogliera con i suoi buchetti scavati dal mare, in molti di quelli appena sopra all'acqua ci sono non solo patelle ma anche conchigline d'ogni genere tutte piccolissime.

Intanto il mare ingrossa ancora di più e si alza un bel vento. Preferisco allora di non provare nemmeno di tornare a remi ma di camminare dove si tocca tirando il gommone. Continuano ad uscire in mare degli windsurf per sfruttare il vento teso, che c'è ora nonostante il sole e la bella giornata, ce ne sono in numero incredibile, saranno ormai più di cento e l'orizzonte ne è pieno.

Un volta arrivati siamo a ridosso della punta rocciosa e quindi c'è meno vento ed il mare è calmo. Mio figlio sguazza assieme ad altri bimbi e si divertono ad osservare le triglie facendo come facevo io ieri. Io vado a nuoto fino in punta alla scogliera per vedere se ritrovo il mio grongo ed il mio polpo ma ci sono dei ragazzi che fanno i tuffi ed una tizia che pesca che mi precludono l'esplorazione di parte della scogliera.

Guardo qua e là ma alla fine concludo che il mio polpo è proprio sotto a quella che pesca, ne vedo però un altro poco lontano, grossettino e tutto rosso mattone. Vedo anche una seppia e delle castagnole giovani che stanno diventando nere ma con la testa ancora del bel blu elettrico che distingue le castagnole che hanno meno di due mesi di età.

Osservo anche delle strane cose attaccate alla scogliera. Tutte unite assieme sembrano conchiglie ma staccate assomigliano a delle uova con un peduncolo e sembrano fatte di plastica. Forse si tratterà di qualche tipo di spugna. Nella sabbia ci sono ogni tanto delle cose flaccide e lunghe che non so cosa siano ma non sono uova come si potrebbe pensare a prima vista. Probabilmente anche loro sono spugne, ascidie o qualche altro animale inferiore.

C'è un sub che si immerge davanti a noi nella zona sabbiosa e non so cosa cerchi, mi dicono che raccoglie i cannolicchi e nei giorni scorsi ne ha presi tantissimi. Quando viene su vediamo che ne ha un bel po', gli chiediamo se li prende con l'apposito ferro ma ci dice che usa le mani. Resto perplesso perché di solito prenderli con le mani è molto difficile perché si ritraggono di scatto molto velocemente sotto la sabbia.

Io ho visto tanti gusci vuoti ed anche parecchi cannolicchi morti. non so quindi se in realtà riesca a prendere solo cannolicchi morti o morenti. Anche al Lido di Spina, quest'estate, c'era stata una grossa moria di cannolicchi che noi avevamo attribuito alla scarsità di ossigeno dovuta al gran caldo, ma qui questo motivo non sembrerebbe reggere.

Nei giorni successivi si fa ancora una bella gita con il gommone. Come al solito mia moglie e mio figlio remano ed io lo tiro stando in acqua e nuotando con le pinne ma ormai si sono affiatati, vanno bene e sono veloci da soli così mi limito a seguirli o a precederli nuotando per conto mio ed osservando i fondali.

Si doppia la prima punta, intanto trovo e catturo un cannolicchio ma non lo vedo muoversi ed agitarsi e quindi potrebbe essere già morto, si raggiunge la seconda punta e nella zona sabbiosa al largo fra le due punto vedo e catturo altri due cannolicchi, uno cerca di ritrarsi nella sabbia e di sfuggirmi ed una volta preso, si chiude bene nella conchiglia. Non ci sono quindi dubbi sul fatto che sia ancora vivo e vegeto.

Trovo anche una cosa strana che non so cosa sia, assomiglia ad uno scheletro di riccio di mare ma non è perfettamente simmetrica, è bianca, con alcune aperture e ricorda tutto sommato quasi di più un piccolo teschio che uno scheletro di riccio anche se, osservato da vicino, non lascia molti dubbi che si tratti di un scheletro di echinoderma [4].

Passiamo la seconda punta ed entriamo nella prima delle quattro grotte che abbiamo già esplorato e che è quella con la spiaggetta. Mia moglie e mio figlio scendono e sguazzano nell'acqua bassa, io lì lascio lì e faccio un giretto a nuoto esplorando di nuovo le altre grotte.

Quelli della canoa gialla mi avevano detto che in queste grotte si possono vedere delle aragostine. Guardo dappertutto ma non vedo né aragostine né i buchi in cui intanarsi che sarebbero a loro indispensabili per nascondersi. Comunque vedo che la grotta con il buco in fondo con le spugne colorate è la terza e non la seconda come avevo scritto nel diario di bordo.

Torno al gommone e mio figlio fa un giro con me e col salvagente come appoggio anche dove non si tocca. Osserva tutto e in un punto dove il fondale è sui due metri ma con uno scoglio che sale fin quasi ad un metro mi chiede se può provare ad immergersi. Lo tengo per mano e ci immergiamo o meglio io mi immergo e lo tiro perché ovviamente non sa fare la capriola e non è affatto facile come sembra sprofondare negli abissi marini come pensa chi non sa nuotare.

Ci spostiamo poi nella zona dove ci sono delle cozze. Ancoro il gommone con la cintura dei piombi ed inizio a pescarne, attaccandomi anche ai piombi per essere più stabile e non tendere subito a risalire. Ne pesco moltissime ed intanto arriva a nuoto un'altra turista che si è beccata nei piedi delle spine di riccio e non è più capace di trovare un punto dove risalire senza beccarne delle altre. Esploro i dintorni e trovato un punto adatto, la aiuto a risalire.

Nella notte viene un temporale ed il giorno dopo c'è molto vento, il mare è mosso e la visibilità sott'acqua scarsa per cui si rimane nei dintorni del campeggio. Mentre siamo sulla vicina penisola rocciosa mia moglie nota un buco perfettamente tondo nella roccia e ce lo fa vedere. Mi vengono in mente i tanti libri di archeologia subacquea che ho letto e dove si parlava di fori d'ormeggio scavati dai naviganti fenici e greci nelle rocce e lo esamino accuratamente e noto che, benché perfettamente tondo, nella parte superiore è meno liscio che in quella inferiore come se quella sotto fosse stata lisciata per anni dallo sfregare delle gomene.

Esamino meglio la penisola e noto quello che avevamo sempre visto ma che non avevamo mai notato e cioè dei fungoni di pietra che sono certo stati fatti dalla mano dell'uomo e non scavati dalle onde del mare e che sono proprio uguali alle moderne bitte d'ormeggio. Visto il primo ne noto subito molti altri ed alla fine conto ben venti bitte d'ormeggio di pietra e cinque fori d'ormeggio senza contare le rocce ed i fori consumati dal mare e per le quali siamo incerti.

Sono tutti dal lato dove c'è la riva sabbiosa mentre dall'altro lato non ce n'è nemmeno uno. Si noti che sono proprio dal lato che è più riparato dal vento (come abbiamo visto anche quando siamo andati all'isola La Chianca) ed in particolar modo dallo scirocco, il vento di sud-est che spira prevalentemente d'estate cioè nella stagione durante la quale gli antichi navigavano.

Fori d'ormeggio scavati nella roccia a PorticelloDoveva trattarsi di un piccolo porto antico, per lo meno greco o romano se non molto più antico. Ci sono anche accenni di stradine e di scalini scavati nella roccia che noi avevamo pensato fatti per favorire i tanti turisti che salgono sulle rocce di questa penisoletta ma probabilmente si tratta di scavi molto più antichi che dovevano servire a chi scaricava le navi che qui approdavano.

Alcune delle bitte vengono usate tutt'oggi dal barcone che porta i turisti alle grotte e che si ferma qui tutte le mattine a raccoglierne un po'. Deve trattarsi veramente di un porto antico (ed infatti questa località si chiama Porticello), probabilmente quello della antica città di Merinum che la carta situa un po' più verso l'isola La Chianca ma che in realtà non si sa dove sorgesse.

La carta la situa là perché c'è una chiesetta molto antica che si chiama Santa Maria di Merino ma abbiamo visto che vicino all'isola si è molto più esposti al vento e al mare e quindi è più logico pensare che la città o perlomeno il suo porto fossero qui vicino.

La cosa mi interessa molto e mi immagino come doveva essere la vista qui un duemila o duemilacinquecento anni fa, con alcune navi legate lungo la scogliera e con file di schiavi che scaricavano la merce camminando lungo la penisola ed accumulandole sulla spiaggia.

Prima di tornare a casa non abbiamo mancato di fare un giro un macchina a sud di Vieste ed ho così potuto rivedere la Baia di Campi dove sono stato in vacanza nel 1970 con un mio compagno di scuola a bordo del mitico Vignale e della quale parlo in un'altra pagina [>>].

La baia di Campi, a sud di Vieste, nel 1994Le isolette della baia di Campi nel 1994

E' ormai ora di prepararci al ritorno e di mettere via il gommone ma ci dispiace non utilizzarlo un altra volta, anche se il tempo non è perfetto in quanto tira un lieve vento da terra verso la solita isola. Andiamo a doppiare la seconda punta e ad arrivare alla grotta dove c'è la spiaggetta per non avere troppo sole. Verso l'interno della baia sentiamo uno strano sbuffo: è il mare che entra in una minigrotta e si infila con forza nel fondo stretto imprigionandovi dell'aria che viene spinta in fuori come da un mantice.

Dopo un po' ci torna la voglia di fare il bagno e di vedere per l'ultima volta la vita sottomarina lungo gli scogli. Anche a mia moglie vien voglia di provare la maschera ed il tubo e fa subito dei grossi progressi nuotando a faccia sotto, galleggia bene e viene con me lungo gli scogli ad osservare i pesci. Dopo gira a lungo da sola dove tocca mentre io vado a controllare se ci sono ancora il pesciolotto ed il polpo visti giorni fa.

Trovo il punto giusto ma non li vedo. Noto invece una sogliola sul fondo ma non riesco a farla vedere a mia moglie, come vorrei, perché scappa per il passaggio di un altro bagnante. La ritrovo ma scappa di nuovo.


[1] - Ci andrò due anni dopo, durante una gita del CAI di Ferrara. La discesa è scomoda perché il sentiero è molto ripido e scivoloso (ed anche pericoloso) e la risalita faticosissima.   <<

[2] - Si tratta di una conchiglia della razza dei pettini cioè una specie di cappasanta. In precedenza ne avevo mangiate di molto buone a Cervia ed in Galizia, in Spagna, dove sono chiamate zamburiñas.   <<

[3] - i ricci sono però onnivori e ce ne sono che mangiano i molluschi.   <<

[4] - Probabilmente si tratta di uno Spatangide, un tipo di riccio col corpo a forma di cuore che vive nascosto sotto la sabbia.   <<


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