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Andrea Cavallari - Gruppo Subacqueo Ferrarese


L'inizio della mia passione
Il brevetto
Attività agonistica
Speleosub


L'inizio della mia passione

Mi sono sempre chiesto a quando risalga la mia passione per il mondo subacqueo e cosa l'abbia scatenata ma non sono in grado di rispondere a questa domanda. Per quel che mi ricordo sono sempre stato attirato da tutto quello che aveva a che fare col mondo sottomarino.

Sicuramente vi sono stati più fattori che hanno fatto nascere questa passione. Uno è stata la visione al cinema di un bel documentario subacqueo del quale ricordavo una scena iniziale dove una stampa antica rappresentante una nave si trasforma in una nave reale.

Non sapevo se il documentario in questione fosse Sesto continente di Folco Quilici che è del 1954 o Il mondo del silenzio di Jacques Costeau che è del 1956. Recentemente ho rivisto questo secondo film ed ho constatato che era proprio questo il documentario che avevo visto tanti anni fa in prima visione in quanto, non solo c'è la scena col quadretto che cambia in una nave vera, ma anche altre scene che mi ricordavo, come quella del grosso pesce diventato tanto domestico da mettersi davanti ogni volta che si voleva fotografare qualcos'altro.

Tempera ispirata alla copertina dell'album di figurine 'Caccia subacquea' della FerreroPerò non può essere stata la visione di un unico film a scatenare la mia passione. Infatti, nel 1955, avevo visto anche il film Italia K2, sulla conquista del K2 avvenuta l'anno precedente, che mi era piaciuto moltissimo ma il tutto si era risolto in una serata di arrampicate allo schienale del divano e non aveva fatto nascere una grande passione.

Quando, bambino a Rimini, vedevo i miei cugini modenesi, più grandi di me, arrivare sul fondo dove non si toccava e raccogliere quelle stelle marine che io potevo trovare a riva solo dopo una mareggiata, provavo sicuramente il desiderio di imitarli ma alla nascita della mia passione devono aver contribuito anche le figurine dell'album Caccia subacquea che la Ferrero, dal 1955, attaccava ai suoi Cremini che erano dei parallelepipedi di pasta di cioccolata e le pagine de' Il mondo in cui viviamo che erano una serie di inserti pubblicati, nel 1955, dal settimanale Epoca che li aveva ripresi da Life.

Successivamente ci sono state le imprese del batiscafo Trieste [1] che mi hanno esaltato e che venivano raccontate nel Corriere dei Piccoli che allora leggevo regolarmente (si veda ad esempio l'articolo Gli uomini dell'abisso nel numero del 3 gennaio 1960).

Quando a scuola veniva chiesto di fare un disegno su di un soggetto di propria scelta, sceglievo immancabilmente di disegnare il fondo del mare con pesci alquanto improbabili e l'immancabile batiscafo Trieste.
Una volta (ma lavorando a casa ed impiegandoci molto tempo) avevo anche riprodotto a tempera la copertina dall'album Caccia subacquea che rappresentava un sub che, con il coltello in mano, affrontava uno squalo.

Sicuramente contribuì a consolidare la mia passione anche l'interessante articolo su Duilio Marcante e sul corso che stava facendo con lui il noto presentatore Mike Bongiorno che apparve sul numero del primo agosto 1963 del giornalino Selezione dei ragazzi.
Quando lo lessi non avrei mai immaginato che, solo quattro anni dopo, mi sarei trovato anch'io davanti a Duilio Marcante per l'esame di fine corso!


Il brevetto

Nel 1963 avevo comprato un paio di pinne Alcione della Pirelli che mi sono poi durate tantissimi anni, ma è stato l'anno successivo che ho cominciato ad usarle molto e a nuotare dovunque. Poi, nel 1965 e 1966, quando eravamo al mare al Lido degli Estensi al bagno Astra che si trova circa a metà strada fra il porto ed il canale Logonovo, tutti i giorni mi facevo una lunghissima nuotata: il primo anno fino al porto e ritorno ed il secondo fino al porto e poi dal porto al Logonovo e ritorno.

Nel 1967 ero quindi in gran forma e quando ho visto dei manifesti che annunciavano che erano aperte le iscrizioni al IV Corso organizzato dal Gruppo Subacqueo Ferrarese per il conseguimento del brevetto per l'uso di autorespiratori ho subito provato il desiderio di parteciparvi.

Dopo aver convinto i miei a darmi il permesso, ho contattato Giordano Bonfanti che era il fondatore e l'organizzatore del Gruppo Subacqueo Ferrarese [2]. Il corso sarebbe durato tutta l'estate con lezioni teoriche e pratiche. La parte pratica si sarebbe svolta presso la piscina del Dancing Diana (che era allora l'unica piscina vicina a Ferrara) nel tardo pomeriggio di tutti giorni della settimana e poi anche alla domenica mattina.

Per me era un grosso impegno perché, non avendo né la patente (ero ancora diciassettenne), né il motorino mi sarei dovuto recare alla piscina in bicicletta e la piscina si trovava a San Martino a circa nove chilometri da Ferrara, comunque decisi ugualmente di partecipare al corso.

Benché nominalmente il corso servisse ad insegnare l'uso dell'autorespiratore, il suo vero obiettivo era l'acquaticità e cioè non solo sentirsi in acqua come a casa propria ma soprattutto acquisire degli automatismi che portassero, in caso di pericolo, a fare quello che è giusto e non quello che, secondo il normale buon senso, sembrerebbe giusto a chi se ne stia sulla terraferma.

Per fare un esempio racconto un episodio accadutomi a Capraia nel 1977. Avevo un bibombola semiscarico e volevo finire l'aria che conteneva per cui mi sono immerso rimanendo entro la curva di sicurezza (22 metri) per non avere problemi di decompressione.

La mia intenzione era di finire l'aria ed inserire poi la riserva ed iniziare la risalita sfruttando l'aria della riserva. Invece, quando l'aria è finita ed ho cercato di inserire la riserva, ho scoperto che, avendo urtato la bacchetta che comandava la riserva in una roccia, la riserva si era già inserita da sola e l'avevo consumata tutta per cui ero senza aria.
Si noti che, dato che per emettere l'aria dei polmoni non ci sono ostacoli, ci si accorge di ciò solo quando si hanno i polmoni vuoti e cercando di aspirare aria dall'erogatore, si scopre che non ne viene più.

La normale logica spingerebbe a risalire il più veloce possibile trattenendo la poca aria che si ha nei polmoni ma ciò sarebbe sbagliatissimo perché una risalita troppo veloce può essere pericolosa anche in curva di sicurezza, perché l'agitazione ed i movimenti bruschi fanno consumare più ossigeno e perché risalendo l'aria nei polmoni si dilata e se trattenuta, provoca una sovradistensione polmonare che, alla lunga, può portare all'enfisema.

La cosa giusta da fare è quindi risalire con molta lentezza ed in tutta calma emettendo pian piano la poca aria che si ha nei polmoni (e così ho fatto). Non è però sufficiente sapere che si fa così perché, in caso di pericolo, ci si dimentica tutto, ma bisogna che si faccia ciò in quanto lo si sente come naturale e questa è appunto l'acquaticità.

Il corso non aveva una validità ufficiale in quanto allora non vi erano leggi che regolamentassero le attività subacquee, tant'è che per poter organizzare gare ed essere riconosciuti dal CONI i gruppi che facevano gare, corsi ed altre attività subacquee erano iscritti alla FIPS (Federazione Italiana Pesca Sportiva).

Il brevetto era però molto ambito perché il prestigio di Duilio Marcante era molto grande e spesso lo stesso Jacques Costeau si rivolgeva a lui quando gli serviva qualche nuovo sommozzatore. Per questo motivo il brevetto poteva anche aprire le porte ad un lavoro, molto ben pagato, nel settore delle attività subacquee.

Due dei diplomati di Ferrara negli anni precedenti avevano deciso di lavorare per società che operavano sott'acqua. Entrambi erano pagati moltissimo ma entrambi facevano lavori alquanto pericolosi: uno scendeva a 90 metri con respiratore ad aria nello stretto di Messina nell'ambito di uno studio per la realizzazione del ponte e l'altro si immergeva nel Po alla ricerche di mine e bombe d'aereo inesplose per la costruzione del ponte sul Po per l'autostrada Bologna - Padova.

Il corso consisteva, oltre ad una parte teorica alquanto seria, in continui allenamenti per riuscire a superare tutti quegli esercizi che avrebbero poi costituito le prove d'esame. Non era però sufficiente superare l'esercizio ma occorreva farlo anche con stile e cioè senza mostrare indecisioni, affanno o preoccupazione.
Inoltre, proprio per abituare l'allievo all'emergenza, durante l'esercizio l'istruttore poteva fare all'allievo simpatici scherzetti quali strappargli all'improvviso la maschera dal volto o chiudergli la valvola dell'aria.

Alcuni degli esercizi erano effettuati senza alcuna attrezzatura e cioè in costume da bagno ed erano:

  1. partendo con un tuffo e rimanendo ad una profondità costante, percorrere 25 metri sott'acqua in apnea nuotando a rana;

  2. nuotare in superficie a stile libero percorrendo 33 metri in meno di 30";

  3. raccogliere, uno alla volta, quattro oggetti posti a 4 metri di profondità facendo un'unica inspirazione tra un'immersione e l'altra ed impiegando meno di 40" in tutto;

  4. stando verticali e muovendo le gambe a rana, stare fermi in superficie per più di un minuto reggendo con una mano un peso di piombo di cinque chili [3].

Altri esercizi andavano svolti con pinne, maschera e boccaglio ed erano:

  1. effettuare la cosiddetta vestizione subacquea consistente nel buttare sul fondo della piscina, a quattro metri di profondità, pinne, maschera e boccaglio e immergendosi in apnea, indossare tutto, svuotare la maschera dall'acqua soffiando piano dal naso e salendo in superficie, svuotare anche il boccaglio con un soffio deciso;

  2. scendere sul fondo della piscina e risalire con la schiena sempre incollata ad una parete tenendo le gambe a squadra (90°) rispetto al busto;

  3. scendere sul fondo della piscina e risalire con le gambe in alto ed incollate ad una parete tenendo il busto a squadra (90°) rispetto alle gambe;

  4. stando fermi e zavorrati sott'acqua riempire la maschera d'acqua e poi vuotarla soffiando lentamente dal naso senza far fuoriuscire delle bolle. L'esercizio andava fatto per due volte consecutive, ovviamente senza riemergere, ed andava usata una maschera di vecchio tipo di quelle tonde e molto grandi [4].

Gli esercizi con il respiratore utilizzavano sia l'ARA a circuito aperto (il moderno autorespiratore), sia l'ARO a circuito chiuso (il respiratore ad ossigeno puro utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale) ed erano:

  1. effettuare la vestizione subacquea indossando anche un bibombola (messo sul fondo con la valvola chiusa);

  2. percorrere 66 metri in due sott'acqua utilizzando un unico bibombola con un solo erogatore;

  3. effettuare la vestizione subacquea indossando anche un respiratore ad ossigeno con sacco polmone a circuito chiuso ed i pesi;

  4. stare cinque minuti sul fondo utilizzando in tre un unico respiratore ad ossigeno con sacco polmone a circuito chiuso.

L'esame si sarebbe tenuto a metà settembre presso il Centro Federale di Nervi e l'esaminatore sarebbe stato lo stesso Duilio Marcante. A differenza di quanto si sarebbe fatto in seguito, allora, per passare l'esame, occorreva superare tutti gli esercizi, uno dopo l'altro.

1967 - I partecipanti al IV Corso organizzato dal Gruppo Subacqueo FerrareseIl 16 settembre 1967, in un piccolo gruppetto, ci siamo recati al Centro Federale di Nervi dove, appena arrivati, ci hanno subito messo a fare esercizi nella piscina di acqua di mare di cui era dotato il centro. L'esame ci è stato fatto il giorno successivo ed è stato veramente duro, anche perché ci hanno fatto rifare anche tutti gli esercizi che avevamo già superato il pomeriggio precedente.

Duilio Marcante mi ha veramente impressionato perché, nonostante non fosse più un ragazzino (aveva allora circa 53 anni), era sempre dentro e fuori dall'acqua senza mai accennare ad asciugarsi o a coprirsi benché la giornata fosse alquanto frescolina ed ovviamente in acqua era a suo agio come un pesce.

1967 - Il brevetto di Andrea CavallariLa commissione d'esame era costituita da Duilio Marcante, Giordano Bonfanti e dall'istruttore federale Sergio Canu. Oltre a me, i subacquei ferraresi che hanno conseguito il brevetto quel giorno sono stati Corrado Ballotta, Armando Bentivogli, Silvano Rodi e Marco Malaguti.

Inizialmente era nato un problema perché per dare l'esame bisognava essere diciottenni e mancava ancora qualche giorno al mio compleanno, ma poi si è convenuto che era assurdo pretendere che tornassi a Nervi, pochi giorni dopo, per fare l'esame da solo e si era deciso che potessi dare l'esame ma che sul brevetto sarebbe risultata la data del mio compleanno.

Quando però sono stati materialmente preparati i brevetti ci si è dimenticati di questo fatto e si è scritta come data d'esame quella vera del 17 settembre 1967, per cui, per qualche tempo, sono stato sicuramente il più giovane sommozzatore brevettato d'Italia!


Attività agonistica

Nel 1968 il Gruppo Subacqueo Ferrarese si era limitato ad organizzare i nuovi corsi per i brevetti e così anche nel 1969 ma, in quell'anno, i brevettati erano stati parecchi per cui si riuscì a riorganizzare l'associazione che era arrivata a contare ben 78 soci.

Ci si trasferiva in una sede propria, sita in via Comacchio, 3, e si dava inizio all'attività agonistica. A quell'epoca l'unica attività agonistica possibile era la partecipazione a gare di pesca subacquea (che si svolgevano tutte, rigorosamente, in apnea) e così alcuni subacquei ferraresi hanno partecipato, per la prima volta, ad una importante gara internazionale che si svolgeva a Lussinpiccolo il 2 gennaio 1970.

A quell'epoca mi ero appena trasferito dall'Università di Ferrara a quella di Bologna facendo il pendolare, non avevo quindi molto tempo e così sono entrato a far parte della squadra agonistica solo verso l'estate. Ho fatto però in tempo ad essere fra gli otto subacquei ferraresi che hanno partecipato alla VIII Coppa Polinara.

La Coppa Polinara era una importante gara a livello nazionale che serviva anche come qualificazione ai Campionati Italiani di prima e di seconda categoria. Chi l'avesse vinta avrebbe acquistato il diritto di entrare nella strettissima rosa dei partecipanti al Campionato Italiano di Prima Categoria che all'epoca vedeva fra i suoi partecipanti anche dei campioni del mondo dato che ai vertici del settore delle gare di pesca subacquea vi erano allora vari atleti italiani [5].

La gara si svolgeva a Marina di Ravenna di fianco ad uno dei due lunghissimi moli che delimitano il porto di Ravenna. La giornata non è stata per niente favorevole e le prede non si sono fatte vedere cosicché uno solo degli otto partecipanti ferraresi (Gabriele Covi, di gran lunga il più forte pescatore subacqueo ferrarese) è riuscito a classificarsi giungendo decimo su 62 partecipanti.

Anche se non ho preso pesci abbastanza grandi per superare la misura minima prevista, ho visto lo stesso qualcosa di molto curioso: si trattava di un granchietto, del tutto simile a quelli della sabbia, che nuotava tranquillo in acqua libera agitando sopra il guscio l'ultimo paio di zampe e muovendosi come un elicottero.
Quando mi sono avvicinato si è spaventato e ha cercato di scappare ma come ho allungato una mano, è corso a nascondersi sotto!

Non avevo mai sentito parlare di un granchio come questo e per molto tempo non ho saputo cosa fosse, arrivando perfino a pensare che si trattasse di una mutazione dovuta all'inquinamento presente nel porto di Ravenna. Solo dopo molti anni ho scoperto che si tratta effettivamente di un tipo di granchio delle sabbie che sa nuotare (il Liocarcinus depurator) e che però vive in mare aperto standosene a bordo di una medusa, detta medusa polmone (Rhizostoma pulmo) che lo trasporta a mo' di barca.

Nel 1971, per la prima volta, il Gruppo Subacqueo Ferrarese ha organizzato una gara subacquea. Non si è però trattato di una gara di pesca bensì del I Campionato Provinciale di Tiro a Segno che si è svolto il 25 giugno e nel quale mi sono classificato nono.

Il 2 giugno 1972 ho partecipato, sempre a Marina di Ravenna ed assieme ad altri sei componenti del GSF, al Campionato provinciale ravennate di pesca subacquea ma ancora una volta abbiano trovata una giornata pessima e senza pesci per cui nessuno di noi sette si è classificato.

Il 23 luglio 1972 si è svolta la X Coppa Polinara alla quale ho partecipato anch'io. Questa volta eravamo all'esterno del molo e la giornata si presentava favorevole perché in quel tratto il molo è fatto di tetrapodi di cemento per cui si poteva cercare di catturare dei bei cefali o anche spigole all'interno degli anfratti formati dai tetrapodi.

Purtroppo mi si è allagata quasi subito la torcia subacquea e sono rimasto senza luce. Mi sono infilato lo stesso in profondità in tutti gli anfratti cercando di vedere i pesci in controluce ma così facendo li spaventavo per cui, anche questa volta, non mi sono classificato.

C'è da dire che dovendo studiare all'Università e non avendo né una barca, né un gommone avevo ben poche occasioni di allenarmi. Inoltre bisogna tenere presente che, come stava scritto nel primo notiziario del Gruppo Subacqueo Ferrarese pubblicato nel 1970, occorrono degli anni per fare di un buon subacqueo un altrettanto valido cacciatore.

Andava molto meglio la mia partecipazione al II Campionato di Tiro a Segno Subacqueo che si è svolto il 9 luglio 1972 ed al quale partecipavano anche subacquei di altre province. Infatti facevo alcuni bei tiri coi quali sarei arrivato addirittura secondo se uno di questi non fosse stato annullato perché ho tirato stando troppo inclinato in avanti per cui l'arpione era più vicino al bersaglio del consentito.

Sono comunque arrivato terzo ma a pari merito con altri tre mentre anche i primi erano a pari punti. E' stato quindi fatto uno spareggio per assegnare la vittoria e poi, dato che non c'era il tempo di fare altri spareggi ma erano previsti dei premi di valore decrescente, è stato fatto un sorteggio per assegnare i premi ai quattro classificati al terzo posto ed io sono stato estratto per ultimo.
E' così successo che nella classifica pubblicata dal Resto del Carlino qualche giorno dopo mi sia visto piazzato al settimo posto.

E' stata comunque una bella soddisfazione perché, da allora, ho potuto poi affermare di essere in grado di scendere a quattro metri di profondità e stando con la punta dell'arpione a tre metri dal bersaglio, infilare un arpione di un metro in un cerchio di un centimetro di raggio.

Nel 1973 sono andate meglio anche le gare di pesca subacquea e mi sono classificato dodicesimo (con 280 punti) nel III Campionato Provinciale Ferrarese che si è tenuto al Lido delle Nazioni il 12 agosto e diciannovesimo nella I Coppa Lago delle Nazioni che si è svolta il 9 settembre con oltre 50 concorrenti di cinque diverse province.

Alla fine del 1973 mi sono laureato e poi sono stato impegnato con il servizio militare per cui non ho più svolto attività agonistica. Col passare del tempo mi sono dedicato sempre meno alla pesca e sempre di più ad osservare con calma il mondo sottomarino, cosa questa che, tutto sommato, mi dà più soddisfazione.


Speleosub

Nel 1971 vari subacquei ferraresi avevano voglia di fare qualcosa di diverso e di maggior interesse della pesca subacquea. Così, all'interno del Gruppo Subacqueo Ferrarese, si era costituito un Gruppo Naturalisti e Speleologico.

Dopo varie riunioni per decidere come sviluppare queste nuove attività, abbiamo ricevuto un interessantissima proposta dal Gruppo Speleologico Ferrarese. Si trattava di esplorare un cunicolo che partiva dal fondo di un laghetto sito in una grotta delle Alpi Apuane e che era una sorgente attiva in vari periodi dell'anno.

Non si trattava di un'impresa facile perché questo cunicolo non era mai stato percorso da nessuno. Della sua esistenza si sapeva da una immersione di due sub bolognesi che ne avevano constatata l'esistenza ma che avevano effettuato solo una perlustrazione superficiale senza scoprire dove portasse il cunicolo.

La grotta è ai piedi del Monte Altissimo e la sua importanza è data dal fatto che si trova vicinissima al complesso carsico dell'Antro del Corchia che è il più importante d'Italia con uno sviluppo di oltre 70 chilometri di gallerie e la terza grotta come profondità con oltre 1200 metri di dislivello fra l'ingresso più alto ed il punto più basso raggiungibile.
Al suo interno scorrono due fiumi sotterranei: il Vidal ed il Vainello.

Alcuni mesi prima degli speleologi avevano immesso del colorante nel fiume Vidal e dopo un paio di giorni, dalla sorgente della Pollaccia era scaturita dell'acqua colorata. Si sperava quindi che ci potesse essere un passaggio subacqueo praticabile che permettesse di raggiungere la parte bassa del Corchia passando per il laghetto dell'Antro della Pollaccia.

Abbiamo quindi preparato con certosina pazienza la spedizione e la grande quantità di materiale che ci sarebbe servito. I primi di giugno siamo pronti e sabato 5 giugno 1971 partiamo in cinque (oltre a me c'erano Rodolfo Molari e Guido Zimelli del Gruppo Subacqueo e Paolo Casoni e Roberto Neri del Gruppo Speleologico), gli altri ci avrebbero raggiunto il giorno successivo.

Una volta sul posto ci rechiamo alla grotta che è circa a 500 metri di quota e non è distante dalla strada dalla quale però è divisa dalle acque del torrente Turrite Secca che occorre guadare, cosa non comodissima dato che il fondo è di ciottoloni scivolosi e noi siamo carichi di attrezzature pesantissime.

L'ingresso della grotta è ampio ma basso. L'interno si allarga ed il laghetto occupa quasi tutta la grotta. Non ci sono altre gallerie tranne una in alto ma che termina poco dopo. Dato che abbiamo ancora tempo decidiamo di fare una esplorazione preventiva del laghetto e del cunicolo che si diparte dal suo fondo.

Oggi sui giornali ferraresi sono usciti degli articoli che raccontavano della nostra spedizione e dei suoi scopi. Il Resto del Carlino aveva pubblicato un trafiletto breve ma ricco di notizie mentre la Gazzetta di Ferrara aveva pubblicato un bell'articolo dal titolo Sub ferraresi nel Lago del Corchia che partiva addirittura dalla prima pagina.

Entrambi i giornali però parlavano di quanto le acque del laghetto fossero fredde (si prevedevano al massimo 6°) e del fatto che avremmo utilizzato speciali tute termiche. In realtà quelle che indossavamo erano le normali mute semistagne di neoprene che usavamo in mare.
Già queste permettevano di stare a lungo in acque molto fredde (le utilizzavamo in mare anche in inverno) ma ognuno di noi aveva cercato un altro subacqueo del Gruppo che fosse leggermente più grosso di lui in modo da poter indossare la sua muta sopra la propria.

Ho quindi indossato la mia muta e poi ne ho indossata un altra al di sopra. L'unico problema era che allora le mute di neoprene non avevano il tessuto interno che ne favorisce l'indossamento per cui ci si doveva spalmare ben bene di borotalco per infilare la muta, così per poter indossare la seconda muta abbiamo dovuto spruzzare la prima con un prodotto lubrificante.

Questo tipo di muta è chiamato semistagna e ciò significa che l'acqua può penetrare al suo interno in piccola quantità ma che poi rimane imprigionata lì ed il calore del corpo la scalda. Quando ci siamo immersi nel laghetto e ci sono corsi giù per la schiena rivoletti d'acqua gelata non abbiamo avuto bisogno del termometro per renderci conto che la temperatura dell'acqua era inferiore ai 6° previsti!

Ognuno di noi aveva un bibombola con montati due erogatori per maggior sicurezza e due torce subacquee di grande potenza. Inoltre Molari portava con sé un secondo bibombola da lasciare sul fondo del cunicolo a metà percorso.

Per questa prima esplorazione saremmo avanzati solo fin dove era possibile rimanendo in vista l'uno dell'altro. Una volta scesi sul fondo del laghetto abbiamo trovato senza difficoltà l'ingresso del cunicolo che si dipartiva dalla parte più fonda e proseguiva diritto ed in lieve discesa.
Il cunicolo era completamente allagato ed era abbastanza grande da poter nuotarvi dentro senza problemi anche in due persone affiancate.

Dopo qualche decina di metri, come eravamo d'accordo, mi sono fermato ed ho inquadrato con la torcia subacquea Zimelli e Molari che si allontanavano. Ho visto poi Zimelli che si fermava più in là e Molari che, dopo aver deposto il bibombola di riserva sul fondo del cunicolo, si allontanava e spariva dalla mia vista.

Qualche minuto dopo, ho visto Zimelli, che per tutto il tempo aveva tenuto d'occhio Molari che per me era invisibile, voltarsi verso di me e fare con la torcia il segnale prestabilito che significava ritirata immediata. Ho quindi iniziato a tornare lentamente verso il lago quando sono stato raggiunto da Zimelli e da Molari stesso che nuotava velocissimo ma non si era dimenticato di ricuperare il bibombola di riserva.

Quando siamo stati alla superficie del laghetto e ci siamo potuti togliere i boccagli e parlare, Molari ci ha spiegato che aveva visto del fango scendere copioso dall'alto e quindi, sia perché non si vedeva più nulla, sia perché temeva una frana, aveva dato il segnale di ritirata.
Non abbiamo fatto altri tentativi e ci siamo accampati in attesa dell'arrivo degli altri subacquei.

La notte è alquanto scomoda per via di una pioggia torrenziale e alla mattina successiva arriva dapprima Daniele Rubboli, un giornalista della Gazzetta di Ferrara, che era venuto per assistere in prima persona al nostro tentativo e che, non essendo attrezzato per guadare il torrente, viene trasportato di peso.
Poco dopo giungono Gabriele Bratti, Gualtiero Mazzoni ed Alfredo Frilli con altre tre persone che non avrebbero partecipato alle immersioni.

Con la prima immersione si appura che il fango finissimo era sceso veniva dal tetto del cunicolo e che ciò non presentava un pericolo perché il tetto era di solida roccia ed il fango che vi attaccava durante le piene era poco. Comunque, anche se non pericoloso, il fango toglieva del tutto la visibilità e quindi dobbiamo tornare indietro in attesa che si posasse.

Anche il secondo tentativo non ha buon esito perché s'impiglia la sagola che chi era in testa svolgeva mentre avanzava ma il terzo é quello buono. Come il giorno precedente ci scaglioniamo lungo il budello subacqueo tenendoci in vista l'uno con l'altro.

I primi due, che avanzavano assieme, erano Molari e Bratti, poi Zimelli, poi io ed infine Frilli. Avanziamo per un certo tratto senza problemi di visibilità poi, come d'accordo mi fermo ed tengo d'occhio Zimelli che si era fermato più in là.

Per parecchi minuti non succede niente e sto fermo, poi vedo Zimelli che, senza fare segnali con la torcia, viene verso di me. Quando mi è vicino, mi spiega a gesti che aveva troppo freddo e rientrava in superficie e di prendere quindi il suo posto.

Mi sposto quindi più avanti. Il freddo, nonostante la doppia muta, è veramente notevole e l'unico vantaggio è che, levandosi il boccaglio, si può bere senza problemi un'ottima sorsata di acqua minerale freschissima e purissima.
Una pubblicità di un'acqua minerale diceva Sgorga pura dalla roccia ed io la stavo bevendo prima ancora che sgorgasse dalla roccia dato che mi trovavo nel cuore della montagna!

Dopo un po' viene freddo anche a me e dato che Molari e Bratti erano entrati in una caverna posta alla fine del cunicolo, ho pensato bene di raggiungergli per avvisarli che anch'io tornavo indietro e che quindi dietro a loro non avevano più nessuno.

Li trovo intenti a fare delle misurazioni all'interno di una grotta non troppo grande che si trovava al termine di una ottantina di metri di cunicolo e che non presentava passaggi evidenti. Dopo aver riferito a gesti che tornavo indietro, ripercorro il cunicolo ma, dopo qualche metro, mi accorgo che il passaggio di tanti sub aveva smosso di nuovo il fango e non si vedeva più nulla.

Sul fondo del cunicolo però è posata la sagola che faceva da filo d'Arianna e quindi la prendo fra le mani riguadagnando l'uscita sul fondo del laghetto senza problemi. Quando riemergo in superficie, racconto agli altri cosa era successo.

Dato che c'era la sagola non ci siamo preoccupati e quando, pochi minuti dopo, chi teneva la sagola in tensione ci dice che si è allentata, pensiamo che anche gli ultimi due stessero rientrando. La sagola viene ricuperata pian piano ma, quando riemerge, non vi è alcun subacqueo attaccato ed anzi risulta tagliata.

Ci preoccupiamo tutti e specialmente io che, essendo uscito per ultimo, sapevo come era calata la visibilità nel cunicolo, però non essendoci deviazioni non era troppo difficile tornare indietro anche senza vederci.
Io sono l'unico con ancora la muta addosso e mi offro di reimmergermi legato alla sagola ma intanto sbucano alla superficie del laghetto Molari e Bratti abbastanza agitati dall'avventura a loro occorsa che, come ci raccontano poi, era stata ben peggio dal percorrere il cunicolo senza vederci.

Era infatti successo che la zona di scarsa visibilità si era pian piano allargata (e sicuramente il mio passaggio ha accelerato il fenomeno) fino ad invadere la grotta stessa. Loro però erano impegnati ad esaminare le fessurazioni che ci trovano sul lato chiuso della grotta e non se ne erano accorti.

Per cui ad un certo punto, dopo che avevano già tagliato la sagola per ottenere poi una misura esatta della lunghezza del cunicolo, si erano girati scoprendo che non si vedeva più nulla ed avevano faticato moltissimo per trovare dove fosse l'imbocco del cunicolo ed erano quindi rimasti alcuni minuti bloccati nella grotta terminale. Quando poi erano riusciti ad arrivare al cunicolo non avevano avuto poi troppe difficoltà a tornare indietro.

1971 - Da sinistra: Andrea Cavallari, Rodolfo Molari e Guido ZimelliQuesto risvolto avventuroso impressionò moltissimo il giornalista che, dal bordo del laghetto, aveva assistito alla nostra impresa ed dopo due giorni, l'8 giugno 1971, la Gazzetta di Ferrara aveva un articolo in prima pagina dal titolo Rischiano la vita due sub ferraresi con anche una foto dove ci siamo Zimelli, Molari ed io in muta da sub (nella didascalia però i nomi risultano invertiti ed il mio cognome è storpiato da una o finale).

All'interno del giornale vi sono poi numerosi articoli, raggruppati da un unico e grande titolo che diceva Là dove non vanno neppure i pesci, che parlavano non solo dell'avventura subacquea ma anche dei suoi risvolti naturalistici ed archeologici.
Infatti nelle acque del laghetto erano stati individuati alcuni geotritoni, era stata trovata una selce scheggiata e dal fondo della grotta terminale erano state raccolte alcune ossa di animali (che però poi si rivelarono poi abbastanza recenti).

Qualche giorno dopo anche il Resto del Carlino pubblicava un articolo sulla nostra avventura dove però si accennava anche alla possibilità di una seconda spedizione per studiare meglio i punti dove era chiaro che l'acqua passava, anche se si trattava di fessurazioni dove era impossibile infilarsi ma poi questa seconda spedizione non è mai stata fatta e del resto si era già visto che non era possibile né proseguire, né disostruire il passaggio.

Molti anni dopo altri gruppi subacquei si sono immersi in questa grotta non per esplorarla ma per scopi ludici ed ora l'immersione all'Antro della Pollaccia fa parte delle possibili gite speleosub tra le quali scegliere, anche se resta comunque una gita di un certo impegno.
Purtroppo, nel giugno 2006, un giovane subacqueo ha avuto un incidente mortale durante un'immersione alla Antro della Pollaccia. Non so cosa sia accaduto di preciso perché i numerosi articoli di giornale apparsi su questa disgrazia erano pieni di inesattezze e non concordavano nemmeno sull'età del giovane.

Del resto anche ora, cercando in Internet, si trovano notizie contraddittorie sull'Antro della Pollaccia e specialmente sulla sua profondità. C'è da dire che il livello del laghetto interno è molto variabile perchè può essere talmente alto che l'acqua esca all'esterno o può essere molto basso come era quando ci siamo stati noi.
Inoltre per profondità si può intendere la differenza di livello con il bordo libero dell'acqua o la lunghezza del cunicolo sotterraneo. Perfino Luigi Casati, che si è immerso varie volte nell'Antro della Pollaccia e ne parla in due diversi punti del suo libro
[6], dà delle misure contraddittorie.

Quando ci immergemmo noi erano state prese delle misure precise e dopo ne era stato ricavato un disegno dello spaccato della grotta che faceva bella mostra sulle pareti della sede del Gruppo Subacqueo Ferrarese ma non so dove si trovi ora.


[1] - Il 23 gennaio 1960 il batiscafo Trieste, con due uomini a bordo, raggiunse la profondità di 10.916 metri toccando il punto più profondo del pianeta e cioè il fondo della Fossa delle Marianne. Solo nel 2012 si è riusciti a ripetere questa impresa con il batiscafo Deepsea Challenger.   <<

[2] - Il Gruppo Subacqueo Ferrarese era nato il 26 giugno 1964 per iniziativa del Dott. Giordano Bonfanti che lo fondò dopo aver partecipato ad un corso di specializzazione medico-sportiva presso il Centro Federale di Nervi diretto da Duilio Marcante, il pioniere dell'attività subacquea in Italia.
Il Dott. Bonfanti fu il Presidente del Gruppo Subacqueo Ferrarese fino al novembre 1969.   
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[3] - Questo esercizio sembra facile ma era invece uno dei più difficili e temuti. Era divertente vedere chi lo affrontava per la prima volta che partiva con apparente facilità ma che, dopo qualche secondo, cominciava a sprofondare lentamente e ad affannarsi sempre di più finché spariva sott'acqua e dopo qualche secondo, riemergeva in mezzo a tante bolle mentre il peso sfrecciava velocissimo verso il fondo della piscina.   <<

[4] - Poco tempo dopo, vedendo il film Agente 007, Thunderball - Operazione tuono che ha molte scene subacquee, mi sono molto divertito nell'osservare come Sean Connery, usando un respiratore, svuoti la sua maschera facendo un mucchio di bolle, perché mi sono ricordato di quanto diceva Marcante di quelli che riescono a svuotare una maschera solo perché il respiratore gli dà tanta aria che potrebbero svuotare una botte.   <<

[5] - A questo proposito c'è un curioso aneddoto che riguarda un campione italiano del quale non ricordo con certezza il nome (mi viene in mente Massimo Scarpati ma non ne sono sicuro). Duilio Marcante gli aveva detto che non era bello per la scuola di Nervi che un campione come lui non fosse brevettato e l'aveva convinto a sostenere l'esame perché tanto, con la sua bravura, non aveva certo bisogno di fare il corso.
Marcante però si era poi divertito a fargli ripetere gli esercizi innumerevoli volte con frasi del tipo sì, l'esercizio andrebbe bene se fatto da un qualsiasi allievo ma da uno come te lo vorrei fatto badando un po' di più allo stile, fammelo un'altra volta.
Così è successo che, quando questo campione aveva finito e stava andando via, incontrando degli allievi venuti a dare l'esame, li aveva messi in guardia, con salaci parole, sulla durezza dell'esame stesso.   
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[6] - Luigi Casati - Manuale di Speleologia Subacquea - Editoriale Olimpia - Sesto Fiorentino, 2007.   <<


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