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Andrea Cavallari - Vela
 
2017 - Trek & Vela alle isole Egadi


Premessa

Nel 2017 è stato rifatto il Trek & Vela alle isole ponziane (ma questa volta partendo e tornando dal Circeo) al quale non ho partecipato ed è stato messo in programma il nuovo Trek & Vela alle isole Egadi al quale mi sono subito iscritto dato che non ero mai stato alle isole Egadi che mi hanno sempre attirato molto da quando, molti anni fa, lessi i begli articoli del Touring Club Italiano sulle isole minori italiane.

Per venire incontro alle esigenze di chi lavora il viaggio sarebbe stato di soli cinque giorni. Per cui il primo giorno si partiva in aereo da Bologna ad ore invereconde per riuscire ad essere a Favignana ad ora di pranzo e poter così poter già fare un primo trek di pomeriggio e l'ultimo giorno si rientrava a Bologna tardissimo.

Essendo io in pensione ho deciso di partire con calma qualche giorno prima e per di più ho avuto anche la fortuna di avere alcuni avvenimenti ai quali partecipare proprio in quei giorni (a cura dello chef Stefano Boselli la ricetta originale degli spaghetti bolognesi sarebbe stata presentata e degustata, il primo di ottobre, all'agriturismo Vultaggio vicino a Trapani) e sono poi rimasto due giorni in più a Marsala, con un'altra partecipante al trek, tornando poi a casa con tutta calma e risparmiando sul costo dei biglietti aerei.

La sera prima dell'inizio del trek ero quindi tutto solo a Marsala quando ho visto la locandina del convegno Meglio un rospo arrapato che un principe attempato del quale parlo nella mia pagina sul teatro [>>].

Come l'anno scorso siamo in dieci compresi i due accompagnatori, Andrea e Federica, ma, a parte loro, sono l'unico di quell'equipaggio a partecipare a questa crociera.

La barca che abbiamo a disposizione è un Bavaria 50 con cinque cabine doppie e tre bagni e che, come dice il nome, è lunga 50 piedi cioè oltre 15 metri e mezzo ed è dotata di numerosi automatismi tra i quali il pilota automatico per cui, anche in questo viaggio, ho fatto di più il passeggero che il marinaio.

Mercoledì 4 ottobre 2017 - Trapani - Favignana

Per chi parte da Bologna l'appuntamento è alle 5 e 45 di mattina all'aeroporto. Io invece sono a Marsala e dormo comodamente ma vengo svegliato dai rumori che fa lo smartphone ogni volta che arriva un messaggio di WhatsApp. Infatti i partecipanti al trek si stanno scambiando messaggi all'aeroporto per trovarsi.

Il 'Taranis'Il primo è addirittura alle 5 e 18 e l'ultimo alle 6 e 47. Io dormicchio finché suona la sveglia. Mi preparo e scendo a fare colazione. Non c'è nessuno ma c'è il necessario per prepararsela da soli. Mentre sto per fare il caffè arriva la signora del bed & breakfast dove ho dormito con un cornetto, ancora caldo dalla pasticceria, veramente ottimo.

Vado in stazione per tempo e prendo il treno delle 8 e 08 per Trapani, poi vado a piedi verso il porto turistico e mi siedo al Marina [1] per aspettare gli altri che arrivano verso le nove e mezza.

Portiamo i bagagli sulla passerella dov'è ancorato il Taranis (che è il nome della nostra barca) [2] ma non saliamo. Dobbiamo fare la spesa per rifornire la cambusa. Andiamo ad un vicino supermercato ma non portano la spesa alla barca, allora andiamo ad un altro più lontano e vengono loro a prenderci.

Dato che sull'auto si sta solo in quattro io rimango e ne approfitto per chiedere ad un tizio del Marina notizie su Cherchinne e cioè il Banco Scherchi [3] ma non lo conosce. Ci si prepara. Dato non si riesce a suddividere gli uomini e le donne a due a due ho l'incredibile lusso di avere una delle due cabine di poppa tutta per me.

Finalmente si salpa. C'è un po' di vento e ed issiamo prima la randa [4] e poi il fiocco [5]. Si superano l'isolotto di Formica, dove ora c'è comunità di recupero per tossicodipendenti ed il vicino scoglio Maraone e poi si arriva a Favignanana, si entra nel porto e alle tre siamo ormeggiati.

Il porto di FavignanaNotiamo subito il grande stabilimento della Florio che visiteremo domani. Ci prepariamo e partiamo per andare a piedi fino al Forte di Santa Caterina che si trova sul monte che divide in due l'isola di Favignana che altrove è piuttosto piatta e che assume così l'aspetto di una grande farfalla.

Però ci si ferma quasi subito per fare il bagno in una vicinissima spiaggetta. Io, che non lo sapevo, non ho messo il costume ma faccio in tempo a tornare alla barca per mettermelo e fare poi un veloce tuffo.

Si attraversa poi il paese, noto un manifesto che annuncia una mostra malacologica (cioè di conchiglie) che potrebbe essere interessante e si sale verso il Forte di Santa Caterina con un panorama via via sempre più ampio.

Il forte è abbandonato anche se non ancora in rovina. Fotografo anche un ciuffo di fiori violetti che non conosco. Per tornare pensiamo di prendere il sentiero che scende dietro il forte ma siamo un po' dubbiosi non essendo sicuri che si ricongiunga alla strada ma va bene.

Il Forte di Santa Caterina Fiori di mandragora

Quando arriviamo in paese e torniamo sulla barca notiamo che si sono ormeggiate parecchie altre imbarcazioni. Alla sera andiamo a mangiare al ristorante. Quando torniamo alla barca è molto bella la vista dello Stabilimento Florio tutto illuminato.

Giovedì 5 ottobre 2017 - Favignana

Oggi abbiamo in programma di dedicare tutta la giornata a Favignana. Alla mattina andiamo allo Stabilimento Florio. La visita non comincia prima delle dieci per cui ci possiamo alzare e preparare con calma.

Icorridoio delle meduseLa nostra guida è Giuseppe che è un ex-lavoratore dello stabilimento e che ci racconta tantissime cose con una grande vivacità. Ci spiega come si svolgeva la cattura del tonno e come lo si lavorava. Ci canta le canzoni che accompagavano la mattanza e ci informa sui problemi che ha ora la pesca del tonno rosso che è quello più pregiato.

Ci conferma anche il notevole mucchio di ancore molto grandi che si incontra lunga la strada era utilizzato per montare la tonnara e ci mostra il modellino della tonnara spiegandoci come funzionava.

Tutta la visita è attrezzata con criteri modernissimi e si attraversano molti luoghi curiosi come un corridoio dove dal soffitto pendono tanti meduse finte dai lunghi tentacoli per cui attraversandolo sembra di essere sott'acqua; queste, però non pungono!

Antico rostro di nave romanaC'è un lungo corridoio cieco e buio con molti schermi su cui avvengono proiezioni subacquee mentre si sentono strani suoni che simulano ciò che prova e sente un tonno quando entra nella tonnara e pian piano si trova sempre più costretto fino ad arrivare alla camera della morte.

Lo stabilimento ospita anche molti reperti antichi ritrovati sott'acqua. In parte sono disposti come se fossero ancora sott'acqua (specialmente le anfore e le ancore) e in parte sono esposti in una saletta dopo essere stati restaurati.

Particolarmente interessanti sono i rostri di bronzo delle navi romane e cartaginesi affondate durante la battaglia delle Egadi. Dopo aver visto dei film come Ben Hur pensavo fossero più grandi ma quella che è sopravvissuta è solo la parte terminale di bronzo del rostro mentre la parte in legno si è consumata col passare dei secoli.

Autoritratto di Andrea CavallariSia su quelle romane che su quelle cartaginesi vi sono delle scritte e la cosa curiosa è che le scritte cartaginesi sono invocazioni alle loro divinità mentre quelle romane sono la certificazione che il rostro è stato controllato e trovato corrispondente alle specifiche costruttive!

Le ricerche sono ancora in corso, vedo una stanzone dove vi sono gli archeologi con molte attrezzature subacquee modernissime ed un rostro ripescato da poco ed ancora da liberare dalle incrostazioni. Da loro ho alcune notizie sul Banco Scherchi.

In un cortile è esposta una curiosa opera d'arte consistente in una parete di specchi con un buco dove è infilato un grosso cavo collegato ad una specie di manichino appeso dietro alla parete di specchi [6]. Ne approfitto per scattarmi un buffo autoritratto.

La visita si conclude in una enorme sala dove, su vari schermi, vengono proiettati i racconti fatti dagli ex-lavoranti dello Stabilimento. Il sonoro è diffuso da altoparlanti estremamente direzionali per cui, per sentire il racconto, è necessario disporsi davanti allo schermo ed in un punto ben preciso.

La costa di Favignana mangiata dalle antiche caveBasta spostarsi di poco per non sentire più nulla. In questo modo è possibile proiettare assieme tutte le interviste senza che i racconti si sovrappongano. Quando finiamo la visita è quasi l'una. Siamo stati tre ore nello Stabilimento Florio ma la visita ci è piaciuta molto.

Ci fermiamo lo stomaco in un bar del paese dove prendo un bel gelato e alle due siamo già pronti per il nostro trek alla scoperta della parte est di Favignana. Dapprima costeggiamo una zona molto strana.

Si tratta infatti di antiche cave a cielo aperto da dove veniva estratta la calcarenite, una roccia sedimentaria ricca di calcare tipica di queste isole. L'estrazione dei blocchi di calcarenite ha lasciato grossi buchi quadrati, come se qualcuno l'avesse tagliata con un enorme coltello.

La parte più vicina al mare è stata invasa dall'acqua ed ora sembra vi siano delle piccole piscine intervallate da strani scogli cubici mentre, nella parte più interna, i buchi causati dagli scavi sono stati utilizzati per ricavarne orti o giardini protetti dal vento e dal sole più cocente.

Cala Rossa

Lido BurroneIntorno alle tre visitiamo la Grotta del Pozzo e poco dopo incontriamo un buffo ma simpatico chiosco contenuto in una specie di uovo gigantesco dove ci dissetiamo e poi arriviamo a Cala Rossa dove facciamo un bel bagno guardando stupiti un cane dalmata che si tuffa in acqua facendo salti incredibili.

Si prosegue e vedo e fotografo un fossile contenuto in uno dei massi di calcarenite che costeggiano il sentiero. Tagliamo per l'interno ed alle sei e mezza siamo a Lido Burrone dove ci riposiamo in un bar sulla spiaggia ammirando il tramonto.

Si torna avendo saltato Cala Azzurra e senza essere arrivati a Punta Longa come era previsto dal programma ma va bene lo stesso. Alla sera andiamo di nuovo a cena al ristorante.

Venerdì 6 ottobre 2017 - Verso Marettimo e ritorno a Favignana

Oggi è previsto di andare a Marettimo, di fare un primo trek e di ormeggiarci là in modo da poter scalare domani Monte Falcone. Ci alziamo per tempo, si fa colazione e si parte.

Poco dopo le otto si esce dal porto. Il mare è mosso ma non impossibile e c'è un bel vento teso che ci spinge a più di sette nodi. Si va molto bene e la gita è molto piacevole.

Verso MarettimoQuando siamo oltre metà strada, chiamiamo Marettimo per chiedere notizie sull'ormeggio e ci dicono che è previsto che il vento rinforzi ma soprattutto che giri per cui possiamo anche ormeggiare ma poi, entro le cinque di domattina, bisogna ripartire.

Evidentemente la situazione del porto è rimasta quella descritta in un articolo su Marettimo pubblicato dal Touring Italiano nel febbraio del 1973: con venti del I e II quadrante occorre abbandonare lo Scalo Vecchio, con quelli del II e III non è possibile sostare allo Scalo Nuovo. In questi casi, se non c'è gran mare, i pescherecci restano di solito all'ancora nello specchio di mare antistante il paese.

Siccome oggi il gran mare c'è, decidiamo di non rischiare e di tornare indietro e dopo aver valutato le varie possibilità, optiamo per tornare a Favignana. Alle undici e mezza siamo in vista del faro di Punta Sottile sul lato ovest di Favignana e costeggiamo poi quel lato di costa che non avevamo ancora visto.

Punta del Bue MarinoAlla mezza siamo alla punta del Bue Marino dove le rocce sono consumate sia dall'erosione che dallo sfruttamento dell'uomo come cave e danno luogo ad un panorama molto particolare. Ci ancoriamo e facciamo il bagno ma c'è una corrente molto forte per cui torniamo su molto presto.

Si pranza a bordo e ci si rilassa rimanendo ancorati lì fin oltre le quattro. Poi si torna in porto e ci si prepara per una nuova passeggiata. Questa volta andiamo verso sud. Attraversando il paese noto un muro, fatto di blocchi di calcarenite, ricco di grossi fossili.

Vedo anche il negozio dove vi è la mostra malacologica che però ora è chiusa. Arriviamo sul mare poco oltre la penisola di Punta Lunga e percorriamo la strada provinciale fino all'ingresso di una galleria.

Cala del PrèvetoQui prendiamo uno stradello che aggira il monte rimanendo sul mare ed arriviamo fino alla Cala del Prèveto di fronte all'isolotto omonimo. Torniamo indietro quando ormai è il tramonto. Domani pensiamo di andare a Marettimo in aliscafo (se quello della mattina ci va) anche se c'è il rischio di rimanere bloccati là se venisse soppressa la corsa di ritorno.

Essere tornati a Favignana ci permette di partecipare alla prima serata della festa di Maria Santissima del Rosario, protettrice dei pescatori. Alla sera cerco di ritirare ad un Bancomat ma non ci riesco, forse lo sportello ha esaurito i soldi. Ne cerco un altro ma anche questo non accetta la mia carta, la cosa mi secca alquanto.

Sabato 7 ottobre 2017 - A Marettimo in aliscafo

Ci si prepara per tempo e ci si sposta al molo degli aliscafi. Alle otto e tre quarti arriva regolarmente l'aliscafo e si sale a bordo. Il mare oggi è veramente mosso ma l'aliscafo va veloce lo stesso anche se sembra di trovarsi su di una moto da cross lanciata su di un circuito particolarmente accidentato.

In aliscafo verso MarettimoInfatti l'aliscafo non ha solo il normale rollio e beccheggio [7] che ha una qualsiasi imbarcazione ma ha anche degli scarti laterali improvvisi e violenti. Nonostante ciò poco dopo le nove e mezza sbarchiamo regolarmente a Marettimo.

La chiesa di MarettimoVisitiamo rapidamente il piccolo paese ed anche la sua chiesa. Noto e fotografo una nicchia votiva, il monumento alla foca monaca ed un fiore di ibisco rosso. C'è anche un Bancomat della medesima banca che ieri ha rifiutato la mia tessera dicendo tessera non abilitata, rivolgersi al proprio istituto che qui invece l'accetta e mi sgancia 250 euro.

Si esce dal paese e ci dirigiamo al Castello di Punta Troia che sorge su di una punta che si vede bene e che non sembra molto lontana. Alle dieci siamo per strada e camminiamo comodamente osservando il mare in burrasca.

Noto una piccola cappellina votiva simile a quelle che che sono frequenti in Grecia ed alcune piante fiorite di cocomero asinino [8]. Ce ne sono molte anche di mandragora [9] che, come abbiamo scoperto, sono i fiori violetti già visti il primo giorno.

Dopo una ventina di minuti di cammino il sentiero sale e si fa più faticoso. Facciamo anche una breve deviazione (con ulteriore salita) per vedere una sorgente.

Punta TroiaAlle undici siamo arrivati molto vicino a Punta Troia ma siamo ancora alquanto in alto e per arrivare al forte bisogna scendere fino a livello del mare e poi risalire di nuovo. Dopo un quarto d'ora passiamo l'istmo che unisce la punta all'isola e faccio qualche ripresa al mare in burrasca.

Si sale ed in breve arriviamo al forte ed ammiriamo il panorama grandioso. Faccio qualche considerazione su quanta fatica facevano i pirati quando dovevano attaccare un posto come questo salendo di corsa mentre dall'alto gli buttavano addosso di tutto.

Il forte ora è chiuso ma vi ha sede un centro di ricerca sulla foca monaca. Ci sono però svariate terrazze aperte e ci mettiamo in quella meno esposta al vento per riposarci e rifocillarci con le provviste che abbiamo con noi.

Edicola eretta in ricordo di una pesca straordinariaPoco dopo la mezza iniziamo il lungo ritorno con i suoi saliscendi e meno di un'ora dopo siamo in vista del paese ma ancora alti sul livello del mare. Poco dopo siamo in paese e noto una cappellina eretta in memoria di pesca straordinaria.

Fu fatta costruire dai pescatori Gaspare Liotti e Vincenzo Spadaro in memoria dell'abbondante pesca di liceiole (ricciole) realizzata il 26 aprile 1870 per un valore di 350 onze.

Ci fermiamo per un meritato riposo nella veranda sul mare del bar La scaletta dove sorseggio un complicato cocktail, suggeritomi dalla cameriera, molto buono ma purtroppo soggetto a calo naturale dato che tutti vogliono assaggiarlo.

Dopo un'oretta di riposo e di chiacchiere ognuno va in giro per proprio conto. Alcuni, me compreso, vanno ad esplorare dal lato opposto del paese verso Praia dei Nacchi. Incontro subito un monumento bronzeo dedicato a Padre Pio dove un cavallo, lasciato assolutamente libero e da solo, bruca placidamente l'erbetta.

Poco dopo incontro una cappellina e poi arrivo a Praia dei Nacchi, assolutamente deserta a parte quelli del nostro gruppo. Faccio qualche foto e riprese con la videocamera, raccolgo un pezzo di calcarenite lisciato dal mare e torno lentamente indietro.

Ripassando dal cavallo che bruca noto come tagli perfettamente l'erba con i denti senza strapparla lasciando quello che sembrerebbe un prato accuratamente tosato con un tosaerba. Verso le quattro sono in paese e così ho anche il tempo di ripassare dal bar di prima per assaggiare il Gelu di Melluni, un dolce tipico a base di cocomero.

Statua di Padre Pio

Verso le quattro e mezza arriva regolarmente l'aliscafo che ci deve riportare a Favignana. Non avendo dormito qui non abbiamo potuto effettuare la salita a Monte Falcone (che è alto 686 m.slm.) e così non abbiamo visto anche l'altro lato di Marettimo.

Le condizioni del mare sono leggermente cambiate, anche se è sempre molto agitato. Ora c'è un'onda lunga di proporzioni notevoli per cui l'aliscafo non fa più gli scarti laterali di stamattina ma sembra sprofondare in buche immense per venire poi completamente ricoperto da spruzzi giganteschi quando inizia a risalire l'onda.

Tartaruga marinaSbarchiamo a Favignana poco prima delle cinque e mezza e notiamo che si può visitare il Centro di Primo Soccorso per Tartarughe Marine che è gestito dall'Area Marina Protetta "Isole Egadi" ed è ospitato nel vecchio palazzo dei Florio.

Entriamo ed ammiriamo le tartarughe marine in cura. Una sta piuttosto bene e verrà liberata presto. Un'altra invece ha perso una delle zampe anteriori ma ci assicurano che, quando si sarà ristabilita e verrà liberata, sarà in grado di sopravvivere autonomamente.

Sto un po' in barca e poi, visto che è ancora presto, vado a cercare i fossili incastonati nel muro visti ieri per fotografarli.

C'è un vento fortissimo che supera i 37 nodi e la barca balla molto anche all'ancora. Non può essere ormeggiata troppo vicino alla banchina e così alla sera abbiamo difficoltà a scendere perché la passerella tende a cadere in acqua.

Comunque ci riusciamo senza che nessuno finisca in acqua e partecipiamo alla seconda serata di festeggiamenti per la festa di Maria Santissima del Rosario, protettrice dei pescatori, che si conclude con un bello spettacolo di fuochi d'artificio.

Domenica 8 ottobre 2017 - Favignana - Levanzo - Trapani

Ci si alza con comodo e si parte per Levanzo. Il tempo è migliorato moltissimo e si viaggia bene. Alle nove e tre quarti siamo in vista del paese ma non entriamo in porto bensì ci spostiamo ad una vicina rada (Cala Fredda), ad est del paese, dove ci ormeggiamo, andando poi a riva col tender.

Lo scoglio del FaraglioneArriviamo in paese a piedi e ci fermiamo per un po' ad un bar per rifocillarci e poi partiamo per fare il giro dell'isola. In breve arriviamo in vista dello scoglio del Faraglione. Noto vari fiori fra i quali molti asfodeli e varie piante di cocomero asinino e di madragora.

AsfodeloSuperiamo anche lo scoglio del Faraglione e poi, quando è quasi mezzogiorno, il sentiero comincia a salire. Fortunatamente attraversa vari boschetti per cui è quasi sempre ombreggiato perché il sole picchia.

Arriviamo alla Grotta del Genovese che si chiama così perché si trova sopra alla Cala del Genovese che a sua volta si chiama così perché un tempo, quando le isole erano di proprietà della famiglia genovese dei Pallavicino [10], le navi venivano qui a fare acqua ad una sorgente dove l'acqua sgorgava vicinissima al livello del mare e che ora non è più utilizzabile perché il mare è salito e le sue acque si mescolano a quelle salate.

Per visitare la grotta bisogna scendere un bel po' (e poi risalire) anche se, fortunatamente, non fino al livello del mare. La visita alla grotta che è possibile solo con una guida, è estremamente interessante.

Grotta del GenoveseLa grotta era conosciuta dagli abitanti che, però, non vi entravano essendo l'ingresso in gran parte impedito da accumuli di terra. All'interno vivevano molti conigli ed un modo di cacciarli era quello di introdurvi un furetto che faceva fuggire tutti i conigli all'esterno dove li aspettavano i cacciatori.

Nel 1949 una turista ebbe la curiosità di entrarvi strisciando per terra e scoperse le antiche pitture. Gli archeologi furono informati, l'ingresso fu liberato dalla terra e la grotta studiata a fondo.

La cosa più incredibile è che l'uomo primitivo ha decorato la grotta non una volta sola ma in due occasioni distanti fra loro seimila anni! Vi si trovano infatti dei graffiti risalenti alla fase finale del Paleolitico (11000-12000 a.C.) quando Levanzo, essendo il livello del mare molto più basso di adesso, era ancora unita alla Sicilia e delle pitture risalenti alla fine del Neolitico (5000-6000 a.C.) quando Levanzo era già un'isola. I graffiti e le pitture rappresentano cervi, bovini, cavalli, pesci e figure umane. I graffiti non sono profondi per cui si vedono solo con una illuminazione laterale. Quello che mi chiedo io è se chi ha realizzato le pitture si è accorto della presenza dei graffiti che avevano allora già seimila anni!

L'interno di Levanzo

Si risale e si continua il cammino. Non facciamo l'intero periplo dell'isola ma arrivati in vista del faro di Capo Grosso, che si trova sull'estrema punta nord di Levanzo, tagliamo per l'interno, ora incolto ma un tempo coltivato. C'è anche uno stabilimento vinicolo dei Florio ora non più utilizzato.

Il porto di LevanzoSiamo in paese poco prima delle tre. Nel porto il mare non è ancora liscio ma lo è abbastanza per vedere il fenomeno delle barche volanti. L'acqua infatti è talmente limpida che non si vede e quando una barca si sposta seguita dalla sua ombra che si staglia sul fondo qualche metro sotto di lei, sembra che voli.

Proseguiamo fino alla baia dove abbiamo lasciato il Taranis e torniamo a bordo, parte a nuoto e parte col tender. Io torno col tender perché voglio provare a filmare il fondo marino dal tender in movimento in quanto la telecamerina che ho con me può essere immersa in acqua.

Una volta a bordo ci rifocilliamo con qualche biscotto e notiamo che, se buttiamo un po' di briciole in acqua, accorrono frotte di pesci fra i quali numerosissime aguglie. E' una spettacolo incredibile e l'acqua ribolle letteralmente.

Fondale di posidonie Ribollire di pesci

Ci si prepara e si riparte in direzione di Trapani dove arrivamo poco prima delle sei. Andiamo alla ricerca di un distributore per fare il pieno come si usa di solito ma poi dal Marina ci dicono che non importa.

Intanto però posso osservare tutto viale Regina Elena dal mare ed anche il bed & breakfast dove ho dormito in alcuni dei giorni precedenti all'arrivo dell'equipaggio. Il trek è finito. In due però abbiamo deciso di rimanere altri due giorni.

Trapani - viale Regina Elena

Salutiamo quindi tutti ed andiamo in stazione per prendere il treno per Marsala dove, oltre a visitare questa bellissima cittadina, andremo a degustare il Marsala nelle cantine Florio e visiteremo Mozia e le saline arrivandovi con due bici prese a noleggio.


[1] - Marina è un termine di uso internazionale che indica un porto turistico. <<

[2] - Taranis era il dio del tuono secondo i Celti della Gallia e della Britannia. <<

[3] - Il banco Scherchi, per me, è un luogo mitico dove non sono mai stato ma dove mi piacerebbe molto andare anche se è molto improbabile che ci possa riuscire. Il motivo di ciò è che nel 1961 ci fu il centenario dell'Unità d'Italia e la mia scuola organizzò una mostra facendosi prestare dei cimeli del Risorgimento dagli alunni. Io portai una carta d'Italia, stampata nel 1859, che era di un mio bisnonno che aveva combattuto con Garibaldi [>>]. Su questa carta, al largo delle Egadi, era segnata una misteriosa isola Chirbi sulla quale allora non trovai alcuna notizia. Solo molti anni dopo scoprii che si trattava del banco Scherchi e poi con Internet trovai dei portolani del XVIII secolo che usavano il nome Chirbi. <<

[4] - La randa è la vela posteriore e più grande di uno yatch armato con vele Marconi (all'estero dicono vele Bermuda) come il nostro. Quando si arriva in porto di solito non si toglie la randa ma la si ammaina sul boma (che è il pennone, cioè un palo, posto orizzontalmente e unito alla parte posteriore dell'albero), la si lega e la si copre con un telone che si chiama appunto copriboma. <<

[5] - Il fiocco è la vela triangolare anteriore all'albero di trinchetto (nel nostro caso dell'unico albero che abbiamo). Essendo molto più piccola della randa sembrerebbe molto meno importante ma invece dà una grande forza propulsiva, specialmente quando non si è in favore di vento. <<

[6] - Si tratta di un'opera di Marco Papa che affronta il tema del del successo e del fallimento in relazione alla nostra società e che l'artista così descrive La scultura si chiama 'Black Gene', appartiene al 'Trilogy on The Verge'. Ritrae Gene Anthony Ray, alias Leroy Johnson di 'Saranno Famosi', il ballerino prodigio. La scultura è in granito che io chiamo afroamericano: è granito nero dello Zimbawe, perché la maggior parte dei grattacieli americani sono stati ricoperti da questo granito negli anni '80 '90. La scultura pesa 500 chili, è scomposta in 11 pezzi che hanno dei fori all'interno dove passa una fune che in tensione, ricompone il corpo e quel passo di danza di Gene Anthony Ray, la 'spaccata in aria'.
Di arte moderna non ne capisco molto e continuo a chiedermi come si individui un capolavoro. Di questo argomento ne parlo in una mia pagina di questo sito che porta il curioso titolo di
823.543 poesie brevi + 262.144 haikai. <<

[7] - Il rollio è il moto alterno di oscillazione da un fianco all'altro della barca mentre il beccheggio è dato dalle oscillazioni della barca da poppa a prua. <<

[8] - Il cocomero asinino (Ecballium elaterium) ha una strana caratteristica: all'interno dei suoi frutti, simili ad un piccolo cocomero peloso, si forma una notevole pressione che li spara lontano quando sono maturi, disseminando così i semi. <<

[9] - La mandragora (Mandragora officinarum), per le sue proprietà allucinogene e per la forma della radice che sembra un omuncolo, è sempre stata considerata magica nella tradizione popolare. E' molto velenosa e le sue foglie possono essere scambiate con quelle di piante commestibili come la borragine e gli spinaci. <<

[10] - Nel 1640 Filippo III, vendette le Egadi a Camillo Pallavicino per cinquecentomila scudi. I Pallavicino bonificarono buona parte del suolo di Favignana per popolarla e coltivarla. Marettimo rimase incolta e disabitata, mentre a Levanzo venne piantato un vigneto ed un palmeto. Così fu possibile utilizzare i nuovi abitanti anche per la pesca dei tonni in precedenza effettuata con personale stagionale che veniva da Trapani e da Marsala. Nel 1874 i Pallavicino vendettero le Egadi a Ignazio Florio, figlio di Vincenzo che le aveva gestite come gabellotto. <<


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