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Andrea Cavallari - Trekking in Austria


Premessa

Avevo sempre avuto voglia di fare una gita a piedi da rifugio a rifugio e quando, nel 1990, mia moglie mi ha proposto di organizzarne una da fare durante l'estate con nostro figlio di cinque anni, ne sono stato entusiasta.

L'idea le era venuta ascoltando per radio il racconto di una famiglia che aveva così trascorso le vacanze ma c'è da dire che il nostro non era un salto nel buio, infatti per alcuni anni avevo dovuto prendere le ferie in agosto per cui eravamo andati varie volte in Austria dove sapevo che non c'erano problemi a trovare dovunque da mangiare e da dormire a prezzi onesti senza bisogno di prenotare prima.

Nostro figlio era piuttosto piccolo ma avevo già visto che un bimbo piccolo, se lo lascia libero di tenere il suo passo e di giocare, è in grado di fare imprese che sembrerebbero impossibili. Del resto è in pianura che un bambino è svantaggiato per le sue gambe corte ma su di un sentiero ripido il suo svantaggio diminuisce alquanto.

L'anno prima avevamo fatto una lunga vacanza in montagna andando dalla Valtellina alla Austria (ovviamente in macchina) fermandoci qua e là e facendo spesso lunghe gite a piedi, la più impegnativa delle quali era stato salire da Feichten (si trova in Tirolo nella Kaunertal a 1270 metri di altitudine) fino alla Verpeilhütte a 2025 metri sul livello del mare.

Nostro figlio quindi, alla tenera età di quattro anni, aveva salito la bellezza di 755 metri di dislivello che per un bambino piccolo non sono certo pochi (e nemmeno per un adulto).
C'è però da dire che la gita è durata tutto il giorno, con molte soste e per un sentiero tranquillissimo dove non passava quasi nessuno visto che esisteva anche una strada asfaltata che permetteva di arrivare molto vicini al rifugio, per cui solo nell'ultimo tratto siamo saliti assieme a folti gruppi di alpinisti che percorrevano eroicamente gli ultimi metri a piedi dopo aver fatto quasi tutto il tragitto in auto.

Per organizzare il trekking ho studiato dapprima la carta al centomila del Tirolo che già avevo ed una volta individuate le zone più interessanti, mi sono recato alla fornitissima Libreria Alpina di Bologna dove ho acquistato le carte topografiche della Lesachtal e della Gailtal sulle quali ho completato i miei studi sull'itinerario da seguire.

Si è trattato poi di preparare gli zaini e qui abbiamo fatto un lavoro egregio sia nello scartare tutto ciò che si poteva scartare, sia nel pesare ogni cosa prima di metterla nello zaino cercando di risparmiare sempre sul peso dell'oggetti. Alle fine abbiamo visto che risparmiare dieci grammi qui e dieci grammi là faceva la sua differenza sul peso totale.

Il nostro primo trekking è andato benissimo e la vacanza è stata stupenda. L'anno successivo (1991) abbiamo quindi ripetuto l'esperimento esplorando questa volta la regione dell'Arlberg che si trova al confine fra il Tirolo ed il Voralberg, sempre in Austria.
Anche il secondo trekking è andato benissimo, anche se il tempo ci è stato meno favorevole delle prima volta.

Il racconto del primo trekking l'avevo già preparato nel 1991 perché l'ho mandato al Trofeo Thor-Lo Trekking al quale si poteva partecipare col racconto di un trekking realmente effettuato ma allora non ha avuto molto successo.
Lo riporto qui senza modifiche con la sola aggiunta della storia dell'ultimo giorno di viaggio che nel primo racconto non c'era ed alcune modifiche al penultimo giorno.

1990 - Trekking lungo la Lesachtal

Giovedì 19 Luglio 1990 - gli ultimi preparativi

Con mia moglie Marina sto ultimando la preparazione degli zaini, cercando di limare anche sui grammi. Quanto pesa una canottiera? e un asciugamano? e la carta d'identità? e dieci biglietti da cinquantamila?
Domani infatti partiremo di buon ora in treno per scendere a cinquecento metri dal confine austriaco e proseguire poi a piedi per boschi e valli fino a riprendere, fra dieci giorni, il treno per tornarcene a casa.

Beh, direte voi, ma che razza di impresa eroica sarebbe, andare a spasso per l'Austria ora che anche sulle piste di trekking del Nepal c'è un traffico di turisti che sembra quasi di stare sulla metropolitana nell'ora di punta!
Dovete sapere che invece si tratta proprio di una impresa eroica infatti con noi avremo nostro figlio Federico di cinque anni (anche lui col suo bravo zainetto) che ci auguriamo saprà sostenere degnamente la parte dell'eroe per non costringerci ad un prematuro ritorno.

Siamo abbastanza speranzosi perché, già dagli anni scorsi, abbiamo avuto modo di vedere come un bimbo, anche piccolo, sia in grado di compiere grandi imprese se gli si lascia tenere il suo passo che, stranamente, è molto più vicino a quello degli adulti nei tratti duri che in quelli facili.
Non è poi tanto strano se si pensa che i bimbi hanno energie da spendere ma gambe corte e quindi sono molto più svantaggiati in piano dove gli adulti possono allungare la falcata con gambe da trampoliere che in salita dove l'adulto, dovendo faticare per sollevare i suoi chili in più, deve accontentarsi di piccoli passettini.

Tanto per dare l'idea di quello che fa un bimbo vi racconto che, quando mio figlio aveva tre anni, gli piaceva salire su di un alto scivolo e non lo si riusciva mai a portare a casa senza pianti e strilli, un giorno gli ho lasciato tutto il tempo che voleva finché lui stesso non si è fermato, contando nel frattempo il numero di volte che saliva, ebbene a conti fatti si era arrampicato, senza la benché minima sosta per riprendere fiato, per la bellezza di oltre 120 metri di dislivello!

Venerdì 20 Luglio 1990 - da Castello a Sillian

Si arriva in stazione, ognuno di noi col suo zaino sulla schiena e vediamo altri in partenza per le vacanze con gli zaini; mio figlio li guarda stupito e chiede Ma vanno tutti in Austria?

Dopo un lungo viaggio, scendiamo dal treno a Prato alla Drava (Winnebach); cinquecento metri lungo una strada trafficata e puzzolente e si passa il confine, pochi metri oltre, un sentiero entra nel bosco e subito scopriamo quello che sarà un buon motivo per far trottare nostro figlio: una fragolina selvatica.
E` perfettamente matura e veramente squisita, una decina di metri dopo ne troviamo un'altra, poi un'altra ancora, così, col miraggio di mangiare altre fragoline, Federico macina i chilometri che ci dividono da Sillian dove pernottiamo.

Sabato 21 Luglio 1990 - da Sillian a Kartitsch

Nella mattinata si prosegue costeggiando campi e prati ed ammirando i cardellini che volteggiano, appunto, sui cardi secchi. Ne approfitto per insegnare qualcosa a mio figlio e dato che occhieggia stupito dei grandi mucchi di letame gli spiego l'uso del concime Ad esempio, aggiungo, le fragole, che ti piacciono tanto, crescono bene sul letame di cavallo. Mi guarda imperturbabile e commenta Che schifo!

Finalmente si entra nella Lesachtal, la valle che vogliamo percorrere, si ritorna nel bosco e si comincia a salire. Oggi abbiamo deciso di non strafare e prima di arrivare a Kartitsch, abbiamo il tempo per due meravigliose soste, una in un bel punto panoramico e l'altra lungo il torrente chiacchierino che solca il fondovalle.

Domenica 22 Luglio 1990 - da Kartitsch a Obertilliach

Si ritorna nel bosco, seguendo ora un segnavia bianco e verde. Nonostante si sia vicino a paesi camminiamo tranquilli senza mai incontrare nessuno, si potrebbe credere di trovarsi in una foresta del Canada lontani mille miglia dalla civiltà, solo il nostro fedele segnavia biancoverde ci fa compagnia.
Senza fretta si macina tanta strada, a mio figlio bisogna spesso togliere sassolini dalle scarpe che sembrano quasi crearsi miracolosamente perché succede anche quando cammina sulla tenera erbetta dei prati. Finalmente si arriva ad Obertilliach ed al meritato riposo.

Lunedì 23 Luglio 1990 - Obertilliach

Oggi non si prosegue per la valle ma si sale sulle cime delle Lienzer Dolomiten. Prima sosta ad un laghetto pieno di girini giganti, qui si gode di un panorama incredibile fino ai pianori ghiacciati del Grossglockner ed oltre a più di 40 chilometri in linea d'aria.
Sulla cima del Golzentipp ci fermiamo a mangiare e mia moglie mi sbalordisce per la sua "efficiente organizzazione": infatti mio figlio pretende di bere con la cannuccia, lei non si scompone, lo guarda e chiede Di che colore la vuoi?

Si prosegue per splendidi crinali erbosi, si raggiunge e si sale il Pfanneck e ci si dirige verso il roccioso Spitzestein. Purtroppo si è fatto tardi e non possiamo arrivare a scalare anche questa vetta.
Tornando indietro mi volto ed esclamo Ebbene sì, maledetto Spitzestein, hai vinto ancora! poi gli faccio una pernacchia ed aggiungo Tanto sei più basso del Golzentipp. Lo Spitzestein si offende moltissimo, il tempo cambia, arriva una nuvoletta e cade qualche goccia. Per fortuna lo Spitzestein non è una montagna potente e smette subito.

Martedì 24 Luglio 1990 - da Obertilliach a Maria Luggau

Lunghissima tappa di trasferimento da Obertilliach a Maria Luggau, tutta nel bosco. Queste zone sono così poco battute che vediamo un bel porcino cresciuto in piena vista a lato del sentiero.
Si passa il confine fra l'Ost Tirolo e la Carinzia e si ammira un vecchissimo mulino con due ruote ancora funzionanti. Questa sera siamo proprio stanchi e si va a nanna mentre l'orologio della chiesa scandisce con la campana il passare dei quarti e delle mezze ore, abbandonandosi ad un'orgia di rumori quando scatta l'ora.

Mercoledì 25 Luglio 1990 - da Maria Luggau a St. Lorenzen im Lesachtal

Prima di ripartire visitiamo quattro mulini antichi, costruiti in cascata in modo che la stessa acqua li faccia funzionare tutti e quattro smentendo il proverbio Acqua passata non macina più.
Visitiamo anche il santuario Maria Schnee (cioè Madonna delle nevi) venerato anche in Italia: infatti da secoli, una volta all'anno, vi giungono processioni che partono da Forni Avoltri e da Sappada passando le Alpi. Considerato che il tragitto si fa in un sol giorno si tratta di un'impresa degna dei migliori trekkers.

Oggi facciamo meno strada e ci fermiamo più presto del solito a San Lorenzen, godendo un meritato riposo sulla terrazza della nostra stanza a prendere il sole ed ammirare il panorama dei monti: proprio davanti a noi c'e un'alta collinona tutta coperta d'abeti con in cima un prato con solo una casa ed una chiesetta.

Giovedì 26 Luglio 1990 - St. Lorenzen im Lesachtal

Si avvicina il giorno del ritorno ed abbiamo deciso di passare anche noi i monti per arrivare in Italia e scendere a Sappada. Per cui oggi non proseguiamo per la valle ma facciamo un altro lungo giro tra i monti.
A Tuffbad il panorama si apre sulle più alte cime delle Lienzer Dolomiten, questa è una località termale; ci sono alcune piscine all'aperto che ci invogliano molto ma le urla di chi ci entra gridando Kalt, Kalt e cioè Fredda, fredda ci fanno desistere.

Torniamo indietro presto e decidiamo di incamminarci subito nella Frohntal che ci riporterà in Italia ma male ce ne incoglie perché arrivati a Frohn scopriamo che il paese è composto di tre case tre ed altrettante stalle e non ci si può né dormire né mangiare, dovendo così tornare a San Lorenzen.
Ci consoliamo andando a cena in un bellissimo locale dove, oltre a servirci ottima cacciagione ed ottimi funghi, tengono buono nostro figlio facendogli omaggio di alcuni giocattolini appena entra.

Venerdì 27 Luglio 1990 - da St. Lorenzen im Lesachtal alla Hochweißsteinhaus

Percorriamo tutta la Frohntal che si addentra sempre più tra i monti portandoci verso l'Italia. Nel primo tratto è carreggiabile e qualche jeep ci supera. Noi a piedi fatichiamo di più ma non ci perdiamo le distese di appetitosi finferli che spesso qua e là dipingono i prati.
Dopo una camminata veramente lunga si arriva all'Hochweißsteinhaus, un rifugio a 1868 metri di altezza, molto caratteristico: infatti è quasi interamente in legno con illuminazione a gas. Noi arriviamo abbastanza presto ed abbiamo una stanza, anche se spartana, tutta per noi, chi arriva più tardi però dorme per terra.

Pensiamo che nostro figlio, stanchissimo, crollerà a dormire ma lì trova un bimbo di quattro anni (Mario) figlio dei gestori e così va a finire che, nonostante la barriera linguistica, fanno il diavolo a quattro assieme, finché alle dieci non viene chiuso il rubinetto principale del gas mandando tutti a letto.

Sabato 28 Luglio 1990 - dalla Hochweißsteinhaus a Sappada

La vacanza sta per finire, si riparte e ben presto si supera il confine. C'è solo un piccolo cippo con una I da un lato ed una O dall'altro (Osterreich) ed una data: 1920. Le sorprese non sono però finite, prima di arrivare al Rifugio Calvi dal quale scenderemo nuovamente su di una strada, vediamo un folto gruppo di marmotte che non hanno troppa paura di noi e si lasciano osservare bene.

Lo spettacolo è notevole: c'è la madre che gioca col piccolo, due maschi che si prendono a spintoni e specialmente un piccolino che gioca nell'erba cercando di lanciare in alto un vecchio barattolo arrugginito ma ancora chiazzato di un rosso vivace.
Peccato che la nostra contemplazione sia disturbata da alcuni turisti che, più avanti nella valle, emettono urla e schiamazzi di ogni genere.

Quando, più tardi, arriviamo nel punto dove si trovavano, scopriamo il motivo del loro comportamento: un'eco incredibile. Infatti non solo si sente almeno cinque volte la ripetizione del rumore ma, per effetto delle distanze, sembra che il suono percorra tutta la valle da nord a sud perdendosi oltre il passo che la chiude.
Il rumore infatti prima rimbalza sui monti ai piedi del Peralba sulla nostra sinistra e quasi dietro a noi poi ci giunge quello di ritorno dai monti posti davanti a noi che, essendo disposti ad arco, lo fanno arrivare in più tempi dando l'impressione che corra da sinistra e destra e per ultimo arriva l'eco che si è infilato nella valle alla nostra destra oltre il passo dei Cacciatori dove svanisce in echi sempre più deboli.
Devo ammettere che prima di proseguire per l'ultima camminata fino a Sappada, anche noi ci siamo abbandonati senza ritegno ad una serie di urlacci inconsulti!

Finalmente siamo al passo di Sesis dove c'è un bel vento che permette a stormi di grossi corvi di stare quasi immobili nell'aria, senza andare né avanti né indietro, anche a pochi metri da terra.
Si scende al Rifugio Calvi (m. 2164) poco distante. Il rifugio rigurgita di persone infatti è facilmente raggiungibile anche dai più pigri essendo possibile arrivare in auto fino alle sorgenti del Piave e di lì salire in breve al rifugio per una strada sterrata percorribile anche in jeep.

Si resta al rifugio poco tempo, scambiamo qualche parola con alcuni turisti italiani che rimangono impressionati ed ammirati dal tipo di vacanza che abbiamo realizzato. In breve siamo nel vasto piazzale asfaltato che è sotto al rifugio. Mi piacerebbe vedere le sorgenti del Piave che però consistono in tanti laghetti sparsi. Guardiamo il più vicino e ci dirigiamo verso Cima Sappada.

Vediamo il segno dipinto del sentiero 132 e lo seguiamo. Ci fa andare lungo la strada asfaltata dove solo per un brevissimo tratto iniziale è possibile camminare a lato sui prati. Ben presto ci tocca camminare sull'asfalto, unici pedoni, mentre numerose auto ci passano davanti rinfrescandoci i polmoni con i loro gas di scarico.
Solo in pochissimi punti e per pochi metri è possibile camminare fuori dalla strada, in genere tagliando alcune curve. Se non altro andando a piedi vediamo molte cose che agli automobilisti sfuggono. Ci sono varie cappelline votive alcune delle quali dedicate alla Madonna di Luggau verso la quale ogni anno si snoda attraverso i monti una processione che rinsalda i vincoli tra gli abitanti di Sappada e l'Austria. Sappada infatti è un'isola tedescofona in territorio italiano (Sappada si chiama infatti Plodn).

Finalmente si arriva ad una casa con un bar e varie auto parcheggiate. Si tratta di una baita ristoro, fuori c'è una carta e ci avviciniamo per vedere esattamente dove siamo. Ci sono anche dei tavoli su cui si rifocillano vari alpinisti motorizzati.
Ci sentiamo salutare e fare i complimenti, sono quelli con i quali avevamo parlato al Rifugio e che ora stanno tornando a Sappada (in auto). Si chiacchiera per un po' e restano colpiti da come non ci sediamo né ci togliamo gli zaini ma bensì ci riposiamo in piedi e con lo zaino. A noi, temprati da nove giorni di marcia, non ci sembra strano: la fatica di mettere e togliere lo zaino va valutata e ripartire dopo essersi seduti è più faticoso quindi, a meno di lunghe soste, è meglio starsene in piedi.

Poco dopo finalmente il segno 132 ci indica un sentiero laterale e non la solita strada asfaltata. Lo imbocchiamo subito, si tratta di quella che doveva essere la vecchia mulattiera che percorreva la valle e lungo cui si snodava la processione e che deve essere quasi tutta andata distrutta nella costruzione della strada.
Si sbuca sulle rive del Piave ed un segno rosso sulla sponda opposta ci dice che dobbiamo attraversare, solo che non c'è alcun ponte. L'acqua è bassa e su di un mulo si passerebbe di là senza fatica. Passare a salti sui sassi è invece molto difficile.
Un'altra cappellina dedicata alla Madonna di Luggau ci dimostra che questa era la via principale, è infatti rivolta verso il guado mentre dà le spalle alla strada attuale. Ormai di fedeli in processione ne vedrà passare pochi perché non si parte più da Sappada bensì dal piazzale delle sorgenti del Piave dove si arriva comodamente in auto.

Ormai siamo in vista di Cima Sappada, adesso bisogna trovare da dormire cosa non facile di sabato. Marina cerca il dormire, io e Federico ci informiamo degli orari delle corriere per andare a Calalzo se non si trova niente.
Quando arriva Marina ci dice che è pieno dappertutto. Stiamo per dirigerci su Calalzo quando un signore ci interpella. Ha sentito mentre Marina chiedeva e sa che alla pensione dove alloggia lui si è liberata una camera stamattina. Lui è a Sappada e vi sta ritornando e si offre di accompagnarci in macchina.

Accettiamo molto volentieri, saliamo così su di un'auto dopo un tempo che ci sembra lunghissimo. Scendendo si chiacchiera, lui è in villeggiatura a Sappada dove si trova molto bene.
Alla pensione però la camera è già stata data via. Ci indirizzano però presso una famiglia che avrebbe una camera da affittare. Il signore gentilissimo ci accompagna in auto e finalmente troviamo la camera mentre Marina ringrazia moltissimo la persona che con estrema gentilezza ci ha aiutato e che saluto se mai gli capitasse di leggere queste righe.

Domenica 29 Luglio 1990 - da Sappada a Castello

Ci si alza molto per tempo, si va pagare e la signora ci invita a prendere un caffè prima di partire. Accettiamo volentieri, siamo nell'appartamento della padrona che ha un bel cane da slitta Siberian husky. Si parla così un po' di questi cani e della moda dello sledog cioè le corse di slitte tirate dai cani che sta prendendo piede anche da noi. Ci racconta anche della processione fino alla chiesa di Maria Luggau che viene fatta in un sol giorno, rimanendo poi a dormire in Austria.

Si arriva a Calalzo in tempo e si fanno i biglietti, a Mestre si arriva piuttosto rapidamente ma c'è da aspettare un'oretta. Si prende il treno per Bologna, semideserto, vicino a noi ci sono alcuni ragazzi svedesi in vacanza. Passando sul Reno resto impressionato dalla pochissima acqua che vi scorre.
Finalmente siamo a Castel Maggiore. Ci attende l'ultimo tratto a piedi per arrivare a Castello (e tre piani di scale) e finalmente siamo a casa, molto soddisfatti di una vacanza nuova, ecologica, rilassante, totalmente libera e che ha il pregio di riempire dieci giorni facendoli sembrare lunghi come una vacanza convenzionale di un mese.

1991 - Trekking nell'Arlberg

Venerdì 19 Luglio 1991 - da Castello a Grenan

Alle cinque e trenta suona la sveglia, ci si prepara, si mettono le ultime cose negli zaini e si fa colazione. Prima di uscire peso il mio zaino, con tanto di scarponi dentro ed anche due litri d'acqua, sono la bellezza di tredici chili e si sentono tutti.
Quest'anno abbiamo avuto poco tempo per i preparativi e quindi non abbiamo fatto quella selezione rigorosa delle cose in base al peso, inoltre rispetto all'anno scorso abbiamo in più i lenzuoli a sacco per tutti e tre per poter dormire nei rifugi in montagna.

Il tempo è bello e sereno, sembra anzi che voglia venire un bel caldo anche se le previsioni per la settimana prossima non sono del tutto favorevoli. Mia moglie ha nello zaino cose relativamente leggere ma molto voluminose, fa così impressione vederla arrancare sotto uno zaino stragonfio come fosse uno sherpa.

Il nostro treno è il Paganini, un Eurocity fatto tutto di carrozze tedesche della Deutsche Bundesbahn che va fino a Dortmund. Ci sono grandi vetrate con degli speciali vetri antiriflesso e l'aria condizionata.
Federico si fa leggere varie storie dalla mamma su di un numero quadruplo di Topolino (pesantissimo) che ha voluto assolutamente portare con sé e che comunque si scarrozza lui nel suo zaino.

Mentre stiamo per scendere a Innsbruck siamo preoccupati per il tempo che sembra bruttotto ed anche freddino tant'è che Marina vorrebbe mettere il maglione a Federico perché non prenda freddo ma appena scesi scopriamo che splende un bel sole e fa un gran caldo. Le vetrate antiriflesso e l'aria condizionata ci hanno ingannati!

Dopo pochi minuti arriva un bel treno fatto tutto di allegre carrozze dipinte in un rosso vivace. Il treno ora risale la valle dell'Inn dirigendosi verso ovest, a tratti ci sono bellissimi scorci sul fiume che in vari punti non scorre placido e tranquillo ma scende per gole e strettoie.
Poco dopo l'altoparlante annuncia Landeck e ci apprestiamo a scendere. Ora si tratta solo di trovare da dormire ma vorremmo uscire un po' fuori dalla città che è realmente grande. Si cammina sotto un sole che non scherza, si esce da Landeck; anche se è presto siamo alquanto stanchi e ci piacerebbe trovare subito da fermarci.

Poco troviamo un gruppo di villette con alcuni cartelli con scritto zimmer e decidiamo di fermarci nella prima villetta. Da una carta appesa al muro vedo che il gruppo di case dove ci troviamo dovrebbe chiamarsi Grenan.

Sabato 20 Luglio 1991 - da Grenan a Grieshof

Scendiamo a colazione; come al solito la tavola è ben fornita con uova, caffè, paté e marmellata. Ci sono anche degli altri turisti anch'essi con un bambino dell'età di Federico di nome Tobia.
Ci si mettono gli zaini sulla schiena e si parte rifacendo la strada già percorsa ieri alla ricerca di un ristorante, cercando poi di dirigerci ad occhio verso Pians per vari sentierini privi di indicazioni. Siamo vicinissimi e ci riusciamo senza problemi, sbucando a Pians proprio di fianco alla chiesetta.

Si prosegue e dopo un po' finisce la strada asfaltata e si entra nel bosco, si tratta dello Zintlwald. La ferrovia è più in basso di noi, a mezza costa sulle pendici dei monti dall'altro lato della valle e da questa distanza sembra proprio un giocattolo. Ammiriamo in particolar modo il passaggio dei vivaci ed eleganti treni passeggeri, tutti composti di carrozze color rosso vivo.

Poco più avanti raggiungiamo la Lärchkappelle, una chiesetta in mezzo al bosco del 1700 circa. Dalle spiegazioni in tedesco sembra che anticamente la strada passasse di qua e non in fondo alla valle come ora. La strada che passa di qui è molto antica e ci passavano i carri in epoca romana.

Si prosegue a lungo fino a sbucare sulla strada principale nel fondovalle, all'altezza del cartello che segnala la fine del paese di Strengen. Il paese in realtà è formato da tanti gruppi di case sparsi qua e là e che ogni gruppo ha un suo nome. Ora ci troviamo nel gruppo principale che si chiama Dorf e ci consigliano di risalire fino a quello chiamato Grieshof dove infatti troviamo una comoda zimmer.

Domenica 21 Luglio 1991 - da Grieshof a Pettneu

La padrona di casa ha una figlia, Elisabeth, di sei anni ma molto più minuta di Federico e quando sa che anche Federico ha sei anni ci dice che è veramente grande. Lei e la bimba vengono poi alla finestra a salutarci mentre ci incamminiamo verso il fondovalle.

In breve siamo a Klaus dove si abbandona la strada e si sale per un sentiero che si inoltra subito nel bosco. Dopo pochi metri vediamo a fianco del sentiero due grossi porcini purtroppo sono vecchi ed ormai marci.

Sembra impossibile che dei bei funghi così ambiti in Italia possano qui rimanere in piena vista fino a marcire senza che nessuno li raccolga ma in Austria non sono molti quelli che hanno la passione di cercare i funghi.
Più avanti ne troviamo altri quattro, questi sono veramente enormi, purtroppo anche questi sono troppo vecchi per essere raccolti ma ci fermiamo ugualmente perché meritano almeno una foto.

Si sale un bel po' poi percorriamo un tratto di una stradina asfaltata che corre in quota sul fianco del monte e finalmente si ritorna nel bosco e si prosegue a lungo per una carrareccia sempre nel bel mezzo di un fitto bosco.
Dopo un bel po' lo stradello comincia decisamente a scendere, lo seguiamo e quando sbuchiamo sulla strada ci accorgiamo di essere scesi qualche centinaio di metri prima di quanto volessimo e che ci troviamo ancora nel tratto di strada prima del bivio fra la strada del passo e quella della galleria dell'Arlberg.

Per fortuna il bivio è vicinissimo. Ci incamminiamo mentre una lunga fila di auto intasa la strada. All'improvviso sul crinale erboso a poche decine di metri da noi alla nostra destra vediamo affacciarsi un capriolo che osserva noi e le auto per un attimo e poi si volta e corre su per il crinale rimanendo comunque in vista per un po'. Gli automobilisti tutti chiusi nelle loro scatolette di latta non si accorgono di nulla.

Appena superiamo il bivio il traffico come per incanto scompare, infatti per di qua vengono quelle poche auto che desiderano raggiungere qualcuno dei paesini posti lungo il passo dell'Arlberg mentre tutte le altre proseguono per la strada che supera il passo attraverso una lunghissima galleria sotterranea.
Flirsch è poco distante. Superato il paese troviamo una indicazione Rosannaweg, Rosanna è l'impetuoso torrente che percorre la vallata mentre weg significa sentiero.

C'è poi un sentiero che si inerpica e lo seguiamo, anche se allunghiamo la strada, per poter camminare nel bosco. Il tratto nel bosco è piuttosto suggestivo in quanto questo è un sentiero abbastanza selvaggio e non la solita carrareccia nel bosco percorribile anche in jeep. Si supera anche un ponte molto spartano sul quale scattiamo una foto.

Si arriva al paese di Schnann, non è tardissimo e Pettneu è già in vista e decidiamo di proseguire ancora. I due paesi sono uniti, oltre che dalla strada asfaltata, da un sentiero che corre in mezzo ai prati ed ai pascoli chiusi da recinti in legno. E` molto suggestivo ed è quasi in piano, lo si percorre così piacevolmente senza fretta.

Lunedì 22 Luglio 1991 - da Pettneu a St. Anton am Arlberg

La stanza dove servono le colazioni è pienissima di trofei di caccia a tutte le pareti. C'è da chiedersi come mai la selvaggina non sia estinta del tutto visto l'elevato numero di cacciatori ma c'è da dire che i trofei che si vedono sono stati presi in un numero enorme di anni e per più generazioni quindi il singolo cacciatore si accontenta di aggiungere il suo trofeo senza voler strafare.
Nei giorni scorsi avevo osservato i vari trofei visti nei posti dove siamo stati notando appunto, dove c'era indicata la data della cattura, come le catture risalissero a molti anni addietro. Ho visto le corna di un cervo catturato addirittura nel 1911!

Oggi vogliamo cambiare lato della valle sul quale camminare e stare alla sinistra del torrente anziché alla destra se non altro per cambiare un po' il panorama che, se pur bello e con cime innevate sullo sfondo, è circa il medesimo da alcuni giorni.
C'è un lungo tratto che costeggia dei prati e nel quale siamo in pieno sole. Oggi il sole picchia per bene e siamo molto accaldati. Più avanti però è possibile scendere sul Rosannaweg, il sentiero che costeggia il torrente e che corre in gran parte nel folto degli alberi.

Arrivati a St.Anton decidiamo, benché sia ancora piuttosto presto, di fermarci e cercare una zimmer. St.Anton è il paese più importante e famoso della vallata e passare senza nemmeno vederlo non ha molto senso. Chiediamo in qualche posto e troviamo subito una bellissima camera.
Poi ci dirigiamo al Museo dello sci che sta per chiudere e facciamo appena in tempo a vederlo al volo. E' abbastanza interessante con notizie e cimeli dello sci e della famosa Coppa Kandahar che si corre qui ed anche la storia del passo dell'Arlberg e dei trafori che lo attraversano.

Quando usciamo andiamo dove avevamo visto un gruppo di persone giocare a curling o a qualcosa di simile con degli strani oggetti. Il curling andrebbe giocato sul ghiaccio ma qui usano una distesa pavimentata che funziona bene lo stesso.
Passeggiamo un po' per il parco poi Marina vede che i giocatori di curling hanno messo in piedi qualcos'altro e mi chiama. Hanno montato un bersaglio ed ora stanno facendo dei tiri con una balestra. Gentilmente si offrono di farla provare alle persone che incuriosite si sono fermate a guardare.

Quando tiro io mi indicano dove mirare e cioè molto sopra al bersaglio. Tiro e per la distanza (che non è enorme ma la freccia è molto piccola) non vedo esattamente dove colpisca la freccia.
Tutti fanno un solo tiro a testa ma i balestrieri mi offrono di fare un secondo tiro ed insistono anche. Non capisco come mai con me abbiano insistito perché facessi un secondo tiro ma poi Marina, che era vicina al bersaglio, mi dice che il primo tiro aveva fatto centro in pieno e quindi dovevano essere curiosi di vedere se era un caso o mira. Mi devo essere fatto un'ottima fama presso i balestrieri di St. Anton perché anche il secondo tiro ha fatto un centro pieno!

Martedì 23 Luglio 1991 - da St. Anton am Arlberg alla Ulmer Hütte

In questi giorni Federico si è fatto leggere e rileggere più volte il suo Topolino da Marina che è molto brava a fare le varie voci. Apprezza in particolare la storia di Paperon De'Paperozzi (dove Paperone diventa Fantozzi) e quella della Graa..aande impresa (dove Paperino deve fare una lunga marcia in mezzo ad ostacoli vari).
Qui vediamo su di un tavolo vari numeri di Topolino in tedesco e Federico vuole che gli legga una favola. Gli traduco alla bell'e meglio un racconto di zio Paperone (in tedesco Onkel Dagobert), ma sono avvantaggiato dal fatto che l'ho già letto in italiano molti anni fa (tratta di un vecchio biliardo pieno d'oro che zio Paperone dà via lasciandosi turlupinare e poi cerca di ricuperare).

Si chiede ancora alcune volte la strada per il Maienweg che è il sentiero che conduce a St.Cristoph senza passare sulla strada automobilistica e si entra nel bosco. Nel primo tratto il sentiero ripercorre la vecchia strada ora abbandonata e sterrata poi sale decisamente sulla destra zigzagando nel bosco. Nei prati ci sono moltissime orchidee di tre tipi diversi (bianche, rosa e rosa scuro). Finalmente siamo in cima e subito dopo c'è il Maiensee, un laghetto di montagna circondato da canne e paludi.

Si scende a St. Cristoph che è un paese molto lussuoso composto quasi solo di alberghi. C'è un antico ospizio del 1300 che serviva di appoggio ed aiuto ai viandanti che superavano l'Albergpass. E` però bruciato nel 1956 con un incendio che ha lasciato solo i muri perimetrali ed è poi stato ricostruito per ricavarne un albergo di lusso.
Questo passo divide il Tirolo da Vorarlberg ed era il più importante passo che permettesse di recarsi dall'Austria alla Svizzera. Tra l'altro forma lo spartiacque fra il bacino del Mediterraneo (o più precisamente del Mar Nero) e quello dell'Atlantico e quindi la pioggia che cade sul suo versante est finirà, prima o poi, nel Mediterraneo, mentre quella che cade sul versante ovest finirà nell'Atlantico.

La salita per la Ulmer Hütte è facile ma è molto erta e faticosa. Durante una sosta osservo col binocolo due grossi rapaci che volteggiano in lontananza, non riesco a capire cosa siano e non si avvicinano mai abbastanza per vederli bene. Probabilmente si tratta di falchi ma sono talmente grossi da sembrare piccole aquile.

Si continua finché finalmente siamo in vista di due grandi costruzioni, una delle quali piuttosto nuova e di una grande antenna radio. L'Ulmer Hütte (m. 2279) è quella un po' più in alto, vicino all'antenna radio. Ancora uno sforzo e si arriva.
Il panorama è superbo, di fronte a noi c'è un arco di cime enorme, molte sono innevate e lo sguardo può arrivare molto lontano.

Mercoledì 24 Luglio 1991 - dalla Ulmer Hütte alla Stuttgarter Hütte

Quando partiamo sono quasi le dieci. Il primo tratto è parallelo alla montagna che sorge dietro al rifugio ed è quasi in piano. Si va molto bene ed in fretta, mio figlio protesta dicendo che il percorso è troppo facile e lui vuole i sentieri per l'avventura.
Il sentiero poi devia dritto verso la montagna che incombe alta su di noi e che sembrerebbe insuperabile e si inizia a salire decisamente.

La salita si fa erta e si prosegue lentamente in mezzo alle rocce, aiutandosi anche talvolta con le mani. Ormai siamo in vista del passo e poi finalmente siamo in cima al Trittscharte a m. 2580 e ci possiamo riposare un attimo e fare una foto.
Ora si tratta di scendere, vediamo subito che il primo tratto di discesa è relativamente impressionante in quanto si tratta di un budello fangoso compreso fra due lisce pareti di roccia. Sotto si vede un nevaio.

In realtà fa solo un po' d'impressione ma non presenta nessuna difficoltà. La discesa poi è ulteriormente facilitata dalla presenza di una corda d'acciaio fissata contro la parete di roccia sulla nostra sinistra.
In pochi minuti siamo sotto sul nevaio che è piuttosto ampio ed abbraccia tutto l'arco del monte sopra a noi e poi scende dapprima quasi in piano e poi più ripido restringendosi man mano racchiuso tra le rocce. Per terra si vedono chiarissime le tracce di chi è già passato.

Sotto alla neve c'è una straterello di ghiaccio che ha imprigionato l'acqua che si sta sciogliendo e camminando causiamo un rumore cristallino dovuto allo straterello di ghiaccio che si rompe e scrosci d'acqua che corrono veloci verso valle.
Si scende molto facilmente e velocemente con grandi passi e piantando i tacchi nella neve. In brevissimo tempo siamo a valle e si cammina fra le rocce, molto meno comodamente che sulla neve.

Finalmente si arriva su di un sentiero più comodo che prosegue, quasi tutto in pari, verso la Stuttgarter Hütte che a tratti si intravede non troppo lontana e circa alla nostra altezza. Il panorama verso l'imbuto di neve dal quale siamo scesi è molto bello.

Il tempo resta bello ma cominciano ad apparire grossi nuvoloni. I nuvoloni sono alquanto bassi ed entriamo noi stessi in una nuvola, sento qualche sasso smosso e non ne capisco il motivo ma poi all'improvviso vedo alcuni stambecchi vicinissimi poco più in alto del sentiero.
Ci fermiamo e vediamo che ce ne sono parecchi dietro i primi, che senza considerarci più di tanto, cominciano ad arrampicarsi su di una paretina, dall'apparenza impossibile per chi non abbia mani con cui aggrapparsi, proprio di fronte a noi e vicinissima.

Li contiamo, ci sono ben dieci femmine, tutte adulte, e tre maschi. Le femmine saltellano qua e là sulla parete mentre i maschi rimangono in basso, probabilmente per tenerci d'occhio anche se apparentemente non ci considerano nemmeno. Uno dei tre maschi ha le corna più grosse degli altri ed appare anche più massiccio, probabilmente è il capobranco e gli altri due sono molto più giovani.

Rimaniamo a lungo ad osservarli affascinati, dopo un po' però le nuvole si infittiscono e riprendiamo il cammino molto velocemente perché si comincia a sentire anche il tuono ed il tempo peggiora rapidamente.
Comincia a piovere, siamo tutti provvisti di key-way e pantavento e ci copriamo bene. Abbiamo anche due ombrelli che apriamo ma comincia subito a soffiare un vento fortissimo che ci obbliga a richiuderli immediatamente. Il vento ci sferza addosso la pioggia che non cade dall'alto ma ci colpisce obliquamente arrivando proprio dal lato opposto al monte.

Ci affrettiamo subito verso il non lontano rifugio ma per di più inizia a venir giù anche la grandine. E` molto fine e non fa particolare danni ma dà fastidio sulle mani che sono l'unica parte del corpo che non abbiamo coperta.
La pioggia folle riesce a penetrare anche attraverso i nostri key-way e ben presto siamo tutti bagnati, per di più il sentiero è ormai mezzo allagato ed anche gli scarponi si stanno riempiendo d'acqua.

Finalmente siamo al rifugio (a m. 2305) ed al coperto e ci possiamo intanto togliere key-way, pantavento e scarponi, tutto è fradicio d'acqua. Chiediamo una stanza ma qui ne hanno pochissime e non ce ne sono di libere. Ci assegnano i posti in una stanzona lunga e stretta con nove letti o meglio il letto è uno solo e va da una parete all'altra ma è a nove posti.
Ora possiamo finalmente cambiarci tutti e poi, cambiati ed asciutti, si scende per andare a mangiare.

Giovedì 25 Luglio 1991 - dalla Stuttgarter Hütte a Kaisers

Ora, visto il tempo, il problema è decidere dove andare, il paese più vicino è Zürs ma secondo la guida si tratta di una località sciistica composta praticamente solo d'alberghi quasi tutti chiusi d'estate. Altrimenti si potrebbe andare a Lech ma il sentiero resta quasi sempre a quote elevate scendendo solo all'ultimo momento e quindi se il tempo peggiora dopo che siamo partiti ci possiamo trovare a malpartito.
Un'altra possibilità è andare a Kaisers, si tratta di una paesino molto piccolo (120 abitanti) ma sede di Comune. E' in mezzo ai monti e quindi se nei prossimi giorni il tempo migliorasse si potrebbe studiare qualche altro bel giro inoltre il sentiero che vi arriva, benché sia lunghissimo, sale un po' subito, resta in quota per poco e poi scende su di una strada carreggiabile, anche se sterrata e quindi in caso di maltempo ulteriore almeno non si corre alcun rischio.

Finalmente si parte, siamo molto coperti perché fuori è freddissimo. Siamo in mezzo alle nuvole e si vede tutto bianco. Federico, che ieri reclamava più avventura, se ne esce a dire Basta avventura!
Si inizia subito a salire, siamo sempre in mezzo alle nuvole e la visibilità è scarsissima. Il vapore acque contenuto nelle nuvole si condensa sul mio maglione in gocce minutissime ed il maglione si ricopre molto in fretta di quella che sembra finissima rugiada.

Dopo un po' superiamo l'Erli Joch, un passo a 2430 metri; il panorama probabilmente è molto bello ma noi non vediamo nulla essendo sempre immersi nel bianco, c'è anche molto silenzio e sembra proprio di camminare in mezzo all'ovatta.
Inizia una lunghissima discesa ed il panorama (quel poco che si vede) si fa un po' meno aspro. Non più solo roccia e neve ma anche prati con belle distese di fiori. Ammiriamo in particolar modo i numerosi gigli martagoni ed i raponzoli e la rugiada finissima che ricopre i vari fiori con un bellissimo effetto.

Arriviamo alla Erlach Alm a 1919 metri, si tratta di una stalla in quota ed inizia un tratto lunghissimo sulla carrareccia, sempre in discesa. Si arriva sotto le nuvole e si vede un po' di più, sopra di noi però ci sono nuvole ovunque.
Finalmente siamo in vista di Kaisers che è un paesino veramente microscopico aggrappato al monte in alcuni ampi prati in pendenza tutti circondati dal bosco. Tutt'attorno vi sono montagne coperte di boschi ed in basso scorre il torrente. C'è una luce particolare e la vista è particolarmente suggestiva.

Ci sono tre case e la chiesetta. Fuori non c'è un'anima ma le piogge hanno fatto uscire un numero veramente incredibile di lumache grossissime. Andiamo direttamente alla Gasthof che ha un'aria vecchiotta alquanto. Sarà anche la pioggia ma qui si ha l'impressione di essere sperduti fuori dal mondo.

Venerdì 26 Luglio 1991 - da Kaisers a Warth

Il tempo è ancora brutto, è freddissimo e piove in continuazione, fuori è relativamente limpido ma le nuvole molto basse occupano tutto il cielo. In giro non si vede nessuno ma dalla finestra, benché si sia al primo piano, vediamo le grosse lumache gialline strisciare dappertutto.
Abbiamo deciso di andare intanto a Steeg anche se piove, la strada è da qui in poi asfaltata ed il traffico inesistente e siamo ben coperti e provvisti di ombrelli. Fra le presenti suscita emozione il fatto che si abbia deciso di continuare a piedi nonostante la pioggia e Federico suscita compassione.

Nonostante il brutto tempo sono piuttosto allegro e contento di non essere stato obbligato a fermarmi finendo così la vacanza. Camminando senza fretta arriviamo a Steeg e proprio quando siamo in vista del paese e dell'impetuoso torrente Lech gonfio d'acqua, compare un pallido sole che ci rinfranca e ci fa ben sperare per il futuro. I monti intorno sono coperti di neve anche a quote basse e l'impressione è che sia caduta da poco.

Da qui si può proseguire verso est o verso ovest, andando ad est però non si può ritornare a Landeck a meno di un nuovo e lunghissimo attraversamento di montagne che non è il caso di affrontare con un tempo così brutto ed incerto.
Verso ovest si può arrivare a Warth e poi attraverso il Flexen Pass tornare verso St.Anton. Tra qui e Warth non ci sono però sentieri per un lungo tratto e camminare sulla strada asfaltata è scomodo e pericoloso. Si decide allora di andare a Warth in autobus e di proseguire poi a piedi.

Warth è un paese solo turistico a 1497 metri sul livello del mare e circondato da piste di sci. Troviamo una bella zimmer in una casa con scritto fuori Pension Wiltrud Drexel e con sotto i cinque cerchi olimpici. La padrona di casa ha circa la nostra età ed è molto gentile. Saliamo in camera e per le scale vediamo molte foto di gare di sci, evidentemente lei è una ex-olimpionica e questo spiega i cerchi olimpici come insegna.

Sabato 27 Luglio 1991 - La gra..aaande impresa - da Warth a Lech a piedi

Quando si scende tutti per fare colazione vedo, nella sala dove entriamo, una lunga vetrinetta tutta piena di coppe e trofei sciistici, mi alzo ad osservarli e noto un diploma della Coppa del Mondo di sci del 1968/69 dove risulta che Wiltrud Drexel si è classificata terza nella combinata. Leggendolo vedo che in quell'anno aveva addirittura vinto la Coppa del Mondo di discesa libera ed era arrivata settima in gigante e quattordicesima in speciale.

Visto che gli intervalli in cui non piove si stanno allungando sempre di più si decide di andare a piedi fino a Lech, di prendere subito la corriera per St. Anton e di dormire là.
Si esce dal paese e poi si imbocca una stradina in direzione di Tschenberg. Sulla strada vediamo qualche salamandra schiacciata dalle auto, anche ne giorni scorsi ne avevamo vista qualcuna.

Si scende ancora per sentieri fangosi e si arriva in vista del torrente Lech che dà il nome alla valle. E` molto largo, impetuoso ed impressionante. Passa una enorme quantità d'acqua fangosa e grigia e la corrente è fortissima.
Appena siamo di nuovo su di un prato ricomincia ad esserci fango dappertutto che ci dà molto fastidio. Si spera che quando saremo più in quota diminuisca. La situazione invece peggiora perché in questa zona ci sono state molte mucche che hanno pestato e sporcato non solo il sentiero ma anche tutti i prati intorno e così le pozze fangose si sprecano.

Finalmente si entra nel bosco e la situazione migliora ma arriviamo ad un certo punto dove il sentiero sparisce sotto una massa di alberi abbattuti. Per terra ci sono tronchi e rami dovunque e coprono la traccia del sentiero, per di più i boscaioli hanno pestato dappertutto e si vedono molti punti dove sembra passi un sentiero che invece non portano da nessuna parte.
Si avanza a fatica fra erbacce e farfaracci e quando sembra che il sentierino finisca del tutto intravediamo più avanti il segno rosso e riusciamo a ricuperare il sentiero che in effetti è rimasto tutto sotto l'intrico di tronchi e rami caduti.

Si continua per un po' e poi si trova un altro punto dove è successo lo stesso. Qui l'area tagliata è fortunatamente più piccola e si vede un segno rosso al di là dei tronchi abbattuti.
Speriamo che sia migliore il pezzo che dobbiamo ancora fare perché cominciamo già ad essere stanchi e le due ore e mezza che dovevano servire per arrivare a Lech sono già quasi passate.

Si continua per un bel tratto senza ulteriori problemi quando si arriva ad un torrente che ci taglia la strada. Ne abbiamo già superato uno senza particolare difficoltà saltando sui sassi ma questo è gonfio di pioggia e superare questo torrente diventa un bel problema, controllo la carta e vedo che in tutto ce ne dovrebbero essere tre.
Si arriva al torrente successivo, questa volta c'è una tavola di legno molto comoda. E` però ormai quasi sommersa ed il torrente scorre anche ai lati, abbiamo quindi qualche difficoltà ad arrivare fino alla tavola che però superiamo senza problemi.

Finalmente si arriva ad una specie di carrareccia sterrata e piena di pietre ma pur sempre un segno di vicinanza delle zone civili. Ci rincuoriamo molto e diciamo che questo nostro tragitto, che avrebbe stroncato anche John Rambo, è stata veramente Una gra..aaande impresa come quella che Marina ha letto, ormai più e più volte, a Federico dal Topolino che ci portiamo dietro.

La strada diventa sempre più percorribile e si va meglio però, dopo una curva, ci troviamo di fronte un altro torrente (ma non dovevano essere solo tre?); questo normalmente deve avere proprio solo un filo d'acqua ma ora ha invaso tutto il piano stradale con una quindicina di centimetri d'acqua per parecchi metri di lunghezza.
Non c'è assolutamente modo di passarlo se non a guado bagnandosi completamente i piedi ma prima faccio il tentativo di costruire un ponte. Prendo un grosso pietrone e lo butto a poca distanza dalla riva, ne prendo un altro, monto sul primo e lo butto più in là. Un po' alla volta guadagno terreno ed in poco tempo riusciamo a superare anche quest'ostacolo completando così la nostra gra..aaande impresa.

Si arriva finalmente a Lech o meglio a Unterstubenbach che è dall'altro lato del torrente rispetto al centro del paese. Si cammina verso il centro di Lech facendo scherzosi commenti stupiti alla vista delle automobili, strani oggetti che noi rudi esploratori non vedevamo più da mesi (o meglio da ore ma con la sfacchinata che abbiamo fatto ci sembrano mesi!). Si commenta la nostra gra..aaande impresa proponendoci di chiedere a John Rambo se vuol venire a scuola di sopravvivenza da noi.

Si prende la corriera e si arriva a St. Anton. Nonostante la sfacchinata sono contento della decisione di fare oggi quel tratto a piedi, se fossimo arrivati fin qui facendo tutto il tragitto in corriera la vacanza, già condizionata dal mal tempo, sarebbe apparsa mutilata del tutto. Così invece siamo riusciti tutti i giorni a fare un discreto tragitto a piedi.

Ci concediamo una lauta cena e nel tavolo vicino a noi c'è una coppia di italiani con una bimba di tre anni e mezzo molto cresciuta per la sua età. Si chiacchiera un po', loro sono di Modena e stanno andando in vacanza a Bregenz.

Domenica 28 Luglio 1991 - da St. Anton am Arlberg a Castello

Il tempo comunque ci dà l'ultima beffa infatti fuori è bello e splende il sole, anche se un sole un po' offuscato. Le montagne intorno sono tutte innevate e si tratta di neve caduta un questi giorni.
Prendiamo il treno e si arriva a Landeck. Non c'è bisogno di scendere perché questo stesso treno prosegue per Innsbruck. Al Brennero il treno sta fermo un po' e fuori benché sembri abbastanza bello fa incredibilmente freddo.

Finalmente si arriva a Bologna, fa caldo ma non un caldo tremendo. Il locale per Castel Maggiore parte alle 17 e 28, ancora un breve tratto in treno e poi ci si incammina per l'ultimo chilometro a piedi del trekking.
Alle sei e qualcosa siamo a casa. Quest'anno il tempo non ci è stato favorevole ma siamo riusciti ugualmente a completare in maniera soddisfacente il nostro trekking o forse sarebbe meglio dire ... la nostra scuola di sopravvivenza!


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